Visualizzazione Stampabile
-
Diario Di Uno Scandalo (Notes on a Scandal)
CastCate Blanchett, Judi Dench, Bill Nighy, Andrew Simpson, Joanna Scanlan, Tameka Empson
RegiaRichard Eyre
SceneggiaturaPatrick Marber
Durata01:32:00
Data di uscitaVenerdì 23 Febbraio 2007
GenereDrammatico
Distribuito da20TH CENTURY FOX ITALIA (2007)
http://img255.imageshack.us/img255/2...rmarkerha2.jpg
http://img170.imageshack.us/img170/5...marker2dh0.jpg
http://img170.imageshack.us/img170/7...1751117mm8.jpg
Trama: l'arrivo di una nuova attraente maestra dall'aria ingenua , Sheba, smuove le acque di un istituto scolastico Inglese. Barbara, la solitaria maestra rigida e moralista, sembra prendere con una sorta di curiosità mista ad antipatia la nuova arrivata. Quando a seguito di una rissa tra alunni, sedata da Barbara, le due donne si conosceranno meglio nascerà una sorta di amicizia, che diventerà complicità quando ci sarà un orribile segreto da nascondere ...
Commento : veramente bello questo lavoro di Richard Eyre( che ricordiamo per il claustofobico <i>Iris</i>), dove con una intensa atmosfera thriller si racconta una storia di morbosa passione. Il lavoro migliore viene infatti effettuato sulla intensità della recitazione delle due bravissime protagoniste, una grande Judi Dench e una Cate Blanchett abile nel togliersi i panni dell'ingenua per arrivare a uno step più elelvato, calandole nella cornice di ambienti scolastici freddi e superficiali che non permettono la coniugazione di vitalità con la professione facendo cercare in qualcosa d'altro la sveglia emozionale.
La Dench è veramente immensa, il suo ritratto di una professoressa sola e acida, è meraviglioso, intenso, deciso e di grande impatto. Tratteggiando il ritratto amaro di questa professoressa delusa e solitaria suo malgrado, abbiamo una recitazione multistrato, che coniuga freddezza e decisione con una insicurezza di base decisamente allarmante, pericolosa, che ha bisogno degli altri succhiando l'amicizia come un vampiro per nutrirsi dei sentimenti perduti.
Sentimenti affidati ad un amico inerte come il diario del titolo, che registra ciò che gli viene sferzatamente vergato senza poter comunicare all'autrice nessun avvertimento, nessun ripudio, nessun blocco.
La Blanchett non si fa trascinare in una comoda recitazione da ingenua, si libera delle pastoie della sceneggaitura e con coraggio approfondisce questa parte non facile nelle sue connotazioni più reattive. Smorfie, impotenza, incapacità a capire le ragioni dell'operato sono mostrate benissimo in questa maestra graziosa ma debole, che si fa trascinare in un abisso senza reagire, quasi che il fiume debba accompagnarla portandola alla deriva senza lotta.
Due caratteri opposti che hanno bisogno l'uno dell'altro per sopravvivere, nutrendosi a vicenda come si diceva delle proprie energie, peccato che alla fine a furia di cannibalizzarsi non rimane altro che piatto risultato.
le due donne nel loro incontro si affrontano alternando necessità a piacere, in un gioco soffuso di inganno e sincerità imposta o reale.
Il punto debole di questo film, contrapposto a questa buonissima prova recitativa rimane la storia che risulta alla lunga abbastanza prevedibile nel suo motore di svolgimento, nelle sue pieghe e con un finale non del tutto soddisfacente ma risaputo. Ma il grande lavoro ambientale fatto sulle atmosfere del film, che ricorda alcuni lavori del grande Alfred Hitchcock,( una sorta di "<i>Io confesso</i>") ci dona un film teso, affascinante, che fa di tutto per relegare gli altri presenti a una sorta di comprimari necessari solo per realtà mentre il mondo dovrebbe essere solo un microcosmo di proprietà di Barbara, e ogni tentativo di sganciarsi un piccolo innocuo maldestro atto di lesa proprietà. La voce fuori campo dei pensieri di Barbara rende questa atmosfera di predominio ancora più marcata. Un film non si può definire grande solo per l'intensità delle sue protagoniste peccando in evoluzione del racconto fuori da canoni prevedibili, ma le emozioni che ne escono non perdono di vigore e ci fanno capire come mai senza capire il perchè ogni tanto il nostro istinto ci butta dentro a storie che non andrebbero neppure affrontate e percorse, giocandosi i valori umani e familiari, e neppure la guardia che sorge all'angolo a cercare di fermarci è una sicurezza di punto fermo a cui aggrapparsi.
l'amicizia non va imposta, ma vissuta...
-
Alpha dog
Il regista è un figlio d'arte, nel cast ci sono Willis, la Stone e la popstar del momento, Justin Timberlake, per raccontare una storia macabra (tratta da una storia vera) proveniente dall'ambiente medio-borghese americano di un sobborgo agiato di Los Angeles.
Alpha Dog
(Usa, 2006)
Regia di Nick Cassavetes con Emile Hirsch, Justin Timberlake, Sharon Stone, Bruce Willis
113', Moviemax, drammatico
http://img338.imageshack.us/img338/5...1291495rd8.jpg
http://img338.imageshack.us/img338/3...1291495rg9.jpg
Trama : in una zona residenziale di Los Angeles uno scontro tra bande per motivi di denaro culmina in un rapimento di un ragazzo, fratello di uno dei violenti del quartiere. Nonostante che tutto sembra volgere per il meglio grazie a dei contatti all'interno della banda la violenza genera violenza...
Commento : Justin Timberlake ha dichiarato che se non avessero partecipato al film Bruce willis e Sharon Stone lui non avrebbe firmato il contratto. Quello che ci chiediamo noi è come mai una volta saputo che partecipava il tatuato cantante come mai i due attori non hanno rifiutato la parte marginale, a livello temporale, che gli viene affidata(tra l'altro con due versioni della Sharon uno normale e una ingrassata elettronicamente).
Tranne la breve parentesi di <i>Eight Miles</i> dove Eminem dava una prova convincente innestata comunque in una logica musicale, i film con pop star di richiamo, fatti appositamente per loro, non hanno mai prodotto risultati validi, e
questo <i>Alpha Dog</i> non sfugge alla regola.
Cassavetes, che ha diretto ben altri lavori come "<i>Le Pagine Della Nostra Vita</i>"e"<i>John Q</i>", qui giunge solo per il conquibus e senza voglia e nerbo affastella un lavoro svogliato, pieno di luoghi comuni e con delle scelte di trama insulse per arrivare al clou finale. Vediamo scorrere davanti ai nostri occhi, dopo le immagini dell'infanzia del protagonista, bellone giovani e sinuose, ragazzi che imitano Al Pacino/Tony Montana(come da poster appeso al muro)del tutto privi di credibilità, grandi fumate di crack e droghe varie mentre le nostre orecchie vengono offese da musica rap scoordinata dall'immagine e buttata lì per stordire cercando di dare movimento.
