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The Messengers
Titolo originale: The Messengers
Nazione: U.S.A.
Anno: 2007
Genere: Horrror, Drammatico, Thriller
Durata: 84'
Regia: Oxide Pang Chun, Danny Pang
Cast: Graham Bell, Dylan McDermott, Penelope Ann Miller, Kristen Stewart, Dustin Milligan, John Corbett, William B. Davis, Brent Briscoe
Produzione: Scarecrow Productions Inc., Bluestar Entertainment, Ghost House Pictures
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 29 Giugno 2007 (cinema)
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Trama: una famiglia di 4 persone (padre, madre e due figli, un bambino e una ragazza) si trasferisce nella profonda campagna americana per cercare con un copioso raccolto di girasoli di risollevare le loro finanze. Arrivati nella lugubre casa consunta e in stato avanzato di decadimento, i componenti della famiglia dovranno fronteggiare degli incontri tutt'altro che piacevoli derivanti da un sanguinoso passato...
Commento: l'estate si sa, di solito porta copiosi i film horror, anche, e soprattutto, quelli inutili e che servono solo per riempire l'asfittica programmazione del periodo (e che con l'arrivo di Harry Potter a luglio e Transformers a fine giugno la distribuzione cerca di allungare), nonostante di base non abbiano nessun valore o significato particolare. Stavolta abbiamo un nuovo lavoro creativo (per modo di dire) eseguito da registi orientali (Oxide e Danny Pang, responsabili della trilogia di The Eye) che dopo l'esempio del The Grudge con la Sarah Geller (la Buffy televisiva) usano capitali americani per fare un lavoro di gusto orientale. E che capitali, visto che in produzione abbiamo nientemeno che Sam Raimi e Robert Tapert, che nei tempi eroici sotto l'etichetta della Reinassance Pictures produssero (insieme a Campbell) quel gioiellino che era “La casa”. Ma potremmo tranquillamente dire che nel caso di questo “The Messenger” mai soldi (artisticamente parlando, al botteghino chissà ma non ci sono molte probabilità di successo economico) furono spesi peggio.
Questa storiella consunta con antefatto, con presente la casa dei fantasmi tipica dell'iconografia sia visiva che letteraria, è davvero povera sotto ogni punto di vista, (compresi gli effetti, la solita sequela di animazioni a scatti dei soliti fantasmi dei Pang grigi di colore) con un dipanarsi macabro ridicolo e una suspance indegna nelle scelte e nelle situazioni. Il colpo di scena è telefonato neppure con uno squillo (che almeno sarebbe foriero di un piccolo sobbalzo) ma con un sms allo spettatore, pronto a capire la situazione già prima che si svolga con largo anticipo, i protagonisti sono del tutto anonimi e gli abitatori della ghost house proprio quelli che ci sono nelle nostre aspettative.
E' un cinema povero, non di soldi, ma elementare, con una cura di alcuni dettagli (la fotografia ma nulla di che) che non ha poi alla fine da sola potere di rendere qualcosa valida se non supportata da tutti gli altri settori. La recitazione poi è qualcosa di veramente squallido, dove attori in cerca di personaggio si muovono nella scena senza capire bene il perchè, comandati da mani insicure vogliose solo di arrivare alla fine per chiudere il conto e presentarlo. Quando si fa un film di presenze si dovrebbe comunicare la paura, il disagio o il terrore di ciò che arriva inconsapevoli di quanto accadrà, qua invece addirittura si arriva al punto che è lo spettatore ad avvertire il personaggio che una minaccia incombe, invertendo i ruoli per manifesta incapacità di chi dirige, dove la noia regna mortale in quanto i momenti non ghost sono davvero pacchiani (l'incontro con il ragazzo, i discorsi fra familiari), non arricchenti ma allunganti.
Nel cast è presente Penelope Ann Miller ( apparsa in pellicole ben più valide come Carlito's Way) e John Corbett
(visto nel serial tv Sex and the City, era Ethan, uno dei fidanzati di Carrie-Sarah Jessica Parker).
In definitiva un film insulso, che potrebbe avere qualche attrattiva solo a chi entra per la prima volta in sala a vedere un film di fantasmi, libero, ma sarebbe meglio dire privo, di ogni ricordo cinematografico/paragone di genere (l'unica scena decente è quella della visione dall'alto del bambino che segue il trattorino), tutti gli altri possono evitare di spendere soldi e periodo di vita (fortunatamente questo è poco, dura solo il tempo sindacale) e dedicarsi ad altro.
Evitare con cura.
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L'inchiesta-Anno Domini XXXVI
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Regia: Giulio Base
Genere: Storico
Durata: 102
Cast: Daniele Liotti, Max Von Sydow, F.Murray Abraham, Dolph Lundgren
Giuliano Gemma, Franco nero e Ornella Muti
Trama: Anno 36 dopo Cristo. L'imperatore Tiberio ha strani presagi, e i suoi astrologi condividono le sue paure. Timoroso richiama a Roma per una particolare missione un tribuno scacciato perchè sapeva troppi segreti riguardanti il turbinoso passato prossimo e la fine del precedente Imperatore. Con se porta un amico/schiavo teutonico di nome Brixos, e la misisone riguarda il fare luce sulal condanan a morte di un giudeo di nome Gesù di Nazareth...ma costui è vivo o morto? E il suo corpo come mai non si trova? Domande davvero delicate che avranno risposte inattese...
Commento: arriva al cinema il lavoro televisivo, prodotto dalla Rai, che avevamo già visto diviso in due serate ad aprile di quest'anno. Remake del film di Damiano Damiani che portava lo stesso titolo, e da un idea degli stessi che avevano ideato il titolo antecedente (Ennio Flaiano e Suso Cecchi d'Amico), raggruppa un cast di eccezione internazionale per una idea davvero sconvolgente: ci potevano essere degli interessi per cui la resurrezione di Cristo doveva essere falsa e quindi bisognava occultare il corpo e alcune verità? Ponzio Pilato non si era lavato le mani per fare un occulto interesse? A queste e tante altre domande deve rispondere l'investigatore dei tempi Tito Valerio Tauro (Daniele Liotti, che fornisce una interpretazione sufficentemente coinvolta) e il suo amico/servo Brixos (un incredibile e irriconoscibile Dolph Lundgren, lo ricorderete per Rocky 4), immersi nei paesaggi tipici della Gerusalemme pericolosa del tempo (che invece è una suggestiva Tunisia). Il film, di taglio chiaramente televisivo (e come non potrebbe essere?) non è fatto davvero malaccio, si dota di buoni costumi e ha delle scene di mercato di massa decenti e fatte con cura.
Oltretutto il tema di fondo è fortemente dubitativo di dogmi consolidati della religione e si potrebbe azzardare che Base abbia avuto non pochi problemi per cercare di ammorbidire il vetriolo dell'assunto. Mentre la trama si svolge ci accorgiamo, dopo un inizio che ricorda quello del Gladiatore come ambientazione (stessa campagna romana contro le orde ostili della Germania), che le sicurezze del tribuno novello Poirot vengono sempre meno, fino a subire una sorta di doverosa costrizione nel dover sperare di sbagliare a giudicare la realtà solo dai fatti scientifici.
Decisamente fa specie che la televisione abbia prodotto un lavoro così controverso, con la resurrezione di Lazzaro e di Cristo messa in dubbio e la trama che si svolge come se fosse un giallo di Agatha Christie dove tutti i nodi venendo al pettine devono sciogliersi e mostrare risposte imbarazzanti a domande che imbarazzano.
Poi per non cadere negli strali di qualche benpensante alla fine il concetto minante viene ammorbidito, dimostrando poco coraggio per aver tirato il sasso e aver ritratto la mano (cosa che nella scena della lapidazione viene fatta al contrario con la morte della moglie adultera, dove il marito, F.Murray Abraham, il mitico Salieri di Amadeus, prima accusa e condanna e poi non riesce a compiere il gesto della punizione). E un finale chiarificatore di alcuni aspetti della storia che prima indaga su se stessa e poi la rinnega sempre essere la similitudine con un concetto a metà.
Completano il cast il grande Max Von Sydom (Il settimo sigillo) che fa l'imperatore e Ornella Muti, donna ancora di fascino, che fa Maria Maddalena.
In definitiva un film-tv con ottimi spunti e qualche merito (derivanti ovviamente sopratutto dalla pellicola originale da cui è tratto), che però al cinema risulta veramente penalizzato da una concezione filmica limitata che non riesce a bucare il piccolo schermo in cui era nato. Chi lo ha visto sulla rai può tranquillamente evitare una nuova visione, gli altri possono tranquillamente accomodarsi e non usciranno del tutto delusi nel complesso.
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Giovani aquile - Flyboys
Titolo Originale: FLYBOYS
Regia: Tony Bill
Interpreti: James Franco, Jean Reno, David Ellison, Martin Henderson, Jennifer Decker, Abdul Salis, Philip Winchester
Durata: h 2.19
Nazionalità: Francia, USA 2006
Genere: guerra
Al cinema dal 29 giugno 2007
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Trama:la prima guerra mondiale che si sta svolgendo in Europa non sembra interessare troppo gli Stati Uniti nel loro splendido isolamento da tali fatti. La Francia sta soccombendo sotto il giogo tedesco e chiede ogni aiuto possibile. E così, dato che l'invenzione dell'aeroplano sta prendendo sempre più piede anche in battaglia per il controllo dei cieli, un gruppo di ardimentosi Americani volontari parte per il fronte europeo a cercare gloria e fama senza rendersi ben conto di quanto sia veramente sporca la guerra. Arrivati sul posto e ricevuta una adeguata istruzione e addestramento, all'interno della brigata Lafayette cominceranno a conoscere il senso del coraggio ma anche l'amara verità...condividendo anche l'amore di una bella ragazza del posto...ma alla fine ci sarà qualcuno che potrà gioire?
Commento:ispirato (liberamente) a fatti veri (come ricorda una didascalia all'inizio e la foto finale) ecco un film che avrebbe fatto la gioia di Howard Hughes, appassionato di aerei e di battaglie nei cieli a cui Scorsese ha dedicato il film "The Aviator". Hughes infatti diresse nel 1930 spendendo una esagerazione di denaro ( da qui la battuta "Hughes avrebbe speso meno finanziando una guerra vera") Angeli dell'inferno, con veri aereoplani e non modellini per renderlo più veritiero. Questo FlyBoys di fatto risulta essere la versione moderna con molti meno soldi spesi, grazie alle tecniche di oggi degli effetti speciali, ma anche molto più innocua ed edulcorata di quel kolossal del tempo, perdendosi lungamente in insulsaggini mielose di vario tipo. Di fatto seguendo la moda ormai imperante che per funzionare al botteghino un film che parla di guerra deve anche avere al suo interno una storia d'amore tra un bello ed eroico (nel caso James Franco, interprete del Goblin in Spiderman) e una dolce ed affettuosa ragazza possibilmente anche crocerossina o infermiera (Jennifer Decker), il regista Tony Bill (assente dalla regia dal lontano 1993 con "Una casa per tutti noi") sciorina una serie interminabile di strepitosi scontri aerei davvero suggestivi (ogni angolazione non viene risparmiata, si vola in tutte le posizioni e situazioni di contatto ravvicinato senza nessuna sbavatura di scena) che mozzano il fiato, ma contemporaneamente immette mielose lungaggini davvero stranianti che nulla hanno di valido, con scenette costruite senza senso (vedi la cavalcata western, l'incontro nel bordello, gli scambi di opinione in lingue non capibili tra loro) che allungano paurosamente il brodo solo per rispettare l'assunto e l'obbligo produttivo detto prima. Per fortuna che non amiamo i personaggi che diventano antipatici abbastanza presto, ma amiamo le straordinarie scene (sono tante, lo ripeto per rassicurarvi) di azione in volo, che culminano nell'attacco (presente anche nel trailer) allo Zeppelin. La guerra sporca proprio qui non si vede, la disperazione per i caduti è del tutto platonica nel suo mostrarsi e cercano di inculcarcela a forza con dialoghi insulsi salva significato che non fanno che rafforzare la nostra convinzione di una spudorata mascherata, i soldati sembrano degli studenti di college desiderosi di non essere dei nerd e tutto va vanti per sottrazione fino allo scontatissimo finale (della battaglia, fortunatamente non della storia d'amore).
L'eroismo, il coraggio, il sacrificio, sono solo delle pillole Stars and Stripes di dubbio significato riparatore di un America che si tenne lontana dalla mischia a lungo, mentre tutto affonda con la caratterizzazione minimale se non inesistente dei nemici.
Partecipa anche Jean Reno (Leon) nella parte del comandante della base sempre ritto, come se fosse inamidato, ma comprensivo, e Martin Henderson (Windtalkers) fa Cassidy, il coraggioso cavaliere dell'aria senza paura.
In definitiva un film che privo degli effetti speciali di volo risulta del tutto indigesto tanto gronda eroismo soffuso, miele e patinata bellezza, ma che visto nella grande sala conserva un suo fascino particolare in una ottica da capogiro per altezza (e non dimentichiamo gli strepitosi paesaggi). Chi cerca un film con fondamenta meglio articolate e una trama emozionante per il suo svolgersi e non per il solo visivo lasci perdere questo misero clone aereo di "Pearl Harbour" (citato con la scena della bomba che cade vista in inquadratura soggettiva).
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Transformers
Regia: Michael Bay
Anno: 2007
Genere: Azione / Fantascienza
Durata: 144 minuti
Cast: Shia LaBeouf, Megan Fox, Josh Duhamel, Tyrese Gibson, Rachael Taylor, Anthony Anderson, John Voight, John Turturro
Trama: L’All Spark è un misterioso cubo cosmico, capace di generare mondi e popolarli. Grazie ad esso ha avuto origine la specie dei Transformers. All’inizio fra di essi regnava l’armonia, ma ad un tratto un decepticon ribelle di nome Megatron prende il potere e scatena una guerra che devasta e distrugge il loro Mondo. Durante lo scontro, il cubo va perso nelle profondità dello spazio finchè non si schianta su un pianeta chiamato Terra: alla sua ricerca si lanciano i Transformers.
