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Citazione:
Originariamente Scritto da
Arcobaleno
Non è del tutto vero. Certamente è richiesta una profonda modifica della fede e dell'attività da parte delle Chiese, che per loro pare inaccettabile, ma sarebbe sempre utile la diffusione dei messaggi di fede, desunti dalle comunicazioni divine.
Ma ti sembra che se Gesù ritornasse farebbe la stessa vita di prima, ma dai.
Ormai gli apostoli hanno imparato ed hanno insegnato quello che hanno capito, ed anche il loro compito è finito.
Quando cessa il sacrificio, e Gesù e gli apostoli si sono sacrificati molto, poi, c'è una certa aria di godimento mista a soddisfazione per aver fatto quello che doveva essere fatto. Da ciò è maturato un buon frutto ed me lo gusto.
Ormai si respira aria di libertà, quella che lascia da parte i pochi legami per trovarne 10 volte tanti.
Come?
Provare per credere, d'altronde se hai fede e non provi saresti come uno che ha le gambe ma non le muove perché gli piace poltrire pensando.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Arcobaleno
Insomma, nessuno nasce credente. Ci dev'essere qualcuno che lo indirizza verso la fede, qualunque essa sia.
Se credi al potere di Dio onnisciente sai che il tuo destino era già formulato nella sua mente prima che tu nascessi, come, in un certo verso, ha recitato un profeta biblico.
Anche nella parabola il prossimo aiuta ma di più non può fare perché non può sostituirti.
Gli altri sono importanti per capire e farti capire ma lo scatto è del partecipante alla corsa.
C'è anche chi non vuol partecipare o chi addirittura boicotta la corsa, ma, una volta che i muscoli si sono scaldati e messi in moto è deleterio fermarsi a ragionare:asd:.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
crepuscolo
Ma ti sembra che se Gesù ritornasse farebbe la stessa vita di prima, ma dai.
Certo che no. Due millenni non sono passati invano.
Citazione:
Originariamente Scritto da
crepuscolo
Ormai gli apostoli hanno imparato ed hanno insegnato quello che hanno capito, ed anche il loro compito è finito.
Quando cessa il sacrificio, e Gesù e gli apostoli si sono sacrificati molto, poi, c'è una certa aria di godimento mista a soddisfazione per aver fatto quello che doveva essere fatto. Da ciò è maturato un buon frutto ed me lo gusto.
Gesù e gli apostoli hanno fatto ciò che doveva essere fatto, ma poi ciascun uomo dovrebbe fare la sua parte, oltre che godere dei frutti dei predecessori.
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Non intendo godere i frutti dei predecessori, ma quelli personali.
I due millenni ci hanno solo allontanato da quel Gesù così genuino che adoriamo, come l'acqua della fonte perde la sua purezza allontanandosi dalla sorgente che l'ha generata, suscitando una specie di nostalgia.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
crepuscolo
- il tuo destino era già formulato nella sua mente prima che tu nascessi, come, in un certo verso, ha recitato un profeta biblico. -
Proprio cosi' "Crep".
Il salmo 139 riporta esattamente quanto tu hai postato !
Cosi' anche per l' autore del sapienziale Giobbe (cap. 3 )
:ciaociao:
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Infatti secondo me Gesù è il prototipo dell'essere Uomo-Dio o Dio-Uomo che alla fine è la stessa cosa, infatti dal Vangelo risulta evidente ciò che intendevano i compilatori ed è appunto spandere a tutti gli uomini la notizia che siamo parte di Dio già solo pensandolo.
E' vero che un pensiero di Dio, essendo eterno, vale più di tutti gli uomini messi insieme se gli stessi tendono a morire, ma pensare a Dio è sicuramente vivere.
La morte è il buio, mancanza di luce e di ogni orientamento. Come diceva Giovanni chi è nella luce gode della luce ed odia le tenebre ma chi è nelle tenebre rimane confuso perché non trova via d'uscita.
Poi arriva il panico che impedisce ogni lumen, ed arrendersi è la fine.
Ciao esterno, buon anno:mahciao:
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L'INCHIESTA SCONSIGLIATA.
In tal modo i protestanti seguivano l'esempio dei cattolici: mentre la chiesa di Roma toglieva la Bibbia al popolo, le chiese protestanti pretendevano che una parte importante della Parola di Dio — e precisamente quella che insegna le verità relative al nostro tempo — non potesse essere compresa. Pastori e membri dicevano che le profezie di Daniele e dell'Apocalisse erano misteri incomprensibili. Eppure il Cristo aveva richiamato l'attenzione dei discepoli proprio sulle parole del profeta Daniele, relative agli eventi che dovevano verificarsi ai suoi tempi, dicendo: "... chi legge pongavi mente". (Matteo 24:15) L'affermazione secondo cui l'Apocalisse è un mistero, che non può essere capito, è in contrasto con il titolo stesso del libro: "La rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli ha data per mostrare ai suoi servitori le cose che debbono avvenire in breve... Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che sono scritte in essa, poiché il tempo è vicino". (Apocalisse 1:1, 3)
Tenendo conto delle testimonianze precedenti, come osano gli uomini insegnare che l'Apocalisse è un mistero che supera la portata della comprensione umana? È un mistero rivelato, è un libro aperto. Il suo studio richiama le menti alle profezie di Daniele, in quanto i due libri (Daniele e Apocalisse) presentano le più importanti direttive, impartite da Dio, circa gli eventi che dovranno accadere alla fine della storia del mondo. A Giovanni furono rivelate scene di profondo interesse, per l'esperienza della chiesa. Egli vide la posizione, i pericoli e la liberazione finale del popolo di Dio e registrò i messaggi conclusivi, che devono permettere la maturazione e il raccolto sulla terra, sia per quanto riguarda i fedeli, cioè i covoni da raccogliere nei granai celesti, sia per quanto riguarda i nemici del Cristo, le zizzanie riservate al fuoco della distruzione. Gli furono rivelati soggetti di estrema importanza, specialmente per l'ultima chiesa, affinché coloro che abbandonano l'errore, per rivolgersi alla verità, possano essere avvertiti dei pericoli e delle lotte, che li attendono. Nessuno deve rimanere all'oscuro su ciò che sta per accadere nel mondo. Perché, allora, questa diffusa ignoranza su una parte così importante delle Sacre Scritture? Perché questo rifiuto, quasi generalizzato, a studiarne gli insegnamenti? Satana compie uno sforzo particolare, nascondendo agli uomini tutto ciò che può contribuire a rivelare i suoi inganni. Per questo motivo Gesù Cristo, autore di questa rivelazione, prevedendo la guerra che sarebbe scoppiata nei confronti dello studio dell'Apocalisse, pronunciò una benedizione su quanti avrebbero letto, ascoltato e messo in pratica le parole della profezia. La grande controversia, pp. 317-342.
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PASSI MISTERIOSI SU DANIELE.
Una grande analogia caratterizza le riforme o i movimenti religiosi che, di secolo in secolo, hanno segnato i progressi dell'opera di Dio. I princìpi che stanno alla base dell'azione divina nei confronti degli uomini sono sempre gli stessi e quindi i più importanti movimenti religiosi attuali trovano riscontro in quelli del passato, per cui le esperienze della chiesa contengono preziosi insegnamenti per la nostra epoca. La Bibbia lascia chiaramente intendere che gli uomini scelti da Dio per dirigere i grandi movimenti, destinati a realizzare il suo piano di salvezza sulla terra, erano guidati in modo particolare dallo Spirito Santo. Gli uomini diventano strumenti nelle mani di Dio, per l'attuazione dei suoi progetti, caratterizzati dalla grazia e dalla misericordia. Ognuno ha un incarico definito e a ciascuno viene accordata una conoscenza adeguata al suo particolare compito e sufficiente per permettergli l'attuazione del mandato, che Dio gli ha assegnato. Nessuno, però, per quanto onorato dal cielo, è mai pervenuto a una totale comprensione del piano della redenzione o a una perfetta valutazione del proposito divino, per l'opera che era stato chiamato a svolgere nella sua epoca. In altre parole, gli uomini non possono sempre capire completamente quello che Dio intende conseguire, tramite l'incarico che ha affidato loro, e quindi non riescono ad afferrare in tutta la sua portata il messaggio che stanno proclamando nel suo nome. Neppure i profeti, favoriti com'erano da una conoscenza particolare concessa loro dallo Spirito, si resero conto della portata delle rivelazioni ricevute. Il loro significato fu svelato gradatamente, nel corso dei secoli e nella misura in cui il popolo di Dio aveva bisogno degli insegnamenti, che tali rivelazioni contenevano. I profeti, pur non avendo avuto il privilegio di capire completamente le rivelazioni ricevute, cercavano comunque di avvalersi di tutta la conoscenza, che Dio gli aveva accordato. Essi, perciò, indagavano per conoscere "il tempo e le circostanze", indicati dallo "Spirito di Cristo, che era in loro". Che magnifico insegnamento per il popolo di Dio dell'era cristiana, che beneficiò di queste profezie, annunciate dai messaggeri dell'Altissimo! "E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi ministravano quelle cose". Notate con quanta cura questi uomini di Dio prendevano nota delle rivelazioni destinate alle generazioni future. Osservate il contrasto fra il loro santo zelo e la noncuranza che dimostrano alcuni nei confronti dei messaggi divini. Come non biasimare l'amore per il cosiddetto quieto vivere, per l'indifferenza che è frutto dell'attaccamento alle realtà terrene e per lo scetticismo di chi afferma che le profezie non possono essere capite!