Essendo una vicenda del 1999, tutto viene raccordato con didascalie che indicano i numeri dei testimoni e i nomi delle persone, cosa che diventa risibile e inutile in quanto poi il tutto non viene approfondito in tribunale.
Tatuatissimi, drogati di videogiochi e crack, che vedono film con plasma giganteschi, il ritratto che ne viene fuori è assolutamente impietoso ma anche del tutto superficiale, nessun approfondimento, nessuna voglia di dire qualcosa oltre che il pedante ripetere frasi bellicose, rompere oggetti e denudare belle ninfette(tra l'altro partecipa brevemente anche la Lolita di Arian Lyne, Dominique Swain), fumare, rinnegando una possibilità di ricchezza produttiva per una falsa fruizione distruttiva. Un film sbagliato per come è stato architettato, con la tragedia in fondo vissuta anzichè ricostruita in maniera del tutto monotona e ripetitiva, che fa sbadigliare e addirittura infastidire, con attori mediocri che usando clichè e icone indegnamente presi da "American Histoire X"e i film di bande di colore(<i>Boyz'n the hood</i>)lascia un segno apri a zero. Si salva solo il fatto che Timberlake non canta, sarebbe stato veramente troppo.
-
Il New York Times lo ha definito "Uno dei migliori film di guerra di sempre", ha avuto due candidature ai Golden Globes ed è uno dei più forti candidati per gli Oscar. Letters from Iwo Jima insieme a Flags of our Fathers forma il primo dittico della filmografia di Clint Eastwood, regista.
Letters from Iwo Jima (2006)
Genere: Drammatico Guerra
Durata: 140 min.
Data uscita nei cinema: 16/02/2007
Distributore:
Warner Bros Italia
Titolo originale:
Letters from Iwo Jima
Cast: Ken Watanabe, Kazunari Ninomiya, Tsuyoshi Ihara, Takumi Bando, Shido Nakamura
Produzione: Clint Eastwood (regia)
http://img254.imageshack.us/img254/6...maloc11mh2.jpg
http://img339.imageshack.us/img339/7...0675226vw3.jpg
Trama: l'altra faccia della medaglia, la visione dalla parte giapponese della guerra di Iwo Jima, con la preparazione tattica delle truppe dell'Imperatore determinate a difendere a tutti i costi l'isola dalla conquista americana.
Paure, ricordi e attese frementi si accavallano mentre si attende l'attacco.
Commento: Quanto Clint Eastwood sia ormai un cineasta di grandissimo livello dopo essere stato per anni l'emblema del cavaliere solitario e del poliziotto arcigno e tutto di un pezzo, è cosa ormai risaputa e non ha bisogno di nessuna conferma, ma con questo strepitoso <i>"Letters..."</i> raggiunge livelli di poesia pura, dove le immagini sono praticamente perfette sia nella loro costruzione(una regia da oscar assoluto)che nel loro aspetto visivo(la fotografia è una dei migliori lavori degli ultimi anni). Attraverso gli occhi impauriti del soldato Saigo, la parabola descrittiva si dipana in maniera perfetta, raccontando in maniera asciutta e con un incredibile senso orientale l'attesa tutt'altro che impavida del nemico. Eastwood sceglie la strada del flashback per raccontare il passato di alcuni dei protagonisti, mostrando a noi uomini veri, privi di fanatismo e con storie di affetti normali come tutti noi o come qualunque americano("Prima che leggessi la lettera di Sam credevo che gli americani fossero delle persone infami, invece hanno delle mamme come noi che ci aspettano a casa").
Il fanatismo e il senso del dovere viene mostrato in maniera lucida e senza enfatismi, il coraggio folle o ragionato dei kamikaze o del senso del servigio di antico retaggio era innegabile e sarebbe stato ingannevole non mostrarlo, ma ci vengono mostrati anche alti ufficiali che amano i loro uomini, non li vorebbero mai sacrificare senza senso e sono nonostante questo coraggiosi e pronti al sacrificio personale ("Io sarò sempre davanti a voi!"). Eastwood genialmente si avvicina alla storia con un senso orientale parametrabile al senso americano della prima parte del dittico, raccontando la storia in una maniera che avrebbe fatto molto piacere a Kurosawa, esplicando con precisione la gerarchia e mettendo come protagonista l'ultimo degli eroi che sul campo si dimostra sensato e ha la sua parte nel rendere l'iconografia del girato e del pensiero(strepitoso il pezzo del secchio pieno di escrementi che si ribalta, dove si vuol sottointendere che la cosa sta sfuggendo al controllo e le difficoltà sono insormontabili a ogni livello).
Parlando della fase iconografica vediamo come le rivalità della guerra sono solo dovute al periodo bellico, in fase post o pre ci sarà spazio sia per le riconoscenze e le onoreficenze, dimostrata con la medaglia alle olimpiadi del 1932, la cena dopo la collaborazione con dono della pistola in manico d'avorio, con la stretta di mano tra il soldato(zio)Sam e il gerarca nipponico.
Per non parlare della figura del soldato deciso a tutti i costi al sacrificio portandosi un carro armato con sè ma che alla fine dovrà arrendersi al concetto che un sacrificio inutile non vale poi molto di più di una resa con onore, dove anche i nemici hanno rispetto per la tua vita e diversamente da altri che hanno lasciato il campo non verranno comuqnue sacrificati in barba alle convenzioni di Ginevra. Eastwood con un incredibile coraggio cinicamente ci fa vedere una faccia dei soldati americani non pulita, pronti ad agire contro ogni logica umana.
Superparter fino in fondo come nel primo film, anche in questo riesce a conferire il giusto onore senza dimenticare il percorso infernale lastricato di difetti(le costrizioni ai soldati, le umiliazioni e le eccessive prove di fedeltà come quella del cane nel flashback), con un lavoro praticamente perfetto di correlazione tra il primo film e questo nei momenti salienti(la bandiera issata, l'attesa del primo fuoco).
In questo <i>Letters</i> tra l'altro il lavoro psicologico è molto più profondo, ci sono intensissime fasi di parlato che non risultano mai banali, e la visione dell'uomo normale Saigo conferisce semplicità nel suo agire che solo in apparenza è quello del pavido ma invece è quello dell'uomo sensato che fece una promessa al figlio che doveva ancora nascere, ritrovando alla fine il coraggio di fronte all'oggetto rubato e usurpato coem quella isola piena di insetti e baganta di sangue.
Emozione, grandi scene belliche, coraggio, umana comprensione unite a un lavoro registico praticamente perfetto fanno di questo film un opera imperdibile sotto tutti i punti di vista, che emozionerà ogni spettatore toccandolo nell'animo con questa storia di nemici per cui un tempo non abbiamo mai tifato e adesso nutriamo un rispetto infinito.