Ma perché un adolescente imbranato come Sam Witwicky viene coinvolto in questa mastodontica lotta fra robot? Per colpa di una scoperta fatta da suo nonno due secoli prima…
Commento: Decisamente una delusione per coloro che non aspettavano altro che vedere questo nuovo prodotto per marchiarlo come la nuova ciofeca di Bay ed affibbiargli i soliti accrescitivi denigratori: Michael Bay continua a confermarsi, a detta della maggior parte degli spettatori cinefili e non, un regista ingiustamente sottovalutato, capace se non di fare film concettualmente elevati perlomeno di saperli girare in modo che l’azione pura ed adrenalinica (genere di cui è maestro, e non solo grazie ai miliardi dei molti produttori che lo finanziano) si integri con altri aspetti validi invece di trascurarli per privilegiarla, come invece accade in molti action movies.
Quel che sorprende di più in un film come questo è la godibilissima sceneggiatura – scritta da Roberto Orci e Alex Kurtzman, che avevano già collaborato col regista californiano per il copione di The Island e che sono già impegnati nei suoi prossimi progetti - sorprendentemente priva di buchi di logica o raffazzonamenti da ultimo minuto, mai assurda e quasi mai ridondante, chiara nelle premesse e nello svolgimento, e nella quale non si eccede in scene di combattimento assordanti, ma tutto si evolve per poi sbocciare nel mastodontico scontro finale. La pellicola si prende tutto il tempo necessario (144 minuti) per iniziare la narrazione, proseguirla con un ritmo incalzante e coinvolgente, senza passaggi stupidi o tirati per le lunghe, e terminarla in climax: merito anche della scelta di costruire la sceneggiatura attraverso piani narrativi multipli e contemporanei (tre in questo caso, che alla fine si uniranno in uno solo) troncati e ripresi nei punti giusti e ben incastrati fra di loro. Il tutto viene poi impreziosito dall’introduzione di una vena umoristica lungo quasi tutto il film, con diverse trovate e scene che divertono ed intrattengono – la difficile pronuncia della parola Witwicky su tutte – e piacevole caratterizzazione dei personaggi, specie delle macchiette come Bernie Mac (visto di recente in Ocean’s thirteen) nel ruolo di Bobby Bolivia, il cane Mojo, l’amico della scienziata (Anthony Anderson); da censurare invece l’introduzione dei personaggi dei genitori di Sam, che entrano in scena esclusivamente con battute ed atteggiamenti ridicoli e che sono protagonisti oltretutto dell’unica scena debole del film, quella della ricerca degli occhiali con i Transformers in giardino che con le loro voci gutturali e metalliche si concedono anch’essi uscite comiche che stonano rispetto al resto del film, decisamente troppo lunga e non necessaria.
In secondo luogo, una recitazione non eccellente ma adatta, non superficiale ma sentita da parte del promettente ragazzino Shia LaBoeuf (che vedremo prossimamente in Disturbia e Indiana Jones 4), di John Voight che finalmente non sembra essere il solito attore famoso messo lì per attirare il pubblico e che ci fornisce una prova di buona qualità, alla quale d’altronde ci ha sempre abituati, e soprattutto di quello straordinario caratterista che è John Turturro nella gigionesca parte del responsabile del settore sette, capace di coniugare una bella recitazione con la sua solita esilarante mimica facciale. Menzione a parte per la stupenda Megan Fox, con una minigonna da urlo, la quale bellezza viene omaggiata da Bay con uno splendido primo piano. Diverse citazioni da altri film sono presenti: la battuta autoironica su Armageddon, una trovata che sembra presa da Tremors (il Decepticon-scorpione sotterraneo riporta alla mente molto i serpentoni del film di Underwood), una scena che ricorda Apocalypse now (l’immagine dell’elicottero che si staglia sullo sfondo rossastro del sole al tramonto), Kill Bill (la Camaro gialla con la famosa musica del film) e scherzosamente anche le saghe di Nightmare e X-Men.
In definitiva, comunque, è un film che si regge molto sull’impatto visivo e sugli effetti speciali, di gran lunga i migliori della stagione. Le sequenze di trasformazione degli autobot sono straordinarie anche per il rispetto delle proporzioni e la fedeltà ai giocattoli Hasbro (per esempio parabrezza al posto del petto e ruote in prossimità dei piedi), le scene d’azione e di combattimento sono roboanti e spettacolari, Bay non ci risparmia il solito inseguimento in autostrada con conseguente mega-distruzione di veicoli (il che ricorda The Island dove McGregor e la Johansson combinavano un macello rovesciando in strada gli assali dei vagoni) ed i combattimenti su ogni tipo di terreno privilegiando quello urbano ed usando riprese con camera a mano (cara a Spielberg). Quello che ne esce è un esempio di film d’azione finalmente valido e d'autore, nato come pop-corn movie da intrattenimento ma che alla fine riesce a soddisfare anche i palati più esigenti.
Voto: 7½
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Catacombs - il regno dei morti
Regia: Tomm Coker, David Elliot
Genere: Horror
Durata: 100 minuti
Cast: Cain Manoli, Radu Andrei Micu, Pink, Shannyn Sossamon
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Trama: si narra che nelle catacombe di Parigi siano sotterrati oltre sette milioni di morti posizionati sotto la città più romantica di sempre. Non ci potrebbe essere posto migliore per organizzare dei rave scatenati con la morte e il sangue come tema. Victoria, una ragazza insicura che arriva dall'America a casa dalla sorella recatasi in Francia per studiare alla Sorbona, non sembra avere nessuna intenzione di scendere sottoterra per vivere queste emozioni. Ma la cosa si fa davvero inquietante quando dopo essere stata convinta a farlo si trova sola e dispersa, attorniata da teschi e scheletri dall'aspetto sinistro...
Commento: ed eccoci qui a commentare l'ennesimo prodottino horro estivo, prodotto dagli stessi di Saw che evidentemente hanno dimenticato di pagare lo sceneggiatore, tanto il film risulta piatto e disastrosamente monotono. Con uan formula un po' diversa dal solito, non c'è il bodycount ma è una lunga fuga solitaria (sempre uguale e che gira su se stessa) della preda che cerca di sfuggire alla caccia, con la paura incombente del buio totale che potrebbe arrivare da un momento all'altro se la torcia elettrica si spegne.
Film che agisce per giri concentrici, che si poggia sulla claustrofobia del luogo e l'istinto di sopravvivenza per non finire come i suoi abitatori, ma privo di qualunque variazione sul tema iniziale per svolgersi continuamente sulle stesse basi. La storia di Victoria, (interpretata da Shannyn Sossamon, vista anche nel recente "L'amore non va in vacanza") con i suoi ticchi nervosi e le sue paure calmate solo da un innumerevole numero di medicine, risulta essere alla fine indigesta e poco valida, monotono vedere paure che fanno sbadigliare e mai sobbalzare. L'inserimento di un personaggio francese che non capisce la sua lingua poi non alza il climax della suspance, anzi fa in modo che si trovi solo la scusa per arrivare a nuove imbarazzanti situazioni di nessun interesse. Un finale del tutto inutile e stupido fa da torta indigesta di un pasto poverissimo, al quale l'oscurità dell'ambiente non fa per nulla valore e motore per esaltare una fotografia normalissima. Partecipa alla festa oscura alla quale noi non siamo presenti la Rockstar Pink, già vista al cinema in Charlie's Angels 2, interpretando Carolyn, la sorella della protagonista.
Doppio anonimo esordio alla regia per Tomm Coker & David Elliot, che oltretutto nelle scene intrise di musica assordante velocizzano la ripresa in maniera fastidiosa e incomprensibile. Un film inutilmente ma in fondo doverosamente presente nelle sale, visto che il fatto di essere in estate autorizza la programmazione selvaggia tappabuchi degli horror, con qualunque cosa, per chi vuole vivere dei brividi. Che siano di noia oppure di spavento questo è una cosa che alla produzione interessa poco.
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Agente matrimoniale
Regia: Christian Bisceglia
Genere: Commedia
Durata: 92 minuti
Cast: Corrado Fortuna, Nicola Savino, Elena Bouryka, Maria Paola Abruzzo, Antonino Bruschetta
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Trama: due amici completamente diversi cercano di sbarcare il lunario con delle truffe e degli imbrogli alle spalle di poveri cuori solitari che cercano disperatamente l'anima gemella. Ma le truffe condotte ai danni delle persone in fondo buone e oneste lasciano il segno sopratutto nell'animo di uno dei due, che un giorno durante una operazione di incontro al buio si ritrova ad essere protagonista reale di tante cose molte volte solo programamte a tavolino per altri...
Commento: ennesima commedia che esce con il patrocinio dei beni culturali (e vorremmo tutti sapere quale sia l'interesse culturale in una simile storiella da due soldi stravista e di ben poco interesse, e vorremmo sapere eventualmente quanto prenderebbe in paragone un film di Crialese o di Tornatore con tale patrocinio o se prenderebbe gli stessi soldi) e che ha una sola grande utilità: quella di farci godere 90 minuti di aria condizionata nella calura preestiva. Rivediamo Corrado Fortuna al cinema (desasparecido dopo la parentesi con Virzì di My name is tanino), che fa il truffatore di buon cuore e dalle grandi emozioni interne (che sta con mammà e per colpa della società che non gli permette altro compie azioni non sue), mentre Savino esordisce al cinema dopo la televisione (lo si è visto su sky condurre un programma a sfondo sportivo), facendo la macchietta bizzosa e approfittarice delle povere anime, con un contorno di guasconesca cattiveria abbozzata e caratterizzata malissimo, da risultare tanto falsa quanto poco credibile.
Il film di Christian Bisceglia (ennesimo esordio di uno yes man giovane e dalle mani legate, da pagare poco e che fa quel che vuole la direzione produttiva), viene prodotto da Eleonora Giorgi (in una versione di coproduttrice con Massimo Ciavarro, quasi volesse seguire le orme della Edwige nazionale) per girare questo filmetto pieno di inganni del tutto platonici, cani cosidetti pericolosi assurti alle cronache essere invece degli angeli cupidi teneri, buzzicone siciliane e padrini locali, tenere dolcezze agricole amanti della natura ( Elena Bouryka, graziosissima attrice russa vista sia in televisione che al cinema con Notte prima degli esami e destinata a provare nel futuro filmico accanto a Gerard Depadieu ne l'Abbuffata), finendo con mesti cuori solitari dai grandi valori.
Una storia già vista e stravista, che non doveva uscire dalle connotazioni televisive di Italia 1 di prima serata, che viene premiata dalla sala solo per rimpolpare la programmazione estiva e senza particolari altri meriti.
Delle serie, con i condizionatori in casa non c'è nessun motivo per andare a vederlo, neppure in un ottica bonaria e simpatica in quanto lo svolgimento è piattissimo e il finale del tutto scontato...ci sono altri modi più interessanti per passare 92 minuti.
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Agente matrimoniale
Regia: Christian Bisceglia
Genere: Commedia
Durata: 92 minuti
Cast: Corrado Fortuna, Nicola Savino, Elena Bouryka, Maria Paola Abruzzo, Antonino Bruschetta
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Trama: due amici completamente diversi cercano di sbarcare il lunario con delle truffe e degli imbrogli alle spalle di poveri cuori solitari che cercano disperatamente l'anima gemella. Ma le truffe condotte ai danni delle persone in fondo buone e oneste lasciano il segno sopratutto nell'animo di uno dei due, che un giorno durante una operazione di incontro al buio si ritrova ad essere protagonista reale di tante cose molte volte solo programamte a tavolino per altri...
Commento: ennesima commedia che esce con il patrocinio dei beni culturali (e vorremmo tutti sapere quale sia l'interesse culturale in una simile storiella da due soldi stravista e di ben poco interesse, e vorremmo sapere eventualmente quanto prenderebbe in paragone un film di Crialese o di Tornatore con tale patrocinio o se prenderebbe gli stessi soldi) e che ha una sola grande utilità: quella di farci godere 90 minuti di aria condizionata nella calura preestiva. Rivediamo Corrado Fortuna al cinema (desasparecido dopo la parentesi con Virzì di My name is tanino), che fa il truffatore di buon cuore e dalle grandi emozioni interne (che sta con mammà e per colpa della società che non gli permette altro compie azioni non sue), mentre Savino esordisce al cinema dopo la televisione (lo si è visto su sky condurre un programma a sfondo sportivo), facendo la macchietta bizzosa e approfittarice delle povere anime, con un contorno di guasconesca cattiveria abbozzata e caratterizzata malissimo, da risultare tanto falsa quanto poco credibile.
Il film di Christian Bisceglia (ennesimo esordio di uno yes man giovane e dalle mani legate, da pagare poco e che fa quel che vuole la direzione produttiva), viene prodotto da Eleonora Giorgi (in una versione di coproduttrice con Massimo Ciavarro, quasi volesse seguire le orme della Edwige nazionale) per girare questo filmetto pieno di inganni del tutto platonici, cani cosidetti pericolosi assurti alle cronache essere invece degli angeli cupidi teneri, buzzicone siciliane e padrini locali, tenere dolcezze agricole amanti della natura ( Elena Bouryka, graziosissima attrice russa vista sia in televisione che al cinema con Notte prima degli esami e destinata a provare nel futuro filmico accanto a Gerard Depadieu ne l'Abbuffata), finendo con mesti cuori solitari dai grandi valori.
Una storia già vista e stravista, che non doveva uscire dalle connotazioni televisive di Italia 1 di prima serata, che viene premiata dalla sala solo per rimpolpare la programmazione estiva e senza particolari altri meriti.
Delle serie, con i condizionatori in casa non c'è nessun motivo per andare a vederlo, neppure in un ottica bonaria e simpatica in quanto lo svolgimento è piattissimo e il finale del tutto scontato...ci sono altri modi più interessanti per passare 92 minuti.
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Stepping - dalla strada al palcoscenico
Cast : Columbus Short, Meagan Good, Laz Alonso, Valarie Pettiford, Jermaine Williams, Chris brown Moriceau
Durata01:46:00
Data di uscita : Venerdì 6 Luglio 2007
Generi : Drammatico, Musicale, Romantico
Distribuito da SONY PICTURES RELEASING ITALIA
titolo originale :Stomp The Yard
COREOGRAFIE : DAVE SCOTT.