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L'ESPERIENZA DEGLI APOSTOLI COSTITUISCE UNA LEZIONE.
Sebbene le menti limitate degli uomini non possano apprezzare i consigli dell'Essere infinito o capire completamente come si attuano i suoi piani, spesso la causa di questo stato di cose va ricercata nel fatto che gli uomini spesso non comprendono i messaggi divini per errore o negligenza. L'intelligenza umana, perfino quella dei figli di Dio, è talmente condizionata dalle opinioni comuni, dalle tradizioni popolari e dai falsi insegnamenti, che riescono solo parzialmente a rendersi conto delle verità sublimi che l'Eterno ha rivelato nella sua Parola.
Tutto ciò si verificò anche con i discepoli del Cristo, quando il Salvatore era ancora con loro. Le loro menti erano così condizionate dalle concezioni popolari riguardanti il Messia, considerato un principe che avrebbe innalzato Israele sul trono di un impero universale, che non riuscirono a comprendere il significato delle parole che annunciavano le sue sofferenze e la sua morte. Gesù stesso li aveva incaricati di annunciare il messaggio: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all'evangelo". (Marco 1:15) Quel messaggio si basava sulla profezia di Daniele 9. Le 69 settimane dovevano estendersi, per dichiarazione dell'angelo, fino "al Messia principe"; e così, con speranza e gioia, i discepoli sognavano l'insediamento di un regno messianico in Gerusalemme, in vista di un dominio esteso su tutta la terra. Essi predicavano il messaggio che era stato loro affidato dal Cristo, però ne fraintendevano il significato. Mentre il loro annuncio si basava su Daniele 9:25, non si rendevano conto che nel versetto seguente si parlava del Messia "soppresso".
Fin dall'infanzia erano stati orientati a credere e sperare nella gloria di un impero terreno e questo accecava la loro mente, sia per quello che la profezia indicava sia per quello che le parole di Cristo significavano. Essi fecero il loro dovere, trasmettendo alla nazione ebraica l'invito della misericordia divina, ma proprio quando pensavano di vedere il Maestro salire sul trono di Davide, egli venne arrestato come un malfattore, percosso, deriso, condannato e appeso sulla croce al Calvario.
Quanta angoscia e quanta disperazione scosse il cuore dei discepoli, durante i giorni in cui il loro amato Signore riposava nella tomba!Eppure il Cristo era apparso esattamente al tempo e nel modo indicati dalla profezia. La testimonianza della Scrittura si era adempiuta in ogni particolare del suo ministero. Egli aveva annunciato il messaggio della salvezza e il suo messaggio era stato trasmesso con potenza, tanto che gli uditori si erano convinti che si trattasse di un annuncio di origine divina, mentre la Parola e lo Spirito di Dio attestavano la missione del Figlio.
L'annuncio fatto dai discepoli, nel nome del Signore, era esatto in tutti i suoi particolari e gli eventi predetti si stavano adempiendo l'uno dopo l'altro. "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino": questo era stato il loro messaggio. Alla fine del "tempo" delle 69 settimane di Daniele 9, che dovevano estendersi fino al "Messia unto", Gesù aveva ricevuto l'unzione dello Spirito, subito dopo il battesimo impartitogli da Giovanni Battista al Giordano. Il "regno di Dio", definito "vicino", era stato stabilito dalla morte di Gesù.
Naturalmente questo regno non era, com'era stato loro insegnato, un impero terreno. Non era neppure quel regno futuro e immortale, che sarà stabilito quando "... il regno e il dominio e la grandezza dei regni, che sono sotto tutti i cieli, saranno dati al popolo dei santi dell'Altissimo" (Daniele 7:27), regno eterno nel quale "tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno".
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Nella Bibbia l'espressione "regno di Dio" indica sia il regno della grazia, sia il regno della gloria. Quello della grazia è messo in risalto dall'apostolo Paolo nella sua lettera agli Ebrei. Dopo avere indicato il Cristo come intercessore compassionevole, che ha condiviso la nostra umanità, l'apostolo aggiunge: "Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per esser soccorsi al momento opportuno". (Ebrei 4:16) Il trono della grazia rappresenta il regno della grazia, poiché l'esistenza di un trono presuppone necessariamente quella di un regno.
In molte delle sue parabole, Gesù usò l'espressione "regno dei cieli" per designare l'opera della grazia di Dio nei cuori degli uomini. Allo stesso modo, il trono della gloria rappresenta il regno della gloria, regno cui alludeva il Signore, dicendo: "Or, quando il Figliuol dell'uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo con sé tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui." (Matteo 25:31,32)
Si tratta di un regno futuro, che sarà instaurato al ritorno di Cristo Gesù.
Il regno della grazia fu istituito subito dopo la caduta dell'uomo, quando venne elaborato il piano della redenzione per l'umanità colpevole. Esso esisteva già come obiettivo e promessa di Dio.
Questo regno, del quale si diventa sudditi per fede, fu però stabilito ufficialmente solo dopo la morte del Cristo. Infatti, anche dopo essere venuto nel mondo per adempiere la sua missione terrena, il Salvatore, stanco dell'ostinazione e dell'ingratitudine degli uomini, avrebbe potuto benissimo rinunciare al sacrificio del Calvario. Nel Getsemani, il calice tremò nelle sue mani. Anche in quel momento egli avrebbe potuto asciugare il sudore di sangue, che imperlava la sua fronte, e lasciare che l'umanità colpevole pagasse per la sua malvagità. Se lo avesse fatto, non ci sarebbe stata nessuna possibilità di redenzione per l'uomo. Quando, però, il Salvatore offrì la sua vita ed esalando l'ultimo respiro esclamò: "Tutto è compiuto!", risultò chiaro che il piano della redenzione era assicurato e che era stata ratificata la promessa di salvezza, fatta in Eden alla coppia colpevole. In quel momento s'instaurava il regno della grazia, che fino allora era esistito in virtù della promessa di Dio.
In questo modo la morte del Cristo, che i discepoli consideravano la fine di ogni speranza, al contrario la confermò per l'eternità. Se per loro la morte del Cristo rappresentò una cocente delusione, in realtà dimostrò l'esattezza delle loro convinzioni. L'evento, che li aveva riempiti di amarezza e di disperazione, doveva contribuire ad aprire la porta della speranza a ogni discendente di Adamo e rappresentare il centro della vita futura e dell'eterna felicità dei fedeli figli di Dio di tutti i secoli.
Dopo la risurrezione, Gesù apparve ai discepoli sulla via di Emmaus "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano". (Luca 24:27)
I cuori dei due discepoli rimasero scossi e la loro fede fu ravvivata. Si sentirono "rinascere... ad una speranza viva", prima ancora che Gesù si fosse fatto riconoscere. Il Maestro volle illuminare la loro mente e aiutarli a fondare la loro fede sulla parola profetica. Voleva che la verità si radicasse profondamente in loro, non solo perché sostenuta dalla sua testimonianza personale, ma perché convalidata dai simboli della legge cerimoniale e dalle precise dichiarazioni profetiche dell'Antico Testamento. Era necessario che i discepoli di Gesù avessero una fede vera, non solo per se stessi, ma per trasmettere al mondo la conoscenza del Cristo.
Gesù richiamò l'attenzione dei discepoli su Mosè e sui profeti. Questa fu la testimonianza del Salvatore risorto sul valore e sull'importanza delle Scritture dell'Antico Testamento. Contemplando l'amato volto del Maestro, nel cuore dei discepoli avvenne un profondo cambiamento. (Luca 24:32) Essi riconobbero, da un punto di vista più completo e perfetto di prima, "Colui del quale hanno scritto Mosè ed i profeti".
In tal modo l'incertezza, l'angoscia e la disperazione furono sostituite da una serena fiducia e una fede senza dubbi. Non c'è da stupirsi se dopo la sua ascensione, essi "erano del continuo nel tempio, benedicendo Iddio". (Luca 24:53) La gente, che conosceva solo la storia della terribile morte del Nazareno, si aspettava di leggere sul volto dei discepoli un'espressione di dolore, di confusione e di sconfitta; invece li vide illuminati dalla gioia e dal trionfo.
E per quanto riguarda il Cristo del secondo avvento, come ho più volte ripetuto, si è avuto lo stesso misconoscimento, a causa degli stessi motivi che ingannarono i discepoli di Gesù.
Ditemi voi se tutti gli inviati divini che ho citato nei miei scritti, non sono forse angeli di Cristo che lo accompagnano alla sua seconda venuta. Ditemi voi se non ho portato messaggi celesti per elevare spiritualmente e, quindi, far risuscitare spiritualmente i lettori, fino a farli sentire al di sopra di questa terra, nell'aria, da questo punto di vista.
E poi, tutte le citazioni che ho fatte non servono forse a separare le pecore dai capri, il grano dalla zizzania? E non servono a radunare il popolo dei credenti, ovunque si trovino e in qualunque religione/testo sacro credano?
Certo, chi si aspettava angeli letterali ad accompagnare Cristo e di essere sollevato letteralmente nell'aria all'avvento di Cristo e un dominio immediato sul tutto, è rimasto deluso. Ma, come ho più volte ripetuto, c'era un prezzo enorme da pagare, per poter far riaprire le porte del paradiso terrestre..., che sono tuttora chiuse, e vincere la seconda morte. Mentre la vita eterna nel corpo è già disponibile, per chi l'ha conquistata.
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LA LEZIONE DEL 1844.