Sottotitolato con parlato in giapponese, un aspetto che ne valorizza completamente la riuscita senza inficiare sul risultato finale per noi spettatori.
Malediciamo nel contempo la distribuzione miope e ridotta che ha lasciato solo un numero di sale del tutto risibile a godere di questo capolavoro. noi cerchiamolo, ogni sforzo per vederlo sarà ampiamente premiato.
-
SATURNO CONTRO
Titolo Originale: SATURNO CONTRO
Regia: Ferzan Ozpetek
Interpreti: Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino, Margherita Buy, Ennio Fantastichini, Luca Argentero, Isabella Ferrari, Milena Vukotic, Serra Yilmaz
Durata: min -103
Nazionalità: Italia 2007
Genere: drammatico
Al cinema nel Febbraio 2007
http://img80.imageshack.us/img80/508...ocontroyd7.jpg
Trama: le insicurezze di una piccola comunità con membri gay ed etero che vivono le proprie ansie e insofferenze in un calderone di emozioni e tradimenti intercalati tra di loro. Nonostante tutti abbiano un lavoro o una realizzazione all'interno della società, debolezze ed insicurezze la fanno da padrone assoluto. Il rifugio nela droga o nel tradimento non sembra donare serenità a nessuno, quando...
Commento : Le fate ignoranti in una versione diversamente angolata con personaggi che prima erano traditori di conseguenza ora sono traditori di pertinenza(Accorsi), con una comunità gay variegata che riprende il personaggio della matrona che vigila sul gruppo e l'attrice più cornificata che esista, attorialmente parlando, Margherita Buy(sembra che possa fare solo questo nelle parti che le danno). Uscito in un clima politico rovente per la faccenda dei Dico, sicuramente i ditributori lo hanno considerato, questo film di Ozpetek sembra che voglia proseguire il cammino intrappeso con"Le fate" per approfondire alcuni concetti. Invece questo film è totalmente superficiale, irrisorio nella trama, scontatissimo negli sviluppi e del tutto privo di emozione e fascino nei momenti che dovrebbero essere topici. Utilizzando dei belli nostrani(Argentero,Accorsi)il regista turco si sofferma a punteggaire dialoghi banalissimi, situazioni del tutto assurde(quello nel residence è da delirio in un film di queste intenzioni)e con facile scelta di sceneggiatura infila la tragedia addosso al personaggio più vulnerabile per cui anche il più amato che tutto il gruppo stima.
Proseguendo tra pianti, lacrime, poche urla e atteggiamenti del tutto senza senso insieme a scene gay di una credibilità pari a zero(Favino che fa lingua in bocca sembra gay quanto un mattone in mezzo ai denti e vorrei sapere come si fa a scriturare Ambra Angiolini)la commedia dell'assurdo rasenta l'incredibile quando un omosessuale di mezza età si autodefinisce "frocio"e non gay, come se il passare degli anni determinasse una connotazione di comportamento e di qualità del voler desiderare una persona dello stesso sesso. Una cosa vergognosa questa settorializzazione dell'amore(che esiste indipendentemente dalla cultura e dalle radici)sopratutto in un film che vuole essere una parola di libertà e coraggio per gay e lesbiche, quando ormai al giorno d'oggi nessuno si scandalizza più minimamente e giustamente di queste cose.
Un comportamento irritante che prosegue con la più piatta delle storyline, situazioni ultrabusate, introduzione di personaggi inutili come le scenette dei bimbi, iconografie come quella del pesce nella palla stile"Rosebud" a significare la mancanza di respiro, dell'essere fuor d'acqua, ma nel contempo ognuno porta con orgoglio il proprio sentire fino a far dichiarare un atto indegno, pubblicità mostrate del tutto senza equivoci come quella vergognosa della posta, e un finale patetico che di buono ha solo la liberazione dalla poltroncina che ci ospita per queste due inutili ore. Rivediamo la mitica Pina brevemente, ma è del tutto un altro discorso.
Saturno sarà anche stato contro, ma questo film aveva tutto lo zodiaco a dirci di non andarlo a vedere...
-
Scrivimi una canzone ( 2007 )
TITOLO ORIGINALE
Music and Lyrics
NAZIONE
USA
GENERE
Commedia, Romantico
DURATA
96 min. (colore)
DATA DI USCITA
23 Febbraio 2007
REGIA
Marc Lawrence
SCENEGGIATURA
Marc Lawrence
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
PROTAGONISTI
Drew Barrymore
Hugh Grant
Brad Garrett
Kristen Johnston
Haley Bennett
Scott Porter
Campbell Scott
Jason Antoon
http://img120.imageshack.us/img120/1...ry36725bx0.jpg
http://img120.imageshack.us/img120/1...ry37216vd8.jpg http://img341.imageshack.us/img341/9...ry37208nl7.jpg
Trama: Alex Fletcher negli anni 80 era uno dei due componenti del gruppo i "Pop", passando il tempo e restando ancorato al modo di muoversi e di fare musica del tempo al sua carriera sembra al tramonto. Un giorno un insperato colpo di fortuna lo porta a dover scrivere una canzone per la pop star del momento, Cora. In crisi di idee e senza tempo per un testo decente una ipocondriaca ragazza che gi cura le piante sembra in grado con la sua tenera semplicità di dargli una mano...
Commento : Divertente senza impegno questo viaggio/omaggio nel passato, dove un cantante che non si è disaffrancato dai tempi non trova sbocchi produttivi per ricominciare una carriera ormai da tempo tramontata. Marc Lawrence, al secondo lavoro con Hugh Grant dopo "<i>Due settimane per innamorarsi</i>", confeziona questo prodotto con leggerezza e ironia, con l'intento di far conoscere alle nuove generazioni piccole tracce di un tipo di musica che piaceva a gran parte dei loro papà e sopratutto mamme ora quarantenni.
Abbiamo quindi citazioni di gruppi più o meno conosciuti, come Billy Idol e i Frankie Goes To Hollywood, che ai tempi fecero furore proponendosi sopratutto con testi semplici, leggeri, con musiche orecchiabili e che consacravano i sentimenti.
Lo scopo di questo film infatti è di nobilitare i sentimenti rispetto al sesso più o meno occulto delle canzoni di oggi(il personaggio di Cora in questo senso è emblematico), operazione che con la tenerezza che la Barrymore esprime in questo film(amante dei fiori, delusa in amore, semplice e pura)riesce benissimo.