COREOGRAFO ASSOCIATO PER LE SEQUENZE DI STEPPING: JESUS MALDONADO.
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Trama: un afroamericano di Los Angeles, cresciuto in strada e con una tragedia alle spalle, viene accolto in una università della California. Bravissimo ad eseguire passi di danza ritmata e a calarsi nello spirito dello stepping, viene conteso, nell'imminenza dell'arrivo delle gare di ballo, dalle due maggiori caste di college, una con simbolo il serpente e una con simbolo il lupo. Deciso a riogarnizzare la sua vita vorrebbe solo dimenticare il passato, ma la presenza di una avvenente ragazza intorbidisce ancora di più le acque...
Commento: Dopo la break dance che usa la strada per formarsi e adeguarsi ecco ora lo stepping. Ballo altamente muscolare, che fisicamente prova i suoi ballerini fino allo sfinimento, che eseguono acrobazie che vogliono anche dileggiare l'avversario, cioè altri ballerini concorrenti, in una sfida sul palco. Sorta di Eight Mile con gare non canore, il film diretto da Sylvain White (specializzato in video musicali) è uno scoppiettante mix di ballo, musica e di energia, sprizzata anche con stile similmilitare nel suo svolgimento, corse verso il tramonto all'aria aperta, alzatacce al mattino e una sana dose di odio da lotta per la supremazia. Trama di per se assolutamente banale, con tutti i crismi e le logiche del film da cui ha tratto spunto. Abbiamo la tragedia iniziale che segna e che insegna, il difficile percorso del ravvedimento dell'eroe dalle radici difficli, la bella del cattivo buona e intelligente oltre che tremendamente bella (Meagan Good, vista anche in Street Dance Fighters, altro film sullo stesso tema), trama che però non impedisce di poter godere appieno delle stupende coreografie di ballo orchestrate con abilità da Dave Scott e Jesus Maldonaldo, che arrivano all'apoteosi della bellezza nello scontatissimo finale.
Questi sono film in fondo tanto privi di risvolti di trama anche perchè fatti così per natura, che non possono probabilmente trovare spiragli di valore oltre a quello della base di quanto devono raccontare visivamente.
Fu così per i numerosi film sulla break dance, è così anche per questi nuovi prodotti modificati di quel genere.
Rispetto al precedente Step Up dell'anno scorso, film assolutamente futile in ogni suo settore, qua il sudore, la voglia di rivalsa e la fantasia dei balli muscolari e di grande agilità permette in un certo senso di tralasciare quanto è con grande evidenza del tutto dejavu, anche perchè la colonna sonora è adeguata, coinvolgente e assolutamente adeguata. Se il regista avesse saputo rendere meglio i disagi ambientali della prima parte del film invece di metterlo in una cornice da college soffusa ed innocua, come aveva fatto Curtis Hanson nel già citato Eight Miles, le grandi pecche di una sceneggiatura non errata ma banalissima sarebbero state meno evidenti. Film All Blacks in ogni senso (vedrete si e no 3-4 persone bianche di sfuggita in un ristorante), anche nelle scene di massa, per la mancanza di nomi di spicco e per un tema tanto lontano da noi italici, indipendentemente dal fatto di avere una programmazione estiva penalizzante, verrà totalmente ignorato.
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Il castello di cagliostro
Lupin III: Il castello di Cagliostro
Titolo originale: Rupan sansei: Kariosutoro no shiro
Nazione: Giappone
Anno: 2007
Genere: Animazione
Durata: 100'
Regia: Hayao Miyazaki
Cast (voci): Roberto Del Giudice (Lupin), Sandro Pellegrini (Jigen), Antonio Palombo (Goemon), Alessandra Korompay (Fujiko), Rodolfo Bianchi (Zenigata)
Produzione: TMS Entertainment, LTD
Distribuzione: Mikado
Data di uscita: 06 Luglio 2007 (cinema)
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Trama: LUpin e i suoi alleati, Jigen, Goemon, Fujiko (Margot nell'edizione italiana) alle prese con un traffico di denaro falso che sta rovinando l'economia mondiale. Alla ricerca del colpevole, non in maniera disinteressata perchè si narra di un tesoro immenso a cui Lupin e soci aspirano, si recheranno nella misteriosa terra di Cagliostro inseguiti dall'ispettore Zenigata che non vuole rassegnarsi alla sconfitta...lì li attendono mistero, avventura e anche una dolce ragazza misteriosamente prigioniera...
Commento: torna al cinema, per i 40 anni del personaggio (creato nel 1967 da Monkey PUnch) il grande Lupin III, protagonista di una serie televisiva a cartoni animati di grandissimo successo in tutto il mondo. E lo fa nella maniera migliore, non con un ennesimo film a lui dedicato di nuova produzione, ma con il film a lui dedicato, cioè con quel Castello di Cagliostro che nel 1979 il maestro Hayao Miyazaki (autore di autentici capolavori che bucano il genere animato come La principessa Mononoke o La città incantata, pluripremiati in varie manifestazioni, anche di numerosi episodi della serie televisiva) realizzò, primo film tra l'altro con protagonisti il famoso gruppo di ladri gentiluomini. Dopo edizioni orrende in vhs e invece una splendida in dvd doppio e singolo disco (edita nel 2003 da dvd storm) ecco che finalmente anche al cinema arriva (in italia per la prima volta) questo strepitoso film tutto azione, inseguimenti e avventura, abbozzo splendido del grande respiro che il regista giapponese instillerà nei suoi futuri e più completi film, integrando anche la poesia nel racconto.
Nell'edizione che vedrete al cinema (e spero vivamente che siate numerosi a volerlo fare) avrete modo di sentire le voci della serie televisiva originale e non quelle usate nel primo doppiaggio del tempo, omaggio giustamente dovuto come del resto la nuova masterizzazione ripristina alla perfezione immagine e colori.
Sono passati gli anni (tanti) ma il film mantiene intatto tutto il suo splendore 2-d del tempo. L'inseguimento sulla 500 gialla è strepitoso, come del resto tutto il roboante inizio, e il successivo succedersi delle azioni ha un respiro mozzafiato alternando azione e mistero. Al tempo il Lupin televisivo ebbe un successo strepitoso sopratutto perchè seppe coniugare tematiche adulte con divertimento, e in questo capitolo filmico (del resto il migliore di tutti) la cosa viene mostrata in maniera ancora più completa. Il tema della moneta falsa per arrivare a un tesoro molto più affascinante, il personaggio complesso di Clarissa costretta suo malgrado in prigionia dal malefico Cagliostro, lo strepitoso finale (che non riveliamo per i pochi che ancora non lo conoscono) sono tutti valori perfettamente amalgamati di una storia a più piani, che ad ogni momento rivela un nuovo scenario e delle trappole che non t'aspetti.
Ad alleggerire il tutto il dualismo con Zenigata che non si rassegna ad una nuova ennesima inevitabile sconfitta (immagino le amare bevute malinconiche tra lui e Ginko in un bar per poveri commissari delusi), personaggio nemesi che si accompagna alla storia entrando con la sua solita foga senza un piano preciso nella speranza di acchiappare finalmente colui che scappa sempre, il solo dilemma è se con il bottino o senza.
Miyazaki inserisce già da qui il suo amore per le macchine volanti, sempre molto particolari e diversificate, che faranno la loro comparsa in maniera molto più massiccia nei successivi lavori di maggiore maturità.
In definitiva un film che non risente minimamente del tempo passato, assolutamente godibile che il grande schermo nobilita in maniera pregna, oltretutto in una edizione ottima, e che farà la gioia nella rivisione dei nostalgici e, si spera, possa divertire e interessare anche coloro che ormai vedono i cartoni animati solo in 3D, interessandosi allo splendore della storia e non solo al fascino del visivo, perchè quando l'avventura viene raccontata così bene e in maniera coinvolgente non conta il tempo che è passato, o le tecniche che l'hanno soppiantato, ma la scintilla che accende il fuoco della nostra fantasia e del nostro intelletto. In questo luglio cinematografico è tornato un gioiello : non lasciatevelo sfuggire.
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Fuori Vena, 2005, di Tekla Taidelli con T. Taidelli, G. Muciaccia III, S. Fornataro, A. Beltramini, M. Brambati e F. Schena.
Bel film sull'attuale situazione droghe a Milano con attori con professionisti e la stessa regista, probabilmente nella parte di se stessa.
Viene spontaneo il confronto con Trainspotting, sicuramente girato con più mezzi ma a mio parere molto meno realistico e veritiero.
Il tema droga è uno di quelli che meno si prestano alla fiction dal momento che racconta vite e bisogni ridotti all'essenziale, alle necessità primarie della sopravvivenza per cui la mancanza di trasposizione a mio parere non pesa più d'un tanto.
I personaggi sono molto credibili e sono presi direttamente dalla strada per cui il film rischia sempre un po' di cadere nel documentario, però la narrazione regge, gli effetti speciali sebbene artigianali sono efficaci e ci ricordano che, comunque, stiamo gurdando un film non un'inchiesta sulla droga.
Molto efficace ho trovato anche la rappresentazione dell'alienazione totale in cui vivono i tossicomani e del rifiuto e del distacco in cui vivono gli eredi del punk (che sarebbe molto riduttivo inquadrare nei punkabbestia).
La città e i suoi abitanti "sani" è vista come un grumo di diffidenza, indifferenza, scavi, rumori e ruspe.
Parchi affollati di spacciatori magrebini e tossicomani tra le persone che fanno jogging.
Diffidenza e indifferenza che si trova anche tra gli stessi drop out, belli i dialoghi tra i post punk che, pur assumendo ogni tipo di droga, chiamano gli eroinomani "tossici dimmerda" e li evitano come la peste.
La narrazione di un'alienazione nell'alienazione molto ben riuscita.
Bella Tekla!
Aspettiamo il prossimo.
[url=http://www.carmillaonline.com/archives/2005/11/001576.html#001576]Carmilla on line
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Viene spontaneo il confronto con Trainspotting, sicuramente girato con più mezzi ma a mio parere molto meno realistico e veritiero.
ma no mat, la follia di trainspotting è poco realistica nelle situazioni particolari ma sicuramente veritiera, perchè la follia da viaggio trip che fanno è il mondo di un tossico rappresentato benissimo. Purtroppo fuori vena è penalizzato da uno stile poverissimo e al cinema questo conta parecchio. Poi l'intenzione e lo spunto non erano male.
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The reef - amici per le pinne
Titolo Originale: SHARK BAIT
Regia: Howard E. Baker, John Fox
Interpreti: -
Durata: h 1.17
Nazionalità: Corea del Sud 2007
Genere: animazione
Al cinema dal 6 luglio 2007
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Trama: Pi, un giovane pesciolino, perde ogni cosa e per adempiere alla promessa fatta alla mamma si rifugia da una zia sulla barriera corallina. Lì incontra una avvenente pesciolina, star della barriera fotografata anche da Greenpeace, se ne innamora ma purtroppo lei è già sotto le attenzioni di un feroce squalo che non accetta certo al concorrenza di un esserino per lui tanto insignificante. grazie all'aiuto di un maestro di combattimento c'è una piccola possibilità che questo matrimonio si abbia da fare...
Commento: e così, per riempire la programmazione estiva, ecco arrivare uno dei cartoon 3d più scialbi, monotoni e perdipiù anche mal disegnati delle ultime stagioni. Storia che somiglia a quella dei Promessi Sposi con un Don Rodrigo che chiude il possibile matrimonio tra i due amanti, presenta una dei plot più banali mai visti nella filmografia per bambini cartunesca. Copiando in maniera spudorata "Alla ricerca di Nemo" della Pixar, con la fuga del piccolo e il trasloco verso nuovo ricovero dalla zia, gli sceneggiatori si sono impegnati tantissimo a fornire un possibile diversificato (nel numero, non nell'originalità) numero di personaggi (ci sono oltre allo squalo cattivo gli sgherri ottusi, il maestro di bon-ton e immagine alla francese, la tartaruga Pat Morita style di Karatè Kid), ma davvero poco a collocare la storia in una logica interessante e con situazioni diversificate e movimentate. Tutto è banalissimo, dal fatto che la zia sia un po' tocca e la superstar pescesca abbia mille dubbi, al gabbiano rintronato (ricorda quello della Sirenetta nella sua postazione boa con campana) e all'amico fidato visto e stravisto che ricorda ancora un personaggio del film Disney prima citato (Flounders). Un lavoro che richiama parecchio lo sbadiglio con situazioni telefonate come poche, con personaggi stralunati che si muovono solo per riempire la scena che visto il loro basso profilo diventa davvero un oceano. L'animazione poi è scadentissima e anche se mai e poi mai si pretendeva un lavoro pari a quello della Pixar si chiedeva almeno un decente approccio visivo. Invece proprio no, i personaggi sembrano plastilina informe che si muove su scenari colorati senza mai integrarsi veramente. Dobbiamo notare invece come ottimo sia stato il lavoro sull'acqua, che si muove morbida con onde davvero suggestive, ma siamo di fronte a un aspetto che da solo non salva praticamente nulla.
Come del resto qualche buon inseguimento qua e là fa solo da scossa alla soporifera vicenda.
Arrivando a plagiare, coem si diceva prima, Nemo e La sirenetta, ma anche Shark Tales, la produzione Sud Coreana (utilizzando lavoratori americani ed europei) ha fornito un prodotto davvero minimale intriso di buoni sentimenti e dai contenuti prepuberali semplicissimi. Non ci sono davvero validi motivi per vederlo, accompagnando i figli i genitori si annoieranno mortalmente e se i primi hanno più di sette anni non vedranno l'ora di uscire dalla sala.
Nel reparto doppiatori (italiani) nessuna voce famosa a nobilitare questo lavoro che poteva benissimo uscire direttamente nell'home video o meglio negli asili pubblici (anche se sarebbe molto più pedagogico riproporre i Teletubbies). Se ce la fate, non uscite subito dalla sala (la tentazione sarà fortissima) per vedere qualche scenetta aggiuntiva e ascoltare una canzone con il gruppo che la canta visualizzato sui titoli di coda.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
marsellus wallace
ma no mat, la follia di trainspotting è poco realistica nelle situazioni particolari ma sicuramente veritiera, perchè la follia da viaggio trip che fanno è il mondo di un tossico rappresentato benissimo. Purtroppo fuori vena è penalizzato da uno stile poverissimo e al cinema questo conta parecchio. Poi l'intenzione e lo spunto non erano male.