L'esperienza dei discepoli, che predicarono il Vangelo del regno in occasione del primo avvento del Cristo, è sullo stesso piano dell'esperienza di coloro che proclamarono il messaggio del suo secondo avvento.
Gli apostoli annunciavano: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino".
Miller e i suoi collaboratori predicavano che il più lungo periodo profetico, indicato nella Bibbia, stava per concludersi, che il giudizio era imminente e che stava per essere inaugurato il regno eterno.
L'annuncio dei discepoli, relativo al tempo della fine, si basava sulla profezia delle 70 settimane di Daniele 9.
Il messaggio di Miller annunciava la fine dei 2.300 giorni di Daniele 8:14, dei quali facevano parte le 70 settimane.
In entrambi i casi, la predicazione si basava sull'adempimento di due diverse parti dello stesso grande periodo profetico. Come i primi discepoli, Miller e i suoi collaboratori non compresero completamente la portata di quanto annunciavano. Gli errori, che da tempo si erano insinuati nella chiesa, impedivano loro di giungere all'esatta interpretazione di un importante elemento della profezia. Quindi, pur proclamando il messaggio che Dio aveva loro affidato, a causa di un'idea errata circa il suo significato, sperimentarono un'amara delusione.
Spiegando Daniele 8:14: “... Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato", Miller, adottando il concetto generalmente accettato, secondo cui la terra è il santuario, credeva si trattasse della purificazione della terra mediante il fuoco del Signore, al momento dell'avvento.
Quindi, resosi conto che la profezia indicava con esattezza il punto di arrivo dei 2.300 giorni, ne concluse che essa coincideva con l'epoca del secondo avvento di Gesù. Tale errore va attribuito al fatto che Miller si adeguò alla convinzione popolare, relativa al santuario.
Nel sistema cerimoniale, che prefigurava il sacrificio e il sacerdozio del Cristo, la purificazione del santuario era l'ultima cerimonia celebrata dal sommo sacerdote, a conclusione del ministero dell'intero anno. Era l'opera finale di espiazione: la rimozione dei peccati d'Israele, prefigurazione dell'opera conclusiva del ministero del nostro Sommo Sacerdote celeste, che vedrà la cancellazione dei peccati del suo popolo, registrati nei libri del cielo.
Questo servizio, che comporta l'istruzione di un giudizio, precede immediatamente la seconda venuta del Cristo sopra le nuvole del cielo, con potenza e gran gloria. Alla sua venuta, infatti, ogni caso sarà già stato deciso. Gesù afferma: "... il mio premio è con me per rendere a ciascuno secondo che sarà l'opera sua". (Apocalisse 22:12) Quest'opera di giudizio, che precede il secondo avvento, è annunciata dal messaggio del primo angelo: "... Temete Iddio e dategli gloria, poiché l'ora del suo giudizio è venuta..." (Apocalisse 14:7) Coloro che proclamarono questo messaggio, lo fecero al momento giusto. Però, come i discepoli, annunciavano "il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino", basandosi sulla profezia di Daniele 9, senza rendersi conto che in quello stesso brano biblico era anche predetta la morte del Messia. Così, Miller e i suoi collaboratori, predicarono il messaggio basato su Daniele 8:14 e Apocalisse 14:7, senza accorgersi che in Apocalisse 14 vi erano anche altri messaggi, che dovevano essere trasmessi al mondo, prima del ritorno del Signore.
Come i discepoli s'ingannarono sulla natura del regno, che doveva essere stabilito alla fine delle 70 settimane, così gli avventisti si ingannarono sull'evento, che si sarebbe dovuto verificare alla fine dei 2.300 giorni.
In entrambi i casi si trattò dell'adesione a idee popolari errate, che purtroppo travisavano il senso della profezia. Sia i discepoli sia gli avventisti adempirono la volontà di Dio, annunciando il messaggio che egli voleva fosse predicato. Comunque, sia i primi sia i secondi, a causa dell'errata interpretazione, subirono un'amara delusione. Dio realizzò ugualmente l'obiettivo che si era prefisso, in quanto l'annuncio del giudizio fu dato integralmente. Il gran giorno era imminente e, nella sua provvidenza, Dio fece in modo che gli uomini fossero avvertiti e messi in condizione di analizzare il proprio stato spirituale. Il messaggio doveva contribuire alla purificazione dei credenti, che si sarebbero resi conto se erano legati al mondo o al Cristo e al cielo.
Siccome affermavano di amare il Salvatore, veniva loro offerta l'opportunità di dimostrare la vera essenza dei propri sentimenti. Erano pronti a rinunciare alle speranze e alle ambizioni terrene, per accogliere con gioia l'avvento del Signore? Il messaggio permetteva di rendersi conto del loro stato spirituale e Dio, nella sua misericordia, voleva che fosse proclamato proprio per suscitare in loro la volontà di cercare il Signore, con spirito di umiliazione e pentimento.
La delusione, anche se frutto dell'errata interpretazione del messaggio annunciato, contribuì sostanzialmente al loro bene, perché servì a mettere alla prova coloro che avevano affermato di accettare l'avvertimento divino. Confrontandosi con la delusione, avrebbero rinunciato alla loro fede, non fidandosi più della Parola di Dio, oppure avrebbero cercato in preghiera e con umiltà di stabilire la causa dell'errata interpretazione della profezia? Quanti avevano agito per paura, per impulsività e per eccitazione? Quanti erano solo in parte convinti e increduli? Molti dicevano di desiderare il ritorno del Signore, ma quando sarebbero stati chiamati ad affrontare lo scherno e il disprezzo degli uomini, ad assaporare l'amarezza del ritardo e dell'errata interpretazione, avrebbero saputo conservare la fede? Non avendo capito subito il piano di Dio, avrebbero forse rinunciato alle verità, convalidate dalle chiare testimonianze della Parola ispirata? Questa prova sarebbe valsa a rivelare la forza di coloro che con vera fede avevano ubbidito a quello che consideravano l'insegnamento della Sacra Scrittura e dello Spirito di Dio. Essa, inoltre, avrebbe insegnato loro, come solo un'esperienza simile poteva farlo, il pericolo a cui si va incontro accettando teorie e interpretazioni umane, anziché utilizzando la Bibbia come interprete di se stessa. Per i credenti motivati dalla fede, le angosce e le sofferenze, derivanti da questo errore, costituivano la necessaria correzione. Infatti, avrebbero esaminato con maggior attenzione il fondamento della loro fede e respinto tutto ciò che, anche se generalmente accettato dal mondo cristiano, non trovava nessun appoggio nella Sacra Scrittura.
A questi credenti, come già ai primi discepoli, quello che nell'ora della prova appariva oscuro, in seguito sarebbe apparso chiaro. Vedendo "la fine" che il Signore avrebbe loro accordato, si sarebbero resi conto che nonostante la prova, conseguenza dell'errore commesso, i piani divini, dettati dal suo amore per loro, si sarebbero adempiuti. Avrebbero anche imparato, tramite quell'esperienza, che egli è "grandemente pietoso e misericordioso" e che tutte le sue vie sono "verità e misericordia per quanti osservano il suo patto e le sue testimonianze". La grande controversia, pp. 343 -354.
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IL SANTUARIO DEL VECCHIO PATTO.
Questo studio li fece giungere alla conclusione che non esistesse nessuna prova biblica per sostenere l'idea che la terra fosse il santuario. Nella Bibbia trovarono una spiegazione completa del santuario: la sua natura, la sua struttura e i suoi servizi. La testimonianza degli scrittori sacri era talmente chiara e dettagliata da non lasciare ombra di dubbio. L'apostolo Paolo, nella sua epistola agli Ebrei, afferma: "Ora, anche il primo patto aveva delle norme per il culto e un santuario terreno. Infatti, fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola e la presentazione dei pani; e questo si chiamava il Luogo santo. E dietro la seconda cortina vi era il tabernacolo, detto il Luogo santissimo, contenente un turibolo d'oro e l'arca del patto, tutta ricoperta d'oro, nella quale si trovavano un vaso d'oro, contenente la manna, la verga d'Aronne, che era fiorita, e le tavole del patto. E sopra l'arca, i cherubini della gloria, che adombravano il propiziatorio." (Ebrei 9:1-5)
Il santuario cui Paolo si riferisce era il tabernacolo costruito da Mosè, su invito di Dio, come dimora terrena dell'Altissimo. "E mi facciano un santuario, perché Io abiti in mezzo a loro" (Esodo 25:8), fu l'ordine dato a Mosè, mentre egli era sul monte con Dio. Gli israeliti vagarono nel deserto e quindi il santuario era stato fatto, in modo da poter essere trasportato da un luogo all'altro. Si trattava, però, di una struttura molto bella.
Dopo che gli ebrei si furono stabiliti in Canaan, il tabernacolo venne sostituito dal tempio di Salomone che, sebbene fosse un edificio permanente e di dimensioni più grandi, conservava le stesse proporzioni ed era arredato nello stesso modo. Il santuario rimase sotto questa sua nuova forma, eccetto quando fu ridotto in rovina al tempo di Daniele, fino alla sua definitiva distruzione del 70 d.C., ad opera dei romani. Questo è l'unico santuario che sia mai esistito sulla terra e di cui la Bibbia fornisce informazioni. Paolo lo chiama santuario del primo patto; ma il nuovo patto non ha un santuario?
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IL SANTUARIO DEL NUOVO PATTO IN CIELO.