L'inizio è strepitoso, con il brano "Pop! goes on your heart",(chiaro parallelelismo tra l'andare a Hollywood e verso i sentimenti)che ci fa calare subito nelle atmosfere del tempo, con Hugh Grant ispiratissimo, tutto mossette d'anca e capelli alla moda. Poi l'ingresso della Barrymore è un tenero parametro per i tempi che corrono, evidenziato ancor più dalla fanatica sorella che ritrova un idolo della sua giovinezza che si pensava ormai sepolto. Grazie alla tenerezza e ai buoni sentimenti si possono risolvere problemi e insicurezze personali, che tra l'altro nel film sono davvero di una valenza molto leggera come le canzoni proposte e omaggiate, trovando la forza nelle parole giuste. Il film scorre leggero, simpatico, ma purtroppo altamente prevedibile. In questo tipo di commedie sentimentali onestamente sarebbe pretenzioso cercare qualcosa di più o di diverso, non è nella loro natura e cercare di diversificarle per dargli profondità molto difficile e solo nelle corde di bravi cineasti di cui Lawrence non è certo la punta artistica, hanno un meccanismo ormai collaudato con l'incontro tra i due belli e dall'esito superscontato, quello che importa è che dentro si possa leggere un piccolo messaggio, per quanto scontato, mentre si trascorre un centinaio di minuti in serenità, magari mano nella mano con fidanzata o, in questo caso, ancora meglio se moglie. L'obbiettivo della operazione nostalgia viene perfettamente centrato, i quarantenni si divertiranno sicuramente più dei ventenni calandosi maggiormente nelle musiche, ma in ogni caso anche questi ultimi avranno visionato un prodotto gradevole e saranno soddisfatti del costo del biglietto. Certo, l'eccessiva tenerezza di cui è soffuso potrebbe anche infastidire, ma l'onesta di indirizzo è chiara e ben delineata e non si potrà sicuramente dirsi traditi se si entra in sala.
Tra l'altro il finale propone due brani molto belli, senza clamori di sonoro e in una scenografia perfetta con una piccola citazione del finale a livello di inquadrature a "<i>Cantando sotto la pioggia</i>". Accontentiamoci, e facciamo andare il pop verso il nostro cuore...
-
Intrigo a Berlino
http://img134.imageshack.us/img134/3...1204202pb8.jpg
http://img221.imageshack.us/img221/3...8235974ib9.jpg
http://img221.imageshack.us/img221/8...7758811qd7.jpg
Regia Steven Soderbergh, Steven Soderbergh
Sceneggiatura Paul Attanasio, Paul Attanasio
Costumi Louise Frogley, Louise Frogley
Fotografia Steven Soderbergh
Montaggio Steven Soderbergh
Musiche Thomas newman Kohout, Thomas newman Kohout
Scenografia Philip Messina, Philip Messina
Cast
Capitano Jacob 'Jake' GeismerGeorge Clooney
Lena BrandtCate Blanchett
TullyTobey Maguire
LeviDominic comperatore
BreimerJack Thompson
Tenente SchaefferDave Power
DannyTony Curran
Trama : The Good German---- ...alla fine della Seconda Guerra Mondiale le potenze mondiali si radunano per decidere il destino della Germania Nazista sconfitta. Ma oltre che decidere la divisione di beni e territori c'è molto altro che rimane nascosto e di cui non si parla. Una affascinante Dark Lady sembra tenere le fila di tutto per scopi oscuri...dopo i primi omicidi che sembrano a scopo di lucro si capisce che ...
Osservazioni : Solo un regista disaffrancato da ogni problema di riscontro al botteghino e tanta capacità creativa come l'intelligente Steven Soderbergh, coadiuvato da un regista/attore che non ha per nulla timore di mettersi in gioco come Clooney, poteva proporre questa bellissima pellicola nostalgia, autentico omaggio sentito e pensato verso “Casablanca”(sin dal manifesto, provate a confrontarli), cinema che sembra fuori dal tempo. Immergendosi nella visione di questa pellicola sembra di essere in un film fatto in quegli anni e non in un film con lo stile tipico dell'epoca. Un grande bianco e nero esalta infatti atmosfere, musiche, inquadrature e addirittura stilemi dei gialli-noir anni 40-50 (incredibili le inquadrature con lo schermo che scorre sul fondo con inquadratura dentro l'autovettura ferma in studio tipiche del tempo andato)con venature di spy-story di cui il capolavoro sopracitato è stato e sarà per sempre l'emblema incontrastato.
La storia tra l'altro, contrariamente ad altri lavori di Soderbergh che possono risultare criptici od ostici al grande pubblico(inutile ricordare lo sperimentalistico”Full frontal”), scorre via benissimo,e
se è vero che il lavoro si concentra soprattutto sul visivo, non c'è nulla che possa impedire una fruizione appassionante, intrigante e di grande effetto con alcune cognizioni espresse di grande pregio della situazione post bellica.
Tra l'altro anche il non esperto o che non ha mai visto”Casablanca” non addita ad ingenue o superate certe scene ma ne riconosce lo spirito omaggiante, riconoscendo lo sforzo tutt'altro che facile di riproporre con qualità.
Nel reparto attori, oltre a un convincente Clooney,(che sappiamo benissimo interpretare solo parti in cui crede veramente), abbiamo un Toby”Spiderman”Mc Guire che abbandona i panni del bravo ragazzo per interpretare un violento e avido sfruttatore,(stupendo il dialogo tra lui e il diversamente abile iniziale), prova convincente che quando a dirigere c'è un indipendente(forse l'indipendente per antonomasia di oggi oltre a Lynch)anche gli attori si liberano di alcune pastoie sia iconografiche che recitative, come del resto la stupenda Blanchett(orrendamente doppiata,anno veramente nero per i doppiaggi questo...)disegna lucidamente un ritratto di Dark Lady affascinante, tenebroso e di grande rimando alle sue illustrissime colleghe del passato(oltre che la gentile figura di Ingrid Bergman del titolo rimando, la splendida Marlene Dietrich).
Grande lavoro in tutti i settori, di composizione e recitazione, per un film fuori dal tempo che di prepotenza vuole farci capire che le basi di quanto ora vediamo non perdono assolutamente di impatto riproposte con questa intensità, invogliandoci a noleggiare vecchi classici oppure ad abituare il nostro occhio moderno alle cognizioni fondanti.
Un pasto prelibato per i cinefili, ma un buonissimo film anche per lo spettatore occasionale che uscirà dalla sala soddisfatto da questa pellicola, intensa, coinvolgente che offre anche degli spunti su quanto in fondo gli orrori della guerra non erano volontà solo dei cattivi.
-
Borat
Cast
Borat Sagdiyev Sacha Baron Cohen
Azamat Bagatov Ken Davitian
Se stessa Pamela Anderson
Credits
Sceneggiatura Sacha Baron Cohen , Anthony hines , Peter Baynham, Dan Mazer
Regia Larry Charles
Costumi Jason alper
Fotografia Anthony hardwick , Luke geissbuhler
Montaggio James Thomas, Peter teschner Shore, Craig alpert
Musiche Erran baron cohen
Scenografia David maturana
http://img295.imageshack.us/img295/9...2184js8.th.jpg
http://img127.imageshack.us/img127/3...4047611qp6.jpg
http://img295.imageshack.us/img295/8...0766386ul9.jpg
Trama: Borat e' un poco credibile reporter Kazako che deve fare un filmato sull'America a uso e consumo del suo paesino disperso...arrivato in America insieme al suo manager scopre usi e costumi del tutto diversi in cui lui si integra a suo modo, ma sopratutto l'amore per le procaci bagnine, sopratutto una...