Con quello che aveva a disposizione (soldi compresi) secondo me la regista è riuscita a tirare fuori il massimo.
E poi lo stile "povero" non è detto che per forza penalizzi l'opera se c'è capacità espressiva non pesa più d'un tanto la scarsità di mezzi.
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rispetto al tuo giusto pensiero posso dire che se dobbiamo essere magnanimi verso i tentativi cosidetti "poveri" (non di nicchia come qualcuno confonde, anche Lynch nonostante sia conosciuto da tutti ha solo una nicchia di pubblico) in quanto altrimenti non si aprono nuove porte, bisogna riconoscere anche il talento che traspare dai primi apssi, e onestamente non ho visto nulla che mi facesse veramente sperare se non tanta buona volontà. Ed è giustissimo il paragone con trainspotting che ha fatto invece vedere benissimo le capacità di Boyle (confermate dopo e dall'ultimo Sunshine). ovviamente vedremo se i soldi pubblici sperperati in opere pseudoculturali come Agente matrimoniale sopra non verranno affidati alla prosecuzione della buona volontà che diventa capacità. Onestamente lo spero.Questo sotto è finalmente un film valido, che, ovviamente, non vedrà nessuno.
Complimenti mat come sempre per il bello spunto.
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Sguardo nel vuoto
(The Lookout)
Un film di Scott Frank. Con Joseph Gordon-Levitt, Jeff Daniels, Matthew Goode, Isla Fisher, Carla Gugino, Bruce McGill, Alberta Watson. Genere Drammatico, colore, 98 minuti. Produzione USA 2007
al cinema dal 13 luglio 2007
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Trama: Chris Pratt sta guidando nella notte a fari spenti per fare colpo su Kelly, la sua fidanzata. Ma l'azzardata manovra provoca un terribile incidente con una trebbiatrice in panne. Quattro anni dopo, viene affidato a Lewis, un assistente sociale cieco che lo assiste per curarlo dei suoi terribili vuoti di memoria e nelle sue difficoltà di sequenzializzare azioni e ricordi. Devastato dal senso di colpa, Chris ha ormai perso tutto e faticosamente cerca di ricostruire una vita decente facendo piccoli lavori di pulizia nella banca del paesino disperso nella campagna americana.
Ma proprio questa occupazione lo farà diventare il protagonista di una azione che rischia di rovinarlo del tutto, proprio quando sembrava di aver trovato una ragazza di cui si era innamorato e che sembrava potesse aiutarlo...
Commento: Davvero niente male questo film che esce in sordina nelle nostre assolate italiche sale invase dalla programmazione di Harry Potter di questo luglio 2007. Scott Frank (sceneggiatore di Get Shorty e Out of Sight e opera prima come regista) dirige un film in bilico tra psicosi e thriller, aiutato da un cast di protagonisti di tutto rispetto. Se il giovane Joseph Gordon-Levitt dopo la buonissima prova di Mysterious Skin di Gregg Araki si conferma attore di valore e futuro, la partecipazione di Jeff Daniels ( Infamous – Una pessima reputazione) nella parte dell'amico cieco e quella di Carla Gugino, (attrice feticcio dei film di Rodriguez come Sin City e gli Spy Kids accanto a Banderas) praticamente irriconoscibile, conferiscono una sorta di plusvalore aggiunto per un film a basso budget dalle caratteristiche davvero insolite. Partito come un teen movie con le coppie che vivono felici momenti di gioventù, davvero suggestivi come valore fotografico presentando una notte stellata dalle lucciole, bruscamente interrotti dalla tragedia che traumatizzerà e condizionerà la vita di Jack Parish e tutto il film dopo un salto temporale di 4 anni.
La semplicità con cui viene girato il tutto (il comparto tecnico non ha particolari pregi visivi se non una strepitosa fotografia notturna nelle fasi iniziali e poi in quelle cruciali della notte in cui avvienne l'evento clou) dopo il salto temporale è quasi un colpo di maglio e una sottolineatura della vita che scorre frastagliata e a pezzi non collegati fra loro, dove la scelta di ambientare il tutto in un paesino di provincia immerso nel nulla ha dalla sua il giusto ambiente per dare alla vicenda una sorta di lavagna bianca per poter cominciare a scrivere una vita in maniera ordinata, non si sa bene se dall'inizio o dalla fine.
Bello il connubio tra i ricordi che feriscono e l'impossibilità di collegarli tra di loro, tra la voglia di parlare di amore e di esternare invece desiderio di sesso, di chiamare i pomodori limoni e di prendere ogni nuova sensazione o proposta come unico possibile scenario in quanto di quelle vecchie non è possibile ricondurre nessun ricordo di felicità o valore di piacere.
Il lavoro psicologico tra il giovane ex aitante possibile campione di hockey ora stralunato e il cieco suo assistente sociale è validissimo (tra l'altro Jeff Daniels, in versione barbuta, lavora qui davvero bene), mentre la virata verso il film di rapine, e quindi il momento di dover affrontare la vita e non solo seguirne la placida corrente fatta di movimenti meccanici e impersonali, è costruito in maniera credibile ed efficace rendendo il tutto omogeneo verso il momento della chiusura dove il ripercorrere degli eventi per provocarne la successione ha dalla sua un gusto davvero pregnante.
Prendendo ad esempio il lavoro dei Cohen (le ambientazioni ricordano molto Fargo) dove la apparente semplicità del racconto e dei personaggi non impedisce di scavare in profondità nelle emozioni, Scott Frank non alza mai il ritmo del film in maniera scostante e improvvisa ma lo gradua perfettamente, inserisce e dosa i personaggi di contorno nella vicenda senza essere banale o stereotipato, senza essere ripetitivo o commiserante, pregio e caratteristica di valore decisamente pregnante.
In mezzo a tante roboanti proposte di luglio questo film interessante e composito (attraversa più temi, dal rapina movie allo psicologico, dal film di problemi con i genitori a quello dei traumi per incoscienza) dalle caratteristiche e dall'aspetto mite e che invece ha un anima decisa, passerà del tutto inosservato nelle nostre sale, colpevole mancato premio di un racconto che per necessità di svolgimento vede il suo protagonista ragionare ogni volta dalla fine per dare un nuovo inizio, messaggio di speranza che non andrebbe lasciato inosservato.
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Harry Potter e l'Ordine della Fenice
(Harry Potter and the Order of the Phoenix)
Un film di David Yates. Con Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Jason Isaacs, Helena Bonham Carter, Robbie Coltrane, Ralph Fiennes, Michael Gambon, Brendan Gleeson, Gary Oldman. Genere Fantastico, colore 142 minuti. - Produzione USA, Gran Bretagna 2007.
al cinema dal 11 luglio 2007
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Trama: Silente ha organizzato in gran segreto una congrega di maghi che agisce senza che addirittura lo stesso ministero delle istruzioni magiche, sempre più intransigente e che sembra voglia addirittura sconfessare l'esistenza stessa del re del male Voldemort, ne sia a conoscenza. Nome in codice? L'ordine della fenice. Harry dovrà, dopo il consueto periodo estivo trascorso con i babbani, misurarsi con forze oscure che sembravano ormai del tutto domate, ma sopratutto dovrà mettere a frutto quanto imparato negli anni precedenti per condurre una difficile crociata personale contro il male e le sue stesse paure ... Hermione e Ron come di consueto non lo lasceranno solo ...
Commento: Quinto capitolo delle avventure del maghetto più famoso del momento (quello della storia sta in Tolkien), e si potrebbe intitolare "La fase delle oscurità e delle insicurezze". Un capitolo che sin da subito (dopo l'ennesimo cambio di regia, siamo al quarto, ma sembra che il prossimo capitolo, Il principe mezzosangue previsto per dicembre 2008 lo faccia ancora Yates, regista di questo) fa capire il suo status di grigiore conclamato, con quel temporale che annuncia la prossima tempesta. In questo capitolo Harry (Un Daniel Radcliffe che sta crescendo troppo in fretta come tutti gli altri per gli standard del romanzo come età) deve fare frutto delle sue conoscenze e delle battaglie passate per costituire un proprio esercito di ribelli che non accettano l'intransigenza del ministero comandato da un ministro Caramell che sembra più preoccupato di chi sta con lui di chi sta contro di lui. Oltretutto il vero nemico è rappresentato dalla stessa Dolores Umbridge (una strepitosa Imelda Staunton, era la tenera abortrice clandestina di Il segreto di Vera Drake, gigiona e dalle inflessioni personali divertenti) che ligia a quanto disposto non vede la verità, presa anche dalla cupidigia del potere di essere il nuovo preside.
Yates, che viene direttamente dalla televisione, senza raggiungere i livelli registici del miglior episodio della serie, il terzo diretto da Alfonso Cuaron, non se la cava davvero male con quelle riprese in prospettive sempre dal basso, che servono a presagire sublinalmente un pericolo imminente, aiutato da una fotografia davvero pregna di valore.
Il film, lo diciamo subito e sappiamo di poter deludere parecchi, per la sua durata ha delle lunghe parti parlate di spiegazione e di racconto del passato, che rischiano di annoiare il pubblico più verde che è venuto per ammirare la partita di Quidditch (che non c'è) oppure delle sfide tra cavalieri bianchi e neri (che ci sono solo alla fine).
Ma questa fase di racconto a spirale e di andata e ritorno è perfetta per la prosecuzione della maturazione di Harry, un momento di sosta per mettere a frutto e radunare i ricordi in modo da mettere per sempre da parte l'aurea di bambino che sembrava segnare le sue imprese (lo dice lo stesso padre di Malfoy "Non pensavate che dei maghi bambini potessero batterci?" ma di fatto loro ora sono adulti) e poter finalmente affrontare come si deve (nel prossimo capitolo, ovviamente, il film ha un finale sospeso e totalmente aperto) la grande terribile nemesi che lo perseguita. Un lavoro di costruzione davvero di fino, progressivo, senza nessuna voglia di accellerare bruscamente più del dovuto il ritmo, per non perdere quella patina di pessimismo, ma che porta alla voglia di lottare anche con le mani e le bacchette legate. Harry si riscopre un uomo pieno di problemi, ma anche capace di mettere a frutto le amicizie per rimettere tutto in carreggiata.
Yates si sofferma addirittura a far apparire certe situazioni come dei quadri fissi di paragone di pensiero (stupenda la scena del pendolo nel grande salone delle scritture, poco prima dei fuochi artificiali provocati dai gemelli), oppure come quella del salone del ministero della istruzione in cui campeggia il ritratto gigante di Caramell a novello Orwell, scene davvero stranianti nella saga rimasta comunque sempre abbastanza solare e mai così criptica anche nell'episodio più virante a stile di racconto, cioè il terzo.
Nel reparto attori, anche se appare pochissimo e per giunta sfigurato senza naso, Ralph Fiennes dimostra le sue capacità facendo Voldemort, mentre davvero intrigante il personaggio della strega schizzata Bellatrix interpretato da Elena Bonham Carter (Willy Wonka-La fabbrica di cioccolato e Fight Club).
In definitiva un Harry Potetr di transizione nella sua annata più difficile, quella del passaggio alla maturità con l'annullamento dell'infanzia, privo dei soliti elementi di azione, scoperta e divertimento dei ragazzi (anche se qua e là qualcosa, in fatto di scene divertenti, si fa per stemperare un po' la tensione) che fa da ponte per i due capitoli finali della saga. Certo, molti si aspettavano qualcosa di più come azione o di diverso nel globale, ma in fondo dobbiamo riconoscere che se vogliamo fare un racconto completo di valore in una saga tanto lunga abbiamo la necessità di rendere i contorni dei personaggi da sfumati a completi, altrimenti il passar del tempo invece che lasciare anche ferite ma comunque segni di insegnamento, porterebbe solo alla noia scontata di un racconto che privo dei contorni umani è solo parodistico ed assolutamente innocuo. La scrittrice ha osato fermarsi a pensare e raccontare, il cinema ha fatto lo stesso, si spera che lo spettatore prenda questo impegno con doverosa logica di pregio.
Un gran bel film, che può benissimo superare i confini di Hogwarts per rientrare in una commistione di generi più ampia e puramente cinematografica più valida.
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BREAKFAST ON PLUTO
Titolo Originale: BREAKFAST ON PLUTO
Regia: Neil Jordan
Interpreti: Cillian Murphy, Liam Neeson, Stephen Rea, Ruth Negga, Laurence Kinlan, Gavin Friday
Durata: h 2.09
Nazionalità: Irlanda, GB 2005
Genere: drammatico
Al cinema nel Maggio 2007
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Trama: Patrick è un ragazzo irlandese che soffre della sua condizione di uomo. Senza aver mai conosciuto la madre, senza sapere chi è suo padre, cerca almeno di trovare delle sicurezze nel fatto di incominciare a provare trucchi e belletti e iniziare un cammino per la realizzazione del sentirsi donna. Ma i suoi problemi e le sue ansie sembrano davvero piccole visto che la cittadina in cui vive confina con la bellicosa Irlanda del Nord in disaccordo e lotta con Londra, tra terrorismo patriottico e lotte sociali. Quando succede una terribile tragedia, scopre poi che anche il micromondo di cosidetti diversi in cui vive non è immune a ciò che succede intorno. Bisogna voltare pagina e cominciare a fare un viaggio verso la ben più permissiva Londra, ma...
