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Cosa significa VIVERE?
Una notizia assai importante, sfuggita all'opinione pubblica tutta presa dal tema unico "covid"... Primo storico suicidio assistito in Italia. Cosa ne pensate? Difficile rispondere, posso solo dire che se mi fossi trovato al posto di quel poverino, personalmente avrei fatto la stessa scelta... https://www.msn.com/it-it/notizie/it...?ocid=msedgntp
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Non so se sarebbe una scelta che farei, ma non credo vada negata a chi può averne bisogno.
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Mi si è gelato il sangue nel vedere questa notizia!
La vita di ognuno di noi è preziosa e va rispettata se non dagli altri almeno dalla famiglia che dovrebbe amare una persona anche se la sua non è una condizione normale.
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Ho firmato per il referendum
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Ognuno ha il diritto di decidere fino a che punto vuole soffrire
Io sono favorevole
Avrei fatto e farei la stessa scelta
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scelta molto personale. il rispetto è d'obbligo.
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Non so neppure io dire se avrei fatto o meno la stessa scelta in quelle condizioni, ma credo che ognuno debba poter scegliere, senza che altri lo facciano per lui. Grande rispetto.
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"La dignità mi ha fatto sopportare atroci sofferenze ma c’è un limite ed è stato oltrepassato. Quel poco di forza rimasta la voglio usare per ottenere una morte dignitosa".
Ci sono voluti anni e anni, ma la battaglia di Mario finalmente è stata vinta: è il primo malato in Italia a ottenere il via libera al suicidio assistito. Una decisione storica.
Che vittoria, per lui e per le tante persone nelle sue condizioni. Ma che sconfitta per una classe politica che, nel mentre, ha deciso di non decidere. Costringendo Mario a sopravvivere, per undici lunghi anni, in condizioni inumane.
Pensate: era il 2010 e Mario, che faceva il camionista, si schiantò contro un albero per evitare un veicolo che invase la sua corsia. Si salvò ma a un prezzo drammatico: divenne tetraplegico.
Da quel giorno, può muovere solamente il dito di una mano. Vive nel suo letto, afflitto da dolori fisici insopportabili.
Per andare di corpo, è costretto a subire manovre invasive e dolorose. Non può mangiare, bere e vestirsi autonomamente.
Ed è stato costretto ad abbandonare le sue passioni, come quella che lo accompagnava ogni weekend: andare allo stadio per la Juventus.
Ecco, Mario finalmente sarà libero di poter essere libero. Ma come lui, sono tante le persone che vorrebbero poterlo essere. Chiunque, un giorno, potrebbe volerlo.
Per questo è il tempo di una legge. Ed è il tempo di sostenere il referendum sull'eutanasia che si terrà il prossimo anno.
Non per Mario, che questa battaglia l'ha già vinta. Ma per ciascuno di noi.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Pazza_di_Acerra
"La dignità mi ha fatto sopportare atroci sofferenze ma c’è un limite ed è stato oltrepassato. Quel poco di forza rimasta la voglio usare per ottenere una morte dignitosa".
Ci sono voluti anni e anni, ma la battaglia di Mario finalmente è stata vinta: è il primo malato in Italia a ottenere il via libera al suicidio assistito. Una decisione storica.
Che vittoria, per lui e per le tante persone nelle sue condizioni. Ma che sconfitta per una classe politica che, nel mentre, ha deciso di non decidere. Costringendo Mario a sopravvivere, per undici lunghi anni, in condizioni inumane.
Pensate: era il 2010 e Mario, che faceva il camionista, si schiantò contro un albero per evitare un veicolo che invase la sua corsia. Si salvò ma a un prezzo drammatico: divenne tetraplegico.
Da quel giorno, può muovere solamente il dito di una mano. Vive nel suo letto, afflitto da dolori fisici insopportabili.
Per andare di corpo, è costretto a subire manovre invasive e dolorose. Non può mangiare, bere e vestirsi autonomamente.
Ed è stato costretto ad abbandonare le sue passioni, come quella che lo accompagnava ogni weekend: andare allo stadio per la Juventus.
Ecco, Mario finalmente sarà libero di poter essere libero. Ma come lui, sono tante le persone che vorrebbero poterlo essere. Chiunque, un giorno, potrebbe volerlo.
Per questo è il tempo di una legge. Ed è il tempo di sostenere il referendum sull'eutanasia che si terrà il prossimo anno.
Non per Mario, che questa battaglia l'ha già vinta. Ma per ciascuno di noi.
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In Italia la longa manus della Chiesa è ancora determinante, purtroppo. E quasi tutti i partiti politici per non perdere voti dell’elettorato cattolico preferiscono non legiferare in merito.