Commento:: Borat nell'America televisiva è paragonabile a un personaggio dello Zelig italiano, che ora diventa il protagonista di un film dissacrante e pieno di frasi e situazioni oltre(motivo del divieto ai minori di 14), accatastate come tanti siparietti situazionali a formare un quadro narrativo flebile e abbastanza risibile.
D'altronde come intenzione non c'era assolutamente quella di fornire una vera storia o un film completo, ma quanto più una scusa per prendere in giro aspetti seri o semiseri della vita Americana. E dopo aver scoperto le stranezze della vita del piccolo villaggio l'ingenuo Borat che fa del sesso il feticcio di vita si trova di fronte al colosso Americano a dover parametrare il suo personale orgoglio con le abitudini di facoltose famiglie, terrorizzato dalla possibile presenza degli ebrei o degli zingari, cercando strane calamite in un paese dove per i suoi occhi ammirati tutto è possibile.
Il film è zeppo di battute volgari, come del resto era il precedente Ali-g, ma bisogna dire che il contesto in cui vengono messe risulta sempre genuino in quanto il protagonista è tanto ingenuo quanto convinto nelle sue asserzioni assurde(la scena della cena con successiva spiegazione di uso della tazza è divertentissima), mentre non ha paura ad osare come nella scena del litigio nella camera d'albergo(vedere per credere, roba che non si era mai vista in un film a larga distribuzione...), per finire con la scena migliore, cioè quella degli ebrei.
Un film che si è dotato di una grandissima campagna distributiva, che lo ha innalzato nella curiosità del pubblico oltre quello che effettivamente sia il suo valore. Girato con camera a mano come se fosse un documentario(nella trama lo è), dopo il primo iniziale impatto con le sue frasi in un dialetto divertentissimo(complimenti al doppiatore Pino Insegno, una scelta egregia di tono e inflessione di voce)rischia di essere ripetitivo anche se la lunghezza del girato non è eccessiva.
Non si può dire di sganasciarsi dalle risate vedendolo, a volte molto è più dovuto alla simpatia di Sacha che al vero senso comico delle battute, ma rispetto a prodotti nostrani questo Borat risulta meno pesante, scontato, ma sopratutto in alcuni punti un occhio disancantato che non teme censure e luoghi vietati nell'esplorare abitudini e falsi miti, come quello dell'amore smodato per i fans rispetto ai loro beniamini, proponendosi senza problemi con un baciuz in bocca quando darne uno sulla guancia rischia di far arrossire nella società di oggi. Guardatelo senza pretese, sotto la campagna pubblicitaria qualcosa c'è...
-
L'ultimo Re di scozia- Oscar a Forest Whitaker come miglior attore protagonista
L'ultimo re di Scozia
(The Last King of Scotland)
Un film di Kevin Macdonald. Con Forest Whitaker, James McAvoy, Kerry Washington, Simon McBurney, Gillian Anderson. Genere Drammatico, colore, 121 minuti. Produzione Gran Bretagna 2006.
http://img411.imageshack.us/img411/8183/immqo6.jpg
http://img408.imageshack.us/img408/6503/05aw7.jpg
http://img163.imageshack.us/img163/2465/08rr4.jpg
Trama:La cronaca della vita politica dell'Uganda negli anni 70 vista attraverso gli occhi di un volenteroso medico scozzese giunto con buoni propositi di aiutare il popolo in difficoltà e poi costretto a doversi misurare con il nuovo capo di Stato Idi Amin Dada asceso al potere dopo aver scacciato il suo precedessore Obote.
Dalla dura vita nei dispersi villaggi Ugandesi ai confortevoli palazzi del potere il giovane medico dovrà calibrare coscienza con dovere impostogli dal suo giuramento.
Commento: Forest Whitaker ha strameritato l'oscar di quest'anno per questa intensa interpretazione(volta a dimostrare che il capo di Stato era si un crudele dittatore ma anche un uomo ipocondriaco e che non era del tutto un mostro da demonizzare)ma a dire il vero avrebbe dovuto avere quello di...non protagonista.
Interpretazione tanto valida da farlo giganteggiare sulla pellicola come una sorta di fantasma onnipresente, ma il vero protagonista di questo film è il giovane medico scozzese Nicholas Garrigan(James McAvoy,ricordabile per il fauno di "Narnia"), che lo supera in presenza fisica e minutaggio di recitazione nel film,(in bravura no certamente, interpretazione veramente da applausi quella di Whitaker) ma anche e sopratutto per il fatto che sono i suoi occhi il metro sempre diverso attraverso il quale si può vedere la bontà o la cattiveria di Amin.
Speranze, delusioni, paure e gioie sono sempre come monitorate dal gigantesco capo di Stato, onnipresente, che per ammiccarsi le simpatie di quel paese si autoproclama"Ultimo re di Scozia", che come ogni persona al centro del mirino vive continuamente di paure cercando di fare promesse al popolo pensando comunque sopratutto alla propria tutela. Tratteggiata benissimo l'ipocondria con questa sorta di affrancamento del giovane e capace medico, la regia ma sopratutto Whitaker si preoccupano di segnalare anche il fattore umano nel dipanarsi della storia, con le scene del progressivo disincanto per mostrare il reale e contemporaneamente anche la dimostrazione dell'amore per i figli avuti da più mogli che arriva comunque anche in un simile frangente.
La storia procede in maniera fluida, e dopo averci mostrato la povertà e il senso vero della missione medica, i suggestivi, ma poveri, paesaggi vengono sostituiti con gli sfarzosi ma corrotti palazzi del potere. E a poco a poco anche Garrigan deve giocoforza mutare, sostituire il dovere medico con il dovere umano, perdendo mano a mano ogni connotazione di semplicità, speranza e dovere.
Un gioco di uomo che violenta la natura e la fiducia progressivo, stimolante, che sostituisce man mano il genuino con il becero, in un film che non smette mai per un secondo di interessare e che nel comparto finale arriva a buonissimi punti di thrilling(con citazione di"L'uomo chiamato cavallo")e utilizza dei filmati di repertorio per chiudere l'arco narrativo.
Da vedere per conoscere e approfondire un pezzo di storia di un paese Africano dalle tragedie come al solito troppo spesso dimenticate, ma per godere anche di cinema con una interpretazione grandiosa giustamente premiata, una fotografia rigorosa dei paesaggi, una storia progressiva e coinvolgente, e dulcis in fondo della visione di bellezze femminili locali.
Nella parte di Sarah troviamo la mitica Dana Scully di X-files.
