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Rece le colline hanno gli occhi 2
(The Hills Have Eyes II)
Un film di Martin Weisz. Con Michael McMillian, Jessica Stroup, Daniella Alonso, Jacob Vargas. Genere Horror, colore, 89 minuti. Produzione USA 2007.
al cinema 11-05-2007
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Trama--- dopo il massacro delle famiglie di civili nel settore 16 l'esercito decide di tenere la zona sotto controllo da parte dei militari per impedire nuove stragi e annientare definitivamente i gruppi di esseri mutati che vivono nella zona e operano il cannibalismo. Ma un gruppo di marines rimane isolato e non può contare su nessun appoggio esterno per cercare di cavarsela...
Commento: l'ottimo remake de Le colline hanno gli occhi operato da Alexandre Aja l'anno scorso finiva in maniera interlocutoria e lasciava presagire un seguito, che avremmo gradito di buon occhio visto lo svolgimento del film che si occupava di eseguire in un contesto gore anche delle critiche di contestazione politico/militare più generali che andavano oltre il genere.
Si sperava ovviamente che Aja potesse o volesse dirigere lui il seguito, invece la fretta di produrre di Craven subito anche senza delle idee di base valide per sfruttare il successo del primo film, delega a un regista di clip musicali come Martin Weisz (unico lungometraggio"Grimm Love") il compito di dirigere questa scialba pellicola di nessun valore assolutamente anonima. Partendo con l'idea che una famiglia di dispersi civili qualunque, fondamentalmente indifesa, sia stato un plot ormai abusato si cerca di upgradare tensione e coinvolgimento rendendo indifesi un gruppo di marines da operetta, con il soldato pasticcione (chiamato profeticamente Napoleon) e la bionda che finisce inevitabilmente unica del gruppo in t-shirt. Dopo un veloce prologo gore di buona fattura di cui però il collegamento con il primo chapter è oscuro o proprio non c'è (che sia lei la bionda poi catturata che si salva nel primo capitolo? Oppure una ignara viandante ?), assistiamo a una fiera delle situazioni assurde dove il gruppo dei marines non ha un telefono satellitare che funziona, uno di essi giustifica di saper fare un nodo particolare dicendo “Ero capo scout!”, una delle vittime esce da un water pieno di escrementi respirando chissà come, il soldato Micky Mouse fa la fine del topo e la sequela di attacchi e di difese sono la cosa più scontata del mondo in mezzo a una recitazione e dei dialoghi/contrasto da incubo, con la comparsa di oracoli che predicano funesti futuri accadimenti e qualche consiglio in una illustrativa-descrittiva del tutto assurda, con l'arrivo nel finale del più assurdo dei colpi di scena.
L'idea di un gruppo di marines dispersi non è certo nuova (pensiamo ad esempi illustrissimi come Aliens – Scontro finale), ma poteva essere valida se collocata in un contesto diverso e con modalità diverse, dove lo scontro si svolge in maniera del tutto addizionale uguale e non migliorativa diversificante.
Non vengono neppure soddisfatti gli appassionati dello splatter in quanto, oltre a un make-up delle creature del tutto anonimo, il (raro) tranciamento degli arti come effetto è poco convincente, privilegiando più un valore di sporcizia che di schizzo di sangue.(d'altronde la prima vittima scoperta era profetica in questo) .
Nessun riferimento ideologico, nessuna vera trovata decente, nessuna voglia di filmare oltre alla necessità di arrivare alla durata sindacale.
Un lavoraccio senza nessuna lode e con tanti sbadigli, dove non ci si affeziona per nulla alla sorte degli squallidi protagonisti tifando apertamente per i cattivoni, meno colpevoli di essere lì delle vittime, fallendo completamente nella ricerca della tensione.
Inutile che vi dica che il finale è aperto...
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Titolo: Notturno bus
Titolo originale: Notturno bus
Genere: Commedia, Noir
Anno di produzione: 2006
Nazione: Italy
Distributore: 01 distribuzione
Regia
Davide Marengo
Cast
Valerio Mastandrea
Giovanna Mezzogiorno
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Trama : Franz, un autista di autobus mite e con una vita normale con pochi sussulti, cade in disgrazia per dei debiti di poker contratti con l'amico di infanzia Titti, un bestione corpulento ma fondamentalmente di buon cuore. Cercando di trovare una soluzione ai suoi problemi rischia di ingigantirli con l'incontro con una turbolenta ragazza dalle mille identità che vive di espedienti. Ma i due sono all'interno di una trama molto più complessa e una vicenda di ben altro spessore riguardante un misterioso microchip conteso e ambito ...
Commento: Tratto dal romanzo di Giampiero Rigosi. Davvero bello, spumeggiante, appassionante e divertente questo lavoro di Davide Marengo (opera prima), che coniuga le atmosfere spy story metropolitane con un retrogusto di commedia nera degli inseguimenti. Coproduzione italo polacca con delle scene girate in Polonia, ha dalla sua una felice coniugazione tra le ambientazioni notturne della città che dorme a quelle giornaliere della città sempre in corsa (come lo sono i due protagonisti). Assimilando perfettamente l'insegnamento di trasposizioni filmiche precedenti di autori come Lucarelli o Dazieri, che hanno visto il grande intrigo partendo dalla presenza di uomini miti o qualunque, viene costruita una spy story di buon livello, venata di umorismo macabro (bellissimo il personaggio tutto eccessi dalla suoneria del cellulare folle interpretato da Pannofino, un ottimo doppiatore che si cimenta anche nella prova d'attore come ha fatto recentemente Luca Ward) e di costante lettura delle situazioni in un ottica riflessiva e altre volte di movimento.
La sempre brava e affascinante Giovanna Mezzogiorno, qui anche riccia e sensuale, (appena uscita dall'esperienza indiana di Lezioni di Volo) tratteggia con capacità un ritratto di donna avventurosa e spericolata, disperata nel suo vivere sull'orlo del pericolo ma che non abbandona i sentimenti, una sorta di ladra per amore alla ricerca della boa perduta. Fa una coppia davvero strana con Mastandrea (Il caimano), l'uomo che l'unica vera avventura la vive giocando a poker di bluff senza mai essere se stesso e vivendo solitario, con l'unico vero amico che lo ricerca per chiedergli soldi. FIlm fatto di coincidenze che si sovrappongono, di personaggi che vivono la ricerca dell'obbiettivo dovendo sistemare un sacco di problemi in casa, che cercano l'amore per dimenticare un presente di violenza, un universo quello di Marengo davvero variegato dove tutto si installa perfettamente con la storia che viene presentata, che usando i classici trucchetti della scoperta dei nascondigli e dei segreti con il ragionamento sui piccoli particolari, procede brillante, senza stancare, e oltretutto ha un finale davvero perfetto. Personaggi mai macchietta, ma ben caratterizzati anche se molto stranianti e peculiari in alcuni atteggiamenti.
Buonissima la scena della corsa a piedi in città e sul ponte in campo lungo, come altrettanto buona è la scena del garage delle auto dove tutto si mischia in un caleidoscopio di avvenimenti.
Un film consigliato per poter seguire una storia lineare ma benissimo caratterizzata negli avvenimenti, che si segue senza contorsionismi di trama e che nel nostro cinema asfittico di prodotti intelligenti rappresenta una ventata di freschezza.
La morale base del film "Hai sempre guardato dietro ma quando hai rotto i retrovisori sei andato avanti lo stesso" è
un monito a non fermarci mai troppo a guardare e compiangersi, anche perchè altrimenti le occasioni scappano...sopratutto in un mondo che non si ferma mai. Vedetelo, non ve ne pentirete.
Canzone finale "La paranza" di Daniele Silvestri sui titoli di coda con una interminabile discesa di persone dal bus.
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Zodiac
Zodiac
Titolo: Zodiac
Titolo originale: Zodiac
Genere: Thriller
Anno di produzione: 2006
Nazione: United States
Distributore: Warner Bros
Durata: 156
Uscita al cinema 18 maggio 2007
Regia
David Fincher
Cast
Bijou Phillips
Jake Gyllenhaal
Robert Downey Jr.
Mark Ruffalo
Anthony Edwards
Brian Cox
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Trama: la vicenda del serial killer Zodiac vista attraverso gli occhi dello scrittore Robert Graysmith, che cerca in tutti i modi di identificare l'assassino con il simbolo del mirino rasentando l'ossessione. Feroce, risoluto, Zodiac cerca di vivere sulla ribalta della notizia sfidando gli investigatori e creando una serie di pericolosi emulatori, non sar
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i raduni per death proof
stiamo cercando noi tarantino fan di organizzare dei raduni per vedere death proof che esce il primo giugno :approved:
se qualcuno
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The breach - L'infiltrato
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Cast Chris Cooper, Ryan Phillippe, Laura Linney, Caroline Dhavernas, Gary Cole, Dennis Haysbert, Kathleen Quinlan, Bruce Davison, Catherine Burdon, Scott Gibson
Regia Billy Ray
Sceneggiatura William Rotko, Billy Ray
Durata 01:51:00
Data di uscita Venerdì 18 Maggio 2007
Generi Drammatico, Thriller
Distribuito da MIKADO
Trama: Eric è un giovane di belle speranze, sposato con Juliana, che coltiva il sogno di diventare un agente dell'Fbi. Ma per diventare a tutti gli effetti un agente operativo deve fare un operazione sotto copertura per indagare sui movimenti del suo capo, Robert Hassen, apparentemente un uomo cattolico e irreprensibile, ma che oltre il vizietto per il sesso particolare accusato di nascondere dei segreti talmente grandi da sconvolgere l'equilibrio degli agenti sotto copertura che agiscono al di fuori dell'America...tra ammirazione e dubbi l'indagine del giovane Eric si rivelerà decisamente ostica...
Commento: Tratto da una storia vera. Il film è ambientato nel 2001 poco prima degli attentati del
11 settembre, con uan filosofia amara di comparazione dle fatto che mentre si lottava aspramente per combattere le serpi in seno qualcuno dall'esterno sferrava un colpo mortale agli Usa.
Una gran bella sorpresa questo The Breach, diretto da Billy Ray (un esordiente alla regia) che arriva per corrispondenza di temi dopo gli splendori tutta azione di The Departed e le ridondanti filosofie di The Good Sheperd.
Un film praticamente senza azione (in pratica non si spara mai se non in una scena di racconto) dove tutto è basato sulla ricerca della verità in maniera metodica e tranquilla ma sopratutto, strano per un film di questo tipo, senza contorsioni particolari di trama. Stupisce infatti come tutto sia progressivo e lineare, chiaro sin dall'inizio che il compito sia di scoperta distruggendo la falsa facciata e non di altri inserimenti di interesse complicando il tutto con nuovi elementi di racconto.
Molto bello tra l'altro il confronto tra le due famiglie, dove Hassen ha dei figli che lo adorano, una moglie devota mentre il rapporto tra Eric e Juliana è regolato da un cercapersone, come se il controllo dei movimenti e la rintracciabilità sia una necessità di fiducia a qualunque livello anche per chi teoricamente è senza peccato.
Hassen è un uomo che vive di virtù, che nasconde le sue oscurità, una facciata borghese perfetta per un uomo da ammirare, che non si possa credere sia veramente autore di ciò che è accusato.
