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Canto
Ti vidi nel tuo giorno nuziale
e t'invase una vampata di rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
E il baleno che s'accese nei tuoi occhi
(quale ch'esso fosse per me),
fu quando alla Beltà di più conforme
potesse svelarsi alla mia vista dolente.
Fu quel rossore, credo, pudore di fanciulla –
e ben si comprende che così fosse.
Ma un più fiero incendio quel baleno
sollevò – ahimè! – nel petto di colui
che ti vide nel tuo giorno nuziale,
allorché ti sorprese quell'acceso rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
Edgar Allan Poe
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Elogio alla morte
(ndr in realtà è un elogio alla vita)
Se la morte fosse un vivere quieto,
un bel lasciarsi andare,
un'acqua purissima e delicata
o deliberazione di un ventre,
io mi sarei già uccisa.
Ma poiché la morte è muraglia,
dolore, ostinazione violenta,
io magicamente resisto.
Che tu mi copra di insulti,
di pedate, di baci, di abbandoni,
che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché
o senza variare di senso
nel largo delle mie ginocchia,
a me non importa perché tu mi fai vivere,
perché mi ripari da quel gorgo
di inaudita dolcezza,
da quel miele tumefatto e impreciso
che è la morte di ogni poeta.
Alda Merini
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I RAGAZZI CHE SI AMANO
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
JACQUES PREVERT
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È una gran fortuna
È gran fortuna
non sapere esattamente
in che mondo si vive.
Bisognerebbe
esistere molto a lungo,
decisamente più a lungo
del mondo stesso.
Conoscere altri mondi,
non fosse che per un confronto.
Elevarsi al di sopra del corpo
che non sa fare nulla così bene
come limitare
e creare difficoltà.
Nell’interesse della ricerca,
chiarezza della visione
e di conclusioni definitive,
trascendere il tempo
dove ogni cosa corre e turbina.
Da questa prospettiva,
addio per sempre
particolari ed episodi!
Contare i giorni della settimana
dovrebbe sembrare
un’attività priva di senso,
imbucare una lettera
una stupida ragazzata
La scritta "non calpestare le aiuole"
Una scritta folle.
W. Szymborska
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Le tre parole più strane
Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla.
(Wisława Szymborska)
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5 maggio
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
5 così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
10 orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
15 quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
20 e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.
25 Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
30 dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
35 del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
40 serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
45 la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
50 l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
55 E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
60 e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
65 scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
70 narrar sé stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
75 chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
80 tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
85 Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo
e in più spirabil aere
90 pietosa il trasportò;
e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
95 dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
100 ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
105 il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
ALESSANDRO MANZONI
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Ragazza in minigonna che legge la Bibbia davanti alla mia finestra
domenica. sto mangiando
un pompelmo. a ovest
nella chiesa russa ortodossa
è finita la funzione.
lei è bruna
d’origine orientale,
i grandi occhi castani si alzano e si abbassano
sulla bibbia, una piccola bibbia rossa
e nera, e mentre legge
le si muovono le gambe senza posa,
fa un lento ballo ritmico
leggendo la sua bibbia…
lunghi orecchini d’oro;
2 braccialetti d’oro su ogni polso,
ed è, immagino, un minivestito,
la stoffa le fascia il corpo,
quella stoffa è la più lieve delle abbronzature,
si torce di qua e di là,
giovani gambe lunghe calde al sole…
impossibile sfuggire alla sua esistenza
impossibile desiderare…
la mia radio suona musica sinfonica
che lei non può sentire
mai suoi movimenti coincidono esattamente
con i ritmi
della sinfonia…
è bruna, è bruna
e legge la parola di Dio.
io sono Dio.
Charles Bukowski
https://le-citazioni.it/media/author...s-bukowski.jpg
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La cremazione
Contro il sistema della cremazione
Protestano con ira i collitorti
I gesuiti ed i preti retrivi;
Noi non cremiam che i morti,
La Santa Inquisizione
Preferì sempre di cremare i vivi.