-
Uno su due
http://img134.imageshack.us/img134/9036/immey8.jpg
http://img221.imageshack.us/img221/1...8media1hz0.jpg
http://img224.imageshack.us/img224/3...7media4dj4.jpg
Italia, 2006 - 100'
Colore, 35 mm
Uno su due
Regia
Eugenio Cappuccio
Cast
Fabio Volo (Lorenzo Maggi)
Anita Caprioli (Silvia)
Ninetto Davoli (Giovanni)
Giuseppe Battiston (Paolo Albini)
Tresy Taddei (Tresy)
Agostina Belli (Elena)
Paolo Rota (Antonia)
Francesco Crescimone (Crescimone)
Pino Calabrese (Dottor Ferretti)
Sceneggiatura
Eugenio Cappuccio, Fabio Volo, Michele Pellegrini, Francesco Cenni, Massimo Gaudioso
Trama--- Lorenzo è un avvocato rampante dedito al successo che sembra arridergli con un grosso affare con la Russia. Un giorno però sviene per strada e i medici gli riscontrano dei problemi neurologici. Nel limbo della paura per qualche giorno in attesa della diagnosi definitiva dopo il ricovero in neurochirurgia, conosce il camionista Giovanni. Un incontro illuminante che in attesa del responso lo porta a riscoprire cose che nella vita non sembravano poi tanto fondamentali...
Commento: un lavoro a metà questo del regista Cappuccio(tutt'altro che un esordiente, dato che è stato un collaboratore di Fellini in "Ginger e Fred"), ha già al suo attivo altri due film, di cui segnaliamo"Volevo solo dormirle addosso", quasi a simbolo del titolo che fonda tutto il suo racconto sul numero 2(due le ciabatte o scarpe in cui ci si trova in casi simili, due le possibilità del dentro o fuori dall'incubo della malattia). Decisamente meglio la prima metà ambientata nel reparto di neurochirurgia, dove l'incontro con Giovanni(un bravissimo Ninetto Davoli, un vero piacere rivederlo)apre lo spazio al coraggio dopo la terribile notizia, con la filosofia dei sapori riscoperti(la scena nel bar)e le nuove inevitabili mancate possibili prospettive che costringono a vedere le altre persone in una nuova versione(la scena della cena in questo senso è un piccolo gioiello, un po' meno quelli con la sorella apatica e tremula).
Definito bene anche il simbolismo della ricerca dei valori della vita vacui e solo dovuti a una società consumistica rappresentati dal [Tv] al plasma che costa/vale sempre di meno, a cui Lorenzo sembra dare tanta importanza e che poi anche in un contesto perfetto risulta del tutto insignificante(e che dà la possibilità al regista di citare i fratelli Karamazov).
Il regista intelligentemente, coadiuvato da una recitazione di buon livello di Fabio Volo, tratta il delicato tema con le pinze e fa trasparire un misto di accettazione e di rassegnazione, ma anche tanta forza di volontà con la quale i personaggi non tendono all'annullamento ma alla calibrazione delle cose importanti della vita in questa diversa prospettiva.
Poi, purtroppo, il segmento secondario dell'attesa del responso è meno convincente, privo di fascino, parecchio forzato e con situazioni di ricerca di una certa azione base che avviene nel film poco convincenti. Il finale comunque è praticamente perfetto, giustamente bilanciato per non dare false illusioni a chi è coinvolto in prima persona ma anche giusta speranza.
Bisogna riconoscere a questo lavoro imperfetto comunque una onestà di base, una voglia di raccontare sincera senza voler sfruttare il tema per facili sperequazioni di sentimento o di botteghino. Dopo la parentesi di”Manuale d'amore 2” Volo ritorna a un cinema di maggior valore, sorridendo molto poco e osservando il mondo con occhi spenti.
Ideale per una serata di valido impegno, svolge una possibile azione di post colloquio stimolante maggiore dei suoi effettivi pregi cinematografici troppo relegati a simbolismi non ricercati e concetti semplici, ma forse per questo ancor meglio recepiti nella propria sfera personale.
-
Correndo con le forbici in mano
Ritratto familiare americano dal libro di Augusten Burroughs
(Running with Scissors)
Un film di Ryan Murphy. Con Annette Bening, Jill Clayburgh, Brian Cox, Joseph Fiennes, Evan Rachel Wood, Alec Baldwin, Joseph Cross, Gwyneth Paltrow. Genere Commedia, colore, 116 minuti. Produzione USA 2006.
http://img164.imageshack.us/img164/379/immbd5.jpg http://img329.imageshack.us/img329/7...biciinmri0.jpg
http://img404.imageshack.us/img404/9...scissorbi1.jpg
http://img404.imageshack.us/img404/2...orspubkqc7.jpg
Trama: una scrittice di poesie in preda a crisi isteriche che la portano a una aridit
-
Il vento che accarezza l'erba
Palma d'oro a Cannes 2006, il film di Ken Loach, racconta un pezzo di rivolta indipendentista irlandese negli anni '20, che porter
-
the Saw 3- l'enigma senza fine
Regia: Darren Lynn Bousman
Sceneggiatura: Leigh Whannell, James Wan
Fotografia: David A. Armstrong
Montaggio: Kevin Greutert
Musica: Charlie Clouser
Interpreti: Tobin Bell, Shawnee Smith, Bahar Soomekh, Angus Macfadyen, Dina Meyer
Nazione: USA
Anno: 2006
http://img339.imageshack.us/img339/594/saw7gq5.jpg
Trama : scappato dalla polizia e sfuggito ai controlli, il grande burattinaio che si serve di enigmi per soddisfare il suo personale gusto della giustizia si ritrova insieme alla sua adepta Amanda a percorrere un nuovo gioco di sadiche torture e indicibili sofferenze a delle vittime prescelte. Ma la malattia di cui il JigSaw è affetto sembra non lasciare scampo, per cui...
Commento: <i>The Saw 3</i>, ovvero quando l'abuso dei seguiti porta a una terrificante camminata sugli specchi, o meglio, visto l'argomento del film, su degli irti spuntoni di una sceneggiatura che già con il secondo capitolo stava per scricchiolare, salvandosi per una scelta di situazioni di prigionia corali e di colpi di scena che ne risollevarono il risultato finale. Questo terzo capitolo gioca subito a viso scoperto in quanto conosciamo benissimo la coppia John/Amanda che tira le fila del perverso gioco di incastri, ma purtroppo man mano che l'azione prosegue invece di attirare l'attenzione e la curiosità dello spettatore tutto si affloscia in una sarabanda del gore fine a se stesso, fatto bene quanto volete, dato che alcune torture sono di una cattiveria allucinante(notevole quella ispirata all'inizio di <i>Hellraiser 3</i>)e realizzate davvero bene, ma comunque gusto del sadico che non è funzionale al procedere della trama come dovrebbe, arricchendo la suspance invece di catalizzarla, e possiamo anche notare una certa ripetitività nel design arrugginito ad hoc degli strumenti. Regista e sceneggiatore(il secondo regista del primo ottimo capitolo)cercano di chiudere la trilogia con il concetto dei corpi appesi, cioè come"essere appesi a un filo"(quasi tutte le vittime sono in questa posizione), scadendo anche in improbabili citazioni famose(DeNiro in"<i>Taxi driver</i>"allo specchio),e citandosi con la scena del fucile, dando un movimento percettibile solo in minima parte alle vere evoluzioni della trama che essendo quasi interamente da sviluppare in poche stanze chiuse alla fine si rivela troppo claustrofobica.