La gerarchia vaticana sa bene che la morale che propone è divisiva. Ha l’apprezzamento quando argomenta sulla pace, la non violenza, ma incontra l’indifferenza o l’avversione sui temi riguardanti la famiglia, il matrimonio, la vita e la morte.
In Italia le leggi di natura etica che sono in contrasto con la morale cattolica vengono ostacolate.
Nel Parlamento l’attività del legislatore dovrebbe garantire a tutti (compresi i credenti delle varie religioni) la libertà di scegliere come procreare e come morire.
Questa libertà in Italia ancora non c’è. E si va all’estero per procreare giovandosi delle nuove tecniche mediche per avere figli, si va all’estero per disporre della propria morte.
La questione è sempre la stessa: chi crede che vita e morte siano nella disponibilità di Dio e non degli uomini, vive bene in Italia. Chi invece non ci crede, e pretende di disporre del proprio destino, in Italia è uno straniero.
Tutti concordano che la vita umana è un bene primario che la società e gli individui devono difendere e tutelare, ma ci sono casi (come la malattia allo stadio terminale o lo stato vegetativo persistente) in cui la vita perde valore e la qualità della vita è inaccettabile, nonostante il progresso biomedico e biotecnologico che concede di prolungare “il fine vita”. Ci sono macchinari che permettono al malato terminale di mantenere le funzioni vitali in modo artificiale, ma ci sono individui che non vogliono essere tenuti in vita in tal modo.
Il diritto di ogni individuo a realizzare la propria volontà coincide con il diritto all’autodeterminazione, fondamento della prospettiva laica in bioetica.
Il diritto all’autodeterminazione è un diritto di libertà e di responsabilità che ognuno ha verso sé stesso e che supera la delega di tali importanti decisioni al medico o ad altri, come i propri familiari o il giudice.
Per la bioetica l'accanimento terapeutico è un'opinione soggettiva, mentre in medicina indica i trattamenti sproporzionati e inutili per mantenere in vita il malato terminale.
Per le disposizioni di fine vita l’Italia è arretrata rispetto ad altre nazioni europee. Infatti, ancora non abbiamo una legge sul “fine vita”, che comprende l'accanimento terapeutico e l'eutanasia.
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Non ho deciso di essere messa al mondo
Voglio poter decidere quando reputo opportuno andarmene
Piace o non piace agli altri
Cosa deve importare al mondo intorno a me se campo o no?
Qualche anno fa lessi un articolo in cui una ragazza di 17 anni chiedeva di poter morire
Per lei vivere era una sofferenza che non voleva più sopportare
Chi sono io per dire che non era giusto vivere quello che viveva?
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La questione è complessa. Intanto occorrerebbe fare una distinzione fra suicidio assistito ed eutanasia propriamente detta. Sembrerà paradossale, ma il suicidio assistito potrebbe apparire a qualcuno più giustificato rispetto all'eutanasia, in quanto per esso ci sarebbe la volontà del malato, mentre spesso l'eutanasia può essere decisa dai parenti stretti (se sbaglio correggetemi)., ovviamente previo accordo coi medici.
Nel caso del suicidio assistito c'è un parere della Corte Costituzionale, citato dall'articolo del quale mando il link.
Mi chiedo solo una cosa, quale differenza può esserci se il malato assume da solo un qualcosa che gli procuri una morte dolce (ma ovviamente fornito da una persona esterna) oppure che questo preparato gli venga dato direttamente. Nel primo caso si può rientrare nel suicidio assistito, che pare diventato non punibile, nel secondo invece c'è un vero e proprio reato di omicidio. Comunque, prima di arrivare a complesse valutazioni etiche e magari religiose (con interventi prevedibili di Cono), potreste aiutarmi a valutare il problema secondo la legge e le possibili proiezioni future? https://www.quotidiano.net/cronaca/s...asia-1.7068216
Dirò comunque che una cosa mi trova decisamente contrario: non so se è vero, ma lessi un articolo che parlava di persone che andavano a farsi suicidare in Svizzera perché...soffrivano di depressione. Che per carità, è una cosa terribile, purtroppo ne so assai più di qualcosa, ma da qui a rendere legale un suicidio assistito per un motivo del genere...
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Spirit
La questione è complessa. Intanto occorrerebbe fare una distinzione fra suicidio assistito ed eutanasia propriamente detta. Sembrerà paradossale, ma il suicidio assistito potrebbe apparire a qualcuno più giustificato rispetto all'eutanasia, in quanto per esso ci sarebbe la volontà del malato, mentre spesso l'eutanasia può essere decisa dai parenti stretti (se sbaglio correggetemi)., ovviamente previo accordo coi medici.
Non credo sia così. Mi pare che anche per l'eutanasia occorra la volontà dell'interessato e, se impossibilitato a esprimerla, una sua dichiarazione vergata in precedenza con cui rinuncia all'accanimento terapeutico.
