Non condivido per due motivi; primo non mi piace fingere poiché credo che la finzione sia l'anticamera delle illusioni; secondo non credo esistano per noi altre vite precedenti.
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Non puoi pensare con la tua testa proiettata negli altri; sappi che il sottoscritto si è sempre impegnato non maggiormente ma al massimo, eppure non sono mai arrivato al paradiso terrestre.
Per quanto invece riguarda la vita eterna, anche se mi impegno al massimo delle mie possibilità per essere come mi vorrebbe Gesù, so anche che in definitiva dipende da Dio e non da me.
la profezia è una cosa strana, e come ho spiegato anni fa, il profeta parla sempre per il suo presente, ad esempio la profezia riguardante la nascita di Gesù era indirizzata alla nascita del figlio del re d'Israele nel tempo in cui è vissuto il profeta.
Prendo atto di tutte le tue contestazioni. Cosa sarebbe ciò che non mi appartiene?
Rimane il fatto che leggendo la Bibbia come fai tu, resta tutto fumoso e non ti dà alcuna sicurezza; leggendola come faccio io, mi dà certezze. Interpretare profezie millenarie che si realizzano oggi come previsioni a breve, non solo è privo di logica, ma azzera il loro valore e quello di Dio, che le ha ispirate.
Per te l'Apocalisse fu una previsione per i vicini di casa di Giovanni di 2000 anni fa? E tutte le profezie che Gesù applicò a sé e che erano antiche di millenni o di centinaia di anni, rispetto al suo tempo? Tu, dando retta ai tuoi maestri umani, contesti pure ciò che disse Gesù, e fai finta di non accorgertene, pure se tu non ami fingere.
Oppure fingi solo quando ti fa comodo?
Ma tu fai presto anche a parlare di incrostazioni, smentite dai fatti, per cui tutti i Vangeli diventerebbero scarsamente affidabili e del tutto opinabili, al di là delle diverse interpretazioni.
Se nel Corano si parla di massa compatta di cieli e terra, poi cosa potrebbe essere successo, visto che li vediamo separati in miriadi di mondi e di stelle? Lì dice che fu Dio a separarli e perché non attraverso un Big bang?
Come puoi affermare che io faccia forzature nelle interpretazioni dei testi?
Se tu sei fermo a 2000 anni fa, stai lavorando per la tua vita eterna, non per il ritorno al paradiso terrestre. A me pare evidente. Resta da stabilire: se gli obiettivi sono diversi, il percorso è pure diverso? Io direi di sì. Altrimenti non si parlerebbe di resurrezione e di trasformazione, ma di continuare sulla vecchia strada.
Da ciò che scrivi su di essa.
Vorrei aggiungere sulla mia proposta di finzione che si può anche capovolgere il ragionamento, ossia: chi ha effettivamente conquistato la vita eterna nella precedente incarnazione inconsapevolmente "finge" che potrebbe morire da un momento all'altro. Lui ne è convinto, ma non è cosa reale.
Se tu tra 100 anni sarai ancora vivo, cosa penserai delle tue convinzioni di oggi?
Considerando che credo solo alla vita presente le tue mi sembrano assurdità, come posso essere vivo fra 100 anni? ti rendi conto di quello che stai dicendo?
Poi, tu da quello che scrivo riesci a non vedere per la nebbia o quello che scrivo è nebuloso, perché se fosse l'ultimo caso possiamo aspettare che esca il sole.
Mi rendo conto che tu non credi alla vita eterna. Nel "Primo libro di Nefi" (14:7):
Perchè verrà il tempo in cui - dice l’Agnello di Dio - io farò un’opera grande e meravigliosa tra i figlioli degli uomini; un’opera che per ogni verso durerà in eterno, sia per convincerli della pace e della vita eterna, sia per abbandonarli alla durezza dei loro cuori ed alla cecità dei loro spiriti, fino a che siano condotti in prigionia e in perdizione temporale e spirituale, secondo la servitù del demonio di cui ho parlato.
Nel Libro dei Giubilei (23), un apocrifo dell'AT:
E, allora, i fanciulli cominceranno ad osservare scrupolosamente le leggi e gli ordini ed a ritornare sulla via della giustizia. Ed il tempo comincerà ad aumentare ed a crescere e [così pure] i figli degli uomini, di generazione in generazione e di tempo in tempo, fin quando i giorni [della] loro [vita] si avvicineranno ai mille anni o più.
Buddha si pronunciò contro la vendetta e lo spargimento di sangue, non legittimando tali atti in nessun caso:
«Il sangue non pulisce ma sporca.»
(Digha Nikaya)
«L'odio non cessa con l'odio, in nessun tempo; l'odio cessa con l'amore, questa è la legge eterna.»
«Tutti tremano davanti a un'arma, tutti temono la morte. Provando per gli altri gli stessi sentimenti che provi per te stesso, non uccidere e non far uccidere.»
(Dhammapada, 129)
«Il Beato osservò il comportamento della società e notò come molta infelicità derivasse da malignità e da sciocche offese, fatte soltanto per compiacere la vanità e per orgoglio personale. E il Buddha disse: "Se un uomo stupidamente mi fa del male, gli restituirò la protezione del mio amore senza risentimento; più male mi viene da lui, più bene andrà da me a lui; la fragranza della bontà torna sempre a me, e l'aria nociva del male va a lui.»
