Se lo dicono tutti, forse è proprio falso
...a proposito delle "verità per acclamazione"...
In campo scientifico, una teoria che ottiene conferme ripetute e costanti da parte dei dati osservabili può essere considerata altamente probabile, se non provvisoriamente “vera” nel senso operativo del termine. Quando una previsione teorica trova riscontro nel 100% dei casi, o comunque in una percentuale estremamente elevata e coerente, la comunità scientifica tende a riconoscerne la validità ( sempre con la consapevolezza che ogni teoria è, per principio, falsificabile). Tuttavia, la stessa regola non si applica in modo analogo al campo dei giudizi umani, delle opinioni, delle credenze condivise. Anche se un campione umano ampio e rappresentativo concorda quasi all’unanimità su un certo assunto, tale convergenza non garantisce affatto la verità dell’assunto stesso. Il consenso umano, a differenza della conferma empirica, può essere viziato da errori cognitivi, preconcetti culturali, pressione sociale e meccanismi psicologici collettivi.
Perché l’unanimità nei giudizi umani non ha lo stesso valore per definire la validità di una conoscenza, dell’unanimità statistica o sperimentale nel campo scientifico? Quanto vale il parere di una folla strabbocchevole osannante o piangente?
La scienza si fonda su un metodo rigoroso: formulazione di ipotesi, deduzione di previsioni, osservazione o sperimentazione, controllo dei risultati. Una teoria scientifica è tanto più solida quanto più è capace di produrre previsioni verificabili, e quanto più queste vengono confermate da dati osservabili. In fisica, per esempio, la legge della gravitazione universale di Newton ha potuto affermarsi perché spiegava e prevedeva con straordinaria precisione i movimenti dei corpi celesti e terrestri. La ripetibilità delle osservazioni e l’assenza di controesempi nel lungo periodo hanno costituito una base fortissima per l’accettazione della teoria (fino all’arrivo della relatività generale, che ne ha ampliato e corretto l’ambito).
In statistica, l’unanimità o l’elevatissima percentuale di conferme empiriche non è un criterio assoluto di verità, ma rappresenta una misura di probabilità estremamente elevata. Se un esperimento viene ripetuto milioni di volte e dà sempre lo stesso esito, è razionale ritenere che la teoria che lo prevede sia altamente affidabile. Naturalmente, rimane aperta la possibilità di falsificazione futura ( nessuna teoria scientifica è “vera” in senso metafisico ) ma la forza del dato oggettivo sta nella sua indipendenza rispetto all’opinione o alla percezione soggettiva.
Il mondo dei pareri umani funziona in modo radicalmente diverso. Quando una grande maggioranza di persone concorda su qualcosa , per esempio, che un determinato comportamento sia “giusto”, o che un certo evento sia avvenuto in un certo modo, non possiamo automaticamente dedurne la verità del contenuto affermato. La storia è piena di esempi in cui credenze condivise da intere civiltà si sono rivelate false: l’idea che il Sole giri intorno alla Terra, che la Terra sia piatta, che certe razze siano “superiori” ad altre, o che certi rimedi miracolosi funzionino nonostante l’assenza di effetti dimostrabili.
Il motivo di questa fallibilità del consenso umano risiede nella natura dei meccanismi psicologici e sociali che lo generano. Le opinioni non si formano in uno spazio neutro, ma sono influenzate da una serie di fattori che possono distorcere la percezione della realtà: preconcetti e distorsioni di valutazione (quello che i colti in materia chiamano bias), desiderio di appartenenza, autorità percepita, paura della dissonanza cognitiva, conformismo sociale. Un famoso esperimento, di Asch, negli anni '50, ha mostrato come individui posti in un gruppo tendano a dare risposte sbagliate, pur di non contraddire l’opinione della maggioranza. Questo effetto di pressione conformista può spiegare perché anche un campione umano vastissimo possa condividere un errore.
In molti contesti, giornalistici, politici, culturali , si tende a usare l’unanimità apparente come prova implicita di verità. .... "E' la democrazzzzzia, bebi "
L’argomento “se lo dicono tutti, sarà vero” è una fallacia logica nota come "ad populum": il fatto che un’affermazione sia molto condivisa non ne dimostra la correttezza, così come il fatto che pochi la sostengano non ne implica automaticamente la falsità.
Le verità scientifiche non dipendono dalla maggioranza, ma dalla coerenza tra teoria e realtà osservabile. Al contrario, l’opinione umana può essere riflesso di contingenze culturali, emozionali, retoriche o propagandistiche.
Questo vale anche nel campo morale o estetico, dove l’unanimità può indicare una norma sociale dominante, ma non necessariamente un fondamento razionale o universale. Ad esempio, per secoli l’omosessualità è stata ritenuta immorale/infermità dalla stragrande maggioranza delle persone in Occidente: ciò non implica che lo fosse davvero. L’unanimità, in questo caso, rifletteva una costruzione culturale e religiosa, non una verità oggettiva.