Nell'epistola agli Ebrei i credenti, assetati di verità, si resero conto che l'esistenza di un santuario del secondo, o nuovo patto, era implicita nelle parole di Paolo già citate: "Ora, anche il primo patto aveva delle norme per il culto e un santuario terreno". L'uso del vocabolo "anche" suggerisce l'idea che Paolo ha già parlato di questo santuario. Infatti, all'inizio del capitolo precedente si legge: “Ora, il punto capitale delle cose che stiamo dicendo, è questo; che abbiamo un tal Sommo Sacerdote, che si è posto a sedere alla destra della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto.” (Ebrei 8:1,2) Questo è il santuario del nuovo patto.
Il santuario del primo patto fu costruito dall'uomo, da Mosè; questo (il secondo) è costruito non dall'uomo, ma dal Signore stesso.
Nel primo santuario i sacerdoti svolgevano il loro servizio; nel secondo, il Cristo, il nostro Sommo Sacerdote, officia alla destra di Dio. Un santuario era sulla terra, l'altro è in cielo. Inoltre, il tabernacolo costruito da Mosè era stato fatto in base a un modello. Il Signore gli disse: "Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del tabernacolo e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti". E affermò anche: "E vedi di fare ogni cosa secondo il modello che t'è stato mostrato sul monte". (Esodo 25:9,40)
Paolo dice che il primo tabernacolo "... è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale si offrono doni e sacrifici..." E aggiunge che i suoi luoghi santi erano "... cose raffiguranti quelle nei cieli..."; che i sacerdoti che offrivano doni, secondo la legge, servivano da "figura e ombra delle cose celesti..." e che "Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio, per noi". (Ebrei 9:9, 23; Ebrei 8:5; Ebrei 9:24)
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LE GLORIE DEL SANTUARIO TERRENO E IL TEMPIO CELESTE.
Il santuario celeste, dove il Cristo officia per noi, è l'originale del santuario eretto da Mosè, come copia. L'incomparabile splendore del santuario terrestre illustrava all'uomo la gloria del tempio celeste, dove il Cristo, nostro precursore, officia in nostro favore davanti al trono di Dio. Questa è la dimora del Re dei re, nella quale "mille migliaia" lo servono e "diecimila miriadi" gli stanno davanti. (Daniele 7:10)
Il tempio era pervaso dalla gloria del trono eterno, dove i serafini, i suoi splendenti guardiani, si velano il volto in atto di adorazione. Le più sontuose costruzioni innalzate dagli uomini potevano solo trasmettere una pallida idea della sua grandiosità e della sua gloria.
Le importanti verità relative al santuario celeste e alla grande opera che vi si svolgeva, per la redenzione dell'uomo, erano rivelate dal santuario terrestre e dai suoi servizi. I luoghi santi del tempio celeste sono rappresentati dalle due sezioni del santuario terrestre.
Quando l'apostolo Giovanni poté contemplare in visione il tempio di Dio in cielo, vide che "... davanti al trono c'erano sette lampade ardenti..." (Apocalisse 4:5) Vide anche un angelo, che aveva "... un turibolo d'oro; e gli furono dati molti profumi, affinché li unisse alle preghiere di tutti i santi sull'altare d'oro, che era davanti al trono". (Apocalisse 8:3)
Fu consentito al profeta di osservare la prima sezione del santuario celeste ed egli vide in essa "le sette lampade ardenti" e "l'altare d'oro", rappresentati dal candelabro d'oro e dall'altare dell'incenso nel santuario terrestre. Poi "... il tempio di Dio, che è nel cielo, fu aperto..." (Apocalisse 11:19) ed egli poté scorgere, oltre il velo, il luogo santissimo. Egli vide l'arca del patto, rappresentata dal cofano sacro, costruito da Mosè per contenere la legge di Dio.
Studiando la Parola di Dio, si trovarono le prove indiscutibili dell'esistenza di un santuario in cielo. Mosè fece il santuario in base al modello, che gli era stato mostrato. Paolo sottolinea che quel modello era il vero santuario celeste e anche Giovanni testimonia di averlo visto in visione.
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IL MINISTERO DI CRISTO NEL SANTUARIO CELESTE.
In questo tempio, dimora di Dio "... egli ha preparato il suo trono per il giudizio". (Salmi 9:7)
Nel luogo santissimo c'è la sua legge, la norma di giustizia, con la quale sarà giudicata tutta l'umanità. L'arca, che contiene le tavole della legge, è ricoperta dal propiziatorio, davanti al quale il Cristo presenta i meriti del suo sangue, in favore dei peccatori. Viene così rappresentata, nel piano della redenzione umana, l'unione della giustizia con la misericordia. Solo la sapienza infinita poteva concepire questo equilibrio e solo l'infinita potenza poteva attuarla. Tutto ciò riempie il cielo di meraviglia e di adorazione.
I cherubini del santuario terrestre, che guardavano riverenti il propiziatorio, rappresentavano l'interesse con cui le schiere celesti contemplano l'opera della redenzione. Quest'opera è il mistero della misericordia, nel quale "... gli angeli desiderano riguardare bene addentro". (1 Pietro 1:12)
Essa rivela come Dio, pur rimanendo giusto, possa giustificare il peccatore pentito e riallacciare i suoi rapporti con l'umanità caduta; come il Cristo sia sceso nell'abisso della perdizione, per strapparvi migliaia di esseri umani e rivestirli con gli abiti della sua giustizia, affinché si uniscano agli angeli fedeli e siano introdotti alla presenza di Dio.
L'opera del Cristo, come intercessore dell'uomo, è presentata nella profezia di Zaccaria, relativa a colui che viene chiamato "il Germoglio". Questo profeta afferma: "... egli edificherà il tempio dell'Eterno e porterà le insegne della gloria, e si assiderà e dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono e vi sarà fra i due un consiglio di pace". (Zaccaria 6:12,13)
"Egli edificherà il tempio dell'Eterno". Con il suo sacrificio e con la sua mediazione, il Cristo è nello stesso tempo fondamento e costruttore della chiesa di Dio. L'apostolo Paolo lo indica come "... la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando, per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui, voi pure entrate a far parte dell'edificio, che ha da servire da dimora a Dio per lo Spirito". (Efesini 2:20-22)
"Porterà le insegne della gloria". A Cristo appartiene la gloria della redenzione dell'umanità e questo sarà il canto dei riscattati nell'eternità: "... A lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue... siano la gloria e l'imperio nei secoli dei secoli". (Apocalisse 1:5, 6)
Egli "dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono". Attualmente non è ancora sul "trono della sua gloria", perché il regno non è stato ancora inaugurato. Solo quando sarà finita la sua opera di mediazione, Dio "... gli darà il trono di Davide e il suo regno non avrà mai fine". (Luca 1:32,33) Come sacerdote, il Cristo è già seduto con il Padre sul suo trono. (Apocalisse 3:21) Sul trono, insieme all'Eterno — colui che ha la vita in sé —, c'è chi ha condiviso le nostre infermità e i nostri dolori; chi "... in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare" e che "... può soccorrere quelli che sono tentati"; "... e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre...". (Isaia 53:4; Ebrei 4:15; Ebrei 2:18; 1 Giovanni 2:1)
La sua intercessione si fonda su un corpo trafitto e una vita integra. Le sue mani ferite, il suo costato squarciato, i suoi piedi martoriati intercedono in favore dell'uomo caduto, la cui redenzione fu acquisita a un prezzo infinito.
"Vi sarà fra i due un consiglio di pace". L'amore del Padre, non meno di quello del Figlio, è la fonte della salvezza per l'umanità perduta. Gesù disse ai suoi discepoli, prima di lasciarli: "... e non vi dico che io pregherò il Padre per voi, poiché il Padre stesso vi ama...". (Giovanni 16:26, 27) "Iddio riconciliava con sé il mondo in Cristo...". (2 Corinzi 5:19) Nell'opera sacerdotale di Gesù nel santuario celeste "... vi sarà fra i due un consiglio di pace", perché "... Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna".
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LA DEFINIZIONE DEL SANTUARIO DI DANIELE 8:14.
La domanda: "Che cos'è il santuario?" trova una chiara risposta nelle Scritture. Il termine "santuario", usato nella Bibbia, si riferisce innanzitutto al tabernacolo costruito da Mosè, modello delle realtà celesti; in secondo luogo si riferisce al vero tabernacolo in cielo, di cui quello terrestre era un esempio.
Alla morte del Cristo, si concluse il servizio simbolico cerimoniale. Il vero tabernacolo è in cielo e questo è il santuario del nuovo patto; poiché la profezia di Daniele 8:14 si è adempiuta in questa epoca, è ovvio che il santuario a cui essa si riferisce deve essere quello del nuovo patto. Infatti, alla fine dei 2.300 giorni, nel 1844, da secoli non esisteva più un santuario sulla terra. Quindi la profezia: "Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato" indica, senza ombra di dubbio, il santuario celeste.
Rimane da risolvere il quesito più importante: che cos'è la purificazione del santuario? L'Antico Testamento parla di una purificazione del santuario terrestre. Ma è possibile che in cielo vi sia qualcosa da purificare? In Ebrei 9 è presentata chiaramente sia la purificazione del santuario terrestre sia di quello celeste: "E secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e senza spargimento di sangue non c'è remissione. Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi - [il sangue degli animali] -, ma le cose celesti stesse dovevano esserlo con sacrifici più eccellenti di questi." (Ebrei 9:22, 23), cioè con il prezioso sangue del Cristo.
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LEZIONI PRATICHE DEI TIPI.
