Meditazioni sul Vangelo: la vedova povera
Tra le diverse donne che hanno una parte di rilievo nei vangeli ce n’è una che suscita particolare simpatia: la “vedova povera”, che getta la sua elemosina nel tempio e che è proposta da Gesù come modello ai discepoli (Mc 12,41-44; Lc 21,1-4).
Si tratta di un semplice ricordo storico o di un personaggio rappresentativo?
Vediamo in primo luogo dove si collochi questo episodio nel Vangelo di Marco.
La pericope della vedova conclude la sezione che narra l’attività di Gesù nel tempio, iniziata con un trittico nel quale, sotto la figura del fico, si parla della sterilità di Israele (11, 12-14.20-25) e si denuncia il tempio come un “covo di banditi” a motivo dello sfruttamento economico che esercita sul popolo (1, 15-19).
Nella pericope finale della sezione, quella della vedova, appare di nuovo il tema del tempio, che sta ingoiando il denaro di ricchi e poveri (12,41s: ”la gente gettava monete nel Tesoro; molti ricchi ne gettavano in quantità. Arrivò una vedova povera e gettò due spiccioli, cioè un quattrino”).
La qualifica di “povera” identifica la donna con gli strati sociali più sforniti di mezzi.
Ma è sufficiente pensare che si tratti di un esempio di povera che riflette una realtà sociale del tempo, o bisogna vedere nella vedova un’autentica figura rappresentativa?
La chiave per la soluzione della questione si trova precisamente nell’appellativo “vedova”, che appartiene al sistema simbolico di sposo-sposa, così frequente nell’AT e nei vangeli.
La “vedova” è la donna-sposa che è priva di sposo.
Il termine sembra alludere ad un testo di Geremia, dove il profeta respinge lo stato vedovile del popolo, affermando che il suo Dio/sposo è con lui (Ger 51,5: “Perché Israele e Giuda non sono vedove del loro Dio”). Il testo di Marco indica il contrario; se al tempo del profeta, Dio era vicino al suo popolo, la stessa cosa non succede adesso; il popolo non sperimenta la vicinanza del suo Dio, perché è precisamente il tempio sfruttatore l’ostacolo che si frappone tra Dio ed il popolo.
Un tempio che, in nome di Dio, spreme denaro perfino ai poveri, non manifesta il volto di Dio, anzi lo nasconde.
Sta qui la tragedia della vedova/popolo: pur facendo tutto il possibile per avvicinarsi al suo Dio, non vi riesce, dal momento che Dio non si trova nel tempio.
La vedova povera è dunque una figura rappresentativa dell’Israele vero, de “i poveri di Jahvè” fedeli al loro Dio. La sua fedeltà è totale: lo esprime bene il parallelo tra la totalità del dono della vedova ( 12, 44. “ha gettato tutto ciò che aveva, tutti i suoi mezzi di vita”) e il contenuto del primo comandamento della Legge ricordato poco prima (12, 30: “ Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze”).
Il popolo fedele ( la sposa) costituito dalla gente umile (povera), che si dona totalmente al suo Dio ( tutto), si trova privo di Dio stesso (vedova), che è stato nascosto dall’istituzione religiosa.
