La passeggiata estiva del Monaco
Il sole batteva su tutto ciò che era umano, vivo o solo sudato. Il Monaco camminava nel parco come un relitto fuoriuscito dalla Vulgata. Parlava . Nessuno gli chiedeva niente, e lui rispondeva lo stesso.
"E fu nella stagione della calura che l’uomo si scordò dell’acqua, e inseguì refrigerio nelle parole dei profeti. Ma i ventilatori erano pochi e i giusti gemevano nella polvere. Allora il Signore disse: “Aprite le finestre, ché l’afa venga e giudichi le carni molli”» (Sudorazioni II, 3–6)
Su una panchina, Ale e Regina d’Autunno discutevano del tempo
"Questa umidità mi cuoce le idee", diceva Ale.
"A me fa lievitare le malinconie", rispondeva Regina, facendosi vento col cappello di paglia ornato di violette e roselline.
Il Monaco si fermò, sollevò due dita al cielo.
"E il cielo si corrugò come fronte d’anziano, e i venti dormivano. Disse allora il Giusto: “Perché non vi è brezza nelle ore peggiori? Perché l’aria non consola come madre? Perché siamo come pesci fritti in un giorno di lutto?” E il Signore non rispose, ché era occupato con le locuste del meridione" (Desolanza I, 12–16)
I due lo guardarono stupefatti, come si guarda un corvo che ride. E lui passò oltre.
Sotto un albero sedeva Breakthru, intenta a sottolineare con rabbia un saggio sulla generazione Z.
"Né speranza né odio: solo lo scroll perpetuo", borbottava.
Il Monaco si avvicinò, senza preamboli.
"E i giovani camminarono senza guardare il cielo, ma solo gli schermi delle tasche. E si rallegrarono per tre cuori, e piansero per una storia di dodici secondi. E chiesero: “Dove va la gioia che non si posta?” Ma nessun vecchio rispose, ché anch’essi stavano su Facebook" (Giacobele III, 21–24)
Breakthru, senza staccare gli occhi dal libro: "Sì, questa me la tatuo sul ginocchio. E la dico a Bauxite che la apprezzerà di sicuro"
"E la disperazione fu moda, e la moda fu rituale, e il rituale si fece monologo da bagno. Allora il Signore sospirò, e mandò il silenzio, ma non fu compreso, ché non era in formato video"(Piagnone VI, 2–5)
In una radura, Doxa mostrava delle foto sul telefono a Kurono. Si trattava, a quanto pareva , di seminaristi in posa ambigua.
"Guarda l’illuminazione! Il gioco tra iconografia e Instagram è perfetto."
Kurono annuiva: "Classicismo accidentale. È arte che non sa d’esserlo. Quindi è."
Il Monaco sbucò come un salmo inopportuno. Fece un profondo respiro, poi:
"E i servi del culto, dimentichi del pudore, si spogliarono nei giardini del convento, dicendo: “Non è peccato se c’è ironia”. Ma l’ironia fu labile, e il filtro sepia non bastò a giustificare la nudità. Allora gli angeli voltarono lo sguardo e il fiume divenne torbido» (Imbarazzi IV, 7–10)
Doxa, per nulla turbato: "MaestroGiudice, è chiaro che non ha mai visto un servizio fotografico ben fatto."
Il Monaco scosse il capo.
"E dissero: “La luce è buona”. Ma la luce era dei riflettori, non della Grazia. E fu così che si confusero l’estetica e il sacrilegio, e nacque il peccato editoriale" (Contrasti I, 4)
Ecco che, come la giustizia nella valle di Giosafatte, apparve Ladypojana. tunica etnica, sguardo da tribunale, scarpe comode e spirito bellicoso.
"Ancora tu, con queste frasette da museo dell’Inquisizione? E basta, MaestroGiudice con ’ste citazioni che nemmeno Dio saprebbe dove metterle! La gente è stanca! Hai parlato anche alla mia gatta l’altro giorno , in greco...o tosco-bergamasco...non si capiva, comunque."