Quando i dati scientifici convergono verso un risultato, tale convergenza è il frutto di osservazioni indipendenti, ripetute in condizioni controllate, da gruppi diversi, in luoghi diversi. Questo meccanismo riduce al minimo il rischio che il risultato sia frutto di un errore sistematico o di un bias collettivo. È ciò che Popper (amico mio) chiamava “criterio di falsificabilità”: una teoria è scientifica solo se può essere sottoposta a prove che potrebbero potenzialmente smentirla.
Nel mondo dei pareri, al contrario, il consenso tende spesso a diffondersi per contagio, non per verifica indipendente. Le reti sociali contemporanee ne sono una prova eclatante: un’idea diventa virale non perché sia fondata, ma perché colpisce l’immaginazione, rassicura o si adatta a mode dominanti. Il consenso che ne deriva è quantitativo, non qualitativo: non nasce da un processo di controllo critico, ma da dinamiche di imitazione, appartenenza e polarizzazione.
L’esempio forse più drammatico dell’unanimità ingannevole è quello delle credenze collettive, nelle pseudoscienze o nei complotti. Nonostante l’assenza di prove e la presenza di evidenze contrarie, intere comunità online possono giungere a credere fermamente che i vaccini siano dannosi, che la Terra sia piatta, o che esista un’élite segreta che controlla il mondo. Il meccanismo è sempre lo stesso: conferme soggettive, rinforzo reciproco, isolamento informativo. In questi casi, l’unanimità è una prova solo della forza del "bias", non della verità dell’affermazione.
Ah, nelle credenze collettive non ho parlato di "religione". Non é stata dimenticanza. E' volontà di evitare la banale sterile polemica : non scrivo per trollesca ed inutile provocazione. Della "religione", ho parlato in un'altre discussione.
Allo stesso modo, anche in ambienti di livello culturale medio-alto può instaurarsi un conformismo “soft”, in cui certi temi, opinioni o sensibilità diventano dominanti non per la loro verità, ma per la loro compatibilità con il gusto, il linguaggio e le aspettative della maggioranza del gruppo e la moda del momento. Anzi, spesso ne sono particolarmente soggetti.
In definitiva, l’unanimità nei dati statistici o sperimentali può essere una conferma significativa per una teoria scientifica, perché deriva da osservazioni indipendenti e controllabili, ripetibili e falsificabili. Al contrario, l’unanimità nei pareri umani, anche quando proviene da campioni ampi e apparentemente rappresentativi, non garantisce alcuna verità: può riflettere preconcetti e distorsioni cognitive, convenzioni sociali, pressioni ideologiche o semplici errori condivisi. Il consenso umano è un animale emotivo. Si chiama conformismo, ed è molto più potente dell’intelligenza. In fondo, pensare da soli è faticoso. Ripetere ciò che dicono tutti è rassicurante. E allora eccoci: tutti convinti che “la modernità sia liquida”, che “ormai nessuno legge più”,che "la carta-velina é la materia prima del maschio", che “il vero problema sia la mancanza di valori”....che "non ci sono più le mezze stagioni".
Il problema è che non ce ne accorgiamo. Scambiamo la convergenza per certezza. Scambiamo la ripetizione per dimostrazione. Dimentichiamo di chiederci: ma è vera?
Per distinguere ciò che è fondato da ciò che è solo creduto, serve metodo, spirito critico e una costante umiltà verso la conoscenza (epistemica, per fare figo con le parole difficili).
La scienza non ha bisogno del “tutti sono d’accordo”, ma del “tutti possono verificare”. ll metodo scientifico ha almeno un vantaggio: è strutturato per resistere al fascino dell’unanimità. Non importa se tutti credono in qualcosa: importa se la realtà, quando interrogata con strumenti precisi, risponde sì. E se non risponde, o dice no, la "teoria" non é tale, ma solo un'ipotesi fallace. Si mette da parte per tempi migliori, o si butta e morta là.
L’opinione, invece, può accontentarsi del consenso. Basta che la si ripeta. Basta che la si abbellisca. Basta che si usi una cornice nobile (“lo dice la tradizione”) o tecnocratica (“lo dicono gli esperti”, senza dire quali).
...ma...
a differenza della scienza, essa spesso si sbaglia.
E così resta il paradosso: in scienza, mille conferme fanno una teoria; tra gli umani, mille convinzioni possono nascondere un errore.
Del resto, dice l'aforisma di un umorista :
“Fantastiliardi di mosche non possono sbagliarsi”
Ma nessuno, finora, lo ha preso sul serio. Per fortuna.