Fantastico in effetti questo gioco bilanciato di ammirazione e di dovere che Eric compie nel corso della trama, dotando il film di una forza ulteriore senza relegarlo alla solita intricata (e molte volte cervellotica) ricerca/scoperta degli elementi.
Tra l'altro per evidenziare il carattere di importanza, in un contesto di pericolosità, del personaggio di Hassen viene usata nel momento topico una frase usata addirittura per Saddam Hussein.
Nel cast troviamo un ottimo Chris Cooper (il padre esagitato exmarines di American Beauty), bravo a creare il dualismo tra facciata e possibile marcio nascosto, mentre Ryan Philippe (Flag of our fathers), un viso decisamente da bello che però riesce a misurare la recitazione tratteggiando un personaggio contrastato e indeciso, mentre Laura Linney (Kinsey) è gradevole presenza nel ruolo della supervisionatrice dell'operazione.
In definitiva un buon film a sfondo spy story, che si fruisce con grande facilità senza dimenticare i contrappunti psicologici e caratteriali di uomini ligi al dovere, movimentando la trama in maniera anticonvenzionale senza botti e senza strepitii, con il merito di avere una ricerca priva di autocompiaciuti meccanismi contorti, confortevolizzato da una fotografia in chiaroscuro che ambienta e introduce.
E' decisamente più facile dire 5 bugie che 4 verità in questa società che certe volte ti modella a suo piacimento facendoti dimenticare il proprio gusto personale per evitare il dito puntato.
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PREY -LA CACCIA E’ APERTA-
Regia di Darrell James Roodt
Con Bridget Moynahan, Peter Weller, Carly Schroeder, Jamie Bartlett, Connor Dowds
Usa, 2006
Thriller
Uscita: 18 Maggio 2007
durata 92 minuti
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Trama: padre, due figli e la nuova moglie che cerca di avere un difficile collocquio con la prole acquisita. Il padre lavora in Africa ricoprendo un importante ruolo aziendale, e loro ne approfittano per fare una vacanza esotica. Ma durante una imprudente gita fuori percorso nella savana moglie e figli si trovano bloccati in una jeep alla mercè di un gruppo di feroci leoni e lonesse affamati dalla siccità...
Commento: quando si parla di film che hanno come tema le persone chiuse in un autovettura minacciate da animali la memoria va subito all'immortale Cujo tratto da un libro di Stephen King. In quel film un Sanbernardo costringeva una madre e un figlio terrorizzati a un interminabile assedio all'interno del microcosmo della loro vettura. In questo mediocre (per non dire futile) Prey del regista Darrell James Roodt (Yesterday) il plot di base è completamente uguale, solo che si avvale di una ambientazione paesaggistica naturale davvero ricca di fascino.
Peccato che in questo film la tensione sia praticamente zero, i dialoghi tra la matrigna e i due ragazzi davvero ignobili e le soluzioni narrative piene di buchi di logica. La motivazione per cui rimangono preda dei leoni e bloccati nella savana è del tutto ridicola, come sono campate per aria tante situazioni susseguenti difficili da credere.
Appaiono personaggi e scompaiono quasi per magia dopo aver depositato un oggetto utile (sembra di assistere a un videogioco risaputo dove la chiave la possiede il morto o il viandante che incontri per le ambientazioni), la situazione prosegue claudicante per arrivare ai sospirati 90 minuti sindacali, con gente che annusa feci di leone capendo la temperatura che hanno (sembra di vedere la spassosa scena degli Aristogatti dove il cane indovina il numero di scarpe dal rumore di passi...) e ranger idioti peggio di quelli dell'orso Yoghi.
Peter Weller (indimenticabile Robocop) si muove scomposto (e non protagonista) in questo filmaccio dove regna oltre al re della foresta una noia mortale.
La bella Bridget Moynahan (era Natasha la moglie di Big in Sex and the City) rimane sempre con la pelle idratata e mai veramente sudata all'interno di una jeep torrida e ogni tanto ci concede un top stile bikini, mentre gli insopportabili ragazzini fanno domande idiote e ascoltano l'i-pod come se nulla fosse.
Da evitare con cura, se proprio si vogliono vedere dei leoni (che almeno questi non sono male neanche quando con l'aiuto della digitalizzazione gli effettisti simulano gli attacchi) o dei bei paesaggi rivolgetevi al National Geographic.
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Io, l'Altro
Io, l'Altro
Regia di Mohsen Melliti
Cast Raoul Bova, Giovanni Martorana, Mario Pupella
Durata 01:20:00
Data di uscita Venerd
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La città proibita
Cast Gong Li, Jay Chou, Chen Jin
Regia Zhang Yimou
Sceneggiatura Zhang Yimou
Durata 01:51:00
Data di uscita Venerdì 25 Maggio 2007
Generi Romantico, Drammatico, Azione
Distribuito da 01 DISTRIBUTION (2007
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Trama: Si avvicina la festa dei crisantemi, ma a palazzo l'aria che si respira è densa di odio e di rancore, e losche trame si stanno dipanando per raggiungere la supremazia del potere all'interno della casata reale. Sarà l'imperatrice a prevalere sul sovrano ? E che ruolo rivestono i loro tre figli all'interno della vicenda?
Osservazioni: Zhang Yimou dopo aver esplorato le tecniche di ripresa di Matrix con i superadrenalinici Hero e La Foresta dei pugnali volanti, abbassa almeno in parte l'importanza e la presenza in minutaggio delle lotte estreme con voli e con salti, (che comunque ci sono, nessun amante di queste si preoccupi) per concentrarsi su una oscura storia di potere contrastato che nasconde le sue radici d'odio in avvenimenti del passato.
Nulla di nuovo in fondo nel racconto scelto dal regista asiatico, trame che si rifanno a Shakespeare con intrighi reali di questo tipo ne abbiamo viste parecchie, con un tocco che sarebbe stato caro a Kurosawa (soprattutto ricordando una delle sue opere meno famose, Ran, con la presenza dei tre figli e la locazione della reggia in cui si svolge gran parte del film), quello che stupisce nel lavoro sono le splendide scenografie, i favolosi costumi di scena e i movimenti di massa, non tanto nella parte delle battaglie (aiutata parecchio dal lavoro di cg) quanto nella ripresa delle abitudini di cortigiane dai seni costrettissimi in abiti tradizionali storici, come nel ritmico inizio scandito dagli strumenti sonori.
Un lavoro di fino e di cesello davvero pregevolissimo, all'interno di palazzi sfavillanti dai colori compositi e variegati. Predomina il giallo in questa lotta per il potere ad alto tasso di odio, come d'altronde non potrebbe essere visto il meraviglioso tappeto di crisantemi che ha questa cromia, simbolo di tutto il film. Il film si dipana interessante e mai fiacco, giocando parecchio sulle necessità di ripulire i fantasmi del passato e la ricerca di nuove alleanze.
ZyMou (come viene affettuosamente chiamato dalla stampa occidentale) giostra benissimo nel bilanciare la scoperta di nuovi elementi per proseguire la storia, non troppo fantasiosi come si diceva prima, ma sempre facenti parte di una epica davvero affascinante che non stanca mai.
Soprattutto perchè i due protagonisti (l'affascinante Gong Li, che avete visto già in Miami Vice e Chow Yun Fat, al cinema adesso anche con il terzo capitolo dei Pirati dei Caraibi, due simboli del cinema asiatico che partecipano spesso anche a produzioni anglofone) sono a dir poco strepitosi in carisma e in recitazione, rendendo i loro personaggi quasi celesti e superiori come si conviene a dei regnanti. Dal punto di vista tecnico i duelli con spade e lance (tra l'altro qui viene usata una curiosa arma ad uncino che fa delle corde la sua prerogativa) sono pirotecnici come i voli dei Ninja serventi (vedere per credere), arricchendo senza imporre fastidiosamente la loro presenza, se non nel cataclismico finale dove assisterete alla voglia del regista di totalità di spargimento di sangue e della gloria della pugna in un contesto quasi surreale tanto esagerato (ricordando le colossali lotte del recente 300). La successiva scena del ritorno e della pulizia, semplicemente sublime, vuole in un certo senso riportare a un ricordo epico e non a una nuova realtà questa battaglia imprescindibile per il bisogno di liberare le emozioni e non per vera conquista tanto l'esito è scontato nelle menti di chi la conduce (e non vi dico da parte di chi per non rovinare la sorpresa).
Ma il lavoro è davvero molto bello visivamente, la presenza del senso epico pregnante, e anche se in un contesto che qualche volte sa di deja vu non potremo non entusiasmarci di fronte a questo
film che ha anche il pregio di non voler dilatare il minutaggio inutilmente per consegnare una idea di grandeur futile se non supportata da elementi di valida continuazione.
Da consigliare a chiunque cerchi anche un intrattenimento valido e sfavillante, in quanto il film non pesa per nulla e il suo arco narrativo fruibilissimo.
Manca un po' la profondità delle emozioni in tanta cancrenosa acredine reale, ma in fondo possiamo catalogare questo film in maniera diversa dai capolavori che lo hanno ispirato come un
omaggio riverente.
Da censurare il doppiaggio italiano nella parte dell'arrivo degli annunci delle persone fuori campo quando i reali sono ritirati (e purtroppo questi annunci hanno una cadenza abbastanza fitta) del tutto ignobile e privo del necessario tono di voce altisonante.
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I pirati dei caraibi ai confini del mondo
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Cast Orlando Bloom, Johnny Depp, Keira Knightley, Mackenzie Crook, Jack Davenport, Geoffrey Rush, Naomie Harris, Jonathan Pryce, Bill Nighy
Regia Gore Verbinski
Sceneggiatura Terry Rossio, Ted Elliott
Durata 02:48:00
Data di uscita Mercoledì 23 Maggio 2007
Generi Avventura, Azione, Commedia, Fantasy
Distribuito da BUENA VISTA INTERNATIONAL ITALIA
Trama: Star trek 3/Pirati 3 alla ricerca di Spock/Sparrow
Commento: un lungo carrozzone di indispensabile futilità.
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ovviamente sopra si parlava di grindhouse di tarantino
The Darwin Awards - Suicidi accidentali per menti poco evolute
(The Darwin Awards)
Un film di Finn Taylor. Con Joseph Fiennes, Winona Ryder, David Arquette, Chris Penn, Max Perlich, Brad Hunt, Tim Blake Nelson, Richmond Arquette, Julianna Margulies, Tom Hollander, Juliette Lewis, Nora Dumm, Lukas Haas, Ty Burrell, Judah Friedlander, Wilmer Valderrama, Alessandro Nivola. Genere Avventura, colore Produzione USA 2006.
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Trama: L'ossessione dell'ex poliziotto Michael Burrows per i cosidetti Darwin Awards (sorta di oscar per i comportamenti stupidi) lo porta ad eseguire, coadiuvato da una avvenente ragazza, a stilare grazie al suo studio dei profili molto particolari. Ma questo hobby diventato ossessione può portare anche alla ricerca di un pericoloso serial killer e a vedere i soggetti coinvolti con occhi più umani.
Commento: -Un Darwin Award è un riconoscimento assegnato a qualsiasi persona che ha aiutato a migliorare il pool genetico umano "rimuovendosi da esso in modo spettacolarmente stupido"-. Partendo da questo assunto si muove uno dei film più simpatici degli ultimi tempi, dove vengono messi in discussione i risarcimenti avuti da incidenti poco chiari e assolutamente assurdi.