Il Monaco, spaventato, cercò di voltarsi. Lei alzò la voce, come una tromba d’allarme.
"Rispondi, ché ora non ti salvi con Tobia o Giosuè! O parli chiaro, una buona volta, o taci per sempre!"
Il Monaco chiuse gli occhi, poi proclamò:
"E venne la Donna vestita di zelo e sarcasmo chiamata Flagello, e con voce d’istrice disse: “Taci!”; e il profeta si nascose sotto il fico, desiderando d’esser lombrico" (Piagnone VI, 11)
Disse nel suo cuore: “Non vi è scampo né tra i cespugli né nei Vangeli apocrifi, ché la sua voce scava come scalpello”. Allora fuggì, e i sandali gli si spezzarono, ma lui corse lo stesso, cantando in lingua antica lamenti d’infanzia" (Fughe III, 18–21)
E fuggì , incespicando nei ciuffi d’erba e nella dignità perduta. Sparì tra le siepi come un proverbio dimenticato:
"Fuggì il servo delle Scritture, ché temette la lingua più del serpente"(Sotterraneo IX, 4)
Ladypojana si voltò verso gli altri, e con calma quasi teologica, disse:
"Se volete torno anche domani."
Sudorazioni V — Dell’Abbronzatura Totale
1.
E fu nell’ora sesta
sulla spiaggia di rena incandescente
che la donna si distese sul lettino di plastica,
e disse nel suo cuore: “Scaldate, o raggi, le mie carni bianche come farina setacciata”.
2.
E il sole rispose, e scese con potenza,
e il sudore colò dai lombi fino al coccige,
come unguento mal dosato sopra il sacrificio imperfetto.
3.
E anche la donna accanto a lei si unse d’olio profumato,
ché voleva apparire come rame lucidato,
e disse: “Chi mi ama, mi ami, ma con Fattore di protezione solare alto”.
4.
L' angelo della medicina apparve e gridò:
“Non vi è gloria nell’arrosto,
né salvezza nella scottatura!”
5.
E i bagnanti, maschi e fammine, tapparono le orecchie con le cuffie bluetooth,
e continuarono a rosolarsi,
cantando inni in lingua d’estate: reggae e romagna-mia.
6.
E una, vedendosi allo specchio, esclamò:
“Chi è questo dea bronzata e rilucente?
Mi venererei da sola, se non fossi già troppo presa!”
7.
Ma il Signore vide che la bellezza era epidermide,
e disse: “In verità vi dico:
chi cerca l’abbronzatura totale, avrà anche la pelatura parziale”.
8.
E alcune, prese da zelo estetico,
si spogliarono anche del pudore
e si stesero nude come Eva prima dei saldi delle foglie di fico.
9.
Allora la sabbia le punse nei luoghi più segreti,
e le vespe riconobbero il peccato,
e le punsero con giusta ironia.
10.
E una gridò: “Ahi! Perché mai ho desiderato essere noce di cocco?
Non era meglio il pallore della candida luna sulle ginestre?”
11.
E la pelle si fece rossa come peccato appena commesso,
e bollì nelle pieghe dell’ombelico,
e nacquero vesciche come parabole dell’eccesso.
12.
E il saggio, guardando le stolte, disse:
“Meglio essere bianca come pastiera che marrone come ...lasciamo perdere...".
13.
Ma nessuna lo ascoltò,
ché era pallido e portava cappello a tesa larga.
Con i sonaglini tintinnanti.
14.
E quando giunse la sera, e le stelle sorrisero,
le abbronzate camminavano rigide,
e ogni carezza era bestemmia,
ogni lenzuolo, un giudizio.
15.
E così fu scritto:
“Chi arrostisce per vanità, cenerisce per prudenza.
E la gloria dell’abbronzata dura fino alla prima doccia.”