(Sutta "delle offese")
Il Buddha condannò la violenza e le punizioni corporali, e anche se molte interpretazioni ammettono l'autodifesa e la guerra (praticata anche da molti buddhisti nel corso dei secoli), i comportamenti e i pensieri violenti furono proibiti da lui anche in casi estremi, in particolare per i monaci, ponendo l'accento più che altro sulla disposizione mentale:
«O ancora, monaci, se briganti e assassini con una sega da alberi vi staccassero articolazioni e membra, chi per questo provasse furore non adempirebbe il mio insegnamento. Quindi voi monaci dovete ben esercitarvi a non essere turbati, a non lasciar sfuggire dalla bocca nessuna cattiva parola, a rimanere amichevoli e compassionevoli, con animo amorevole, senza segreta malizia. E dovete esercitarvi a irradiare chi vi sta davanti, con animo amorevole, e poi, cominciando da quella, a irradiare il mondo intero con animo amorevole, con animo ampio, profondo, illimitato, privo di rabbia e rancore. Di questo insegnamento col paragone della sega vogliate voi spesso ricordarvi.»
(Kamcupamasutta, Majjhima-Nikkaya I, 21)
Ancora:
«Detestando ogni tipo di uccisione, l’asceta Gotama si astiene dall’uccidere, vive senza bastone o spada, coscienzioso, compassionevole, gli sta a cuore solo il benessere di tutti gli esseri viventi. Per questo motivo gli uomini lodano il Tathagata.»
(Brahmajala Sutta, 1.8)
Uno dei precetti morali buddhisti (sila) così recita:
«Mi asterrò dall'uccidere o dal nuocere agli esseri viventi.»
«Sono contrario alla pena di morte, che in Tibet fu abolita dal mio predecessore. Trovo inconcepibile che essa sia mantenuta in vigore in grandi paesi come la Cina e l’India: uccidono ancora la gente in nome della giustizia nel paese del Mahatma Gandhi, nel paese stesso in cui insegnò il Buddha! La pena di morte è pura violenza, barbarica e inutile, addirittura pericolosa, perché può solo condurre ad altri atti di violenza, come d’altronde ogni violenza. La punizione massima dovrebbe esserela detenzione a vita, senza la pratica di alcuna brutalità.»
(Dalai Lama Tenzin Gyatso[14])
«La ragione per la quale insisto sulla necessità di abolire dovunque la pena di morte si basa sul rispetto buddista per la vita. Chi si schiera per l’abolizione della pena di morte di solito basa la sua argomentazione su due punti: un essere umano non ha il diritto di giudicare e metterne a morte un altro; l’abolizione della pena di morte non fa aumentare il numero di crimini. Chi invece è a favore della pena capitale è fermamente convinto che questa punizione diminuisca il numero dei reati. Che abbia o no quest’effetto, la pena di morte implica la soppressione di una vita come deterrente o come rappresaglia di un crimine. Ma una ritorsione, provocandone inevitabilmente un’altra, mette in moto una catena di atti malvagi. A mio parere la vita, in quanto valore assoluto meritevole del più grande rispetto, non deve mai essere utilizzata come strumento per ottenere qualcosa di diverso dalla vita stessa. La dignità della vita è un fine in sé, quindi, se è necessaria una costrizione sociale, occorre trovare un altro metodo che non coinvolga la vita. Il ricorso alla pena di morte come deterrente mette in luce la deplorevole tendenza che per lungo tempo ha afflitto la società umana e che oggi pare addirittura accentuarsi, vale a dire la tendenza a sottovalutare la vita. La guerra è una delle principale cause di questa tendenza. In quasi tutti i casi, le guerre si combattono fra Stati che agiscono nel loro esclusivo interesse: la vita umana è considerata soltanto un mezzo per ottenere la vittoria e, in quanto tale, può esser utilizzata e spesa. Non c’è crimine umano più odioso di questo. Fino a quando sarà consentito commettere liberamente questo delitto mostruoso, tutti gli altri reati seguiteranno a esser commessi su scala sempre più ampia e più grave.»
(Daisaku Ikeda, Dialoghi, p. 156)
Secondo il monaco Theravada thailandese Phra Paisal Visalo, abate del monastero di Wat Pasukato, la pena di morte
«Non protegge dai crimini né provoca una loro riduzione. Ricerche compiute in tutto il mondo mostrano invece che i Paesi che hanno cancellato la pena capitale hanno assistito ad una drastica diminuzione dei reati gravi (...) uccidere o distruggere una vita è contro la dottrina buddista. È il primo e il più importante dei precetti. Un buddista non dovrebbe uccidere né danneggiare una vita, perché crede che ci siano metodi migliori per risolvere i problemi. [Una riduzione dei crimini] può essere ottenuta con misure restrittive che tolgano la possibilità ai colpevoli di commettere ulteriori crimini. Inoltre, lo sviluppo economico e sociale è una strada per incoraggiare le persone a fare qualcosa di buono, diminuendo l’inclinazione al delitto.[15]»