Commento: in poche sale e con una distribuzione pessima arriva in Italia questo lavoro di Neil Jordan (autore dello stupendo La moglie del soldato), storia di Patrick (interpretato da uno strepitoso Cillian Murphy che abbiamo visto anche nell'ultimo film di Ken Loach Il vento che accarezza l'erba) che trova un terribile disagio nella sua condizione di uomo e cerca un orizzonte diverso dalla vita. In tempi di film edulcorati e del tutto privi di un fascino particolare, servono i vecchi leoni per farci di nuovo sognare con storie vive e poetiche, e Jordan lo fa con maestria, precisione e senza paura di dover dare fastidio a qualcuno raccontando la sua prosa. E non potrebbe essere definita diversamente da poesia questa bellissima storia divisa da didascalie in piccoli capitoli titolati (oltre una trentina), che come una novella inizia (dopo un veloce prologo che si riallaccia al finale) con dei pettirossi che beccano i tappi delle bottiglie di latte e parlano tra di loro giudicando quel che vedono (e che noi capiamo grazie ai sottotitoli). Grazie a questi anfitrioni qanto mai insoliti ma efficaci veniamo introdotti nella storia, che al primo sguardo sembra una vicenda queer del tutto isolata in un microcosmo definito, ma che invece poi gradualmente ed emozionalmente in maniera stimolante si apre verso altri orizzonti con l'incontro di una fauna di personaggi itinerante e la terribile realtà del terrorismo che lo travolge in maniera indelebile. Ferite profonde di un disagio che sembrava ormai superato, dove delle calze sbrindellate che rompono la perfezione della costruzione del vestito e della confortevole sensazione di non appartenere più ad un sesso che viene rinnegato. Il personaggio di Patrick non è mai banale, si muove con semplice genuinità dando amore a chi lo accetta senza curarsi di altro, sia un cantante di una band indiana style oppure un mago dagli intenti da chiarire, ma è un personaggio che si trasforma, che condivide anche con chi lo brutalizza la sensazione che c'è sempre amore da dare (come nell'interrogatorio brutale nel commissariato). E quando trova nel posto più impensabile (un peep show) le tremende verità della sua vita e fa pace con il passato e la cosidetta "Lady fantasma", il ragazzo-ragazza cresce e diventa adulta, pronta non più ad essere un senza pelle che non trattiene la semplicità dei sentimenti ma a sapere che a qualcuno l'amore va dato e ad altri no. Cillian Murphy riesce a dare con una recitazione semplicemente perfetta un senso di impotenza prima, di disinvolta semplicità dopo, per chiudere l'arco con la determinazione di mantenere le posizioni acquisite infine.
Mossette, sbattito di ciglia, trasformismo, occhiate languide, questo attore che si era distinto graduando a step in passato (prima partecipando all'orrendo Red Eye di Wes Craven e poi migliorando con Loach), rende il personaggio suo e nostro, senza paura ad indossare gonne o reggiseni bicolori (non ci sono baci gay ma questo in fondo non era necessario per aumentare la credibilità del personaggio, e la cosa da sola la dice lunga su quanto sia valido sullo schermo). Accanto a lui è presente il grande Liam Neeson (Schindler List) che fa il prete osteggiato e Stephen Rea (V per Vendetta) in una parte di mago/prestigiatore ambiguo. Un lavoro oltretutto girato benissimo, preciso nelle sfumature e nella fotografia (sopratutto quella della Londra notturna), che racconta una storia dove il terrorismo per la liberazione (Jordan lo giustifica solo nelle sue motivazioni politiche ma non nel braccio armato e quindi nel modo in cui viene eseguito l'intento, mostrando le terribili conseguenze che vediamo sullo schermo) è una realtà dove nessuno può dire che tanto non ci tocca (l'evento clou tragico avviene nel momento di massima felicità in un paragone a dir poco fenomenale di sensazioni), ma non dobbiamo dimenticare che guardando al mondo esterno dobbiamo continuare a capire noi stessi.
Colonna sonora strepitosa. Se vogliamo proprio trovarci un difetto sta nella voce stereotipo del doppiaggio italiano di Patrick, ma non può essere imputato al film. Vedetelo: questa colazione su plutone è quanto mai uno dei migliori film di quest'anno, uno dei pochi oltretutto, se la troviamo nel ciak-menu di qualche ristorante sappiate che non è certo un Fast Food ma sarà altamente prelibata.
E ogni tanto facciamo modo che non si perda il gusto di mangiare come si deve dopo esserci rischiosamente avvicinati all'accettazione di piatti del tutto platonici dato che la produzione non ci offre altro di cui cibarci.
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Smokin' Aces
Un film di Joe Carnahan. Con Ben Affleck, Andy Garcia, Alicia Keys, Ray Liotta, Jeremy Piven, Ryan Reynolds, Peter Berg, Taraji P. Henson, Chris Pine, Martin Henderson, Jason Bateman. Genere Commedia/Poliziesca, colore 108 minuti. - Produzione Gran Bretagna, Francia, USA 2007.
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Trama: Buddy "Aces" Israel ha deciso di rinnegare la propria organizzazione malavitosa e di vuotare il sacco all'FBI. Viene messo sotto protezione in un albergo di lusso, in attesa che venga interrogato e sveli tutti i retroscena del potere dei suoi ex padrini, allietato da prostitute e trattamento principesco, ma la taglia di un milione di dollari che il boss Primo Sparazza ha messo su di lui scatena un numero elevato di pretendenti decisi a tutto pur di averla ...
Commento: Il regista Joe Carnahan (Narc, analisi di un delitto del 2002) inscena un carrozzone concentrico di situazioni roboanti radunando killer spietati ma altrettanto improbabili. L'idea del bottino da prendere radunando una quantità industriale di killer e spietati rappresentanti dell'underground malavitoso non è nuova (ricordiamo Pistole sporche con Christopher Lambert), e oltretutto volendo infarcire il film di chiacchere e discorsi paradossali bisogna avere una cifra stilistica ben diversa da quello dell'onesto Carnahan (qualcuno ha detto Tarantino ?). Il debolissimo plot di base, che permette di esagerare in ogni senso la misura di ogni scontro a fuoco o all'arma bianca o anticonvenionale (come quelle usate dai tre nazikiller fumati e fuori di cranio) viene arricchito ed elaborato in maniera decisamente poco interessante ed intelligente, accumulando cadaveri, belle donne assassine e togliendo di scena i protagonisti in una gara ad eliminazione che molte volte ha del grottesco e del surreale. La polizia qui è la carne da macello compressa tra le due fazioni, il comunicatore della lotta e la miccia per inscenare i duelli. Ben Affleck (vincitore della Coppa Volpi a Venezia per Hollywoodland) ci fa da narratore e anfitrione all'inizio del film presentando i vari gruppi che poi dopo esploderanno la loro voglia di fuoco, in modo da capire oltre agli stili di combattimento anche le varie inclinazioni di cattiveria e sadismo. Il film è un carosello ubriacante di botti, spari e distruzione plurima intervallato solo da ragionamenti poco lucidi e discorsi da esaltati, che usa l'albergo e sopratutto i suoi ascensori per poter alzare il tasso di adrenalina ai limiti massimi consentiti, infischiandosene a volte della logica (ci sono situazioni davvero paradossali, come quella del bambino esaltato del kung Fu e della nonna che accudisce un uomo privo di tre dita sanguinanti senza chiamare la polizia) e autocompiacendosi con trovate a dir poco folli e originali (la bocca di Affleck che parla con il paradiso). Un po' Guy Ritchie nella costruzione del film (The Snatch è sicuramente un ispiratore per gli sceneggiatori) e un po' Tony Scott nello stile registico (accellerazioni dell'immagine, fotografia sporca e botti a iosa), questo Smokin' Aces ha un cast di tutto rispetto (se non nel valore almeno nella fama degli attori), con il già citato Ben Aflleck, poi Ray Liotta (visto anche come produttore in Doppia ipotesi per un delitto) Andy Garcia (The lost City) e vediamo anche il debutto cinematografico della cantante soul Alicia Keys che fa la parte di una avvenente killer, recitando con naturalezza un ruolo dopotutto non certo variegato e difficile da interpretare. La palma di miglior interprete del film (e che ha la parte più difficile e variegata) va a Jeremy Piven (visto anche in Scary movie 3) che con i suoi sguardi allucinati, i suoi ticchi da maniaco depressivo influenzato da droghe, rende ottimamente un personaggio dubbioso, enigmatico e senza nessun confine per il proprio profitto. Come un illusionista (quello che Buddy Israel è nel film) ci fa vedere i lati di un carattere del tutto privo di morale e di umanità, nascondendo benissimo le vere ansie che lo regolano e che lo fanno poi crollare nel momento più importante. In definitiva un film che cerca di colpire di parola e di pistola, riuscendo però ad essere in fondo solo un innocuo roboante distruttivo giocattolone privo di vera fantasia e colorata inventiva, con una lunga spiegazione finale che non fa certo gridare al grande colpo di scena, diventando un buon passatempo distensivo per chi cerca emozioni rumorose e quintali di azione e spari di ogni tipo (catalogabile in fondo per il suo stile inverosimile verso la commedia noir più che il poliziesco) per sfuggire alla calura di luglio senza troppe pretese. Di fatto accumulando personaggi e proiettili senza una vera anima ma solo mettendo in bocca frasi esistenziali a killer fuori di testa, oppure visivamente affascinanti, non può uscire il prodotto innovativo ma solo l'imitatore.
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Fearless
Fearless
Un film di Ronny Yu. Con Jet Li, Nakamura Shidou, Sun Li, Dong Yong. Genere Azione, colore 104 minuti. - Produzione Hong Kong, USA, Cina 2006.
Film basato sulla storia del mitico Huo Yuanjia, maestro di arti marziali e fondatore della Jin Wu Sports Federation.
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Trama: la vita molto romanzata del maestro di arti marziali Huo Yuanjia, che nel 1910 per onore della Cina combattè un torneo contro 4 sfidanti di nazionalità diverse che andava ben oltre il semplice torneo ma aveva ben altri significati politici dietro ...
Commento: Jet-li dopo aver partecipato al sofisiticato Wuxia Heroes torna a una delle sue amate pellicole di arti marziali celebrando la vita di un eroe nazioanle cinese che combattè ai primi del 900 un torneo contro 4 diversi sfidanti in successione (tre europei e uno giapponese) e con diverse tecniche.
Con questa pellicola (diretta da Ronny Yu, regista di un capitolo, il quarto, di Chucky la bambola assassina e nel cross over tra Jason e Freddy) assistiamo a una storia di percorso di vita che, dopo un iniziale delirio di onnipotenza e di ansia della vendetta e del primeggiare, prende una brusca virata a seguito di una tragedia e diventa una sorta di contemplazione degli errori per essere una persona migliore e più dosata nelle emozioni senza mai scatenarne più alcuna negativa.
I combattimenti bellissimi con ogni tipo di arma (spade, lance e ogni accessorio altro possibile), coreografati benissimo dall'abile Yuen Woo Ping (suoi in questo settore La tigre e Il dragone e Matrix) sono il fulcro e l'ossatura su cui si regge il film, che ha una trama debolissima e decisamente scontata, sia nel momento della furia che in quello della riflessione (buone in questo le scene del respiro agreste e del contatto con nuove realtà), dove la recitazione di Jet Li risulta motivata (sicuramente ci teneva moltissimo ad interpretare il personaggio di un eroe storico cinese) ma decisamente blanda senza particolari inflessioni facciali che dopotutto non sono nel suo carnet e non gli vengono neppure richieste. Ci sono momenti di lettura psicologica più indotta che necessaria (come il ragionamento sulle foglie del tè e del suo gusto che è diverso anche se rimane uguale prodotto, dove tutti siamo uguali anche senza paticolare gusto, rinnegando il passato dove l'importante era essere superiori)
e certi personaggi come la nonna o la ragazza cieca del tutto banali, ma il film scorre bene anche perchè con le numerose scene d'azione presenti il ritmo si rialza quasi subito, e alla fin fine sia con l'essenza della vita presente nello spirito sia con la pura furia primitiva del prima la cosa scenicamente non cambia di nulla, si rimane nella filosofia delle botte quantunque. Jet-li nonostante la veneranda età per questo tipo di scene sopporta ancora bene l'impatto, anche se un montaggio furbo ma non invisibile rivela che alcune volte un aiuto non guasta mai.
In definitiva un film diretto agli appassionati del genere che ne trarranno un grande piacere, per tutti gli altri un film che rasenta la noia e l'indifferenza in quanto troppo relegato alle sue caratteristiche di base e ripetitivo, anche se ad onor del vero al buona ambientazione scenografica potrebbe dare un plusvalore apprezzabile.
Ronny Yu vuole anche imprimere un ritmo da Rocky ai combattimenti, con il pubblico che incita e declama (viene citata anche una frase dall'ultimo capitolo della saga "Questo non è un combattimento,ma un omicidio!" anche se la' la parola giusta era "esecuzione") e il percorso sempre più aspro (e in questo e nella raggiunta consapevolezza anche se per vie del tutto diverse il film si assomiglia) ma per gli occidentali l'argomento di un eroe cinese fondamentalmente a noi sconosciuto, non celebrato dalla Disney magari, fa fatica ad entrare nella nostra sfera di gusto nonostante la ricerca delle contaminazioni europee.
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Titolo: Crank
Nazionalità: UK, Usa, 2006
Regia: Mark Neveldine, Brian Taylor
Cast: Jason Statham, Amy Smart, Jose Pablo Smart Cantillo
Genere: thriller
Durata: 84'
Produzione: Lakeshore Entertainment, Lions Gate Films, Radical Media, Greenestreet Films
Distribuzione: 01 Distribution
al cinema dal 26 luglio 2007
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Trama: una potente droga cinese viene iniettata nel corpo di un killer a pagamento per vendicare una uccisione impropria di un potente boss. Il veleno entra in corpo velocemente e sarebbe assolutamente letale se non esistesse il fatto che se si mantiene l'adrenalina alta la sua azione si blocca. E quale modo migliore di mantenere questo status se non quello di vivere la vendetta tutta di corsa? Chi si ferma è perduto ...