La purificazione, sia nel servizio cerimoniale sia in quello reale, doveva essere fatta con il sangue: nel primo con il sangue di animali, nel secondo con il sangue di Gesù. Paolo afferma che la purificazione deve essere fatta con il sangue, perché senza spargimento di sangue non c'è remissione. L'opera da compiere è proprio la remissione o rimozione del peccato. Ma in che modo il peccato può essere messo in rapporto con il santuario, sia in cielo sia sulla terra? Lo si può comprendere riferendoci al servizio simbolico, in quanto i sacerdoti, che officiavano sulla terra, servivano come "... figura e ombra delle cose celesti...". (Ebrei 8:5)
L'opera del santuario terrestre si realizzava in due fasi: i sacerdoti officiavano ogni giorno nel luogo santo, mentre una volta all'anno il sommo sacerdote svolgeva una speciale opera di espiazione nel luogo santissimo, per la purificazione del santuario. Ogni giorno il peccatore pentito portava la sua offerta alla porta del tabernacolo e, ponendo la mano sul capo della vittima, confessava i suoi peccati, trasferendoli così, simbolicamente, da se stesso alla vittima innocente. L'animale poi veniva ucciso. "Senza spargimento di sangue" dice l'apostolo "non c'è remissione". "La vita della carne è nel sangue..." (Levitico 17:11).
La legge di Dio, che era stata infranta, esigeva la morte del trasgressore, e così il sangue, simbolo della vita del peccatore, di cui la vittima portava la colpa, veniva introdotto dal sacerdote nel luogo santo e spruzzato davanti al velo, dietro al quale vi era l'arca, contenente la legge trasgredita dal peccatore. Con questa cerimonia il peccato, mediante il sangue, era trasferito simbolicamente nel santuario. In certi casi il sangue non veniva portato nel luogo santo e la carne della vittima espiatoria era mangiata dal sacerdote, come Mosè aveva detto ai figli di Aaronne: "... l'Eterno ve l'ha dato, perché portiate l'iniquità della radunanza...". (Levitico 10:17)
Le due cerimonie erano entrambe simbolo del trasferimento del peccato dal penitente al santuario. Questa era l'opera che si svolgeva giorno dopo giorno, per tutto l'anno. I peccati d'Israele venivano così trasferiti nel santuario ed era quindi necessaria una cerimonia speciale, per la loro rimozione. Dio ordinò che si facesse un'espiazione per ognuno dei due luoghi sacri: "Così farà l'espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figliuoli d'Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda di convegno, che è stabilita fra loro, in mezzo alle loro impurità". Si doveva fare anche un'espiazione per l'altare dell'incenso per purificarlo "... a motivo delle impurità dei figliuoli d'Israele". (Levitico 16:16,19)
Una volta l'anno, nel gran giorno dell'espiazione, il sommo sacerdote entrava nel luogo santissimo per la purificazione del santuario. Quest'opera completava il servizio dell'intero anno. In questo giorno solenne due capri venivano portati alla porta del tabernacolo e si tirava a sorte: "... per vedere qual dei due debba essere dell'Eterno e quale di Azazel". (Levitico 16:8)
Il capro sul quale era caduta la sorte per l'Eterno doveva essere ucciso, come offerta per il peccato del popolo. Il sacerdote poi portava il suo sangue oltre il velo e lo spruzzava sul propiziatorio e davanti a esso. Il sangue veniva spruzzato anche sull'altare dell'incenso, che stava davanti al velo.
"Aaronne poserà ambedue le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra esso tutte le iniquità dei figliuoli d'Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati e li metterà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di questo, lo manderà via nel deserto. E quel capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in terra solitaria...". (Levitico 16:21,22) Il capro per Azazel non ritornava più nel campo d'Israele e l'uomo che lo aveva condotto lontano doveva lavarsi e lavare le proprie vesti con acqua, prima di poter rientrare nell'accampamento.
L'intera cerimonia aveva lo scopo di far capire agli israeliti la santità di Dio e la sua avversione per il peccato; inoltre, essa doveva mostrare loro che non potevano entrare in contatto con il peccato, senza contaminarsi. Ogni uomo, mentre si svolgeva quest'opera di espiazione, doveva fare un profondo esame di coscienza e pentirsi. Tutti gli affari dovevano essere interrotti e l'intera comunità d'Israele doveva trascorrere il giorno in solenne umiliazione davanti a Dio, con preghiera e digiuno.
Questa cerimonia ci insegna le importanti verità relative all'espiazione. Il sangue della vittima, offerta dal peccatore, non eliminava il suo peccato, era solo un mezzo per trasferirlo nel santuario. Con l'offerta del sangue, il peccatore riconosceva l'autorità della legge, confessava le proprie colpe ed esprimeva il desiderio di ottenere il perdono, mediante la fede nel Salvatore che sarebbe venuto, ma non era ancora del tutto prosciolto dalla condanna della legge.
Nel gran giorno dell'espiazione, il sommo sacerdote riceveva una vittima dalla comunità, entrava nel luogo santissimo con il sangue di questa offerta e lo spruzzava sul propiziatorio, direttamente sopra la legge, per soddisfarne le esigenze. Poi, nella sua qualità di mediatore, prendeva i peccati su di sé e li portava fuori dal santuario; metteva le sue mani sul capo del capro per Azazel, confessava tutti i peccati d'Israele, trasferendoli simbolicamente da se stesso al capro che, a sua volta, li portava fuori dal campo. Tutte le trasgressioni del popolo erano allora considerate allontanate per sempre.
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IL SANTUARIO SOTTO LA CRITICA.
L'intervento di Cristo in favore dell'uomo doveva comprendere due fasi, a cui erano stati assegnati tempi precisi e luoghi distinti nel santuario del cielo. Nello stesso modo il rituale simbolico del tabernacolo terreno consisteva in due tipi di cerimonie, il servizio giornaliero e quello annuale, che si svolgevano in due diversi ambienti. Quando il Cristo ascese al cielo, era alla presenza di Dio per intercedere con il Suo sangue per i credenti pentiti; allo stesso modo il sacerdote, nel suo servizio quotidiano, aspergeva nel luogo santo il sangue del sacrificio in favore del peccatore. Il sacrificio del Cristo era dunque destinato a liberare il peccatore pentito dalla condanna della legge, ma non cancellava la colpa: essa sarebbe rimasta nel santuario fino all'espiazione finale. Così, nel servizio simbolico del santuario terreno, il sangue dei sacrifici per il peccato allontanava la colpa del penitente, ma questa rimaneva nel santuario fino al giorno dell'Espiazione.
Nel giorno solenne del giudizio finale, i morti saranno giudicati "dalle cose scritte nei libri, secondo le opera loro". (Apocalisse 20:12) Allora, grazie al sacrificio espiatorio del Cristo, i peccati di quanti si sono sinceramente pentiti saranno cancellati dai libri del cielo. Il santuario sarà così liberato, purificato dal ricordo del male. L'espiazione, ovvero, la rimozione definitiva del peccato, era rappresentata nel tabernacolo terreno dal rituale del gran giorno dell'Espiazione. Così avveniva la purificazione dei santuario terreno; il sangue delle vittime offerte dai peccatori pentiti allontanava da loro la contaminazione del male. Alla fine dei tempi, gli errori di quanti si saranno sinceramente pentiti verranno cancellati dai registri del cielo; essi non saranno più ricordati. Nello stesso modo, anche nella simbologia del servizio terreno, le colpe venivano allontanate per sempre dal popolo nel deserto. (cap. 2)
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FONDAMENTA SCRITTURALI.
L'ingresso del Cristo, nostro Sommo Sacerdote, nel luogo santissimo per la purificazione del santuario, citato in Daniele 8:14, l'accostarsi del Figlio al Vegliardo, presentato in Daniele 7:13, la venuta del Signore nel suo tempio, predetta dal profeta Malachia, sono descrizioni di uno stesso evento, rappresentato anche dalla venuta dello sposo, descritta dal Cristo nella parabola delle dieci vergini, ricordata in Matteo 25.
Nell'estate e nell'autunno del 1844 fu proclamato l'annuncio: "Ecco lo sposo!" Si formarono allora le due categorie, rappresentate dalle vergini sagge e dalle vergini stolte: le prime, che si erano preparate con cura per incontrarsi con Gesù, e le altre che, per paura o spinte dall'impulso, si erano accontentate della teoria della verità ed erano quindi prive della grazia di Dio.
Nella parabola, quando lo sposo giunse, "quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze". (Matteo 25:10) L'arrivo dello sposo avviene prima delle nozze, che rappresentano il momento in cui il Cristo entrerà in possesso del suo regno. La santa città, la nuova Gerusalemme, capitale del regno, è definita "la sposa dell'Agnello". (Apocalisse 21:9) "E mi trasportò in spirito" dice il profeta "su di una grande ed alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo d'appresso a Dio...". (Apocalisse 21:9,10) È chiaro, quindi, che la sposa rappresenta la santa città e che le vergini che vanno incontro allo sposo sono simbolo della chiesa. In Apocalisse i servitori di Dio vengono invitati alla cena delle nozze. (Apocalisse 19:9) Se essi sono gli invitati, non possono essere anche la sposa. Il Cristo, come afferma il profeta Daniele, riceverà dall'Eterno, in cielo, "dominio, gloria e regno” (Daniele 7:14); riceverà la nuova Gerusalemme, capitale del suo regno, "... pronta come una sposa adorna per il suo sposo". (Apocalisse 21:2) Ricevuto il regno, egli verrà in gloria, in qualità di Re dei re e Signore dei signori, per la redenzione del suo popolo, che sarà invitato a sedere "... a tavola con Abramo e Isacco e Giacobbe, nel regno dei cieli" (Matteo 8:11; Luca 22:30), per partecipare alla cena delle nozze dell'Agnello.