Alcuni flashback cementano parti poco chiare dei primi due capitoli, cercando di comporre quindi nel trittico un affresco completo, chiudendo cerchi irrisolti di situazione che i fan della serie si domandavano da tempo. In definitiva un film che farà la gioia degli amanti del gore(c'è davvero di tutto, da operazioni chirurgiche a scarnificazioni più o meno profonde, da tagli auto inferti a macchinari complicatissimi e surreali, come quello dei suini, che farebbero invidia a quelli assai più innocui ma ingegnosi degli scontri di Macchia Nera e Topolino, situazioni di prigionia che se vogliamo sono la base del concetto di queste prigionie con scappatoia), che non si risparmia negli effetti speciali e nella gioia di mostrare sadicamente il dolore, più e meglio dei predecessori, essenziali da visionare prima di questo(troppi rimandi al passato, visto a se non significa nulla). Un finale raffazzonato e un disegno superiore davvero tirato per i capelli chiudono uno spettacolo chiuso nel suo genere di buon livello ma senza colpi di scena validi nella storia, da sconsigliare altamente a chiunque sia troppo sensibile."Game over!" si dice nel film, e non possiamo neppure dire speriamo in quanto il quarto capitolo è in arrivo...
-
Death of a president
Death Of a President - Morte Di Un Presidente (Death of a President)
CastHend Ayoub, Jay Patterson, James Urbaniak, Christian Stolte
Durata 01:30:00
Data di uscita Venerdì 16 Marzo 2007
Generi Drammatico, Thriller
Distribuito daLUCKY RED (2007)
http://img180.imageshack.us/img180/2...3671379pz4.jpg
<u>Il futuro senza Bush</u>
Sinossi: l'ipotetica uccisione di George Bush in un documentario fasullo, le pecche del servizio d'ordine e le leggerezze di controllo su un gruppo di manifestanti, le preoccupazioni del mondo e il finto funerale. Il tutto frammistato ad interviste con possibili colpevoli e collaboratori di fantasia.
Commento: 19-ottobre 2007 , una data ipotetica futura per il summa dei delitti politici : l'uccisione del presidente Bush, vista come un documentario attraverso le ricostruzioni e le testimonianze di ipotetici presenti al delitto e falsi collaboratori del presidente Americano attualmente in carica.
Una ricostruzione minuziosa dell'avvenimento prossimo futuro ( ci immaginiamo George che fa scongiuri di ogni tipo...) messa in pellicola alternando, grazie a un sapiente lavoro di montaggio, fotografie e filmati veri di repertorio ( per il funerale vengono usate le esequie di Ronald Reagan ). La ricostruzione è assolutamente minuziosa, partendo dalla locazione in cui avviene la tragedia, un albergo di lusso che ospita la conferenza, alla ricostruzione da parte del servizio d'ordine (”Per una persona l'atterraggio dopo un viaggio in aereo è una gioia, per noi cominciano le preoccupazioni”) di tutte le falle nei controlli che si sono verificate che hanno portato alla uccisione del Presidente.
Il film di fronte alla minuzia della ricostruzione di come si sia giunti ai due spari fatali, che è di sicuro pregio, ha di contro il difetto che manca di ogni vero approfondimento di quanto dopo potrebbe succedere a seguito della sua uccisione, sui risvolti politici di come il mondo potrebbe reagire a un avvenimento di tale portata, limitandosi a tratteggiare uno scenario minimale di possibile ritorsione/vendetta verso la Corea del Nord e l'Oriente in generale. Il senso alla fine che se ne trae potrebbe essere quello non di una assenza fondamentale ma solo di un formale passaggio di consegne, visto che Cheeney assorbe la carica senza particolari scossoni nel paese. Tra l'altro la collocazione dell'avvenimento, oltre a presentare parecchi dubbi nella meccanica possibile ( è strano che Bush si sia fatto trovare all'aperto senza difesa con tanti alti palazzi attorno del tutto, come si dice in gergo, imbonificabili, diventando un facile bersaglio), avviene durante una manifestazione di aspra protesta contro di lui, dando la sensazione precisa di quanto comunque molti anche non provando esultanza, non piangeranno troppo per la sorte del loro Presidente.
Lavoro in definitiva straniante ma non stimolante, curioso nella sua idea iniziale ma in fondo del tutto inutile visto che si limita al mero approfondimento del come e non del perchè o del sarà, che dopo un po' porta alla noia.
-
in memoria di me
Regia di Saverio Costanzo con Christo Jivkov, André Hennicke, Marco Baliani
Genere: drammatico
Durata: 115 minuti
Anno: 2006
http://img256.imageshack.us/img256/6...riadimeuh7.jpg
http://img403.imageshack.us/img403/2...dime202pe1.jpg
Trama: Andrea (Christo Jikov) è un bel ragazzo sui trent’anni che, apparentemente, sembra avere tutte le carte in regola per riuscire nella vita. Ma il suo rapporto con il mondo lo porta ad un profondo stato di smarrimento. Per questo, con lo scopo di recuperare un certo stato di equilibrio interiore, si sottopone al noviziato. Lungo il percorso accidentato della preghiera e degli esercizi spirituali per l’avviamento al sacerdozio, Andrea scopre l’universo misterioso ed intransigente del monastero. Nel silenzio assordante della grande comunità ecclesiastica, i novizi vengono costantemente tenuti d’occhio. Spiando i loro gesti e sorvegliando i loro moti più intimi, il Padre Superiore (André Hennicke) cerca di spronare i ragazzi ad abbandonarsi definitivamente a Dio. Durante il suo difficile percorso interiore, l’attenzione di Andrea si concentra sull’irrequieto Fausto (Fausto Russo Alesi) e su Zanna (Filippo Timi), novizio ribelle contrario al ‘dogmatismo’ dell’intero sistema-Chiesa.
Commento:un cinema fatto di luci e ombre, di stili geometrici e ricercatezza nel silenzio interrotto dalle musiche che ogni tanto irrompono a spezzare la continuità della monotona esistenza di questi novizi insicuri. Non tanto perchè gli manchi la fede, ma perchè non riescono a percepire il vero motivo della loro presenza e della loro missione all'interno del luogo di culto. Filmando con geometrie rigide e continui movimenti di zoom, per meglio centralizzare l'attenzione o allargare il campo visivo, Costanzo si concentra sulle luci e sulle ombre dei misteri che sono presenti all'interno dell'edificio mostrandoci lunghi corridoi mai veramente solari, volti che raramente tradiscono emozioni e persone che solo nella semioscurità riescono a mostrare il loro vero sentire. Claustrofobia cinematografica intensa, dato che quasi tutto il girato è all'interno e non si percepiscono rumori e segni di vita esterni se non nel fischio e nel passaggio delle navi, con tanti richiami a stilemi del passato con presente il cinema delle ombre tedesco.
la vicenda si muove silenziosa tra le mura senza mai innalzarsi a vera scoperta dei piccoli/grandi misteri che il regista semina lungo il girato, apatica, e i movimenti sempre uguali durante il giorno non fanno altro che confermare la totale mancanza di onestà di quanto si può fare o dire, e l'unica cosa personale che il novizio riesce a compiere è la fuga, silenziosa, lontana dalla verità della motivazione per tutti gli altri, mentre in qualche luogo vicino ma dimenticato qualcuno sta soffrendo le colpe di qualcosa che non si trova nell'azione ma nel dogmatismo.
