Furto al Louvre: valorizzazione dell'inutile?
Furto al Louvre di gioielli napoleonico-reali. Senza violenza né danni fisici a persone.
Il mondo si stupisce e s’indigna, le autorità promettono indagini implacabili, e i telegiornali rispolverano il lessico dell’“inestimabile”.
"Come si può sottrarre ciò che appartiene all’umanità? O, almeno, a tutti i Francesi?".
Ma appare una forma di strano, irriverente paradosso : oggetti troppo preziosi per essere venduti, troppo celebri per essere usati, troppo sorvegliati per essere goduti. Dunque: immobili, perfetti... inutili.
È curioso come ciò che non abbia prezzo finisca per non avere nemmeno "valore", tutto sommato.
Brillavano, certo, ma solo per chi sapesse trovarvi qualcosa di "sacro". O fingere di farlo.
Oggetti unici, ricchi di luci e di storia (e magari, anche un po' macchiati di sangue, sudore e lacrime), eternamente esposti a un’adorazione educata: la liturgia dell’arte.
Vuoi vedere che proprio il ladro, con la sua mano svelta, avrebbe ridato a quelle pietre una minima utilità, un destino, una circolazione: un'esistenza "utile"?
Ora quei gioielli respirano un'aria nuova. Magari, non necessariamente diversa. Forse sono finiti in una stanza segreta fatta costruire da un collezionista che non sa bene se ami l’arte o semplicemente disprezzi la folla. È probabile che non li guarderà mai, ma li saprà lì: per molti basta questo per sentirsi immortali. Caveau/vetrina progettata e costruita da mani esperte e capaci di tenere un segreto ben remunerato.
Qualche "pezzo" sarà finito in libertà, sul "mercato", dopo esser passato tra le mani di un tagliatore di pietre: un artigiano paziente, con la lente all’occhio, competenza e utensili raffinati.
Tagliatori e costruttori, dopo aver ricevuto il compenso, lieti per il malloppo guadagnato esentasse, forse avranno dato qualcosa ad un bisognoso, invece di schivarlo.
Niente di che, ma più utile di un luccichio in una teca museale, visibile a pagamento e su prenotazione.
Dicono che si tratti di una “perdita per l’umanità”. E lo é di certo.
Ma almeno, per una volta, il bello avrà smesso di vegetare sotto le luci fredde del Louvre, tornando a mescolarsi con la polvere, il cemento e ridurre (di pochissimo) la fame. Forse.
In fondo, anche i capolavori, ogni tanto, hanno diritto a un po’ di vita clandestina.
E' evidente che i diamantoni, anche se storici e con nomi altisonanti, non mi entusiasmano: mi sono indifferenti.
:mumble: Ah, no! :azz: Non é vero. Uno ha illuminato le mie fantasie da ragazzino: il Koh-i-Noor. Protagonista, in un certo senso, di un romanzo salgariano: "La montagna di luce".
Quindi, potrei concludere sintetizzando cosi':
I diamanti volano, il Louvre sbuffa, Salgari ride tra le pagine.