Antonio Ghislanzoni
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Pater noster
Padre nostro che sei cieli
Restaci pure
Quanto a noi resteremo sulla terra
Che a volte è cosi bella
Con tutti i suoi misteri di New York
Seguiti dai misteri di Parigi
Che valgon bene quello della Santa Trinità
Con il suo piccolo canale dell’Ourcq
E la sua grande muraglia Cinese
Il suo fiume di Morlaix
E le sue caramelle di Cambrai
Con il suo oceano Pacifico
E le sue vasche delle Tuileries
Con i suoi buoni bambini e i suoi cattivi soggetti
Con tutte le meravigliose meraviglie del mondo
Che se stanno sulla terra
Offerte a tutti quanti
Sparpagliate
Meravigliate anch’esse d’essere delle tali meraviglie
Tanto che non ardiscono confessarlo a se stesse
Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa
E con tutte le orribili sofferenze del mondo
Che son legione
Con i loro legionari
Con i loro reziari
Con i signori e padroni del mondo
Ciascun padrone con i suoi predicatori i suoi traditori
i suoi predatori
Con le stagioni
Con gli anni
Con le belle ragazze e i poveri coglioni
Con la paglia della miseria che marcisce nell’acciaio
dei cannoni
Jacques Prevert
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Noi siamo i figli dei padri ammalati:
aquile al tempo di mutar le piume,
svolazziam muti, attoniti, affamati,
sull'agonia di un nume.
Nebbia remota è lo splendor dell'arca,
e già all'idolo d'or torna l'umano,
e dal vertice sacro il patriarca
s'attende invano;
s'attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
e invan l'esausta vergine s'abbranca
ai lembi del Sudario...
Casto poeta che l 'Italia adora, (*)
vegliardo in sante visioni assorto,
tu puoi morir!... Degli antecristi è l'ora!
Cristo è rimorto !
O nemico lettor, canto la Noia,
l'eredità del dubbio e dell'ignoto,
il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boia, il tuo cielo,
e il tuo loto !
Canto litane di martire e d'empio;
canto gli amori dei sette peccati
che mi stanno nel cor, come in un tempio,
inginocchiati.
Canto le ebbrezze dei bagni d'azzurro,
e l'Ideale che annega nel fango...
Non irrider, fratello, al mio sussurro,
se qualche volta piango:
giacché più del mio pallido demone,
odio il minio e la maschera al pensiero,
giacché canto una misera canzone,
ma canto il vero!
Emilio Praga
* Manzoni
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Il canto dell'odio
poesie
Quando tu dormirai dimenticata
sotto la terra grassa
e la croce di Dio sarà piantata
ritta sulla tua cassa
quando ti coleran marcie le gote
entro i denti malfermi
e nelle occhiaie tue fetenti e vuote
brulicheranno i vermi,
per te quel sonno che per altri è pace
sarà strazio novello
e un rimorso verrà freddo, tenace,
a morderti il cervello.
Un rimorso acutissimo e atroce
verrà nella tua fossa
a dispetto di Dio, della sua croce,
a rosicchiarti l'ossa.
Io sarò quel rimorso.
Io te cercando
entro la notte cupa
lamia che fugge il dì, verrò latrando
come latra una lupa;
io con quest'ugne scaverò la terra
per te fatta letame
e il turpe legno schioderò che serra
la tua carogna infame.
Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
sazierò l'odio antico,
oh, con che gioia affonderò l'artiglio
nel tuo ventre impudico!
Sul tuo putrido ventre accoccolato
io poserò in eterno,
spettro della vendetta e del peccato,
spavento dell'inferno:
ed all'orecchio tuo che fu sì bello
sussurrerò implacato
detti che bruceranno il tuo cervello
come un ferro infuocato.
Quando tu mi dirai: perché mi mordi
e di velen m'imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
che bei capelli avevi?
Non ti ricordi dei capelli biondi
che ti coprian le spalle
e degli occhi nerissimi, profondi,
pieni di fiamme gialle?
E delle audacie del tuo busto
e dell'opulenza dell'anca?
Non ti ricordi più com'eri bella,
provocatrice e bianca?
Ma non sei dunque tu che nudo il petto
agli occhi altrui porgesti
e, spumante Licisca, entro al tuo letto
passar la via facesti?
Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
spalancasti le braccia,
che discendesti a baci innominati
e a me ridesti in faccia?
Ed io t'amavo, ed io ti son caduto
pregando innanzi e, vedi,
quando tu mi guardavi, avrei voluto
morir sotto ai tuoi piedi.
Perché negare - a me che pur t'amavo -
uno sguardo gentile,
quando per te mi sarei fatto schiavo,
mi sarei fatto vile?
Perché m'hai detto no quando carponi
misericordia chiesi
e sulla strada intanto i tuoi lenoni
aspettavan gli inglesi?
Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
questa tua rea carogna,
nuda la carne tua che tanto amavo
l'inchiodo sulla gogna,
e son la gogna i versi ov'io ti danno
al vituperio eterno,
a pene che rimpianger ti faranno
le pene dell'inferno.