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L'annuncio: "Ecco lo sposo!", nell'estate del 1844, indusse migliaia di persone ad aspettare l'avvento immediato del Signore. Al tempo stabilito lo sposo non venne sulla terra, come si era creduto, ma si presentò in cielo all'Eterno per il suo matrimonio, per entrare in possesso del suo regno. "... Quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze, e l'uscio fu chiuso". I credenti non dovevano assistere personalmente al matrimonio, perché esso avviene in cielo, mentre essi sono sulla terra. I discepoli del Cristo devono aspettare "... il loro padrone quando tornerà dalle nozze...". (Luca 12:36) Occorre, però, che essi comprendano la sua opera e lo seguano per fede, mentre egli si presenta davanti a Dio. È in questo senso che essi vanno alle nozze.
Nella parabola entrarono nella sala delle nozze coloro che, oltre alle lampade, avevano anche l'olio nei propri vasi. Coloro che, oltre alla conoscenza della verità delle Scritture, avevano anche lo Spirito e la grazia di Dio, e quanti, nella notte della prova più amara avevano saputo aspettare pazientemente, esaminando le Scritture per ricevere maggiore conoscenza, trovarono la verità riguardante il santuario celeste e le nuove funzioni del Cristo. Per fede lo seguirono in questa sua opera. Tutti quelli che per la testimonianza della Bibbia accettano le stesse verità, seguendo il Cristo per fede, mentre egli si presenta a Dio per compiere l'ultima opera di mediazione e poi entrare in possesso del regno, sono raffigurati come i partecipanti alle nozze.
Nella parabola di Matteo 22 si ritrova la stessa immagine di un matrimonio e si vede chiaramente che l'istruzione del giudizio precede le nozze. Infatti, prima della cerimonia, il re viene per vedere gli invitati e controllare se tutti indossano l'abito nuziale, l'abito del carattere, senza macchia, lavato e imbiancato nel sangue dell'Agnello. (Matteo 22:11; Apocalisse 7:14) Chiunque non indossa questo vestito viene espulso. Mentre tutti coloro che hanno l'abito delle nozze sono accettati da Dio e considerati degni di entrare nel suo regno e di sedere sul suo trono. Questo esame del carattere per stabilire l'idoneità al regno di Dio è il giudizio investigativo, che si svolge nel santuario celeste.
Conclusa quest'opera, quando saranno stati esaminati e decisi tutti i casi di coloro che in ogni epoca si sono professati discepoli del Cristo, allora e non prima si concluderà il tempo di grazia e la porta della misericordia sarà chiusa. La frase: "... quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze, e l'uscio fu chiuso" illustra il ministero finale del Salvatore; in quel momento la grande opera per la salvezza dell'uomo sarà conclusa.
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L'APERTURA DI UN'ALTRA PORTA.
Ecco come si adempivano le parole del Cristo per la chiesa di quel tempo: "... Queste cose dice il santo, il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, colui che chiude e nessuno apre: Io conosco le tue opere. Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere...". (Apocalisse 3:7,8)
Coloro che per fede seguono il Cristo nella sua grande opera di espiazione riceveranno il beneficio della sua mediazione in loro favore; mentre chi respinge questa sua opera non ne trarrà alcun vantaggio. Gli ebrei, che rifiutarono il messaggio presentato al primo avvento del Cristo e non lo riconobbero come Salvatore del mondo, non ricevettero il perdono in lui. Quando Gesù all'ascensione entrò con il proprio sangue nel santuario celeste, per riversare sui suoi discepoli la benedizione della sua mediazione, gli ebrei, che avevano rifiutato il messaggio del Cristo, continuarono a presentare offerte e sacrifici inutili: era finita l'epoca dei simboli e delle immagini. La porta attraverso la quale gli uomini avevano avuto accesso a Dio non era più aperta. Gli ebrei avevano rifiutato di cercarlo nell'unico modo in cui poteva essere trovato: il suo ministero nel santuario celeste. Non potevano più comunicare con Dio. Per loro la porta era chiusa. Non riconoscevano il Cristo come unico mediatore davanti a Dio e quindi non potevano godere dei benefici della sua intercessione.
La condizione degli ebrei increduli illustra lo stato di coloro che, pur dicendosi cristiani, sono dubbiosi, negligenti e volontariamente trascurano l'opera del nostro misericordioso Sommo Sacerdote. Nel rituale del santuario, quando il sommo sacerdote entrava nel luogo santissimo, tutto Israele era invitato a raccogliersi solennemente e a pentirsi, per ottenere il perdono dei peccati e non essere escluso dalla comunità. Ciò che è ancora più importante, in questo grande giorno antitipico della festa delle espiazioni, è comprendere l'opera del nostro Sommo Sacerdote e renderci conto delle nostre responsabilità.
TRAGICO RISULTATO, A CAUSA DEL RIFIUTO DELL'AVVERTIMENTO DI DIO.
Gli uomini non possono rigettare l'avvertimento, che Dio ha inviato loro nella sua misericordia, senza subirne le conseguenze. Al tempo di Noè, Dio inviò un messaggio di avvertimento, da cui dipendeva la salvezza degli esseri umani. Gli uomini di quell'epoca lo respinsero e lo Spirito di Dio si ritirò dall'umanità colpevole, che morì nelle acque del diluvio.
Al tempo di Abramo, la misericordia cessò di intercedere per i malvagi abitanti di Sodoma e tutti, eccetto Lot, la moglie e le figlie, furono consumati dal fuoco, sceso dal cielo.
Ai giorni del Cristo, il Figlio dell'uomo disse agli ebrei increduli di quella generazione: "Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta". (Matteo 23:38)
Proiettandosi verso gli ultimi tempi, la Parola ispirata si esprime con questi termini: "... non hanno aperto il cuore all'amore della verità, per esser salvati. E perciò Iddio manda loro efficacia d'errore, onde credano alla menzogna; affinché tutti quelli che non han creduto alla verità, ma si son compiaciuti nell'iniquità, siano giudicati". (2 Tessalonicesi 2:10-12)
Quando gli uomini respingono la sua Parola, Dio finisce per ritirare il suo Spirito, e diventano vittime di quell'inganno, che essi amano.
Nonostante tutto, il Cristo intercede ancora in favore dell'uomo e coloro che cercano la verità la troveranno.
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QUALI CASI SONO STATI CONSIDERATI?
Nel servizio cerimoniale del santuario terrestre, solo coloro che si erano pentiti e i cui peccati erano stati trasferiti nel santuario mediante il sangue della vittima, beneficiavano dei riti del giorno dell'espiazione.
Allo stesso modo, nel giorno finale dell'espiazione e del giudizio investigativo, i casi esaminati riguarderanno solo i figli di Dio. Il giudizio degli empi è un fatto distinto e separato, e avverrà in un secondo tempo. "... Il giudizio ha da cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al Vangelo di Dio?" (1 Pietro 4:17)
I registri del cielo, in cui sono segnati i nomi e le azioni degli uomini, serviranno come punti di riferimento per il giudizio. Il profeta Daniele dice: "Il giudizio si tenne, e i libri furono aperti". Giovanni, nell'Apocalisse, descrive la stessa scena e aggiunge: "... e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro". (Apocalisse 20:12)
Il libro della vita contiene i nomi di tutti coloro che si sono impegnati al servizio di Dio. Gesù esortò i suoi discepoli: "... rallegratevi, perché i vostri nomi sono scritti nei cieli". (Luca 10:20) Paolo parla dei suoi "... collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita". (Filippesi 4:3) Daniele, contemplando in visione "... un tempo d'angoscia, quale non se n'ebbe mai...", dichiara che il popolo di Dio "... sarà salvato; tutti quelli, cioè, che saranno trovati iscritti nel libro". (Daniele 12:1) Il profeta di Patmos, poi, dice che nella città di Dio entreranno solo quelli "che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello". (Apocalisse 21:27) "... Un libro è stato scritto davanti a lui [Dio]..." In esso sono registrate le buone azioni "... di quelli che temono l'Eterno e rispettano il suo nome". (Malachia 3:16) Le loro parole di fede, i loro atti di amore sono registrati in cielo. Nehemia allude a questo, quando dice: "Ricordati per questo di me, o Dio mio, e non cancellare le opere pie che ho fatte per la casa del mio Dio e per il suo servizio!" (Neemia 13:14)
Nel libro dei ricordi di Dio viene immortalato ogni atto di giustizia. Ogni tentazione respinta, ogni male vinto, ogni parola gentile pronunciata, sono registrati fedelmente. Vengono scritti anche ogni atto di rinuncia, ogni sofferenza, ogni tristezza, sopportate per amore di Gesù. Dice il salmista: "Tu conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime negli otri tuoi; non sono esse nel tuo registro?" (Salmi 56:8)
C'è anche un registro dei peccati degli uomini. "... Dio farà venire in giudizio ogni opera, tutto ciò ch'è occulto, sia bene, sia male". (Ecclesiaste 12:16) "... D'ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio". Il Salvatore precisa: "... dalle tue parole sarai giustificato e dalle tue parole sarai condannato". (Matteo 12:36, 37)
I motivi e le intenzioni segrete figurano nell'infallibile registro e Dio "... metterà in luce le cose occulte delle tenebre e manifesterà i consigli dei cuori...". (1 Corinzi 4:5) "Ecco, tutto ciò sta scritto dinanzi a me... delle iniquità vostre, dice l'Eterno, e... delle iniquità dei vostri padri...". (Isaia 65:6, 7)
Ogni opera umana è sottoposta a Dio ed è registrata come atto di fedeltà o di infedeltà. Accanto a ciascun nome, nei libri del cielo, vengono segnati con assoluta esattezza ogni parola cattiva, ogni atto egoistico, ogni dovere non assolto, ogni peccato segreto, ogni falsità.