Wynona Rider (Alien 4 La clonazione) è la collega aggraziata e dolce anche se realistica di uno stralunato Joseph Fiennes (visto nel recente Il colore della libertà) abile investigatore con il difetto di essere emofobico e che sviene alla vista della prima goccia di sangue.
Una patologia che sembrerebbe incompatibile con il suo lavoro in cui di sangue ne scorre tipicamente a litri (in più c'è un serial killer esistenziale da cacciare e scovare), ma che gli sceneggiatori usano abilmente per voltare alcune situazioni verso l'ironico e il grottesco.
Molto frizzante questa ironica commedia agrodolce, debitoria dell'inizio e del senso dello splendido "Magnolia" di P.T.Anderson, dove le situazioni sono grottesche ma i personaggi così ben delineati da risultare simpatici, sfortunati e deteriorati, tanto da commettere illogiche assurde scelte, alla ricerca di una personale piccola o grande gloria che li renda diversi e migliore. Bellissima poi la scelta di mettere un cameraman puramente osservatore che non interviene mai in qualunque situazione e che segue costantemente le indagini antitruffa della coppia (e che tra l'altro non si vede neppure dato che vediamo sempre la sua prospettiva dal punto di vista della telecamera). Tra l'altro il film raggruppa nei grotteschi Darwin Awards (che esistono veramente, digitate pure la ricerca sulla rete) diverse categorie, borghesi, uomini ricchi e di successo oppure fumati fan del rock, dando una immagine globale alla sfortuna da imprudenza o voglia di strafare, da vedere in una prospettiva che non soffre di classificazioni.
Si sorride a denti stretti vedendo queste storie di giovani così stupidamente troncate, di vite perse per una disattenzione, anche perchè oltre che successe per banali o colossali ingenuità (il pilota automatico del camper una su tutti) sono sintomo che in fondo qualcosa potrebbe accadere anche a noi in quanto un destino troppo segnato o ricondotto non è detto che non accada nonostante mille precauzioni (emblematica la scena della doccia e del sapone).
Nel reparto attori oltre ai due protagonisti si segnala anche la breve apparizione di Juliette Lewis (Natural Born Killer) sempre splendida, e due componenti della famiglia Arquette, che fanno uno l'ingenuo con un sogno (David) e l'altro l'ignaro autista di cui incrocia la strada.(Richmond). Essendo il film del 2006 arrivato con un ritardo colossale nelle nostre sale, abbiamo modo di dare un ultimo omaggio allo scomparso Chris Penn (Le Iene).
Il regista Finn Taylor (nel 2002 ha fatto lo sconosciuto Cherish apparso al Sundance festival) sta dietro al cameraman dilettante del film con leggerezza, senza mai calcare la mano con ritmi fuori luogo e sincrono rispetto alla trama che si muove metodica (neppure nel finale dove si vede un po' di azione).
Ironia, garbo ma anche una punta di malinconia condiscono questo buon lavoro più che onesto per una serata distensiva all'insegna del divertimento intelligente.
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Turistas
Regia: John Stockwell Sceneggiatura: Michael Arlen RossAttori: Josh Duhamel, Melissa George, Olivia Wilde, Desmond Askew, Beau Garrett, Max Brown, Agles Steib, Miguel LunardiProduzione: Stone Village Pictures, 2929 Productions, Boz ProductionsDistribuzione: Eagle PicturesPaese: USA 2006
Uscita Cinema: 01/06/2007 Genere: Thriller
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Trama: dopo una disavventura in pullmann un gruppo di sei amici sembra aver trovato un paradiso in una spiaggia del Brasile. Ma il paradiso non è poi così idilliaco dato che molto presto comincierà un incubo che sembra senza fine e che tra la natura rigogliosa farà spuntare una verità terribile ...
Commento: il paragone e il rimando ad Hostel sembra quanto mai facile vedendo questo Turistas, prodotto che vorrebbe creare una similitudine tra la felicità dei paradisi balneari con la facilità con cui in un luogo bellissimo e incontaminato qualcuno può sparire senza che si possano trovare tracce per ritrovarlo.
Le motivazioni per cui si muove la trama di Turistas sono ben diverse da quelle del lavoro di Eli Roth, come del resto è diversissima l'ambientazione e la collocazione geografica (Sobborghi contro foreste, Brasile contro Europa).
Dopo un inizio che faceva presagire una pellicola becera e fatta solo per mostrare belle ragazze con poco o nulla addosso e qualche allupato stereotipo maschile, il film invece prende una sua forma e consistenza ben precisa, posizionando bene il rapporto tra le prede e i loro inseguitori, e, aiutato da una natura selvaggia incantevole che da un senso di impotenza e per nulla confortevole, il valore thriller del film si innalza a un livello sufficentemente accettabile in un ottica di bonarietà. John Stockwell (regista che fino ad ora si era segnalato solo per produzioni televisive) traccia il percorso della salvezza come una sorta di ritorno alle ataviche necessità, privando di tutto, anche le calzature, i personaggi che fa muovere. Ed è così che questi ricchi figli di papà devono cercare di superare le insidie senza tecnologia, affrontare una natura che all'inizio doveva incantare e che ora fa paura.
A favore possiamo segnalare le ottime riprese subacque e i giochi di luce fluviale davvero suggestivi, il gusto del gore poco presente con effetti limitati nel numero e nella intensità ma per questo da ritenere calibrati alla storia, che come detto ricerca il thriller con semplicità di confronto cacciatore preda, di contro una recitazione davvero minimale non riesce a rendere ottimale lo stato di angoscia dei poveri giovani braccati.
In definitiva un film che va benissimo per il pre o dopo pizza di totale disimpegno (contiene una morale esplicata ma la cosa è davvero minimale e viene presa come scusa per giustificare la trama), con qualche decente situazione di inseguimento e delle location incantevoli. Un film che dopo lo scandaloso noioso (lungo) inizio poteva anche essere ben peggio, e che ci ricorda che anche le vacanze certe volte possono essere tristi percorsi di paura perchè si abbandona il luogo sicuro della propria esistenza cercando ospitalità a persone che non si conoscono.
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Cardiofitness
Regia Fabio Tagliavia
Sceneggiatura Barbara Frandino, Lucia Moisio e Marco Ponti
dal romanzo omonimo di Alessandra Montrucchio
Scenografia Roberto De Angelis
Costumi Angelo Poretti
Fotografia Stefano Ricciotti
Operatore Franco Mele
Suono Mauro Lazzaro
con:
Stefania Nicoletta Romanoff
Stefano Federico Costantini
Cecilia Giulia Bevilacqua
Ilaria Sara Felberbaum
Guido Daniele De Angelis
Maurizio Fabio Troiano
Nick Dino Abbrescia
madre di Stefania Manuela Kusterman
Cinzia Nina Torresi
Carlo Gianni Carretta Pontone
Moira Gisella Burinato
Prodotto da Rai Cinema e Carlo Degli Esposti Produzione esecutiva Andrea Costantini e Giorgio Magliulo per Shooting Stars
inizio riprese: 6 febbraio 2006
location: Roma, Nettuno
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Trama: Stefania, una ventisettenne delusa e che cerca di scrivere un romanzo per realizzare i suoi sogni si innamora perdutamente di un ragazzino di 15 anni, Stefano. La differenza di età è un problema enorme, ma i due sembrano determinati ad infischiarsene dei giudizi degli altri per coronare il loro amore...
Commento Contrariamente a quanto si potrebbe pensare scrivere una recensione di un film scontato, scialbo e prevedibile, come è questo Cardiofitness, innocua commediola che cavalca una moda imperante della donna che si innamora dell'adolescente, è tutt'altro che facile. Il lettore come prima cosa pensa "Adesso ci dirà le cose che già sappiamo già solo leggendo un abbozzo di trama o vedendo il trailer", e allora per non deludere chi impegna una parte del proprio tempo prezioso, ci si deve inventarsi delle alchimie per riuscire a dare il concetto quanto mai scontato in una maniera interessante. Uno dei sistemi che insegnano è solitamente quello di scavare nelle ispirazioni, di fatto recentemente con Diario di uno scandalo e Lezioni di volo abbiamo visto trattato il tema della donna che copula con il ragazzino, ma mentre in questi lavori c'era ben altra intensità (sia recitativa che di esplorazione del sentimento e della psiche, sopratutto nel primo) in questo abbiamo il vacuo totale, con situazioni davvero inverosimili e un corollario di comprimari assolutamente ignobili.
Trattato come se fosse una sorta di Tempo delle mele con età diversa, il film dell'esordiente Tagliavia si snoda in maniera assolutamente patetica, con la Romanoff (un attrice, ma questa definizione è troppo esagerata, finita nell'oblio dopo che con il Mucciniano Ricordati di me sembrava destinata a ben altra carriera) che compie azioni inconsulte in nome del fatto che all'amore non si comanda. Sarà anche vero, ma è pur vero che visto siamo in un film si dovrebbe dare una traccia di idea e di divertimento/ironia allo spettatore, che c'è e non si può ignorare, la serie di battute da avanspettacolo camionistico che il cugino di Stefano, un ormonale ragazzino antipatico e che pensa solo al sesso, oppure le angoscianti parole biascicate da una delle sue amiche, Ilaria, che fa la scemetta di turno, oppure le apparizioni surreali di Maurizio (un Troiano che ha perso la via della Persia lì per caso e filmato) come i farneticanti ragionamenti del padre (Dino Abbrescia) sono quanto di peggio un film ti possa proporre, annoiando senza nessun valore aggiunto.
Non ha senso alcuno essere tanto innocui con un film dal tema in fondo pesante e difficile, perchè non puoi far neppure sognare un eventuale coinvolto spettatore senza approfondire minimamente la vicenda, sia per dare divertimento con equivoci ben diversi da quelli che vediamo o per portare a pensare.
Tra l'altro il regista mette delle iconografie pesantemente presenti in scena assolutamente inutili solo perchè gli piacciono (le statue dei supereroi), mettendo tutto in burletta che riesce difficile da digerire anche per la teen più accomodante. E così mentre la Romanoff mette abitini giovanili per sembrare più idonea al puberale fidanzato (sono ben lontani i tempi delle scomode storie di Ken Park), il brodo si allunga con la squadra di baseball e i consigli del cosidetto Generale, cioè l'allenatore, di fare almeno sesso sicuro, si arriva al non finale che premia una cosa ma non chiarisce se quella cosa potrà avere un futuro e come (e ci chiediamo come mai non eravamo a casa a fare sesso noi invece di vedere questo film). Federico Costantini (Stefano) ha ovviamente 18 anni altrimenti non avrebbe potuto girare le scene dei baci e la castissima scena di nudo che si vede nel trailer.
Si salva la colonna sonora con la canzone rimordenata Nessuno mi può giudicare a facile simbolo delal storia.
In definitiva pellicola del tutto inutile, privo di qualunque interesse e che di morboso non ha nulla, di giocoso non ha nulla, di divertente o interessante neppure. Certo, in questo senso un film multiforme, che vi ha portato a leggere una recensione che già conoscevate negli esiti. Non fatevi male ulteriore entrando in sala.