Veramente suggestive le inquadrature con camera fissa dei lunghi corridoi, le ampie vetrate che ricordano un cancello verso l'esterno visivo ma fisicamente imprigionante, ma sopratutto la telecamera sempre discreta che segue con presenza non invadente i movimenti ritmici o meccanici dei novizi mai preda di alcun vero stato emozionalmente eccessivo, costretti da un dogmatismo impietoso a lasciarsi tutto dentro.
Non si può nenache parlare di cinema anticlericale come potrebbe sembrare al primo impatto, i discorsi sono improntati alla denuncia di alcuni stati di un certo argomento, mentre la fede e la voglia di conoscenza dei sacri testi è reale, genuina, completamente desiderata. Solo che manca una necessaria logica della serenità nel poterla trovare, governata da dietrologie del tutto imponenti e oppressive, come il bellissimo discorso spiato con alle spalle la figura della statua dell'alto prelato alle spalle.
Prendendo a spunto il cinema di Philip Groning con "Il Grande silenzio"e il concetto base di"Stigmate"della semplicità del credo, Costanzo costruisce un film criptico, da seguire con estrema attenzione, ma suggestivo e potente, del tutto disaffrancato da ogni influenza produttiva, con una vitalità nascosta e magmatica all'interno dello spirito molto superiore a una solo apparente mancanza di emozioni, che i visi e le parole raramente trascendono, di quello che vediamo sullo schermo.
Da vedere per riflettere questi prodotti girati con coraggio, lontanissimi da ogni moderna pellicola, apprezzabile sia dal laico che dall'ecclesiastico in quanto raccontano uan storia senza esaltare o distruggere il tutto ma solo il comparto.
-
The fountain - l'albero della vita
The Fountain, Usa, 2006 - regia di Darren Aronofsky - scritto da Darren Aronofsky - con Hugh Jackman, Rachel Weisz, Ellen Burstyn, Sean Gullette, Sean Patrick Thomas, Donna Murphy - durata: 90 minuti - distribuito da Twentieth Century
http://img405.imageshack.us/img405/2758/poster17uh5.jpg
http://img118.imageshack.us/img118/4...0955316hr1.jpg
http://img109.imageshack.us/img109/1...3979154yo5.jpg
<u>L'amore senza epoca</u>
Trama: un amore infinito che si snoda nel tempo, tre epoche distantissime attraversate da un filo conduttore di un uomo e una donna che si amano. L'albero della vita perpetua l'esistenza, potrà perpetuare anche il sentimento ?
Commento: Tre epoche diverse per chiarire un concetto atavico e immortale: il vero amore non muore mai. Attraverso passato, presente e futuro, il regista Darren Aronofsky tratteggia un affresco di grande visualità, impreziosito dalla fotografia di Matthew Libatique ( uno dei direttori della fotografia prediletti da Spike Lee ) e fortemente voluto da lui stesso in quanto tratto da un suo racconto scritto a quattro mani con Ari Handel. Partendo dai conquistadores spagnoli alla ricerca di un misterioso albero che dona la vita eterna, si prosegue con andata e ritorno nelle spire del tempo in un gioco di conoscenza del passato e scrittura di un libro sul futuro possibile, con la rabbia costante della paura di perdere la vita ma sopratutto come conseguenza di questo l'amore eterno che si è dichiarato in epoche ormai lontane. Il motivo dominante del film è raffigurato dalla parola "Finiscilo", nove semplici lettere che la Weisz ( stupenda nelle vesti della regina Isabel sia in quelle della bianchissima Izzi Creo, simbolo etereo di purezza e tranquillità ) ripete più volte, tentando di convincere l'amato Tomas/Tommy/Tom Creo ( Hugh Jackman, che partendo da una versione con barba e capelli folti nei panni dl conquistador spagnolo, piena di forza e di rabbia, arriva via via a una pelata e riflessiva) alla chiusura, scrivendolo, dell'ultimo capitolo del libro che nella epoca di mezzo sta leggendo per ricongiungere i fili di una storia che sembra inevitabilmente debba terminare con la morte, che giunge dopo una malattia, dolore fisico che paradossalmente può donare quella felicità e tranquillità sempre mancante nella spasmodica ricerca di vivere per sempre insieme, tranquillità alla quale Izzi vuole convincere l'amato senza tempo. Concetto mai corrisposto, che alla fine rischia di essere solo un continuo assommarsi di cerchi del legno che non trovano mai un centro definito come quelli dell'albero che invecchia e avvizzisce.
Svolgendosi lungo tre epoche assistiamo a uno spettacolo diversificato ( appesantito inoltre dal fatto però che la narrazione non è lineare ma segnata da continui salti nel tempo avanti e indietro ), con soddisfazione di avere ambientazioni sempre diverse, da quella forestale, quella urbano-ospedaliera, e infine un microcosmo vegetale simile ad una bolla di sapone che vaga nello spazio. Il limite che si riscontra nella visione di questo "albero" è che il concetto basilare viene ripetuto all'infinito, estremizzando i limiti del suo elastico narrativo, con continue riflessioni anche un po' banali nella parte del presente che diventano monotone litanie, per poi scatenarsi in un finale pirotecnico di grande visualità dove Libatique ha potuto mostrare le sue capacità con una fotografia di altissimo livello che impreziosisce e illumina una saranbanda di effetti speciali notevoli che hanno il loro fulcro nella primavera improvvisa dei germogli. Di fatto le due parti esterne del tempo sono le migliori, più coinvolgenti sia nella riflessione che nell'azione in quanto più visuali della centrale troppo banale e piatta.
Portandosi dietro l'albero per il tempo Aronofsky, che torna alla regia dopo Requiem for a Dream (2000) e che praticamente aveva prima di Requiem girato solo un lungometraggio prodotto con soldi di amici e parenti, e che nella vita è il fidanzato della Weisz, vuole tratteggiare un novello paradiso dell'eden, mentre Adamo ed Eva devono giocoforza separare le loro esistenze perchè l'albero porta i germogli di una storia lunga ma non fruttuosa che non trova mai vera consolazione, parafrasi del film che racconta con un percorso troppo lungo
troppo poco, cercando storia in radici senza propaggini.