Originariamente Scritto da
axeUgene
la tua domanda è "sbagliata" - nel mio caso - perché contempla un sistema di valori diverso dal tuo:
poniamo che qualcuno ti dica: tu, a forza di tifare Empoli, collezioni una serie di frustrazioni; davvero hai rinunciato a vincere ? una cosa possibile tu tifassi per la Juventus...
tu, in queste cose, ragioni in termini strumentali: contempli un obiettivo, una finalità, che informa la volontà di una persona; nella fattispecie, la stessa condizione di solitudine è molto ambigua, oltre che smaccatamente materialista:
al contrario, io in queste faccende non "voglio", e prima di tutto perché non serve a nulla;
nel tuo mondo psichico si "conquista" una "cosa" - la disponibilità dell'altro - e si deve "combattere" per conservare quella "cosa" ove l'altro decida altrimenti;
nel mio mondo psichico le relazioni semplicemente accadono, perché il modo di essere di due persone crea una corrente in quel senso; se sopraggiungono difficoltà, si vivono lo stesso bene;
ma, se per qualsiasi motivo si determina una distanza, ogni sforzo è deteriore; la volontà è deteriore, la finalità è deteriore, il negoziato è deteriore, il patto/vincolo è deteriore; questa cosa la capisce meglio di tutti Lady, per via della sua frequentazione yoga;
ma non si tratta affatto di stipsi emotiva, per cui uno vuole evitare uno sforzo; è esattamente il contrario: se ti rendi conto che è necessario volere, piegare, significa che ci si sta anestetizzando rispetto alla realtà dei sentimenti e bisogni per costringerli al proprio "io", che si angoscia a dover dare risposte a se stesso e, per evitare, deve riempire quello spazio con altro, una persona, a prescindere dal benessere di quella;
a volte capita che nell'incontro si generi una liberazione di qualcosa che era compresso; più spesso, quando si "vuole", ci si indirizza su qualcuno che diventa strumento che puntella le difese contro la crescita, come i braccioli per chi ha paura di non galleggiare;
tu parli tanto della schiavitù all'"Io"; beh, "volere" è esattamente la premessa di quella schiavitù, anche se si traveste da abnegazione o virtù.