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I Robinson - Una famiglia spaziale
( 2007 )
TITOLO ORIGINALE
Meet the Robinsons
NAZIONE
USA
GENERE
Animazione, Avventura, Commedia, Fantascienza
DURATA
102 min. (colore)
DATA DI USCITA
08 Giugno 2007
REGIA
Stephen J. Anderson
SCENEGGIATURA
Michelle Bochner, ...
DISTRIBUZIONE
Buena Vista
Doppiatori (primo nome americano, secondo italiano)
MILDRED Angela Bassett ANTONELLA GIANNINI
LEWIS Daniel Hansen MANUEL MELI
MICHAEL 'GRUFOLO' YAGOOBIAN Matthew Josten EDOARDO MIRIANTINI MELE
SIG. HARRINGTON John H. H. Ford ANGELO MAGGI
SIG.RA HARRINGTON Dara McGarry DANIELA CALO'
DOTT. WILLERSTEIN Tom Kenny DANIELE FORMICA
LUCILLE KRUNKLEHORN Laurie Metcalf CRISTINA NOCI
COACH Don Hall SERSE COSMI
STANLEY Paul Butcher ALEX POLIDORI
LIZZY Tracey Miller-Zarneke ALICE VENDITTI
WILBUR Wesley Singerman MATTIA WARD
FRANNY bambina Jessie Flower LILIAN CAPUTO
UOMO CON BOMBETTA Stephen J. Anderson ROBERTO PEDICINI
PRESIDENTE Ethan Sandler PAOLO BUGLIONI
SPIKE / DIMITRI Ethan Sandler MASSIMO BITOSSI
CARL Harland Williams NANNI BALDINI
NONNO BUD Stephen J. Anderson CARLO REALI
BUD giovane MASSIMO ROSSI
ZIA BILLIE Kelly Hoover LAURA BOCCANERA
ZIO GASTON Don Hall TIBERIO TIMPERI
ZIO ART Adam West CARLO CONTI
TALLULAH Stephen J. Anderson ANGELA BRUSA
LASZLO Ethan Sandler LUIGI FERRARO
FRITZ / PETUNIA Ethan Sandler MINO CAPRIO
FRANNY Nicole Sullivan ROBERTA PELLINI
FRANKIE Aurian Redson FRANCESCO VENDITTI
T-REX Joseph Mateo PAOLO ORLANDO
CORNELIO Tom Selleck GIOVANNI MUCIACCIA
REPORTER Joe Whyte MAURO MAGLIOZZI
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Trama: Lewis è un ragazzino dodicenne che vive in un orfanatrofio in quanto abbandonato piccolissimo dalla mamma sulle scale dell'istituto. Con il pallino delle invenzioni, cerca di convincere, fallendo, di conquistare ogni nuova coppia che si propone di adottarlo. Un giorno con l'intenzione di rivedere la sua vera madre costruisce un macchinario che scopre i ricordi del cervello. Ma la cosa rischia di avere delle propaggini veramente inaspettate...il tenebroso uomo con la bombetta è dietro l'angolo!
Commento: Una volta la Disney era sinonimo di grande capacità creativa, di vento delle novità e di fondamenta per delle concezioni, stili e paragoni che sforavano anche la sfera del puro pianeta cartone animato.
I suoi meravigliosi classici hanno fatto sognare generazioni intere, canzoni sublimi e musiche eccelse si accompagnavano a immagini indimenticabili (a questo proposito Fantasia, il primo, ne era il summa e la catarsi).
Con l'arrivo della Computer Graphics la casa di Burbank si trovò come in uno stato di compressione, impreparata al nuovo vento come una casetta di carta, e difatti per avere riscontro e successo dovette diventare distributrice dei film della Pixar di John Lassiter, capo di un team di menti creative di ben altro spessore rispetto a quelli che ormai sfornavano solo prodottini di routine (fino ad arrivare alla sconfitta estrema dello scorso Natale dove la Disney abbandonò la lotta contro gli altri film natalizi). Questo I Robinson, una famiglia spaziale, segue la corrente del valore medio basso degli ultimi prodotti, dove la vera innovazione è pari a zero e si cerca di sopravvivere dando un risultato di puro vivacchiamento per tirare in lungo (e dove gadget e merchandising sono inesistenti rispetto al passato per dare spinta a l film, segno di stanchezza e mancata penetrazione). Gli autori, capeggiati da uno svogliato Stephen J. Anderson (opera prima da regista), hanno costruito attorno al ragazzo inventore un colossale circo di citazioni, e per renderlo più appetibile hanno usato anche humus di film che sono propri di ben altro genere che il cartone animato, film maturi e duri per interessare platee di età più alta.
Si passa da quello base di Ritorno al futuro e Terminator, a Tarantino (nell'ordine :Kill Bill, con la scena del tavolo lungo e la spunta della lista, Pulp Fiction, con la scena del bagagliaio), a Guerre Stellari con il design dei robot (D3Bo, nel droide domestico, e C1p8 nell'occhio meccanico di Doris). Tutto viene preso e frullato con una grondante dose di buonismo che permea tutto il fim, che si segnala per il design assolutamente banale delle case del futuro (una R ripresa in tutte le salse) e per una mancata caratterizzazione precisa dei personaggi che sono troppi e dispersivi della famiglia (e alcuni del tutto anonimi e presenti solo per fare numero). Se contiamo che la motivazione di base della storia è banalissima, che tutto è stereotipato e scontato, ecco che viene servito il film cotto a puntino per vivere 80 minuti circa di noia.
Da salvare comunque qualcosa c'è: la bombetta Doris. Il lavoro fatto per renderla viva ed emozionale è fatto benissimo, parla senza dire una parola, i suoi tentacoli meccanici si muovono sinuosi per rendere vivo quello che sarebbe solo un copricapo (la filosofia del coprire e dominare la testa con le invenzioni permea tutto il film, in una sorta di commento sul fatto che il cervello deve essere indipendente, ed è lui il motore che deve essere principe delle scelte), e la storia sopravvive decentemente solo attendendo le sue scelte. Ma è troppo poco essersi concentrati sul vero cattivo del film per dare risultato. Nel settore animazione le scelte grafiche sono per una fisionomia morbida curva antropomorfa dei personaggi, pochissimo accentuata per i due ragazzi protagonisti e invece più caricaturale per gli altri componenti della famiglia, senza particolari pregi se non nelle scene scure dell'abbandono di Lewis (veramente belle).
Nel settore doppiaggio in Italia si è deciso per protagonisti della nostra televisione (Carlo Conti, Tiberio Timperi e Giovanni Muciaccia che addirittura appare nel film con una foto) e un allenatore di calcio (Serse Cosmi), per doppiare particine secondarie.
In definitiva un film che soddisfa solo un'ottica di passatempo leggero, senza emozionare particolarmente e senza lasciare particolari tracce, continuando il trend monotono delle pellicole solamente di presenza nelle sale e non nelle nostre emozioni, prodotte per vivere solo un discorso economico.
Nel film si continua dire che bisogna guardare avanti, riprendendo una frase di Walt Disney (citata alla fine del film), ma qui hanno guardato sopratutto agli altri. Attendiamo con ansia ora il nuovo Pixar con la storia del topo francese esperto di cucina per avere qualcosa di meglio.
Allegato al film un cartone old Style immortale di Topolino, Pippo e Paperino sulle difficoltà di costruire una barca divertentissimo.
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Harsh Times - I giorni dell'odio
(Harsh Times)
Un film di David Ayer. Con Christian Bale, Freddy Rodriguez, Eva Longoria, Chaka Forman, Tammy Trull, J. K. Simmons, Michael Monks, Samantha Esteban, Tania Verafield. Genere Azione, colore, 119 minuti. Produzione USA 2005.
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Trama: Jim e Mike sono due grandi amici, il primo è un reduce dalla guerra del Golfo, il secondo un fannullone che cerca di far credere alla ricca e realizzata moglie di stare cercando un lavoro. Disperato, carico di odio e di violenza ereditata dal suo ex lavoro come ranger dei marine, Jim non trova altra soluzione che cercare di arruolarsi in polizia. Dopo un primo esito negativo, gli viene offerta una possibilità come federale, ma gli strascichi emotivi del suo passato non potranno lasciarlo stare tanto facilmente ...
Commento: l'opera prima di David Ayer (sceneggiatore di Training day, oscar miglior attore per Denzel Waghington) è un noir duro e disperato che parte per la strade di Los Angeles fino a chiudere le sue propaggini in Messico. Una Los Angeles sporca, brutta e cattiva che i due protagonisti percorrono alla ricerca di un lavoro e per trovare se stessi cercando di dare un senso alla propria vita. Jim (interpretato da un Christian Bale assolutamente strepitoso e folle, lo ricorderete per Batman begin's e The prestige) ha subito forti traumi psichici dal passato bellico che non riesce ad assorbire, e reagisce con violenza schizofrenica a ogni cosa grande o piccola che gli succede, tranne quando viene interpellato da un militare a cui risponde forte e chiaro e agisce con ubbidienza ai suoi comandi, mentre Mike (interpretando da un Freddy Rodriguez ormai come il prezzemolo, lo vedrete tra qualche tempo anche nel prossimo Planet terror, segmento di Grindhouse diretto da Rodriguez) è un fannullone che vive alle spalle della ricca moglie a cui fa credere di essere perennemente al lavoro. Gli influssi e le caratteristiche di Training Day ci sono tutti in questo lavoro di Ayer, dove là c'era la palestra della convivenza con ricatti ed estorsioni, qui c'è la convivenza con il proprio disagio e la società in cui non si riesce bene ad integrarsi.
Jim è un personaggio scomodo, fuori dagli schemi, che agisce come una cellula anarchica e impazzita creata dallo Stato, paragone che serve all'autore per creare un film altamente antimilitarista (lui che militare è stato), condannando le azioni che in nome dell'ubbidienza agli ordini vengono fatte (le torture agli irakeni), costringendo a vivere di bugie per realizzarsi (le truffe alla macchina della verità) dato che sono stati quelli i primi insegnamenti che hanno avuto, e includendo la pericolosità del riconnettersi dopo esperienze traumatizzanti nel tessuto della società (la follia e la violenza inconsulta). Film sincopato, esagerato fino all'osso anche nei discorsi, ha una grandissima capacità di creare nel corso del suo svolgimento una sorta di"odore"della violenza e della follia, che man mano prosegue e si somma, quasi senza accorgersene pr lo spettatore, diventa un olezzo ributtante.
Di fatto dopo l'inizio prologo che ci mostra il ranger e la sua esperienza militare, il film prosegue, contrariamente a come si potrebbe pensare, in maniera quasi monotona e ripetitiva, con grandi canne fumate e discorsi concentrici sul non trovar lavoro e qualche scaramuccia, dove noi ci troviamo quasi spazientiti, ma con l'ultima strepitosa mezz'ora capiamo l'intento del regista, quello di farci capire che la violenza è un raggiungere il bordo della brocca, l'acqua che tracima per il continuo riempire di insoddisfatte pulsioni e a cui la caduta delle illusioni rende tutto vuoto. A quel punto solo un grande sfogo di odio e di ira può dare sollievo, ma ormai è troppo tardi e l'uomo deve arrendersi al destino del suo fallimento. Anche chi lo ama non potrà gestirlo, dato che non riconosce più il limite tra gisuto e sbagliato, bene e male. Christian Bale rende benissimo un personaggio tanto complesso emotivamente, smorfie, stati d'animo mostrati con durezza di faccia di ghiaccio, sono mostarte perfettamente, mentre Freddy Rodriguez fa un onesta partecipazione e la modella di Desperate Housewives Eva Longoria è inespressiva e poco convincente, ma gli viene data una parte minima di presenza (importante come influenza per Mike) sullo schermo e non disturba più di tanto.