Qui rimorir ti faccio, oh maledetta,
piano a colpi di spillo,
e la vergogna tua, la mia vendetta
tra gli occhi ti sigillo.
(Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti)
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Il Guerrini è estremo wow. La conoscevo comunque
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William Butler Yeats
Navigando verso Bisanzio
I.
Questo non è un paese per vecchi. I giovani
L’uno nelle braccia dell’altro, gli uccelli sugli alberi
– Quelle generazioni mortali – intenti al loro canto,
Le cascate ricche di salmoni, i mari gremiti di sgombri,
Pesce, carne, o volatile, per tutta l'estate non fanno che esaltare
Tutto ciò che è generato, che nasce, e che muore.
Presi da quella musica sensuale tutti trascurano
I monumenti dell’intelletto che non invecchia.
II.
Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,
Una giacca stracciata su un bastone, a meno che
L’anima non batta le mani e canti, e canti più forte
Per ogni strappo nel suo abito mortale,
Né v’è altra scuola di canto se non lo studio
Dei monumenti della sua magnificenza;
E per questo io ho veleggiato sui mari e sono giunto
Alla sacra città di Bisanzio.
III.
O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
Come nel mosaico dorato d’una parete,
Scendete dal sacro fuoco, discendete in una spirale,
E siate i maestri di canto della mia anima.
Consumate del tutto il mio cuore; malato di desiderio
E legato a un animale mortale,
Non sa quello che è; e accoglietemi
Nell’artificio dell'eternità.
IV.
Una volta fuori dalla natura non assumerò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di sfoglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, o che è, o che sarà.
Bisanzio
Si ritrae l’immagine spuria del giorno;
Le truppe dell’Imperatore a letto ubriache;
Si ritrae l’eco della notte, tema del nottambulo
Dopo un grande scampanio di cattedrale;
Una lucente cupola di stelle o di luna sdegna
Tutto ciò che è l’uomo,
Le sue mere complessità,
La rabbia e il pantano dell’indole umana.
Innanzi a me fluttua una figura, un’ombra o un uomo,
Più ombra che uomo, più figura che ombra;
Poiché Ade avvolto in fasce come una mummia
Può sbrogliare un sentiero intricato;
Una bocca senza saliva né respiro
Richiama bocche simili;
Salute al sovrumano;
Lo chiamo morte-in.vita e vita-in-morte.
Miracolo, uccello o dorato manufatto,
Più miracolo che uccello o manufatto,
Innestato al chiaro di stelle sul ramo dorato,
Può cantare come i galli dell’Ade,
O, amareggiato dalla luna, gridar disprezzo
– In gloria dell’immutabile metallo –
Al comune uccello o petalo
Ed ogni complessità o pantano o sangue.
A mezzanotte sul selciato dell’Imperatore sfavillano fiamme
Non alimentate da fascina, né appiccate da acciarino,
Né disturbate dai venti, fiamme generate da fiamma,
Dove gli spiriti generati dal sangue vengono
E tutte le complessità della rabbia se ne vanno,
Muoiono danzando,
Un’agonia di estasi,
Un’agonia di fiamma che non brucerebbe una manica.
Cavalcare pantano e sangue del delfino,
Spirito dopo Spirito! I maniscalchi fendono l’onda.
L’aurea mascalcia dell’Imperatore!
I marmi della sala da ballo
Fendono la rabbia amara delle complessità,
Quelle immagini che ancora
Partoriscono fresche immagini,
Quel mare tormentato di delfini e gong.
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Ad una in Paradiso
Eri per me quel tutto, amore,
per cui si struggeva la mia anima -
una verde isola nel mare, amore,
una fonte limpida, un'ara
di magici frutti e fiori adornata:
e tutti erano miei quei fiori.
Ah, sogno splendido e breve!
Stellata speranza, appena apparsa
e subito sopraffatta!
Una voce del Futuro mi grida
"Avanti, avanti!" - ma è sul Passato
(oscuro golfo!) che la mia anima aleggia
tacita, immobile, sgomenta!
Perché mai più oh, mai più per me
risplenderà quella luce di Vita!
Mai più - mai piu - mai più -
(è quel che il mare ripete
alle sabbie del lido) - mai più
rifiorirà un albero percosso dal fulmine,
né potrà più elevarsi un'aquila ferita.
Vivo, trasognato, giorni estatici,
e tutte le mie notturne visioni
mi riportano ai tuoi grigi occhi di luce,
laddove tu stessa ti porti e risplendi,
oh, in quali eteree danze,
lungo rivi che scorrono perenni.
Edgar Allan Poe