Gli avvertimenti e i rimproveri dimenticati, i momenti sprecati, le opportunità non sfruttate, l'influsso esercitato sia per il bene sia per il male, con le sue più o meno estese ripercussioni: tutto è registrato accuratamente dall'angelo che tiene i libri.
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LA LEGGE DI DIO: PUNTO DI RIFERIMENTO.
La legge di Dio è la regola, in base alla quale nel giudizio saranno valutati il carattere e la vita degli uomini. Dice l'autore dell'Ecclesiaste: "... Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto dell'uomo. Poiché Dio farà venire in giudizio ogni opera...". (Ecclesiaste 12:15,16)
L'apostolo Giacomo ammonisce i fratelli: "Parlate e operate come dovendo esser giudicati da una legge di libertà". (Giacomo 2:12)
Coloro che nel giudizio saranno "reputati degni", parteciperanno alla risurrezione dei giusti. Gesù disse: "... quelli che saranno reputati degni d'aver parte al secolo avvenire e alla risurrezione dai morti... son simili agli angeli e son figliuoli di Dio, essendo figliuoli della risurrezione". (Luca 20:35,36)
Egli dichiara ancora: "... quelli che hanno operato bene" risorgeranno "in risurrezione di vita". (Giovanni 5:29)
Se i giusti risorgeranno solo dopo la sentenza del giudizio, che li ha reputati degni della "risurrezione di vita", essi non compariranno personalmente davanti al tribunale, quando il loro caso sarà preso in esame e deciso.
GESÙ AVVOCATO.
Gesù si presenterà come loro avvocato, per difenderli davanti a Dio. "... Se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto". (1 Giovanni 2:1) "... Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio per noi"; "Per cui Egli può anche salvare appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro". (Ebrei 9:24; Ebrei 7:25)
Quando nel giudizio i libri vengono aperti, si esamina davanti a Dio la vita di tutti coloro che hanno creduto in Gesù. Il Cristo, nostro avvocato, cominciando da coloro che per primi vissero sulla terra, presenta i casi di ogni generazione successiva, per poi concludere con quella dei viventi. Ogni nome è citato, ogni caso viene esaminato attentamente: alcuni nomi vengono accettati, altri respinti.
Se qualcuno ha ancora dei peccati segnati nei libri, di cui non si è pentito e che quindi non sono stati perdonati, il suo nome viene depennato dal libro della vita e la registrazione delle sue buone azioni è cancellata dal libro delle memorie di Dio. Tramite Mosè, il Signore dichiarò: "... Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro!" (Esodo 32:33) Il profeta Ezechiele dice: "E se il giusto si ritrae dalla sua giustizia e commette l'iniquità... Nessuno dei suoi atti di giustizia sarà ricordato...". (Ezechiele 18:24)
Nel registro del cielo il perdono è segnato accanto ai nomi di coloro che si sono pentiti dei propri peccati e che per fede hanno reclamato il sangue di Gesù, come loro sacrificio espiatorio. Resi partecipi della giustizia del Cristo, i loro caratteri rispondono alle esigenze della legge di Dio, i loro peccati sono cancellati e sono ritenuti degni della vita eterna.
Il Signore afferma: "... per amor di me stesso, cancello le tue trasgressioni e non mi ricorderò più dei tuoi peccati". (Isaia 43:25) Gesù disse: "Chi vince sarà così vestito di vesti bianche ed io non cancellerò il suo nome dal libro della vita e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre mio e nel cospetto dei suoi angeli". (Apocalisse 3:5) "Chiunque dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio, che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io rinnegherò lui davanti al Padre mio, che è nei cieli". (Matteo 10:32, 33)
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LA SCENA NELL'AULA DEL TRIBUNALE.
L'emozione più intensa che gli uomini possono manifestare, nell'attesa delle decisioni di un tribunale terreno, può solo parzialmente descrivere l'interesse, dimostrato nelle corti celesti, quando davanti al Giudice di tutta la terra passano in rassegna i nomi scritti nel libro della vita. L'intercessore divino chiede che tutti coloro che hanno vinto, grazie alla fede nel suo sacrificio, siano perdonati dalle loro trasgressioni, affinché possano nuovamente beneficiare della vita eterna e siano coronati come coeredi dell'"antico dominio". (Michea 4:8)
Satana, nei suoi tentativi di trascinare il genere umano verso il male, aveva creduto di poter impedire la realizzazione del piano divino, in vista del quale Dio aveva creato l'uomo. Ma il Cristo, ora, chiede che questo piano sia attuato, come se l'uomo non avesse mai peccato; chiede per il suo popolo non solo il perdono e la giustificazione piena e completa, ma anche una parte della sua gloria e un posto sul suo trono.
Mentre Gesù perora la causa di quanti beneficiano della sua grazia, Satana li accusa davanti a Dio come trasgressori. Il grande seduttore ha cercato di inculcare il dubbio e la sfiducia in Dio, di separarli dal suo amore e di spingerli a trasgredire la sua legge. Ora egli sottolinea, passando in rivista la loro esistenza, i difetti del loro carattere, la loro diversità dal Cristo — quelle imperfezioni che hanno disonorato il loro Redentore —, insomma tutti i peccati che hanno commesso, a causa dei suoi inganni; e per tutto questo li reclama come suoi sudditi. Gesù non scusa i loro peccati, ma in virtù del loro pentimento e della loro fede, chiede il loro perdono. Mostrando le sue mani ferite davanti al Padre e agli angeli, dice: "Io li conosco per nome; li ho scolpiti sulle palme delle mie mani". "I sacrifici di Dio sono lo spirito rotto; o Dio, tu non sprezzi il cuore rotto e contrito". (Salmi 51:17)
All'accusatore del suo popolo egli dice: "... Ti sgridi l'Eterno, o Satana! Ti sgridi l'Eterno, che ha scelto Gerusalemme! Non è questi un tizzone strappato dal fuoco?" (Zaccaria 3:2)
Il Cristo rivestirà i suoi fedeli con il manto della sua giustizia, per poterli presentare al Padre come una "... Chiesa gloriosa, senza macchia, senza ruga o cosa alcuna simile..." (Efesini 5:27). I loro nomi rimangono nel libro della vita e di loro è detto: "... essi cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni". (Apocalisse 3:4) Si adempirà così la promessa del nuovo patto: "... io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato". (Geremia 31:34) "In quei giorni, in quel tempo, dice l'Eterno, si cercherà l'iniquità d'Israele, ma essa non sarà più, e i peccati di Giuda, ma non si troveranno". (Geremia 50:20) "In quel giorno il germoglio dell'Eterno sarà lo splendore e la gloria degli scampati d'Israele, e il frutto della terra sarà il loro orgoglio ed il loro ornamento. Ed avverrà che i superstiti di Sion e i rimasti di Gerusalemme saranno chiamati santi: chiunque, cioè, in Gerusalemme sarà iscritto tra i vivi". (Isaia 4:2,3)
La fase istruttoria del giudizio e la cancellazione dei peccati avverranno prima del secondo avvento del Signore. Se i morti devono essere giudicati, secondo ciò che è scritto nei libri, è impossibile che i peccati degli uomini possano essere cancellati, prima che i loro casi siano stati esaminati. L'apostolo Pietro afferma chiaramente che i peccati dei credenti saranno cancellati, "affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di refrigerio e che Egli vi mandi il Cristo...". (Atti 3:19, 20)
Concluso il giudizio investigativo, il Cristo verrà offrendo il premio da dare "secondo l'opera di ciascuno". (1 Pietro 1:17)
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LA CHIUSURA DEL SERVIZIO ANTITIPICO.
Come nel servizio cerimoniale del santuario terrestre il sommo sacerdote, dopo avere fatto l'espiazione per Israele, usciva dal santuario per benedire il popolo, così il Cristo, alla fine della sua opera di Mediatore, apparirà "senza peccato a quelli che l'aspettano per la loro salvezza". (Ebrei 9:28)
Il sacerdote, rimuovendo i peccati dal santuario, li confessava sul capo del capro espiatorio; nello stesso modo Gesù deporrà tutti questi peccati su Satana, autore e istigatore del male.
Il capro espiatorio, caricato dei peccati d'Israele, veniva mandato "in terra solitaria" (Levitico 16:22); così Satana, portando la colpa di tutti i peccati commessi dal popolo di Dio, su sua istigazione, sarà confinato per mille anni sulla terra desolata, priva di abitanti, per poi subire alla fine la punizione definitiva per il peccato, nel fuoco che distruggerà tutti i malvagi.
Il piano della redenzione si adempirà così con l'eliminazione definitiva del peccato e con la liberazione di tutti coloro che hanno volontariamente rinunciato al male.
Come già detto, su questa interpretazione non sono pienamente d'accordo. Prima è il Cristo del secondo avvento a subire la sorte del capro espiatorio, rinnegato da tutti e, quindi, a ritrovarsi in una specie di deserto, pur vivendo in città popolose.
Successivamente, come sappiamo, Satana sarà legato per mille anni e, quindi, l'interpretazione di sorella White, a questo proposito, è corretta.