Un film che consigliamo per riflettere sui pericoli della follia dei comportamenti dello Stato sui suoi componenti armati, ma che deluderà coloro che cercano azione e intrattenimento fast food in quanto questo strano buddy-buddy non è solo lì che vuole arrivare, ma cerca di toccare le nostre paure mettendoci in guardia dalle facili sicurezze.
Una bella sorpresa, arrivata con un ritardo colossale sul mercato italiano in questo gelido aemozionale fine stagione cinematografica nazionale.
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Ocean's 13
(Ocean's Thirteen)
Cast George Clooney, Ellen Barkin, Brad Pitt, Matt Damon, Andy Garcia, Don Cheadle, Bernie Mac, Casey Affleck, Scott Caan, Eddie Jemison
Regia Steven Soderbergh
Sceneggiatura Brian Koppelman, David Levien
Durata 02:00:00
Data di uscita Venerd
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a me ha fatto cagare oceans 13.. mi sono pure addormentato.
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un po' stringata come recensione ma va bene lo stesso
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strepitoso...!
Quattro minuti
(Vier Minuten)
Un film di Chris Kraus. Con Monica Bleibtreu, Hannah Herzsprung, Sven Pippig, Richy Müller, Jasmin Tabatabai, Vadim Glowna, Nadja Uhl. Genere Drammatico, colore, 112 minuti. Produzione Germania 2006.
CAST
Traude Krüger Monica Bleibtreu
Mütze Sven Pippig
Kowalski Richy Müller
Jenny von Loeben Hannah Herzsprung
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Trama: una vecchia insegnante di pianoforte aiuta le prigioniere di un carcere ad imparare a suonare lo strumento, ma il corso da lei tenuto diventa sempre più a rischio per colpa del suicidio di una di esse.
Senza perdersi d'animo riesce a far arrivare un pianoforte nuovo in sostituzione di quello vecchio, e con esso spera di riconvertire alla musica da camera il maggior numero di persone possibili nella struttura in cui lei ormai si reca quotidianamente da anni in preda a chissà quali ricordi successi nella seconda guerra mondiale.
Durante un pestaggio di una guardia, una delle galeotte incomincia a suonare il piano sprigionando un talento irresistibile anche se con venature davvero particolari...tra l'insegnante e l'allieva incomincia a instaurarsi un rapporto di violenza e ammirazione, dove nessuna delle due parti accetta imposizioni dall'latra. Finchè un giorno...
Trama:davvero notevole questo lavoro del regista tedesco Chris Kraus (opera prima) fondamentalmente un lavoro di quasi soli interni, una storia che si svolge in due periodi alternati da un sapiente montaggio, affondando le sue radici nel passato che fanno effetto sul presente.
Due figure centrali, diversissime tra di loro, una la giovane estroversa, eccessiva esagerata e violenta Jenny (magnificamente interpretata da Hannah Herzsprung, anche per lei prima prova) una assassina che ha escluso, dalla sua vita dopo aver subito terribili abusi ogni rapporto di relazione pacifica con il mondo che sembra odiare (e la maglietta con un escremento fumante ben visibile è la testimonianza del suo pensiero), l'altra una ottantenne maestra di piano ex infermiera di guerra nazista che convive con il desiderio di purificare e purificarsi con la perfezione intoccabile della musica classica. A questo proposito è chiarificatore il suo odio per le contaminazioni hip hop che la giovane mette all'interno delle sue sonate di pianoforte (dove le manette sono un vincolo che va ben oltre il discorso fisico della costrizione) inaccettabile sfregio verso chi ha da perdonarsi e perdonare utilizzando i classici immortali.
Man mano che il racconto prosegue (dopo aver cominciato in maniera assolutamente potente con la scena iniziale dove conosciamo la mancanza di rispetto di Jenny verso tutto e convenzioni) assistiamo a un progressivo scontro/incontro di due mondi completamente diversi, dove il pianoforte nuovo che arriva simboleggia il nuovo corso, che non sia detto abbia delle qualità minori ma quanto più diverse da quello antico, mentre i crimini eseguiti e i torti subiti nel passato non possono essere lavati dalla musica, che può al limite consolare e veicolare nuovi obbiettivi e sensi di riscatto.
Significativo il personaggio del secondino ingenuo selvaggiamente picchiato, che ha una terribile delusione vedendo messe in burletta le frasi dei classici immortali che adorava nel quiz a premi. Significato di placida e confortevole auditel a discapito dell'emozione e dell'anima. Però lui grazie alla figlia crede fermamente in un futuro di pentimento e di perdono senza fare inchini dovuti e di regola che infatti la sua prole, nonostante la sprone, non esegue alla maestra. Un senso di ribellione non capito da traude, che non apprezza neppure i disegni di vero sentimento che la bimba compone. Grandissima la scena dello scambio dei vestiti, dove le due parti incominciano ad interagire mischiandosi, dove però si capisce benissimo che il disagio di apparire ed essere dove non si è consoni. E tutto si conclude con la spiegazione del titolo in un crescendo stupefacente, per poi ammutolirsi subito in quanto la vita ti offre delle opportunità che anche se non ne cambiano il senso e il corso possono offrire gioie effimere che ne illuminano il cammino, a lezione di non escludere mai nulla.
Un film incredibile, spuntato nel più assoluto silenzio e senza clamori, che emoziona e infrange delle regole rigide e aemozionali per crearne delle nuove più umane e coinvolgenti.
Non perdetevi questa sonata tragica snobbata dal consumistico mercato che offre solo giocattolini consolatori, assolutamente fruibile e lineare nello svolgimento ma assolutamente umana, densa di sentimento che supera i confini del carcere per farci volare con l'emozione sopra le convenzioni e i rigidi spartiti, sopra le manette che impediscono alle mani di muoversi ma non al cervello di pensare. E alla fine facciamo tutti un inchino...
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L'ELETTO
Titolo Originale: LE CONCILE DE PIERRE
Regia: Guillaume Nicloux
Interpreti: Monica Bellucci, Catherine Deneuve, Sami Bouajila, Elsa Zylberstein, Clément Thomas, Laurent Grevill, Peter Bonke, Nicolas Jouhet, Dinara Droukarova, Moritz Bleibtreu
Durata: h 1.40
Nazionalità: Francia 2006
Genere: thriller
Al cinema 15 Giugno 2007
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Trama: Liu Sang è un bambino che viene adottato da una donna rimasta sola. Passati sette anni il bambino cresce sereno ma un giorno una visita di controllo a uno strano segno della pelle sembra rivelare che dietro alla sua misteriosa nascita si nascondano inquietanti misteri...
Commento: continua la moda (possiamo possiamo definire orrenda non solo per i risultati visuali che sarebbero anche graditi, e che non ci sono, ma perchè non ne possiamo più) del prodottino thriller-horror completamente inutile costruito su misura dell'attrice famosa di turno (in questa caso della non-attrice Monica Bellucci), che si disinteressa della trama , del coinvolgimento e di un vero senso del senso dello spettacolo per concentrarsi sulla protagonista dandole chissà quali nuove sfaccettature per una nuova prospettiva di carriera.
Qui il grande succoso piatto di novità è dato dal taglio di capelli (corti) e dai vestiti castigati che indossa (alcuni davvero demodè per accentuare il senso di compostezza lontano dai lavori provocatori della Monicona improntati sul sesso), dimenticandosi di ogni altra cosa e comunque un nudo castigato sotto la doccia e il seno lo presentano lo stesso alla visione, alla fine non si sa mai, avranno detto i produttori.
Lavoro del tutto anonimo tratto da un libro di Jean-Cristophe Grange, "the Stone Council", è la solita rimasticatura informe di Rosemary's baby e di Omen-il presagio con la casta che difende la creatura oppure la vuole portare via per scopi personali chiudendo il cerchio di un disegno malefico cominciato anni prima.
Tutto estremamente scontato, prologo iniziatore, ritrovo della creatura, tempo che passa e avventura del tutto anonima interpretata da tutti senza nessun segno di partecipazione (e la protagonista fa le solite facce sconsolate acnhe in situazioni thriller), compresa la grande Catherine Deneuve (passata per sbaglio da quelle parti e solo per l'incasso), diretti con mano sinistra da Guillaume Nicloux (ricordiamo il ben più valido"Una questione privata"). Avventura che si conclude tra l'altro in maniera del tutto anonima dopo aver girato diverse locations (anche una zona forestale per il finale che doveva evocare il connubio maleficio natura, rapppresentato dai tre animali, serpente-aquila-orso, qua digitali, e che invece è stata solo una anonima sede per le gesta inutili di figuranti anonimi). Chi cerca emozioni horror splatter resterà deluso, chi vuole thriller rimarrà deluso, chi vuole effettacci rimarrà deluso, chi vuole un film appassionante non lo troverà. vado avanti per chiarire che ci sono altre probabilità che ogni attesa sarà disillusa, anche se partendo già dalle considerazioni di base alla visione del trailer la cosa era altamente prevedibile.
Evitare con cura.
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IO E BEETHOVEN
Titolo Originale: COPYING BEETHOVEN
Regia: Agnieszka Holland
Interpreti: Ed Harris, Diane Kruger, Ralph Riach, Nicholas Jones, Joe Anderson, Phyllida Law, Matthew Goode, George Mendel
Durata: h 1.44
Nazionalità: USA, Germania, Ungheria 2006
Genere: drammatico
Al cinema 15 Giugno 2007
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Trama: Chi era Ludwig van Beethoven? Sicuramente un genio, sicuramente sordo, ma anche un uomo burbero, violento e del tutto egocentrico che non perdeva occasione per umiliare gli altri. Un giorno nella sua casa di struttura modesta per un artista del suo calibro si presenta una nuova graziosa copista di note che attira la sua attenzione. Comincia un percorso di ascolto e comprensione della musica da aprte dell'una e di apertura mentale da parte del genio. Qualcosa è cambiato?
Commento:Agnieszka Holland (allieva di Forman e autrice de Il terzo miracolo del 2001) dirige un lavoro fondamentalmente di interni con un cast a due, immagine dell'arte che rende superbi e irresponsabili, sordi oltre allo stato fisico. Ed Harris (Truman Show) è strepitoso nel tratteggiare questo ritratto irriverente e liberamente biografico del prolifico artista (non solo in campo musicale, ma qui di figli non se ne vedono ma un da lui adorato ragazzo che invece lo inganna e sfrutta). Arrivato a un punto di non ritorno in cui la sua arte è solo sublimazione della perfezione ma nel contempo è anche la corrosione del suo animo, che non cerca negli altri consolazione ma solo irriverente battaglia. l'arrivo dell'animo dolce e rispettoso, oltre che di ossequio per l'opera dell'artista, della copista (Diane Kruger,Troy, di spettacolare bellezza in vesti ottocentesche) ha un significato di nuova strada, simbolico nel volere instradare il cammino autoriale verso strade diverse magari più oscure e troppo anticipatrici, base di lavoro di altri compositori a venire. A questo proposito assolutamente simbolica la composizione della Grande Fuga, opera non capita al momento e poi consacrata ad arte, nata da una ispirazione viscerale per il marcio e il putrido che governa il nostro animo e non serve a nulla nasconderlo in quanto presente.
