Severance - Tagli al personale
(Severance)
Un film di Christopher Smith. Con Danny Dyer, Laura Harris, Tim McInnerny, Toby Stephens, Claudie Blakley, Andy Nyman, Babou Ceesay, David Gilliam. Genere Commedia- Horror, colore 90 minuti. - Produzione Gran Bretagna, Germania 2006.
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Trama: un gruppo di variegati dipendenti della ditta produttrice di armi Palisade deve effettuare un Week End di lavoro in una zona boschiva dell'Ungheria. Ma appena arrivano al luogo del ritrovo quanto mai inospitale sinistre presenze ne minano la tranquillità trascinandoli in un incubo apparentemente senza fine ...
Commento: il film horror che la distribuzione italiana propone questa settimana è Severance (per capire l'origine del titolo dovrete attendere fino al finale del film) che molto inopinatamente porta un sottotitolo che svela troppo, e in maniera del tutto banale gioca sul fatto dei tagli al personale (come riduzione di organico) come quelli dei tagli splatters operati sulle membra dei protagonisti. Christoper Smith (ha diretto nel 2004 l'horror metropolitano Creep-il chirurgo), qua anche sceneggiatore, costruisce questa commedia horror (non demenziale tranne che in un punto a dir poco follemente oltre) in maniera compita e da manuale, inoltrando nelle atmosfere boschive care a Jason di Venerdì 13 la carne da macello necessaria per il body count (tra l'altro boschi dell'Ungheria, datoi che ormai i paesi dell'Est dopo l'avvento di Hostel sono terra riconosciuta come foriera di sadismo e di violenza). Il copione è sempre lo stesso, una banale scusa (in questa sede una paura che l'autista del luogo che conduce il pullman aziendale non vuole affrontare) fa cadere nella trappola i sette avventurosi protagonisti del week aziendale, variegati e coloriti come si deve. Abbiamo la bionda desiderata dal gruppo, il manager che fa tutto tranne che essere un condottiero, il dipendente da ecstasy (che cosa fa nell'azienda? collaudatore di droghe?), i precisi e il bello decisionista. L'embrione della paura non si sviluppa subito, ed è continuamente intervallato da situazioni surreali e al limite del comico che appaiono sia durante la fase di preparazione al body count sia durante lo stesso. La cosa di fatto strania non poco, perchè l'ambientazione lontana dal centro urbano (non ci si preoccupa neppure di dire che i cellulari non prendono, lo danno come per scontato) e la casa in rovina (il lodge, come lo chiamano loro) erano perfette per dare una collocazione immaginifica d'aderenza alla tematica di base, mentre invece questa scelta di alleggerire l'atmosfera vuole strizzare l'occhio a un pubblico più variegato possibile scontentando comunque le necessarie filologie di genere. Si parla anche di politica in Severance, dove chi partecipa alla produzione delle armi ora si trova sotto il tiro di esse e l'uso e vendita impropria ne fa una vera arma boomerang per chi le ha costruite, ricordando che chi armò Saddam Hussein e Bin Laden fu proprio l'America (e la simbologia della folle scena sopra citata non è in questo senso casuale, come quella del simbolo sul corpo torturato). In questo in fondo gustoso pastiche commedialhorror (e in piccoli momenti anche demential) si segnalano comunque gli effetti speciali che sono di discreta fattura, la iconografia del luogo che fa da difesa riparo ma anche prigione e quel assurdo momento dei racconti del perchè quel luogo è pericoloso e assolutamente da evitare con un pezzo in bianco e nero muto stile Murnau. Nel cast abbiamo Laura Harris che fa la bionda Maggie (vista anche in The Faculty di Rodriguez) mentre il resto del cast è praticamente alla prima esperienza. Un film da vedere per puro divertimento e senza troppe pretese, con blandi riferimenti e ammonimenti all'uso improprio delle armi, a cui si possono avvicinare anche i non splatterofili o i thriller maniaci duri e puri in quanto l'atmosfera è davvero mitigata oltre che da immagini e situazioni paradossali anche da musiche concilianti e allegre. Certo, una commistione che abbassa il valore generale del film, ma probabilmente intenti produttivi e creativi non andavano nella direzione di creare una iconografia unidirezionale più pregna ma meno sparsa nel godimento ed accettazione del pubblico.