CONFIDENZA ESIBITA : trucco vecchio quanto la toga di Aristotele
Condividere il proprio vissuto è un gesto che fa bene sia a chi parla sia a chi ascolta.
Raccontare esperienze personali aiuta a capire meglio se stessi, a dare un senso a ciò che si è vissuto.
Allo stesso tempo, crea legami con gli altri: ascoltare storie altrui permette di riconoscersi, di sentirsi meno soli, di costruire fiducia.
In un mondo spesso frammentato, la condivisione diventa un modo per creare connessione e umanità.
Non è solo parlare di sé, ma aprire uno spazio dove le persone si incontrano davvero, con sincerità e rispetto reciproco.
Parole sante, in oro colato
...ma...
Nel contesto delle dinamiche comunicative, l’atto di esporre confidenze, vere o costruite ad arte, può essere considerato una tecnica strategica mirata a instaurare un rapporto di fiducia e intimità apparente.
Si, manipolazione.
Tale pratica si fonda su una dinamica ben nota nelle teorie della comunicazione: la tecnica di attivazione della reciprocità .
Dichiarare qualcosa di personale innesca nell’interlocutore un impulso (spesso non pienamente cosciente) a rispondere con una confidenza analoga.
Questo meccanismo si basa su una dinamica sociale implicita, secondo cui l’auto-rivelazione genera l’obbligo di rispondere in modo analogo.
In termini retorici, si tratta di una variante dell’ethos, ovvero della costruzione della credibilità e dell'affidabilità del parlante.
Mostrare il proprio “lato umano” , attraverso la rivelazione di esperienze intime o fragilità , contribuisce a creare un'immagine di autenticità, e quindi a ottenere il favore e l’apertura dell’ascoltatore.
Ma quando la confidenza è strumentale, diventa una forma di ethos strategico: non si espone se stessi per comunicare verità, ma per costruire una posizione di vantaggio relazionale.
Questa dinamica può essere letta anche alla luce della teoria dell’interazione simbolica , secondo cui la costruzione del sé è frutto di un continuo negoziato di ruoli e impressioni.
Esporre una confidenza, in tale cornice, è un atto performativo: si recita un ruolo (“sono aperto”, “sono fragile”, “mi fido di te”) per stimolare una risposta coerente da parte dell’altro, che a sua volta sentirà di dover incarnare il ruolo del confidente, dell’alleato, del complice.
Si potrebbe definire "una pasturazione comunicativa": proprio come il pescatore getta piccole quantità di esca per attirare i pesci prima di calare l’amo, l’interlocutore che offre una confidenza (vera o falsa) getta un’esca emotiva per suscitare un investimento psicologico nell’altro. Il successo della tecnica dipende quindi dalla verosimiglianza e dalla pertinenza del contenuto rispetto al contesto e alla relazione.
Nel campo della manipolazione sociale, questa tecnica rientra tra quelle di tipo inoculativo: l’interlocutore riceve un frammento di presunta verità, non per essere convinto razionalmente, ma per essere agganciato emotivamente. per ottenere informazioni, vantaggi relazionali, o per spingere qualcuno ad atti che non avrebbe altrimenti compiuto.
In sintesi, la tattica di auto-rivelazione (vera o falsa che possa essere) rappresenta un meccanismo raffinato di persuasione, basato sulla mimica della vulnerabilità per indurre apertura nell’altro. È un’arma relazionale che funziona perché sfrutta le aspettative cooperative implicite nella comunicazione umana, trasformando la fiducia in merce di scambio.
La "parata", ?
Statt'accuorto, guaglio'