Il film si svolge lineare con il confronto a due tra umile copista di buone maniere che vive in un convento di suore e il genio sregolato, con la comprensione da parte di lei della sua arte che non si limita più ad un ascolto dell'aria ma a una liberazione dell'anima, propaggine delle orecchie sorde di lui, che capiscono la bellezza delle sue opere solo vedendo l'espressione delle persone. La perfezione si raggiunge con il connubio delle due espressioni di vita, miscelando i momenti migliori con quelli peggiori senza rinnegarli ma dando la possibilità di maturare insieme.
Il film prosegue questa filosofia con la simbologia rinnegata del ponte, costruito magari con amore, ma che invece non ha portato altro che alla sua distruzione perchè del tutto illusorio collegamento fra due mondi distanti, cosa che invece si rivela del tutto opposta in quanto anche persone e cose distanti trovano un punto di contatto per una vita e una visione del tutto migliore, in modo da trovare nel momento della morte un senso più pieno del vissuto.
Un film semplice nella trama, lineare e scorrevole, ma multistrato nelle emozioni, impreziosito da un grande attore come Harris e da una presenza leggera e gradevole come quella della Kruger, da vedere per sentire delle arie immortali (sopratutto quella del grande concerto della nona), ma anche per vedere una prospettiva meno nota di un grande artista.
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I fantastici 4 e Silver Surfer
(Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer)
Un film di Tim Story. Con Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chiklis, Doug Jones, Julian McMahon, Kerry Washington, Andre Barugher. Genere Azione, colore, 92 minuti. Produzione USA, Germania 2007.
uscito nei cinema italiani il 15 giugno 2007
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Trama sta per avverarsi uno degli eventi mondani più importanti degli ultimi anni, il matrimonio tra Sue"La donna invisibile"Storm e Reed"Mr.Fantastic"Richards. Ma questo lieto evento rischia di essere compromesso dall'arrivo di un argenteo surfista venuto dallo spazio, che crea strani buchi giganteschi nella crosta terrestre e provoca misteriosi fenomeni...riusciranno i quattro a salvare il mondo, ma sopratutto a sposarsi? La risposta sta anche nel Destino...
Commento:Seconda avventura cinematografica ufficiale (di grande produzione, ce ne sono state altre nel passato lontano ma erano decisamente minori e poco significative) per il quartetto di supereroi che opera senza problemi di identità e sotto le luci dei riflettori di fans, stampa e opinione pubblica.
Stavolta la trama verte su uno degli eventi che impegnò nella golden age dei supereroi Stan Lee (solito cameo per lui, oltretutto in una parte himself e non quella del postino del Baxter Building come nel primo episodio) e lo scomparso (e rimpianto) Jack kirby. Il matrimonio nel campo dei supereroi a livello di comics (fu così anche per l'Uomo Ragno) è una occasione d'oro per un megascontro tra cattivi e buoni, e l'evento diventa una occasione per sfoderare una sfida di grandi proporzioni. E il film partendo da questo assunto immerge in ambientazioni cosmiche (pur restando sulla terra)più consone del primo film i 4 eroi, con una minaccia misteriosa che viene dallo spazio. Silver Surfer tra l'altro è uno dei personaggi più amati dai lettori del tempo che fu, nonostante che la sua serie originale fu bloccata solo dopo una manciata di numeri. Stan Lee ha sempre detto che il surfista era uno dei personaggi che aveva creato che lui amava di più, e la scelta artistica di farlo rientrare è stata quanto mai azzeccata. Vero protagonista del film, è un personaggio complesso e malinconico, strutturato per essere dolorosamente partecipe alle sue azioni. Non possiamo rivelare altro per non rovinare la sorpresa, sopratutto ai non lettori dei super eroi abituali e sopratutto a quelli della golden age anni sessanta (settanta in Italia con le pubblicazioni della defunta editoriale Corno di Luciano Secchi, il creatore di Alan Ford). Tornando allo specifico del film si nota come la miscela umorismo-azione-effetto speciale ridondante sia ben composta, tralasciando la traccia che caratterizza Spiderman del supereroe con superproblemi in un cantuccio, dove la Torcia Umana (Chris Evans, apparso in Sunshine) è un beniamino delle folle e i due piccioncini (splendida Jessica Alba come sempre e Ioan Gruffudd istrionico simpatico scienziato) sono al centro dei riflettori e anche il difficile coesistere della Cosa (Michael Chiklis, la serie televisiva The Shield) con la sua forma rocciosa (uno degli episodi migliori di Lee e kirby si intitolava "Questo uomo, questo mostro" per sottolineare il desiderio di Ben Grimm di essere uomo per sempre) vengono accantonati. Il film si dota di effetti speciali strepitosi, la scena della ruota gigante è davvero suggestiva, e la digitalizzazione del surfista d'argento assolutamente credibile anche se si nota una certa spigolatura in alcune espressioni facciali non proprio morbidissime. Si rimane davvero suggestionati dalla grandeur di quanto vediamo, e il movimento in volo vertiginoso ed entusiasmante. La trama, che coinvolge anche un vecchio nemico, non è propriamente il massimo, lineare e senza particolari sussulti vive di situazioni rosa (seguendo anche il percorso che le pubblicazioni cartacee stanno seguendo), bisticci e pochi veri sconvolgimenti, sopratutto perchè la multiforme personalità del surfista di carta (che tra l'altro si vocifera protagonista di un prossimo spin off al cinema) viene liquidata in due parole. Tim Story, autore anche del primo film, ha voluto fare un roboante carrozzone di effetti speciali senza troppo curarsi di proporsi oltre allo stupore da effettone e situazioni divertenti di fare un film che vada oltre all'intrattenimento leggero pop corn, e infatti il vero difetto è il finale troppo veloce, troppo aperto a vari interrogativi e che presuppone che tante cose siano rimandate a giorni futuri, e la durata di 90 minuti a livello di racconto non giustifica una scelta di questo tipo, dovuta forse anche a motivi di budget che si stava esaurendo. Entriamo in sala come a un luna park per divertirci davanti agli effettoni in maniera leggera e passatempo senza troppi problemi, fan o non fan del quartetto, il film è un gelato si gusta benissimo anche senza la visione del primo, peccato che sia per poco e che alla fine il The end ci tronchi il racconto in maniera non del tutto soddisfacente. Le ambientazioni di tragedia cosmica lo hanno reso più valido del primo, ma per avere qualcosa di veramente significativo a livello di comics ora dovremo aspettare il film su Iron Man, sperando che l'intasamento da cinecomics non renda anche l'uomo di ferro un uomo di latta.
Una curiosità : la scena iniziale dell'elicottero la vedrete in tutt'altra situazione ma nella stessa dinamica nel prossimo Grindhouse-Planet terror di Robert Rodriguez).
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Hostel 2
Hostel: Part II
Un film di Eli Roth. Con Lauren German, Bijou Phillips, Roger Bart, Richard Burgi, Vera Jordanova, Heather Matarazzo, Stanislav Ianevski, Milan Knazko, Jay Hernandez, Edwige Fenech, Ruggero Deodato. Genere Horror, colore 96 minuti. - Produzione USA 2007.
al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: paxton, unico sopravvissuto alla prima terribile avventura nell'hostello dei sadici e delle torture, sembra che viva una vita al sicuro anche se tormentata da terribili incubi. Ma come sempre, gli incubi del passato non ti mollano mai. Intanto tre ragazze americane decidono di passare una vacanza studio in Slovacchia guidate dalla avvenente Axelle. Beth, Withney e Lorna vengono invitate da Axelle in una beauty farm a trascorrere del tempo in relax...riusciranno a riposarsi e a vivere qualche avventura sentimentale interessante?
Commento: ecco che Eli Roth torna sul luogo del delitto e propone il seguito (assolutamente filologico, i due film assieme si possono vedere come un unico racconto unito dalle vicissitudini di Paxton, una sorta di citazione al modus operandi del secondo Venerdì 13) in chiave rosa (3 ragazze protagoniste al posto di 3 ragazzi) della vacanza a sfondo erotico sessuale che si tinge di rosso. Ma mentre il primo capitolo privilegiava parecchio la fase dell'adescamento mettendo in vetrina formose bellezze mozzafiato e utilizzando il gore solo in alcuni brevi momenti (la sensazione di disagio era data sopratutto dalle ambientazioni sporche e dal putridume più che dalle viscere sezionate, mostrate, scoperte) questo chapter 2, dopo una fase di costruzione intonacazione di ambienti e storyline secondarie (la chiusura della vicenda di Paxton, il treno degli italiani burini calciopallonari e l'arrivo nell'ostello della morte), si dedica (e parecchio, credetemi) alla proliferazione di situazioni scabrose, di viscere esposte e tagli più o meno sadici con scene di effetto davvero incredibili (quando vedrete il cameo di Ruggero Deodato e l'omaggio al suo Cannibal Holocaust impazzirete di gioia) che faranno la gioia degli amanti di genere, magari delusi dal primo capitolo.
Sotto l'abile consiglio dell'amico Quentin Tarantino (che lo ha voluto presente nel recente "A prova di morte") Roth sfodera una serie di citazioni incredibili al cinema italiano di genere anni 70, reclutando per un cameo sia Luc Merenda che la grande fascinosa soldatessa-dottoressa del cinema erotico sexy-trash Edwige Fenech (un vero piacere rivederla anche se brevemente), come l'effetto iniziale che ricorda i lavori artigianali di Fulci o Stivaletti.
Ma citazioni non solo al cinema di altri, ma anche al loro, come la maglietta di Axelle che è uguale a quella di Roth in "A prova di morte" e lo spezzone di Pulp Fiction con il famoso discorso in the car di Samuel l.jackson e John Travolta.
Racconto che ci mostra come le perversioni e le cose peggiori stanno dove non te lo aspetti, cioè nella salute e bellezza ricercata delle beauty farm patinate oppure dietro a uomini di affari, anche padri di famiglia, ben vestiti ma che hanno di base ben altro che divertimenti innocui con cui sollazzarsi.
Un mondo imperfetto dietro la facciata, d'accordo, come del resto imperfette sono le loro vittime che troppo attratte dalle falene e dai canti di sirena non si curano di vivere la loro vita con sicurezza e regolare ricerca del limite a cui accostarsi, colpevoli in fondo di nulla se non della loro avventata voglia di buttare la bellezza giovanile in campo.
