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"Dannazione"
“Dannazione”
“Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?”
Questo distico fu scritto dal poeta ermetico Giuseppe Ungaretti il 29 giugno 1916 a Mariano del Friuli durante la prima guerra mondiale cui partecipò come soldato. La sua biografia influenzò il suo modo di scrivere e la scelta dei temi.
I tre versi iniziano con la maiuscola, quasi a formare tre strofe distinte.
Il primo verso comincia con un’ellissi (cioè il verbo essere è sottinteso: “Sono” chiuso fra cose mortali), il poeta riflette sui limiti e sulla finitudine dell’uomo;
il secondo verso, tra parentesi, coinvolge in questa riflessione anche il cielo stellato: benché sembri immutabile, anch’esso un giorno finirà;
col terzo verso, “Perché bramo Dio ?” il poeta si chiede: “Se l’individuo è un essere mortale, chiuso da cose mortali, come può egli desiderare Dio ?” Perché negli individui c’è il desiderio d’infinito e l’anelito verso il divino ? Attorno a questa antinomia c’è la secolare ostinazione della filosofia e della teologia per escogitare le possibili dimostrazioni dell’esistenza di Dio.
La risposta gli verrà anni dopo, quando Ungaretti troverà posto alle sue inquietudini nella tradizione cristiana. "La parola dell'anno liturgico mi si era fatta vicina nella fede" scriverà dopo un soggiorno di sette giorni presso il monastero di Subiaco nel 1928: da lì gli verrà l'ispirazione per gli "Inni": "Dio, guarda la nostra debolezza" dirà nella "Pietà".
Post scriptum: fratel Cono non gioire, ho soltanto “esaminato” una poesia non mi sono convertito :mad::asd:
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Emil Cioran ha dato una risposta diversa, nella "dannazione" della "disperazione": Dio come Essere del nulla, nel nulla dell'Essere (Dieu comme Etre du néant au sein du néant de l’Etre )
Scrive in "Entretiens":
"Dieu signifie la dernière étape d'un cheminement, point extrême de la solitude, point insubstantiel auquel il faut bien donner un nom, attribuer une existence fictive. Il remplit en somme une fonction : celle du dialogue. Même l’incroyant aspire à converser avec le “Seul”, car il n’est pas facile de s’entretenir avec le néant."
Traduzione: «Dio significa l'ultima tappa di un cammino, il punto estremo della solitudine, un punto inconsistente al quale bisogna dare un nome, attribuire un'esistenza fittizia. In breve, adempie una funzione: quella del dialogo. Anche il non credente aspira al dialogo con il “Solo”, perché non è facile dialogare con il nulla”.
La lista di chi si é espresso sul tema é lunga, moooolto lunga :D
E ce n'é per tutti i gusti.
:D
Eccellente, nella sua concisione esaustiva, il tuo commento/analisi. Come sempre.
:clap
:lode:
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Consiglio (non richiesto, ma va bene lo stesso) per Doxa e Carlino: se non l'avete ancora fatto, leggete "Lacrime e santi" di Cioran. C'entra assai con la vostra discussione.
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Grazie Carlino per aver indicato di Emile Cioran il suo aforisma a me sconosciuto: ”Dieu comme Etre du néant au sein du néant de l’Etre”. E’ nel suo libro titolato “Al culmine della disperazione” ?
Del filosofo Cioran condivido quanto egli scrisse:
“Dio significa l'ultima tappa di un cammino, il punto estremo della solitudine, un punto inconsistente al quale bisogna dare un nome, attribuire un'esistenza fittizia. In breve, adempie una funzione: quella del dialogo. Anche il non credente aspira al dialogo con il “Solo”, perché non è facile dialogare con il nulla”.
Grazie anche a te Lady Acerra. I tuoi consigli letterari sono sempre graditi. Vedrò se è disponibile dal “Libraccio” in via Nazionale altrimenti l’acquisterò online.
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Allegati: 1
Citazione:
Originariamente Scritto da
Pazza_di_Acerra
Consiglio (non richiesto, ma va bene lo stesso) per Doxa e Carlino: se non l'avete ancora fatto, leggete "Lacrime e santi" di Cioran. C'entra assai con la vostra discussione.
Cioran: da leggere smodatamente quando le cose sembrano andare (troppo) bene :D
Allegato 35992
Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
Grazie Carlino per aver indicato di Emile Cioran il suo aforisma a me sconosciuto: ”Dieu comme Etre du néant au sein du néant de l’Etre”. E’ nel suo libro titolato “Al culmine della disperazione” ?
Non so se sia un aforisma di Cioran: é la sintesi del suo pensiero filosofico, di un commentatore del quale non ricordo il nome. Il libro, mi manca :bua:
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Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
“Dannazione”
“Chiuso fra cose mortali
(Anche il cielo stellato finirà)
Perché bramo Dio?”
Questo distico fu scritto dal poeta ermetico Giuseppe Ungaretti il 29 giugno 1916 a Mariano del Friuli durante la prima guerra mondiale cui partecipò come soldato. La sua biografia influenzò il suo modo di scrivere e la scelta dei temi.
I tre versi iniziano con la maiuscola, quasi a formare tre strofe distinte.
Il primo verso comincia con un’ellissi (cioè il verbo essere è sottinteso: “Sono” chiuso fra cose mortali), il poeta riflette sui limiti e sulla finitudine dell’uomo;
il secondo verso, tra parentesi, coinvolge in questa riflessione anche il cielo stellato: benché sembri immutabile, anch’esso un giorno finirà;
col terzo verso, “Perché bramo Dio ?” il poeta si chiede: “Se l’individuo è un essere mortale, chiuso da cose mortali, come può egli desiderare Dio ?” Perché negli individui c’è il desiderio d’infinito e l’anelito verso il divino ? Attorno a questa antinomia c’è la secolare ostinazione della filosofia e della teologia, per escogitare le possibili dimostrazioni dell’esistenza di Dio.
La risposta gli verrà anni dopo, quando Ungaretti troverà posto alle sue inquietudini nella tradizione cristiana. "La parola dell'anno liturgico mi si era fatta vicina nella fede" scriverà dopo un soggiorno di sette giorni presso il monastero di Subiaco nel 1928: da lì gli verrà l'ispirazione per gli "Inni": "Dio, guarda la nostra debolezza" dirà nella "Pietà".
Post scriptum: fratel Cono non gioire, ho soltanto “esaminato” una poesia non mi sono convertito :mad::asd:
Una poesia, invero, meravigliosa!
Tutti cerchiamo risposte.
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Come sempre Doxa scrivi e commenti cose molte interessanti, ti ringrazio veramente! :shy:
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"Ridotto al minimo, egli dice tutto; ridotto al minimo, egli non si chiude più nel relativo. Tutta la sua poesia necessariamente postula l’immensità, si apre verso l’infinito, accenna al mistero. Non vi è poesia di Ungaretti in cui non vi sia questo ordinarsi preciso e diretto all’assoluto […]. Ungaretti rimane poeta religioso perché poeta puro, perché poeta dell’assoluto, di una esperienza che, spoglia di tutto quello che è relativo, non può avere altro termine che un contatto, una comunione con Dio."
https://www.avvenire.it/agora/pagine...oeta-religioso