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Ciao Spirit, se può esserti utile puoi leggere quanto scrisse un mio amico virtuale, noto giurista dell'avvocatura di Stato:
"quando si parla di "SUICIDIO ASSISTITO", spesso si fa confusione tra l'"omicidio del consenziente" e l'"aiuto al suicido". Sono due diversi comportamenti, comunque illeciti e sanzionati in modo differente, da:
ART.579 Codice Penale (OMICIDIO DEL CONSENZIENTE)
"Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui , è punito con la reclusione da sei a quindici anni."
ART.580 C.P. (ISTIGAZIONE E AIUTO AL SUICIDIO)
"Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni".
Dalla lettura delle due norme, molti desumono che interrompere "l'alimentazione e l'idratazione forzata" ad un degente paralizzato, su sua esplicita richiesta, "potrebbe" integrare il reato di cui all'art.579 cp, mentre, procurare un pozione letale ad un soggetto non paralizzato, integrerebbe l'art.580 cp.
L'interruzione della "alimentazione e idratazione forzata", non solo non configura alcuna fattispecie delittuosa, ma, semmai, potrebbe essere denunciato per "violenza privata" chi si oppone alla interruzione. Infatti, l'art.32 della Costituzione prevede che NESSUNO PUO' ESSERE SOTTOPOSTO A TRATTAMENTO SANITARIO "CONTRO LA SUA VOLONTA", neanche se tale trattamento è necessario per salvargli la vita.
Peraltro, tale principio deriva anche dalle seguenti fonti normative:
- dell’art. 9 della Convenzione Internazionale sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, stipulata ad Oviedo il 4 aprile 1997 e ratificata in Italia con legge n.145 del 28/03/2001,
- dall'art. 1 della legge 180, nonchè dall'art.33 della legge 833/78, che prende in considerazione i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) disposti per qualsiasi causa sanitaria, relativa ragioni di sicurezza pubblica; è ovvio, infatti, che, nel caso dei "pazzi pericolosi" e dei "malati infettivi", l'ordine e la tutela pubblica richiedono che il cittadino possa essere sottoposto a cure sanitarie anche contro la sua volontà.
Negli altri casi, invece, no.
Ma "l'alimentazione e l'idratazione forzata" configurano un "trattamento sanitario"?
La questione è controversa per motivi ideologici e religiosi.
Negare che l'alimentazione e l'idratazione artificiali siano "trattamenti medici" è una posizione che puo' essere sostenuta solo da chi non sa quali conoscenze e competenze (anche farmacologiche) siano necessarie per praticarle; negare che siano atti medici avrebbe il non trascurabile effetto collaterale di dover consentire a chiunque di praticarli. Cosa che, invece, è proibita dalle "leggi sanitarie". Senza considerare che, nelle soluzioni, non ci sono soltanto acqua e cibo, bensì un'infinità di farmaci di vario tipo.
Peraltro, chi sostiene che alimentazione e idratazione artificiali non siano interventi medici sembra dedurne la conclusione che per ciò stesso debbano essere considerati obbligatori e possano essere imposti anche a chi li vorrebbe interrompere, come nel caso di mio padre; ma la libertà di decidere per se stessi non riguarda solo gli atti medici, ma tutto quello che viene fatto da altri su di noi.
Anzi, secondo logica, la libertà di non accettare da altri interventi "non medici" dovrebbe essere superiore a quella di rifiutare le cure vere e proprie; mio padre (medico) morente di cancro, mi diceva: "Impedisci loro di mettermi le mani addosso...che mi lasciassero morire in pace!"
Ed infatti, non essendo paralizzato, lui si sfilava da solo gli aghi delle fleboclisi, mentre gli infermieri si affrettavano a conficcarglieli di nuovo nelle vene, dicendo che quello era il "protocollo" (autentico comportamento cristiano); ad un certo punto, io mi interposi, impedendo loro "fisicamente", di accostarsi al letto.
Loro minacciarono di chiamare la polizia, ma poi (anche perchè io stesso minacciai di chiamarla), desistettero; e, alla fine, mio padre morì, se non in pace, almeno un po' più in fretta e secondo natura.
La Corte di Cassazione ha sancito che:
" Non v’è dubbio alcuno che l’idratazione e l’alimentazione artificiali costituiscono un trattamento sanitario. Esse, infatti, integrano un trattamento che sottende un sapere scientifico, che è posto in essere da medici, anche se poi proseguito da non medici, e consiste nella somministrazione di preparati come composto chimico implicanti procedure tecnologiche. Siffatta qualificazione è, del resto, convalidata dalla comunità scientifica internazionale, e si allinea, infine, agli orientamenti della giurisprudenza costituzionale". (CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. I, del 16 Ottobre 2007 Sentenza n. 21748).
NOTA:
*ART.610 del codice penale :"Chiunque, con violenza o minaccia , costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.