Nel settore attori bellissimo il dualismo tra due ex-protagonisti della serie televisiva Desperate Housewives (Robert Bart e Richard Burgi, il primo poi fa una battuta su Ercole incredibile citando il fatto che era il doppiatore americano del Disney che fu), dove i ruoli del coraggioso e del timoroso nascondono problemi emozionali di diversa specie e insano piacere (come la scena del sesso orale interrotto dal cerca persone che suona privilegiando la ricerca della violenza e del sadismo), mentre gli altri personaggi (protagoniste comprese) in fondo non devono sfoderare chissà che capacità per reggere la scena. Un film oltre davvero, che contrariamente al primo che era solo mostrato in maniera unidirezionale, ora vive di due direzioni di lettura, quella delle vittime e dei carnefici, riuscendo a presentare un racconto interessante, violento e sadico (non si risparmiano neppure i bambini) completo e vivacizzato dall'iconografia delle maschere e costumi tanto cara a Roth (con l'indicazione nella scena dove Burgi ne indossa una del fatto di essere o non essere solo quello che si è di facciata) che farà la gioia di chiunque voglia delle emozioni forti e del profumo dei ferormoni sempre presente.
Se Roth fosse riuscito a donare maggiore spessore alla trama senza delle soluzioni raffazzonate (come il finale fatto con troppa fretta e alcune situazioni poco credibili di scena come il controllo delle sale tramite le telecamere), se non si fosse perso per il lungo tratto filmico del treno per allungare il brodo a dipingerci come dei pallonari tottidipendenti e degli imbrattatori scriviparolacce (incredibili le scritte), sicuramente in buona fede per omaggiare i Paulo Roberto Cotechino e gli Ecceziunale, e la fase thrilling non fosse tanto scontata (come invece sapevano rendere molto meglio gli artigiani italiani), questo lavoro sarebbe stato oltre che un divertimento di genere e un piccolo cult, un ottimo esempio di costruzione moderna che radicalizza le sue basi nel passato per donare nuova linfa al racconto.
Così è solo un valido pastiche di emozioni visive forti che ha saputo superare se stesso. Direi che possiamo ampiamente essere soddisfatti.
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Le regole del gioco
Le regole del gioco
(Lucky You)
Un film di Curtis Hanson. Con Eric Bana, Drew Barrymore, Robert Duvall, Debra Messing, Horatio Sanz, Charles Martin Smith, Saverio Guerra, Jean Smart. Genere Drammatico, colore 123 minuti. - Produzione USA 2007.
al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: Huck Cheever è uno sfrenato giocatore di poker con il padre due volte campione del mondo. Padre con cui ha forti dissapori per un passato che non si dimentica. Huck deve cercare 10.000 dollari per iscriversi al campionato mondiale, cifra per lui impossibile da realizzare in quanto incapace di tenere vivo qualunque capitale nella sua tasca sinistra (modo di dire dei giocatori). Riuscirà con l'aiuto della dolce Billy a realizzare il suo sogno e a sconfiggere i fantasmi del passato nella sfida dell'anno?
Commento Una brutta caduta di tono per il raffinato Curtis Hanson, regista di film ben più validi come L.A. Confidential e Eight Miles. Questo Le regole del gioco vive su situazioni scadentissime, noiosi dialoghi al limite del paraddossale su anelli perduti e riconquistati e una sorta di stanchezza recitativa di fondo che investe il cast di grandi nomi.
Robert Duvall (immortale Kurtz in Apocalypse Now) ormai continua a riciclarsi in particine anonime senza nessuna verve, vivacchiando ai limiti della decenza contrattuale, mentre Eric Bana fa il bello e dannato dalle tasche bucate che della vita non capisce altro che l'assurda ostinazione. Si salva la dolce Drew Barrywood (altra parte acqua e sapone dopo Scrivimi una canzone), ma sottoutilizzata e poco spessorata da una trama che la introduce ma poi dopo la ignora per lunghi periodi.
Hanson non riesce a sollevare di un millimetro l'interesse del film, rubando i minuti della troppo lunga durata con svolgimenti strascicati e delle noiosissime partite a poker che tutto hanno tranne che la tensione da comunicare allo spettatore, arrivando anche all'assurdo di parteggiare per gli avversari tanto il protagonista è antipatico, stereotipato nel bello e inconsapevole nelle scelte.
Con una regia comoda e pulita ma del tutto priva di qualunque scelta particolarmente significativa, Hanson ci conduce nel mondo del poker con la tattica dello svolgimento di Eight Miles, dove il solitario campione arriva dopo varie sfide alla resa dei conti (e non dite che vi tolgo la sorpresa perchè dopo venti minuti la cosa è assolutamente scontata).
Ma non c'è nulla della disperazione del suo film precedente, nulla dell'eversione o della lotta personale, che caratterizzava il personaggio interpretato da Eminem in questo messo in scena da Bana.
Occhi sempre assenti, parole sempre lapidarie, il bluff di Huck Cheever è scoperto sin dall'inizio, e noi spettatori giochiamo con lui a carte scoperte, vedendo la mano ancor prima che gliela servano, cosa gravisisma per un film di questo genere e trama. Non ci importa proprio nulla nel momento che si serve l'ultima carta per chiudere la scala se prima abbiamo dovuto fare un percorso fatto di pioli incostanti e incolori. E la beffa finale ce la giocano i capodoppiatori che hanno messo delle voci del tutto inadatte come quelle di Caressa e De Grandis a commentare le partite. Se non ci fosse la fotografia di Peter Deming (ricordiamolo per Mullholland Drive) che rende immaginifici i colori di Las vegas questo film proprio non avrebbe nulla per cui essere visto, neppure dai pokerofili (presenti anche dei veri grandi giocatori nel film) e dalle signore che vogliono un po' di rosa non shocking perchè la storyline affettuosa e tenera è proprio in disparte. Una partita a briscola casalinga di fine anno ha più emozioni di questo tavolo verde dalle puntate altissime.
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Il destino di un guerriero
(Alatriste)
Un film di Agustín Díaz Yanes. Con Viggo Mortensen, Elena Anaya, Eduardo Noriega, Javier Cámara, Jesús Castejón, Antonio Dechent. Genere Azione, colore 145 minuti. - Produzione Spagna, Francia, USA 2006.
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al cinema dal 22 giugno 2007
Trama: XVII secolo, Diego Alatriste è uno spadaccino valoroso e senza timore della morte perchè privo di veri legami affettivi. Ma un giorno un suo soldato muore e si raccomanda a lui perchè il figlio studi e non vada in guerra. Per adempiere alla promessa torna a Madrid, ma lì trova una realtà corrotta e piena di decisioni ingiuste volute dalla crudele inquisizione. Per non aver poi eseguito un comando a dovere ora Diego rischia di essere pesantemente perseguito...
Commento Progetto costosissimo (si dice il film più costoso mai girato in Spagna) e ambizioso questo film di cappa e spada che il regista Diaz Yanes (Nessuna notizia da Dio con Penelope Cruz) trae da 5 racconti di Arturo Pérez-Reverte (comprimendoli) girandolo con il paraocchi e senza il minimo timbro autoriale, assoluta e fedele trasposizione figurativa senza anima alcuna.
Costruito attorno all'Aragorn del Signore degli anelli, Viggo Mortensen, che domina ogni scena in lungo e in largo, definire pedissequo questo lavoro è dir poco. Con il manuale dei film spadaccini d'onore in mano (del tempo che fu tra l'altro), che però potevano avvalersi di ben altro incanto da parte del pubblico del bianco e nero, il regista prende i suoi personaggi, li cala in una realtà cinematografica di pessimo livello (musiche sparate a casaccio molte volte non attinenti al visuale, voci fuori campo inserite con poca efficacia, recitazioni dilettantistiche a dir poco con facce truci del tutto non credibili, dialoghi noiosissimi) e li muove come dei burattini in nome dell'onore e della conquista della donzella, senza dargli spessore, senso della lotta e valore, in nome di cose che non sa gestire e realizzare in ambito cinematografico. Abbiamo quindi variopinti spadaccini che si comportano anche da pirati, figli che si innamorano di ricche ereditiere e un palermitano con il senso dell'inganno (partecipazione di Enrico Loverso senza nessun segno particolare) che muove le fila dietro le quinte. Passando per dei nudi soft e delle scelte di regia che si riconducono sempre al passato (l'ovale che si chiude e che si apre, le scritte sovraimpresse) procediamo stancamente per la durata eccessiva credendo di vedere un teleromanzo di prima serata il tutto finito da una catarsi degli stracci povera di fascino e dall'espressività zero.
Il tentativo di misurare l'onore del povero con la bieca esistenza del ricco (come detto anche all'innamorata che non può avere perchè non ha soldi, con risposta degna da libro Cuore) cade nel vacuo per la suddetta pochezza della rappresentazione. Tra l'altro anche la rappresentazione scenografica non eccelle, con una trincea per film da prima guerra mondiale trasformata per l'occasione all'uso, scelta di incongruenza davvero di sbalorditiva grossolanità.
Nello sfacelo di questo noioso film spadaccino si salvano solo i buoni costumi e in parte la fotografia, e leggendo i titoli di coda non riusciamo ancora a capire come Mortensen abbia potuto decidere di partecipare, ma almeno sappiamo che possiamo uscire dalla sala rimpiangendo soldi e tempo persi inutilmente.
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TMNT - TEENAGE MUTANT NINJA TURTLES
Titolo Originale: TEENAGE MUTANT NINJA TURTLES
Regia: Kevin Munroe
Interpreti: Mako, Quinton Flynn
Durata: h 1.10
Nazionalità: USA 2007
Genere: animazione
Al cinema dal 22 Giugno 2007
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Trama: strani eventi si stanno verificando a New York, dove strane forze occulte sono alla ricerca di una serie di mostri, che vagano liberi per la città per compiere dei misteriosi riti arcaici. Sarebbe il momento per cui le tartarughe guerriere entrino in azione ma purtroppo i nostri paladini sono in questo momento in una fase di stallo come gruppo. Riusciranno a superare tutti i problemi e ritrovare se stessi per salvare la città?
Commento:tornano al cinema dopo 14 anni le 4 tartarughe mutate con i nomi di grandi artisti del apssato, e possiamo felicemente dire che lo fanno alla grande. Un film in computer graphic 3d questo diretto da Kevin Munroe, che privilegia le atmosfere scure e le ambientazioni che ricordano parecchio quelle del Dark Knight burtoniano.
New York come Gotham, con i grattacieli che prendono un simbolismo oscuro punteggiato dalle luci e non rischiarato.
Gli autori hanno voluto fare un film scorrevole, intervallato da battute per alleggerirlo e denso di avventura.
Sfruttando il fatto che le 4 turtle hanno una personalità del tutto differente tra di loro gli autori possono miscelare emozioni diverse, le battute, il coraggio, la capacità di creare congegni.
Partendo dall'assunto che il capo carismatico del gruppo Leonardo sta vivendo un momento di ricerca spirituale nelle foreste e Raffaello si porta da solo la leggenda del cavaliere raddrizzatorti (cosa che lo avvicina ancora di più al Batman sopracitato), mentre Michelangelo e Donatello vivacchiano, si riesce anche a donare delle sfaccettature di emozioni che culminano nella ripresa della via smarrita da parte dei guerrieri perduti.