Commento: ecco l'esempio perfetto di come non si fa un film, di qualunque genere e tipologie sia la sua lavorazione e indirizzo. Questo tipo di sottoprodotti ingloba in se solo la voglia di arrivare a una metratura decente e sindacale (manco ti accorgi che comincia e subito finisce, dura 84 minuti) senza cercare altro che il puro trascorrimento del periodo senza chiedersi il come e il perchè questo periodo debba passare. Partendo da un assunto base del tutto scialbo (l'avvelenamento e la successiva ricerca della controparte che ha iniettato la dose) si vuole stupire il pubblico con avvenimenti troppo grossi e assurdi per ogni trama che abbia almeno un rispetto di coerenza anche minima, assommando solo senza ricondurre a nulla. E così il malcapitato e imprudente spettatore che magari vuole vedere solo un semplice e onesto film d'azione scacciapensieri si trova a dover vedere lo statuario (in ogni senso, al di là della corpulenza fisica) Jason Statham (ha partecipato ai due Transporter, film anche lì esagerati ma almeno curiosi e con una ossatura di trama almeno minimamente decente, e soprattutto aveva una trama) correre per tutta la città ingerendo ogni tipo di bevanda energetica, sparando a pappagallini indifesi, copulando in strada con la fidanzata (una stordita e inverosimile Amy Smart che fa la parte dell'oca che non sapeva che il suo gran mandrillo era un killer ricercato nel settore) davanti a una folla urlante e acclamante di orientali che fa il tifo sfrenato, con rapporti orali eseguiti in macchina mentre sta scappando tra gli spari, con un altra scena in cui la sua ancella del sesso cerca preservativi e belletti mentre i killer si affrontano con pistole al silenziatore. Fino ad arrivare al devastante finale delirio punto iceberg di ogni assurdità. E vi assicuro che le scene non sense in un corollario di totale e colpevole mancanza di ogni rispetto per lo spettatore va ben oltre che le scene che vi ho descritto, tanto grosse (compresa la scena nel supermercato dove la macchina sale le scale mobili in maniera del tutto inusuale) quanto noiose, del tutto gratuite e che non muovono uno straccio di trama. L'incapace coppia di registi (scusati perchè all'esordio) Mark Neveldine e Bryan Taylor accellera tutto ai limiti massimi e oltre, esagera e scoppia pretendendo di essere originali propinando anche delle scritte sullo schermo per chiarire meglio allo spettatore alcune frasi e concetti base (di un film che non ne ha). Un autentico delirio visivo che si pregia anche del Google earth per indicare le zone in cui si svolge l'azione frenetica.
Evitando prodotti privi di ogni merito cinematografico come questi forse aiuterebbe anche a dedicarsi a veri film anche solo di intrattenimento ma almeno con un qi intellettivo di misura superiore a zero.
Prodotto neppure dai consigliare agli action fan tanto assurdo e privo di struttura, direi che si può chiudere questa recensione da parte di chi ha sprecato 80 minuti della sua vita con il consiglio di evitarlo con cura.
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Il mio ragazzo è un bastardo
Titolo originale: John Tucker Must Die
Regia: Betty Thomas
Sceneggiatura: Jeff Lowell
Fotografia: Anthony B. Richmond
Musiche: Richard Gibbs
Montaggio: Matt Friedman
Kate Brittany Snow
John Tucker Jesse Metcalfe
Heather Ashanti
Carrie Arielle Kebbel
Beth Sophia Bush
Anno: 2006
Nazione: Stati Uniti d'America
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 89'
Data uscita in Italia: 20 luglio 2007
Genere: commedia
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Trama: John Tucker è un ragazzo bello, atletico, ricco e che promette amore eterno ... a tutte le ragazze che incontra! E così tre sue deluse ex fidanzate che scoprono l'inganno decidono di coalizzarsi per eseguire una tremenda vendetta contro il traditore. Farlo innamorare della ragazza invisibile della scuola per poi colpirlo al cuore con un rifiuto. Ma Tucker sembra inattaccabile e ogni tentativo di fargli fare ogni tipo di figuraccia risulta solo un boomerang che lo innalza in più nella considerazione della scuola e degli altri alunni e soprattutto alunne. Comunque anche le donne hanno sempre delle risorse, perchè si viene a sapere che il gran belloccio ha un fratello ...
Commento: Dopo Means Girls (con Lindsay Loohan di qualche tempo fa, e tra l'altro dalla locandina quasi uguale a questo film ma senza protagonista maschile) ecco arrivare una nuova commedia dove ci sono delle ragazze in rivolta che fanno gruppo per un obbiettivo.
Costruita totalmente sull'innegabile fascino del divetto Jesse Metcalfe (riconducibile come notorietà alle prime due stagioni del serial televisivo Desperate Housewives, era il giovane giardiniere di cui si infatua e condivide il letto Eva Longoria/Gabrielle Solis), faccia da ragazzo per bene con un fisico scultoreo, questa commedia dagli intenti bonari e innocui non si discosta per nulla dagli stereotipi che contraddistinguono questo tipo di prodotti. Abbiamo il gruppo delle super groupies, la ragazza della porta accanto buona e innocente (con mamma BayWatch style ...) che tira fuori le unghie, il ragazzo calmo tranquillo e senza donne vero amico tenero, il ciccione petomane che ingerisce cibo in continuazione e l'ambiente del college tipico.
Bilanciato sapientemente tra desiderio di vendetta e di emancipazione, il film scorre tranquillo senza particolari scosse, in maniera simpatica anche se del tutto impersonale e fantasiosa, risultando gradevole ma con un gusto che rimane in bocca solo per il momento in cui il prodotto è nel nostro palato. Certo, di questi aridissimi tempi luglio/agostani non possiamo pretendere poi troppo d'altro, ma dobbiamo sempre e comunque scontrarci con il nostro desiderio di constatare che in un film qualunque che si indirizza onesto senza ingannare, ci sia almeno una piccola invenzione, un piccolo spigolo di carato e non solo i soliti fondi di bottiglia che troviamo in un qualunque zapping che facciamo annoiati in tv. Le commedie giovanili sono queste, hanno questi stretti campi di azione per non essere indigeste al pubblico teen che le può frequentare, ma dobbiamo riconoscere che rispetto ai beceri prodotti di commedie italiane con Scamarcio e company siamo a un livello decisamente migliore e almeno la cornice (ristoranti di lusso, college, barche e macchine) è ben costruita anche se il quadro è privo di tonalità sgargianti. La narrazione scelta dalla regista Betty Thomas (Dottor Dolittle del 1997) è stile Lizzie McGuire con la protagonista che annota la sua visione dei momenti salienti (che vediamo sullo schermo) con voce fuori campo, ribadendo e confermando l'assoluta blindatura di indirizzo, come nella scelta delle musiche rassicuranti e love sound. Entrare in sala significa stare al fresco, passare un centinaio di minuti simpatici, ma nel contempo anche innocui e del tutto prevedibili costruiti con semplice precisione da una cesellatrice ordinaria che riunisce placidamente dogmi scontati da manuale. Se vi basta, non uscirete certo delusi.
Il titolo italiano stravolge come al solito quello originale (John Tucker must die)
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L'UOMO MEDIO + MEDIO
Titolo Originale: COMME TOUT LE MONDE
Regia: Pierre-Paul Renders
Interpreti: Khalid Maadour, Caroline Dhavernas, Chantal Lauby, Gilbert Melki
Durata: h 1.30
Nazionalità: Belgio, Canada, Francia, Germania 2006
Genere: commedia
Al cinema dal 20 Luglio 2007
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Trama: Jalil, considerato l'uomo medio per eccellenza, viene usato come una sorta di cavia del gusto popolare da degli studiosi di marketing che lo osservano tutto il giorno di nascosto con delle microcamere. Jalil sceglie un tipo di cibo e quello viene messo in commercio, Jalil sceglie delle scarpe e quelle vengono messe in commercio e via dicendo. Si arriva addirittura a costruirgli una fidanzata ad hoc per poter avere il suo gusto rispetto agli oggetti prettamente femminili. Ma un giorno tutto questo potrebbe saltare perchè addirittura i suoi gusti che rappresentano l'uomo medio vorebbero essere usati per costruire la carriera presidenziale di un politico ...
Commento: questa nuova commedia francese diretta da Pierre-Paul Renders (suo l'interessante Thomas in love) esce dai canoni della commedia degli equivoci per entrare nella derivazione del film regolato stile Grande Fratello e con un antesignano molto famoso nella idea di base come The Truman Show. La vicenda di Jalil (Khalid Maadour, che ha fatto solo una parte in un film del 2005, Marock) si muove su binari decisamente (almeno nella parte iniziale) coinvolgenti, presentando un timido maestro di scuola infantile usato e manovrato a loro piacere da degli affaristi senza scrupoli, ma purtroppo dimostra un fiato tremendamente corto e che non riesce a svilupparsi bene per chiudere in maniera convincente l'arco narrativo.
Il film produce una vicenda decisamente becera in cui si viene manovrati (e la sensazione di poter essere nello stesso pericolo è decisamente brutta per noi spettatori portandoci al coinvolgimento che si diceva prima) per raggiungere degli obbiettivi, mostrando il pericolo di dimenticare le libertà di base dell'individuo e incanalando le sue scelte con un ventaglio di possibilià restrittive (addirittura influenzandone la psiche con la pubblicità che vede solo lui in tv), venando così la commedia in una sorta di amara riflessione. Anche il personaggio della fidanzata costruita non è affatto male (la interpreta l'affascinante Caroline Dhavernas che ha fatto recentemente The breach-l'infiltrato), ma dopo che il film vira verso una nuova direzione ogni fascino si sgonfia, ci sono discutibili scelte di sceneggiatura nel far diventare la vittima prima buona e indifesa (al limite della ingenua stupidità quasi stucchevole) una sorta di palinsesto vendicativo del passato, cercando di arrivare a una soluzione che non fosse scontata e poco credibile, ma purtroppo il bersaglio fallisce e ci troviamo nelle mani un film incompleto, che dopo un assunto di base ben mostrato anche visivamente (fenomenali i momenti iniziali e gli interludi con le percentuali scritte sullo schermo) porta il suo messaggio come una sorta di "ci abbiamo provato ma dopo l'idea di base non sapevamo come concludere".
Di fatto un opera monca, che ha troppe derivazioni ispiratorie da altri film e che pecca di mancanza di fantasia in troppi punti (le scene nell'albergo per ultraricchi sono stereotipi appesantenti e non arricchenti).
Non la cosa più brutta tra le tante cose brutte di questi tempi, peccato che con un pizzico di coraggio in più avrebbe potuto rendere il suo messaggio molto meno innocuo.
Da consigliare per spunto e non conclusione di riflessione dato che si ferma a metà, non cercate risate liberatorie perchè qui si ride amaro, andateci anche per evitare prodotti del tutto privo di qualsiasi merito che invece questa novella dell'uomo qualunque ma tanto importante quanto lui non lo sa, possiede.
Nel cast presente un simpatico caratterista delle commedie francese, che fa la parte del presidente possibile futuro privo di scrupoli, come Thierry Lhermitte (La cena dei cretini)
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Maial Zombie - Anche i morti lo fanno
(Die Nacht der lebenden Loser)
Un film di Mathias Dinter. Con Tino Mewes, Manuel Cortez, Thomas Schmieder, Collien Fernandes, Hendrik Borgmann, Nadine Germann. Genere Horror, colore 89 minuti. - Produzione Germania 2004.
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Trama: Tre ragazzi che non godono di nessuna considerazione dalle donne e non hanno successo alcuno nella scuola che frequentano, decidono di partecipare a un rito voodoo che dovrebbe rivelare il segreto di essere affascinanti con le donne. ma il rito ha degli effetti davvero diversi e i tre nerd diventano degli zombie molto particolari ...
Commento: arriva con tre anni di ritardo (per motivi di ripescaggio estivo per coprire la programmazione, altrimenti non lo avremmo manco visto) questo film dal titolo italiano demente oltre al solito (l'originale Die Nacht der lebenden Loser è qualcosa che significa all'incirca "la notte degli zombie perdenti"), commedia grottesca che sfrutta i temi tipici dei problemi da teen per virarla in chiave horror-satirica.
E la vera sorpresa sta che, in un film che dovrebbe essere dichiaratamente bruttissimo, qualche momento divertente e delle situazioni simpatiche sono presenti anche se in forma discontinua. la storia è semplicissima e richiama il molto più bello e riuscito (ma visto che è del 2004 come l'altro a questo punto la derivazione potrebbe esistere solo per noi spettatori) L'alba dei morti dementi (storpiatura italiota vergognosa dell'originale e bellissimo Shaun of the dead) , con il fatto che gli zombi sono una scusa e un viatico per far vivere situazioni apradossali ai protagonisti. Qui Mathias Dinter (opera unica) vira la motivazione del contagio con un rito voodoo fatto per conquistare le donne, e permea tutto il film dei classici topoi del film adolescenzial scolastico, filmando feste con ubriachi, inscenando i teatrini delle bellocce che non vanno con i perdenti e la solita sottotrama della brava ragazza della porta accanto di cui il protagonista non si accorge mai (e lei è sempre innamorata di lui). In mezzo a questo tipo di luoghi comuni ecco arrivare grotteschi pasti a base di carne umana e non, pinzatrici che servono per fissare peni cadenti decomposti e il fatto di essere zombizzati una sorta di superpoteri per vincere la condizione di eterni losers, tanto che qualcuno vorrebbe essere uno zombie per sempre in quanto solo così può trovare la vera condizione di gloria. Il (piccolo) pregio del film sta che queste variazioni (non supportate da musiche confortevoli tipiche delle teen comedy) sono godibili anche se qualche volta ripetitive, sostenute dagli effetti di arti staccati che non sono poi così dilettantescamente beceri. Il tirare l'elastico del grottesco a limiti massimi (come nel solito manipolo di giovani stregoni invasati che viene in possesso del libro del voodoo, venduto in ogni libreria!) oppure nel ripetere con piccole variazioni cose già fatte (come l'uso della pinzatrice) alla fine stanca e rende il tutto meno piacevole, ma alcune battute veramente divertenti risollevano il tutto dall'abisso della noia.
Rispetto alle normali commedie scontatissime di innamoramento e di rivincita degli zero assoluto scolastici, questo film (non citiamo ancora il titolo italiano da oscar dei razzies per rispetto e pudore) ha dalla sua una curiosa proposizione frizzante nell'ambito di una cristallina semplicità. Per cui se volete vedere una commediola per trascorrere del tempo senza impegnare troppo la mente, lasciate perdere gli specchietti per allodole con belloni o bellone e privilegiate questo divertente filmino tedesco ripescato. Non ci devono essere particolari pretese, ma in questo caso neppure totale accondiscendenza verso la pellicola per non rimpiangere i soldi del biglietto. E facciamo una petizione per proteggere i titoli dei film originali.