Il film è roboante, movimentato, pieno di azione ma sopratutto con dei cattivi ben caratterizzati che hanno delle animazioni e un design assolutamente adeguato. Passando per citazioni varie (Shrek, con il casco di Raffaello, oppure I predatori dell'arca perduta, citato chiaramente, con la scena della colonna che apre l'effluvio di nemici) il film si snoda presentando progressivamente le ragioni del disagio dei quattro a riunirsi, poi una volta ritrovato il gruppo nasce la fiducia che anche un gruppo di nemici apparentemente imbattibili possa essere sconfitto. Il punto migliore (oltre al buon inizio nell'ambientazione forestale) è proprio quello in cui gli eroi ritrovano il loro gruppo spinti dal loro mentore, segno che i tempi oscuri che la città sta vivendo non riguardano il loro animo.
Raffigurazioni barocche delle statue, che ingoiano piccioni incolpevoli, design dei nemici che ricorda quello di figure epiche, tutto ciò contribuisce graficamente allo accostare l'ambientazione avventurosa urbana a quella libera e aperta degli Indiana Jones. Con queste direzioni creative il film non ha spunti ed emozioni consolatorie tipiche dei ben più accomodanti e noiosi film Disney di adesso, e mentre i ninja dell'organizzazione del piede (presa in giro del nome delle associazioni ninja, cioè "la mano", anche di Milleriana memoria nelle saghe di Daredevil) contribuiscono a rendere la storia maggiormente composita con il loro capo pieno di personalità.
Nel settore animazione splendido il lavoro sul mentore Splinter, dove anche i peli della pelliccia facciale si muovono con un movimento del capo, ma tutta l'animazione antropomorfa risulta morbida, dettagliata e credibile, mouvendosi perfettamente su sfondi emozionanti e fatti benissimo nelle loro oscure colorazioni.
In definitiva un film divertente e scorrevolissimo (dura anche molto poco, 70 minuti), ma che non mancherà di piacere anche ai grandi e in maniera più piena perchè intriso di grandeur e senso totale del pericolo, con gli eroi all'inizio insicuri che hanno iconografie controluce che si presentano nella penombra da ammirare e un plusvalore nella sua totale voglia di avventura completa. E alla fine tutti a mangiare la pizza, grandi e piccini, grati di aver visto un film davvero rugo (saprete nel film che vuol dire) e che proprio non pensavamo potesse avere delle direzioni artistiche tanto pregne di valore nel suo oscuro mostrare una New York con sole ombre e poche luci, che può unire anche due generazioni visto l'ormai lontano anno di nascita delle Tartarughe Ninja. Kowabunga!
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Ti va di pagare ?- priceless
Regia: Pierre Salvadori
Genere: Commedia
Durata: 104 minuti
Cast: Audrey Tautou, Gad Elmaleh, Marie-Christine Adam, Vernon Dobtcheff
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al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: Jean è un inserviente di albergo che fa troppo turni e dopo una giornata terribile si addormenta al servizio di bar. Scambiato per un ricco facoltoso da Irene, non le dice la verità e i due finiscono per trovarsi insieme in un letto d'albergo (lo stesso dove lavora,nella suite reale). Scacciato dallo stesso perchè scoperto, Jean scopre che Irene non è altro che una accompagnatrice di uomini ricchi che vive alle loro spalle facendo la bella vita e sperperando in vestiti e lussi. Rimasto solo ma pazzamente innamorato della avida donna decide di intrapprendere anche lui la stessa carriera accompagnando una ricca facoltosa vedova sperando di riconquistare Irene...
Commento: molto delicato questo film di Pierre Salvadori (In amore c'è posto per tutti del 2003), che ci conduce in maniera leggera e composta verso i luoghi "in" e sofisticati della Francia e della Costa Azzurra.
Possiamo ammirare alberghi lussuosissimi, l'Hotel de France, ville esclusive sul mare e tanta tanta gente con abiti firmati e signore con vestiti sgargianti e dai costosi gioielli in bella vista, ma sopratutto ammiriamo la bellezza di Audrey Tatou (come dimenticare il suo sorriso ingenuo che spuntava dalla locandina de Il meraviglioso mondo di Amelie?) generosissima nel mostrare il suo corpo magrissimo a più riprese, quasi che quei vestiti le stessero troppo stretti e la soffocassero. In effetti vedendo la voglia di mostrare le proprie grazie con tanta frequenza (alcune volte senza nessuna vera necessità di trama) sembrerebbe che l'attrice del Codice da Vinci abbia preteso dalla produzione una tale scelta, quasi a propria gloria e soddisfazione di ammirazione ricevuta. Ma comunque in effetti questo seminude look castigatissimo è necessario per entrare nella mentalità di una donna che va a letto con uomini che non le piacciono e lo fa solo per i soldi (o meglio, i regali, bella la battuta di una delle sue vittime "Stavolta non prenotando il ristorante tu hai fatto un regalo a me"), che usa la propria bellezza e spudorata capacità d'inganno senza nessuna remora spirituale. A farle da spalla un tenero Gad Elmaleh (già cimentatosi con le costose bellezze da mantenere in "Una top model nel mio letto"), che fa l'ingenuo cameriere poi gigolò poco convinto che ogni volta che chiamano per avere una portata i clienti lui si propone non riuscendo a dimenticare le proprie basi lavorative prima del licenziamento.
Le situazioni del film effettivamente sono poco credibili più di una volta, e molte volte sembra che siano tipiche del cinema dei sogni che non si realizzano mai, delle varie principesse o poveri che vivono avventurosi rapporti di altro mondo rispetto al loro, dove tutto sembra potersi realizzare in barba a quanto gli altri sono intelligenti oppure con tanta ricchezza da farsi ingannare con accondiscendenza, per esplodere quando al verità che loro sanno diventa conclamata.
Cinema dei sogni che con lo scooter richiama anche l'immortale Vacanze romane, vivacizzato dalle splendide locations, che scorre comunque piacevole e divertente, regalando allo spettatore e alla spettatrice (possibilmente mano nella mano) 100 minuti di amore prima falso poi vero, chiuso dal finale che tutti sanno ma che tutti alla fine vogliono se si sentono di chiudere il cerchio romantico per continuare a sognare (e a farci sentire i protagonisti un po' più vicini a noi, più reali e meno soffusi).
in definitiva un film di intrattenimento leggero, dal buon risultato visivo grazie a luoghi e locali incantevoli, con una splendida protagonista, penalizzato però da una trama che si regge su fili flebili senza mai approfondire o stupire, condita con una sorta di giri concentrici in alcuni momenti del racconto che alla fine allungano soltanto senza dire nulla di nuovo, che piacerà molto a chi cerca emozioni rosa, molto meno agli altri.
Molto originale la sequenza finale con la moneta da un euro inquadrata (italiana con effige dell'uomo di Leonardo) a sottolineare il nuovo cammino.
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Transformers
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Un film di Michael Bay. Con Shia LaBeouf, Megan Fox, Josh Duhamel, Tyrese Gibson, John Turturro, Jon Voight, Anthony Anderson, Rachael Taylor, Michael O'Neill, Sophie Bobal, Charlie Bodin. Genere Azione, colore 144 minuti. - Produzione USA 2007.
Trama: Sam Witwicky è un nerd con un passato particolare, perchè suo nonno aveva fatto una importante scoperta tra i ghiacci durante una spedizione e gli aveva lasciato in eredità diversi oggetti che ora lui vuole vendere su e-bay. Ma l'acquisto di una autovettura apparentemente in disuso nasconde molto di più che un mezzo di trasporto...la lotta tra Autobots e Decepticons per il cubo di Energon sta per cominciare, chi vincerà tra le due oppste fazioni di transformers ?
Commento: Steven Spielberg ha sempre detto di amare la versatilità delle automobiline che si trasformano della Hasbro, e ovviamente appena ha potuto si è cimentato con gioia nella megaproduzione del film che le vede protagoniste, affidando la regia all'amico regista di movie d'azione Michael Bay ( The Rock, Armageddon e Pearl Harbour). I due, regista e produttore, firmano un action movie movimentatissimo, pieno zeppo di grandiose scene visive con le lotte tra robottoni dalla resa visiva eccezionale. Lasciando la sceneggiatura piena di strafalcioni di logica (la fase finale ne ha uno gigantesco per permettere una scena di grande impatto visivo) Bay si preoccupa di fornire il più possibile ambienti e situazioni diverse, in modo da permetterci di vedere inseguimenti di ogni tipo (per terra, aerei, in auto) e in ogni luogo (deserto, città, autostrada, in una diga profondissima) dal ritmo velocissimo e dal clangore assordante. Gli automaggi sono parecchi, con citazioni di E.T. e di Armageddon ironiche (un ragazzo che filma con una videocamera amatoriale dice"Questo è cento volte meglio di Armageddon!"), mentre il ritmo praticamente non cala mai nell'ultima ora roboante e ultramovimentata. Tra l'altro è proprio questa fase la più incredibile, dove Bay filma la guerriglia urbana come se fosse un film sul Vietnam
con camera a mano, dando un risultato di lotta all'ultimo sangue di buon livello scenico.
Purtroppo di fronte alla grandeur degli effetti ci troviamo un livello di dialoghi davvero scadente e delle situazioni alquanto assurde e paradossali (la scena del giardino con i robottoni che devono fare silenzio e i genitori non sentono, interludi parecchio scadenti che misurano il valore del film verso il basso dimostrandone la vacuità nascosta dalle scene d'effetto). Bay inserisce ogni cosa nel suo film, dalle citazioni al contrario (Christine, la macchina infernale) alle scene romantiche, il war movie, l'organizzazione segreta, il disaster movie e anche la vicenda del grande amico robot in chiave commedia (ricordando il bel cartone animato Il gigante di ferro), frullando il tutto e servendo caldo e rumoroso.
Il reparto attori ha due gemme, dal grande John Turturro (eccezionale attore e anche regista, ricordiamolo per Il grande Lebowsky) che si muove sulla scena interpretando un personaggio gigionesco, a John Voight (Un uomo da marciapiede) che fa il ministro della difesa che ha nel cuore i marines, e viene completato da due giovani come Shia LaBeouf (Guida per riconoscere i tuoi santi), il nerd con il cuore grande, e dalla bella e sensuale Megan Fox donna d'azione al momento decisivo e con un passato non chiaro.
In definitiva un film girato per il pop corn consumo, che va giù dritto e che si beve senza nessun problema nonosatnte la lunga durata (144 minuti), dove i due promotori dell'operazione ormai ricchi e senza problemi hanno voluto fortemente alla loro maniera senza curarsi troppo di logica, approfondimento oppure variazione.
Potente, visivo, citazionale (mettiamoci dentro anche Incontri ravvicinati del terzo tipo oltre a quanto detto prima) quasi spensierato e cialtrone nonostante che ci sia in ballo la salvezza del mondo (a volte nel film si ride e si scherza anche se la fretta di eseguire la missione dovrebbe far tenere ben altro comportamento per far risultare simpatici i robot, errore commesso al tempo anche da un altro film, Cortocircuito), vale i soldi del biglietto solo e comunque nell'ottica di visione per famiglie e glorificazione facile e ingenua degli eroi (umani e non), per poi andare tutti dal McDonald's sperando di trovare nell'happy meal una camargo gialla che ci sorride. Direi, viste le premesse e le oneste intenzioni, obbiettivo raggiunto. E una volta tanto, ma solo una volta tanto, fa anche bene vedersi un film senza pretese ma puramente divertente, carrozzone rutilante di effetti legato a una storia flebile.