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blood diamond
COHOBA: Blood Diamond - Recensione
recensione personalissima... sono pronto a confrontarmi e a ricevere critiche a riguardo
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Sweet Sweet Marja
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Titolo Originale: SWEET SWEET MARJA
Regia: Angelo Frezza
Interpreti: Maria Grazia Cucinotta, Adolfo Margiotta, Corrado Calda, Pietro Sermonti, Joanna Moskwa
Durata: h 1.36
Nazionalità: Italia 2007
Genere: commedia
Al cinema dal 27 Luglio 2007
Trama : Corrado per cercare di realizzare una importante vendita immobiliare deve improvvisare una cena d'affari con dei personaggi alquanto loschi osteggiato dalla moglie. Il problema è che nello sformato tanto apprezzato dai commensali c'è un ingrediente imprevisto e che può portare a delle reazioni imprevedibili ...
Commento: in debito di ossigeno a 360 gradi il cinema italiano cerca di copiare alcuni topoi del cinema humour inglese che prevedono il lasciarsi andare a cene e ritrovi per via di qualche imprevedibile motivo (il pensiero a L'erba di grace va subito e alla mega cena del re dei ritrovi disastro che è quel capolavoro demenzial umoristico che è Hollywood Party), scatenando nei personaggi le accelerazioni delle emozioni e delle azioni che probabilmente non si sarebbero viste senza un piccolo aiuto.
Questo film di Angelo Frezza (opera prima, sceneggiatura da un suo cortometraggio intolato"La piantina") non sfugge purtroppo alla regola becera di riempire di macchiette inconsistenti tutta la metratura, che si muovono inconstanti e anonime seguendo stili e concetti abusati da tempo. Intervallati dai commenti/inserto post evento (è una sorta di lungo flash back tutto il film ) di Corrado (Corrado Calda) opportunatamente vestito stile contestatore anarchico (diversamente dal resto del film dove è un attempato yuppie in crisi con i conti e la moglie) assistiamo alla minimale trama dove lo sviluppo è affidato alle recitazioni da cabaret di attori che non hanno vera identità e che esagerano smofie e mossette per nascondere una palese mancanza di consistenza del personaggio (in questo, Adolfo Margiotta nella parte del conte nemico dei vigili e coperto di multe è un perfetto esempio, anche se una innocua simpatia di fondo non gliela si può negare). E mentre i minuti passano i vicini mostrano i loro tic e i loro veri strampalati sogni (e non capiamo bene la battuta su Superquark se casuale con lui che si addormenta davanti alla tv), il togatissimo burocrate si rivela un amante dell'eccesso che odia il suo lavoro incensato solo a parole, la moglie stanca e depressa di bella presenza (la Cucinotta, dalla camicetta aperta sin dalla prima scena) rivela grazie all'aiuto di Maria (quale vera maria sia la potete ben capire...) mostra le sue vere attitudini, il vigilantes è duro solo di facciata, l'oca spendaccione bellona è un oca spendacciona bellona, il conte ricco/fedifrago, con moglie grassona perennemente sul divano che vuole i suoi soldi e basta, vuole una libertà ben diversa dal possesso tanto dichiarato a voce.
Una commedia quindi di falsità che si nascondono (come quella che dovrebbe essere la sorpresona finale), che poteva essere se non interessante almeno simpatica, che però è strutturata malissimo con scenette praticamente a comparti blindati tra loro per arrivare alla scena finale dove lo sformato galeotto apre le emozioni sopite.
Frezza lima ogni possibile taglio di vera fantasia al film, restando ancorato a un prodotto facile da assorbire mentalmente ma soporifero come pochi, che si mischia ai film di Vanzina di un tempo (la tipologia dei personaggi ricorda Via Montenapoleone) perdendo ogni taglio autoriale che un prodotto indipendente poteva avere libero da pastoie produttive totali, non seguendo minimamente la lezione di un Virzì che è accostabile nelle sue tematiche e ritmi produttivi iniziali di un plot che poteva (e non lo ha fatto minimamente) essere omaggiante e costruttivo elaborando un tema di attualità. Tema che ha cercato lo scandalo con il discorso odierno sulle droghe leggere e che invece non sviluppa assolutamente nulla di attinente ma serve solo come placida banale scusa per lo spogliarello (castigatissimo, banalissimo nelle inquadrature e per nulla sensuale) della Cucinotta (inespressiva come nei suoi standard) sul tavolo della cena.
La polemica sulle droghe leggere è stata scatenata ad arte solo per cercare di veicolare il film, perchè al suo interno non troviamo veramente nesusn approfondimento.
Canzone originale Sweet sweet Marja ripetuta fino allo sfinimento, trama inesistente, personaggi antipatici che vogliono essere nostri amici a tutti i costi (salviamo come detto solo Margiotta nel suo proporsi tutto smorfie e tic) sono il corredo poverissimo di un film da evitare a tutti i costi che di buono ha solo la parola fine. Se volete forse digerirlo meglio dovete essere anche voi come i protagonisti in compagnia di Maria, ma crediamo sia meglio evitare di assumere sostanze potenzialmente nocive per un film che alla fine è un viaggio del tutto inutile.
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Material Girls
Un film di Martha Coolidge. Con Hilary Duff, Haylie Duff, Anjelica Huston, Brent Spiner, Lukas Haas, Joanne Baron, Natalie Lander, Colleen Camp, Beckie King. Genere Commedia, colore 97 minuti. - Produzione USA 2006.
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Trama : :lol: :lol: muahahahahhhhhh!!!! ... due ricche ereditiere stupidotte e con l'unico pensiero di che scarpe mettere cadono in disgrazia...si risolleveranno dalla terribile (muaghahahaha :lol: :lol: ) situazione??? (ndr : non quanto noi spettatori di questo film)
Commento: prendendo a due mani il coraggio inizio a commentare questo orrido, stupido inconsistente film cercando di essere solidale con coloro che con l'idea di vedere una commedia almeno frizzante figlia di Sex and the City si recano in sala. Un film a dir poco disgustoso, recitato malissimo (certo che se le Duff possono fare un film vado ad iscrivere anche il mio criceto alle selezioni) e diretto seduta sul gabinetto anzichè sulla poltroncina del regista da una Martha Coolidge che qualche puntata di Sex and the City aveva pure fatto e diretto anche due mostri sacri come matthau e lemon ne "Gli impenitenti". Un film disastro a cervello zero che non si solleva neppure per un secondo, cosparso di scemenze tanto orripilanti da risultare scritte pensando che in fondo in bocca alle Duff battute tanto idiote sono articolate ed idonee. Duff che (patrocinate da Madonna che cede il titolo della sua canzone, senza la s, che si ode all'inizio del film sulle immagini di coloro che renderanno inutili 100 minuti della nostra vita) si agitano come oche sulla scena usando in quanto povere vestiti smessi di firma che miracolosamente calzano ancora benissimo.
Vedrete cose che voi esseri umani non avreste mai osato immaginare con Anjelica Huston che partecipando (seppur brevemente nella parte di una cattiva ma non troppo) distrugge in un colpo solo la stima che aveva conquistato (era così importante per lei questo cachet?), Brent Spiner, il Data di Star Trek muoversi come un ciborg imbambolato privo di comandi (e di conduzione) e tutto un insieme di personaggi malcaratterizzati e stereotipati come l'amico gay amante di moda, la tata premurosa che in ricordo delle sue piccine le aiuta e sciocchezze simili.
Il tutto con commenti su vestitini frivolini e luccicanti indegni delle peggiori teen commedie. La trama che si basa sullo sfarzo perso ha un ritorno alla stabilità di cui proprio non ci si accorge, prendendo per il sedere e ancor peggio offendendo lo spettatore che si ritrova a seguire una vicenda che non parte neppure (ne bene ne male, proprio non parte). Di fronte a tale film capiamo come mai Alvaro Vitali ha ora dei film considerati trash-cult, e se si producono queste cose qualunque film delle comunioni o delle cresime potrebbe finire in sala.
Un film che più che da evitare con cura sarebbe da evitare da proiettare chiedendo che venga fatto un favore alla intelligenza delle persone per non offenderle. Se qualche ultrafan delle Duff se lo potrà godere possiamo solo dire contento lui, in fondo la vita non è un film, o almeno per fortuna che non è sicuramente questo.
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Havoc-fuori controllo
Titolo Originale: HAVOC
Regia: Barbara Kopple
Interpreti: Anne Hathaway, Bijou Phillips, Shiri Appleby, Michael Biehn, Joseph Gordon-Levitt
Durata: h 1.25
Nazionalità: USA , Germania 2005
Genere: drammatico
Al cinema da 3 Agosto 2007
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Trama: Allison è una ragazza avvenente della alta borghesia che ha dei disagi dovuti alla noia e insoddisfazione e tra una fumata di crack e l'altra frequenta una gang di balordi comandata dal suo ragazzo. Una scorreria ribalda per cercare droga, effettuata una notte nella Downtown, porta lei e tre sue amiche nella comunità ispanica, che può risultare decisamente pericolosa in quanto vengono prese dal fascino della loro organizzazione e del loro capo, anche se il rito di iniziazione è decisamente particolare ...
Commento: nelle settimane di agosto i recuperi di film di anni recenti passati possono risultare decisamente indigesti in quanto di valore praticamente nullo, usati solo per colmare la programmazione carente, ma in questo caso finalmente possiamo parlare di una eccezione che conferma la regola. Questo Havoc (a cui i distributori hanno aggiunto per maggior enfasi un sottotitolo che recita"fuoricontrollo") è decisamente un buon film, con i suoi odori marci della metropoli oscura (la Downtown) che si sentono ben marcati, le sue ragazze incoscenti belle ed estreme, i ritratti di piccoli boss ispanici (Freddy Rodriguez, visto anche recentemente in Harsh Time di recente produzione, ormai in certe parti si cala benissimo nonostante il suo fisico minuto) che tengono bene la narrazione di un plot di base filiforme con stile anche se non taglio documentarista. La regista Barbara Kopple d'altronde regista di documentari lo è veramente, e non ha mancato di cercare il ritratto dei personaggi immettendoli nelle loro realtà suburbane e della high class, connubio lontano ma affascinante con perfette correlazioni di unione.
Di fatto il viaggio delle due ragazze fondamentalmente annoiate (come detto chiaramente nel documentario girato dallo studente, film nel film che omaggia professione e passione dell'autrice) è perfettamente veicolato senza accelerazioni brusche, con il primo incontro con gli spacciatori eseguito timidamente con i bulli della loro gang (che poi risultano essere pavidi e inconsistenti), per proseguire dopo la delusione con un viaggio personale verso l'incontro e la realtà che risulta essere diversa da come loro se la aspettano, del tutto priva di romanticismo e di sole accettazioni dell'essere usate senza scelte se non quelle stabilite dalla gang, dove diversamente che nella gang giovanile non sono le donne dei teencapi ma le donne di tutti. Davvero sporca l'ambientazione, come priva di formalismi e di sorrisi (grandiosa la battuta nel viaggio delle 4 ragazze verso la downtown, una sorta di Sex and the City verso il marcio, che recita"che cosa hai da sorridere?", gesto distensivo davvero impossibile in un simile putrescente contesto) è tutta la metratura, che non risparmia il mostrare l'ipocrisia dei genitori della ribelle Ellie sia quella dei genitori dell'amica protagonista del fatto cardine della sceneggiatura, dove le colpe vengono scaricate in modo comodo e disonesto.
Un film robusto, per nulla accondiscendente che permea se stesso di oscuro in ogni sua parte senza paura di mostrarsi a 360 gradi, come la splendida protagonista femminile che esegue rapporti orali (nascosti alla vista), spogliarelli decisamente erotici e mostra il suo seno in maniera conturbante. Anne Hathaway l'abbiamo già vista nel Diavolo veste Prada dove faceva la segretaria stressata e rampante di Meryl Streep, e in questo film precedente (è del 2005) ha mostrato la sua voglia eversiva di esplodere a qualunque costo. Davvero una bella perfomance tutta esagerazione la sua, conforme a quella del personaggio che scopre di aver sorpassato limiti da cui è difficile retrocedere.
In parte di contorno abbiamo Michael Biehn (interprete anti Swarzy di Terminator e di Aliens), mentre Bijou Phillips (vista anche in Hostel 2) è l'amica incosciente che non teme di passare il confine grazie all'aiuto di colei che propone la nuova strada e di cui si fida ciecamente. In definitiva un film davvero interessante, che non ha una trama robustissima per i suoi intenti di viaggio-documentario nel mondo sporco dei piccoli boss e dei sobborghi, con una protagonista sorprendente e che ha un finale particolare e che fa in modo di controllare quanto noi abbiamo imparato dai suoi insegnamenti lasciando molto aperta l'interpretazione.
Vietato ai minori di 18 anni per scene di sesso spinte (ma non esplicite) in alcune scene e per l'atmosfera decisamente oscura e disturbante.
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The Protector - La legge del Muay Thai
(Tom yum goong)
Un film di Prachya Pinkaew. Con Tony Jaa, Petchtai Wongkamlao, Bongkoj Khongmalai, Xing Jing, Lateef Crowder, Damian De Montemas, Amonphan Gongtragan, Nutdanai Kong. Genere Azione, colore 109 minuti. - Produzione Thailandia 2005.
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Trama: due elefanti sacri vengono (misteriosamente e apaprentemente senza perchè) rubati, ma i ladri non hanno fatto i conti con il loro protettore, un esperto di arti marziali di poche parole che è velocissimo con gambe e braccia. E che non esiterà ad andare fino in Australia dalla Thailandia per riprendersi gli amati animali ...
Commento: emule dei primi film di Swarzenegger che non parlava mai e picchiava molto (e qualcuno quando iniziò a parlare disse anche che faceva bene a stare zitto...) Tony Jaa (discendente cinematografico delle gesta di Jet-Li e Jackie-Chan) riporta il personaggio di Kham (protagonista del primo capitolo, cioè il divertente Ong-Bak) sul grande schermo in una sorta di rutilante carrozzone di botte e pugni con una trama a dir poco inesistente.
Il film si sviluppa, dopo le ovvie scene iniziali in cui capiamo il perchè dell'amore di Kham per i due elefanti, in una sarabanda di botte senza fine condite da alcuni inseguimenti del tutto paradossali. Come nel primo episodio dove dei lambrettoni risciò venivano mostrati (e distrutti), in questo ci sono delle moto (anche a quattro ruote) che cercano di porre fine alla vita dell'intrepido silenzioso eroe (dice praticamente poche frasi, di cui una ripetuta "Ridatemi i miei elefanti!"). Incontri e scontri con personaggi macchietta, mucchi di nemici sconfitti e lasciati per terra accatastati (altro che gli 88 folli di Kill Bill, tra l'altro Tarantino è un garante del film che ne recita il presenta sul cartellone), una nemica finale vestita di lattex e dotata di frusta, botte da orbi nelle maniere più diverse (presenti le radiografie per far vedere le rotture di arti introdotte da "Romeo must Die" di qualche anno fa), compongono, unicamente e senza variazione di trama, questo film di arti marziali ai limiti massimi. A dire il vero ci sarebbe anche una specie di sottotrama/variazione con le disavventure di un poliziotto thailandese e di un boss ucciso, ma è talmente minimale da non vedersi neppure in mezzo a tanta furia accecata dal desiderio di colpire con forza a tutti i costi anche mentre si beve il thè.
Il regista si permette anche di creare una sezione videogioco (stile Tekken) con una stanza che fa da arena tridimensionale per i combattimenti di varia natura (Kham ha contro anche il gigante pugile visto nell'inizio di Troy e nel recente Fearless), presentando lottatori di ogni tipo, compreso quello esperto di Capoeira (emule del personaggio di Eddie nel videogioco citato sopra) e quello armato di spada. Un film che ai non appassionati di arti marziali risulterà indigeribile, penalizzato da una stanchezza e ripetitività allucinante (compresa la piccola parte in grezza computer graphic di racconto dell'origine del potere degli elefanti) e da dei dialoghi simil dementi, oltretutto le scene di combattimento sono ben coreografate ma hanno un montaggio pessimo che ne abbassa la qualità del lavoro fatto in organizzazione delle scene.
Un film da consigliare per una serata da cervello in mode off, che non necessita della visione del primo (che era meglio) ma che per il gusto personale di chi sta scrivendo e per un valore cinematografico indubbiamente poverissimo in tutti i comparti (se non, come detto, per le coreografie dei combattimenti) rasenta solo la necessità di evitarlo con cura a meno che non si ami alla follia il genere.
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AMICINEMICI - LE AVVENTURE DI GAV E MEI
Titolo Originale: ARASHI NO YORU NI
Regia: Gisaburo Sugii
Interpreti: -
Durata: h 1.50
Nazionalità: Giappone 2005
Genere: animazione
Al cinema dal 10 Agosto 2007
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Trama: la capretta Mei perde la mamma durante un agguato compiuto dai nemici naturali del luogo, i lupi. Tempo dopo causa un terribile temporale si rifugia nel buio più completo e senza olfatto con un lupo in un casolare. I due conversano tranquillamente (non capendo chi sono realmente) aspettando la fine della tempesta e si giurano amicizia e di ritrovarsi il giorno dopo con una parola d'ordine precisa. Nonostante che poi scoprano la loro vera identità la cosa non cambia la loro intenzione di rimanere amici per sempre. Ma il branco di lupi e il gregge di capre a cui appartengono non vedono proprio di buon occhio la cosa ...
Osservazioni: ecco che esce ripescato per il periodo agostano questo film giapponese del 2005 tratto dalla novella "In una notte di temporale" che fa parte di un ciclo di racconti. E, dobbiamo dirlo, è un bel recupero. Animato in maniera del tutto anticonvenzionale per questo periodo di computer graphics estrema, questo delicato racconto che vede protagonisti la capretta Mei e il lupo Gav si snoda durante il suo percorso (di 110 minuti, leggermente più lungo della norma dei film animati) preciso e senza sbavature, raccontandoci le difficoltà che si trovano perchè un amicizia così diversa dal solito possa reggere. Certo, il tema è già stato affrontato in passato in pellicole come Red&Toby (anche lui recita NemiciAmici in italiano), ma bisogna dire che qui viene fatto in maniera diversa, proponendo la cosa non come se fosse un ingenuo disincanto fuori dal mondo, ma con una precisa presa di posizione, subito dall'inizio, sapendo benissimo che avranno contro una marea di avversari di ogni tipo (oltre ai gruppi di appartenenza bisogna tener conto dell'istinto da predatore di Gav) e difficoltà più tipiche degli amanti che degli amici.
Abbiamo così presenti sia il lato primordiale della cosa (il cibarsi e l'istinto della caccia) che il valore della preservazione del gruppo lasciando integro il comparto etnico (i capi pensano sia pericolosa per ambo le parti una cosa simile), ben miscelati tra loro dove gli unici che avvertono l'importanza della cosa a livello sentimentale sono i due protagonisti e non il resto del mondo. Privo di qualunque presenza fisica umana (luogo di soli animali) ma pieno di paragoni con opere che trattano di rapporti umani parametrandole, il film con le loro peripezie ci porta alla mente una sorta di inquietante quadro dove tutti lavorano per distruggere e chiudersi a riccio anzichè concepire nuovi orizzonti di convivenza. Un film commovente, dolce e tenero (portatevi i fazzoletti di scorta!) che nel contempo, come i suoi protagonisti, non abbandona mai la coscienza che quello che stanno costruendo Gav & Mei è un valore da puntellare e imprimere con uno scalpello e non come diritto acquisito quale dovrebbe essere. L'animazione è molto valida, nella sua semplicità solo apparente i colori pastello sono spalmati sullo schermo quasi come delle macchie e non delle zone specifiche contornate e ben definite nella massa, i fondali ottimi e il movimento dei personaggi segue lo stile perfettamente senza dover brillare in tecnica per raggiungere il risultato prefissato che è di taglio voluto e non di bassa tecnica per gli standard troppo freddi di oggi dovuti al massiccio lavoro del computer. l'inizio, con quel temporale che squarcia il buio a intervalli più o meno regolari è grandioso. Un film che per come si propone dal cartellone risulterà banale ad una occhiata superflua, per il tema troppo tenero e semplice, (oltretutto da noi con uno stile di animazione lontano da quello occidentale), al quale i bambini piccoli si affezioneranno e gli adulti, accompagnatori o meno, si commuoveranno coinvolti da questa storia tanto pregna di una amicizia impossibile.
Il doppiaggio italiano risulta più che buono.
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El Rey - Negli anni '70 la cocaina aveva un solo Re
TITOLO ORIGINALE
El Rey
NAZIONE
Colombia / Francia / Spagna
GENERE
Azione, Drammatico, Poliziesco
DURATA
93 min. (colore)
DATA DI USCITA
10 Agosto 2007
REGIA
José Antonio Dorado
SCENEGGIATURA
José Antonio Dorado
PROTAGONISTI
Fernando Solórzano
Cristina Umaña
Marlon Moreno
Olivier Pages
Vanessa Simon
Raúl Aranda
Diego Vélez
Elkin Díaz
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Trama: alla fine degli anni 60 un piccolo boss di quartiere, Pedro Rey, decide di instaurare un traffico di cocaina in grande stile verso gli Usa, spalleggiato dalle istituzioni e aiutato da alcuni amici. Ma con l'arrivo
di un fiume di soldi che non si sa ben gestire, complice anche il troppo desiderio di belle donne, il novello piccolo cesare deve guardarsi davvero da ogni persona che gli sta vicino ...
Commento: Un altro recupero (il film è del 2005) per rimpolpare la programmazione agostana, che testimonia come a furia di continuare così, prendendo a casaccio film che la filiera distributiva aveva trascurato alla loro uscita, si spera che piuttosto i cinema rimangano chiusi per queste settimane di inizio agosto. Questo El rey, di fatto è una similversione povera, priva di qualunque novità e assolutamente anonima del grande film di De Palma "Scarface" con Al Pacino (rifacimento dell'altro film-capolavoro di Howard hawks con Paul Muni del 1932) e dei film di gangster che sgomitano per arricchirsi senza curarsi del come e di chi devono scalzare.
Di fatto, ovviamente, un qualunque signor nessuno come José Antonio Dorado (El rey è per ora il suo unico lavoro) non ha nemmeno un lontano paragone con questi illustri progenitori e ispiratori, e riunendo un gruppo di perfetti sconosciuti confeziona un film esilissimo, dalla trama quanto mai noiosa e dai colpi di scena telefonati con un narratore fuori campo che ogni tanto viene a spiegarci l'ovvio. Vediamo quindi la presentazione di amici che saranno poi nemici una volta che Pedro diventa il boss che ha sempre sognato di essere, belle donne che gli cadono ai piedi solo per convenienza (il personaggio istituzionale corrotto è di fatto una splendida donna, quanto affascinante quanto poco credibile) e la (bella) moglie con prole piena di dubbi ed angosce nel vedere il distacco progressivo tra lei e il compagno ormai preso dai deliri di onnipotenza. Sembra che l'unica cosa di cui si sia curato il regista sia di mostrare qualche vestito delle signore quanto mai elegante, e l'uso di alcuni locali per testimoniare lo sfarzo raggiunto. Un lavoro privo di montaggio adeguato che dovrebbe con questo imprimere il giusto ritmo, con attori sotto gli standard di sufficenza e un finale che cerca di essere geniale e invece è del tutto patetico, rinnegando la gloria e la catarsi dell'addio al boss rampante (e non vi ho tolto nulla a livello di sorpresa, il narratore dice subito all'inizio del film che il Piccolo Cesare della cocaina morirà e queste sono le sue cronache dall'inizio carriera a quelle funebri) per una conclusione di assoluta anonima meccanica. Pomposamente presentato con lo strillone"prima di Pablo escobar c'era Pedro Rey" abbiamo alla fine solo l'ennesimo sottoprodotto che se fosse rimasto dov'era nessuno ne avrebbe sentito la mancanza, dandoci ancora di più la convinzione che rimpolpare senza qualità serve solo a far perdere soldi e tempo ai fruitori di cinema e probabilmente ai gestori delle sale non serve assolutamente a nulla in quanto sono comunque prodotti a tasso di richiamo pari a zero.
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Stick it
Un film di Jessica Bendinger. Con Jeff Bridges, Missy Peregrym, Vanessa Lengies, Nikki SooHoo, Maddy Curley, Kellan Lutz. Genere Commedia, colore 105 minuti. - Produzione USA 2006.
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Trama: Haley Graham (soprannominata Cracker dagli amici) è una diciasettenne di gran talento fisico che ha rinnegato il mondo della ginnastica per una vita all'insegna del pericolo e della vita balorda per dedicarsi a evoluzioni spericolate sulla mountain-bike causando danni di vario tipo. Dopo l'ennesima bravata in una villa il giudice la costringe a ritornare alla ginnastica artistica professionistica assegnandola alla severa VGA dell'ex campione Burt Vickerman ...
Commento: Problemi e insoddisfazione giovanile alla base di questo film diretto dalla regista Jessica Bendinger (sceneggiatrice di Aquamarine e opera prima alla regia), che fa della ricerca dello spirito di squadra il suo motto e la sua filosofia per raggiungere gli obbiettivi e combattere le ingiustizie di una società miope e regolata da dogmi assurdi. Partendo da questo assunto vediamo come la giovane Haley (interpretata da una muscolare e quanto mai agile Missy Peregrym, vista sopratutto in serie televisive di vario tipo, da Smalville al recente Heroes) riesce grazie al suo carattere eversivo a incunearsi in un ambiente che gli si fa subito contro come un muro, a proporre e far accettare i suoi concetti di libertà (simbolizzati dal gesto delle dita messe a corna che si vedono anche nel manifesto) fino ad arrivare alla catarsi finale e al momento del pieno riscatto con i giudici della ginnastica artistica messi alla gogna per la loro ottusa retrograda mentalità. Potrebbe anche sembrare un plot decente come partenza, con uno sviluppo pieno di scontri di mentalità e di utilizzo dello sport più elegante che ci sia per colpire di spada le convinzioni di un mondo che deve anche adeguarsi al di là dei voti per dare maggior respiro alla personalità (e se vedete i terribili allenamenti e privazioni a cui sono sottoposti i piccoli atleti cinesi per prepararsi alle prossime Olimpiadi di Pechino di materiale per approfondire c'è ne è parecchio). Invece la regista si concentra a confezionare un film scialbo, girato con gli stili di una teen comedy e pieno dei soliti luoghi comuni, con la ribelle che ha sempre ragione e la società che la ignora oppure quando la considera la osteggia, con gli amici sempliciotti dal cuore d'oro, le mamme premurose fashion che vogliono le figlie sul tetto del mondo, il maestro severo ma comprensivo vecchia gloria del passato inviso alle autorità del settore (interpretato da un Jeff Bridges incartapecorito come non mai) e le compagne vanesie oppure adoranti, quasi che la competizione sia più una sfilata di moda che un vero inno alla forgiatura del carattere e della gloria attraverso la giusta fatica. Battute al limite del possibile davvero inascoltabili, situazioni a dir poco inesaurienti (la nemica oca poi diventa la migliore di tutti e tanto altro di similaria) che ci portano al finale del volemose bene e della concordia che cancella macchie del passato e torti nella maniera più banale possibile. Il film parte abbastanza bene, buoni i titoli disegnati di apertura e il numero iniziale in bicicletta e skate (a parte il continuo uso dell'accelerazioni delle immagini che infastidisce), ma quando sentiamo il giudice che costringe la protagonista a partecipare alla scuola di ginnastica anzichè al campo dei marines, come da lei richiesto, in quanto più punitivo, storciamo presto il naso.
Gli amanti della ginnastica artistica lo adoreranno perchè sono presenti dei buoni numeri coreografici e alcune figure di corpo libero davvero ben eseguiti, gli altri cerchino una commedia meno pretenziosa ma almeno onesta e che ha degli obbiettivi ben delineati e non delle inutili basi di racconto che vorrebbero nobilitarla senza che si faccia nulla per dargli forza e potenza per renderla veramente interessante, quasi che fosse il Fast and Furios del movimento del corpo privo di qualunque benzina, o meglio del carburante speciale che fa la differenza, e il continuo richiamo a spingere sulla tavoletta che fa il paterno maestro proprio non lo cogliamo nel film.