La distruzione successiva col fuoco, come già detto, sarà la condanna con parole di fuoco, l'inferno in luoghi separati, in modo che gli abitatori del paradiso non possano essere danneggiati dagli abitatori dell'inferno.
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GIUDICATO DA UNA TESTIMONIANZA INFALLIBILE.
All'epoca indicata per il giudizio, la fine dei 2.300 giorni, nel 1844, iniziò l'opera di inchiesta e di cancellazione dei peccati. Tutti quelli che si dichiarano cristiani devono sottostare a questo esame minuzioso. I vivi e i morti saranno giudicati "dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro". (Apocalisse 20:12)
I peccati di cui non ci si è pentiti e che non sono stati abbandonati, non verranno né perdonati né cancellati dal libro delle memorie, ma testimonieranno contro il peccatore nel giorno di Dio. Sia che l'uomo abbia peccato alla luce del giorno o nelle tenebre della notte, tutto è chiaro agli occhi di colui a cui dobbiamo rendere conto. Gli angeli di Dio, testimoni di ogni peccato, li hanno annotati scrupolosamente nel registro.
Il peccato può essere negato, nascosto al padre, alla madre, alla moglie, ai figli, agli amici; il colpevole può essere il solo a conoscere il suo errore, ma esso è noto agli angeli. Le tenebre della notte più buia, i misteri più impenetrabili, gli inganni più sottili non sono sufficienti a nascondere un solo pensiero alla conoscenza dell'Eterno. Dio tiene conto di ogni atto falso e di ogni procedimento ingiusto. Egli non si lascia ingannare da un'apparente religiosità e non sbaglia nella valutazione del carattere. Gli uomini possono essere ingannati da chi è corrotto, ma Dio squarcia ogni velo e legge nell'intimo.
Com'è importante rendersi conto che giorno dopo giorno, tutto ciò che pensiamo, diciamo o facciamo è scritto nei registri del cielo! Una volta pronunciata una parola o commesso un atto, non possono essere più ritrattati. Gli angeli prendono nota sia del bene sia del male e neppure l'uomo più importante della terra può annullare le azioni di un giorno soltanto. I nostri atti, le nostre parole e perfino le nostre intenzioni più segrete contribuiscono a stabilire il nostro destino, in vista della felicità o della sventura. Anche se noi li dimentichiamo, testimonieranno o in favore della nostra giustificazione o per la nostra condanna. Come i lineamenti del volto sono fedelmente riprodotti sulla pellicola del fotografo, così il carattere è descritto accuratamente nei libri del cielo... Eppure ci si preoccupa ben poco del fatto che queste azioni siano note agli esseri celesti!
Se il velo, che separa il mondo visibile da quello invisibile, potesse essere sollevato e i figli degli uomini potessero vedere l'angelo, che prende nota di ogni parola e di ogni azione, di cui dovranno rendere conto nel giorno del giudizio, quante parole non verrebbero pronunciate e quante azioni non sarebbero compiute.
Nel giudizio sarà esaminato con cura l'uso di ogni talento. Come abbiamo utilizzato il capitale, che Dio ci ha prestato? Il Signore, al suo ritorno, lo riceverà con gli interessi? Abbiamo fatto fruttare, alla gloria di Dio e per il bene del prossimo, le possibilità manuali, affettive e intellettuali, che ci sono state affidate? Che uso abbiamo fatto del nostro tempo, della nostra penna, della nostra voce, del nostro denaro e del nostro influsso? Che cosa abbiamo fatto per il Cristo, nella persona del povero, dell'afflitto, dell'orfano e della vedova? Dio ci ha affidato la sua Parola: che cosa abbiamo fatto della conoscenza e della verità, che ci sono state trasmesse, in vista della salvezza dell'umanità? Nessun valore può essere attribuito a una semplice professione di fede in Gesù, solo l'amore, che si manifesta con le opere, è considerato autentico. Agli occhi del cielo, soltanto l'amore dà valore ai nostri atti. Tutto ciò che si fa per amore, anche se modesto agli occhi degli uomini, è accettato e premiato da Dio.
L'egoismo segreto del cuore umano è messo in evidenza nei libri del cielo. In essi figura la lista dei doveri non assolti, sia in favore del prossimo sia nei confronti del Salvatore. Da essi risulterà quante volte sono stati offerti a Satana il tempo, il pensiero, le forze che appartenevano a Gesù. È una triste documentazione, quella che gli angeli raccolgono. Esseri intelligenti, che si professano discepoli di Gesù, sono vittime del desiderio di accumulare beni terreni e di godere piaceri mondani. Il denaro, il tempo, le forze, tutto è sacrificato al lusso e al soddisfacimento dei propri capricci; mentre ben pochi sono i momenti dedicati alla preghiera, allo studio delle Scritture, a un umile esame di coscienza, alla confessione dei peccati.
Satana inventa molti pretesti per occupare le nostre menti e impedire che si soffermino su ciò che dovrebbe interessarci di più. Il grande seduttore odia le gloriose verità, che rendono evidente un sacrificio espiatorio e un Mediatore onnipotente, perché sa che per lui tutto dipende dal fatto di riuscire a distogliere le menti degli uomini da Gesù e dalla sua verità.
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LA NOSTRA SANTIFICAZIONE NEL TIMORE DI DIO.
Coloro che desiderano godere dei benefici della mediazione del Salvatore, non dovrebbero permettere che nulla li distolga dal dovere di raggiungere la perfetta santità, nel timore di Dio. Le ore più preziose, invece di dedicarle ai piaceri, al lusso o alla ricerca del guadagno, dovrebbero essere consacrate alla preghiera e allo studio costante della Parola di verità.
Il popolo di Dio dovrebbe comprendere chiaramente il soggetto del santuario e del giudizio investigativo. Tutti hanno bisogno di conoscere personalmente la posizione e l'opera del loro grande Sommo Sacerdote. Diversamente, non potranno esercitare quella fede, indispensabile per la nostra epoca, oppure occupare la posizione loro assegnata da Dio. Ognuno può salvarsi o perdersi. Ognuno ha una vertenza aperta presso il tribunale di Dio. Ognuno dovrà incontrarsi faccia a faccia con il grande Giudice. È quindi importante contemplare sempre più spesso la solenne scena del giudizio, quando i libri saranno aperti e quando, con Daniele, ognuno si alzerà "per ricevere" la sua parte d'eredità, "alla fine dei giorni".
Tutti coloro che hanno una chiara conoscenza di questi soggetti devono testimoniare delle grandi verità, che Dio ha loro affidate. Il santuario celeste è il centro dell'opera del Cristo, in favore degli uomini. Esso riguarda ogni uomo sulla terra; ci presenta il piano della redenzione, ci conduce alla fine dei tempi e ci rivela il trionfante epilogo del conflitto fra la giustizia e il peccato.
Tutti devono studiare a fondo questi soggetti e saper rispondere a chi chiede spiegazioni sulla loro speranza. L'intercessione del Cristo, in favore dell'uomo nel santuario celeste, è indispensabile per il piano della salvezza, come lo è stata la sua morte sulla croce. Dopo la risurrezione, Gesù andò a completare in cielo l'opera iniziata sulla croce. Noi, per fede, dobbiamo penetrare al di là del velo, "... dove Gesù è entrato per noi quale precursore...". (Ebrei 6:20) E' là che si riflette la luce della croce del Calvario; è là che possiamo avere una visione più chiara del mistero della redenzione. La salvezza dell'uomo è stata compiuta a un prezzo inestimabile per il cielo e il sacrificio soddisfa le più elevate esigenze della legge di Dio, che era stata infranta. Gesù ci ha aperto la via che conduce al trono del Padre e, tramite la sua mediazione, può essere presentato a Dio ogni sincero desiderio, espresso da coloro che si rivolgono a lui con fede.
"Chi copre le sue trasgressioni non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia". (Proverbi 28:13) Se coloro che nascondono e scusano le proprie colpe potessero vedere come Satana esulta e come schernisce il Cristo e i suoi angeli, per questa ragione, si affretterebbero a confessare i propri peccati e ad abbandonarli. Attraverso i difetti di carattere, Satana cerca continuamente di dominare sulle nostre menti, sapendo che se noi accarezziamo questi difetti, egli riuscirà nei suoi intenti. Perciò egli cerca costantemente di ingannare i discepoli di Gesù con i suoi sofismi, facendo loro credere che non possono assolutamente conseguire la vittoria. Ma Gesù interviene in loro favore, mostrando le sue mani ferite, il suo corpo straziato e dicendo a tutti coloro che vogliono seguirlo: "... La mia grazia ti basta...". (2 Corinzi 12:9) "Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero". (Matteo 11:29,30)
Nessuno deve considerare i propri difetti incorreggibili. Dio vi darà la fede e la grazia per vincerli.
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ORA È IL TEMPO DI ESPIAZIONE.
Viviamo nell'epoca del giorno dell'espiazione. Nel servizio cerimoniale terreno, mentre il sommo sacerdote compiva l'opera di espiazione per Israele, tutti erano invitati a pentirsi dei loro peccati e a umiliarsi davanti a Dio, per non essere esclusi dal popolo. Allo stesso modo, tutti coloro che desiderano che i loro nomi rimangano scritti nel libro della vita dovrebbero ora, nei pochi giorni che ancora rimangono del tempo di grazia, rendersi conto del proprio stato nei confronti di Dio, provare un sincero dolore per i propri peccati e dimostrare un vero pentimento. È necessario un profondo e scrupoloso esame di coscienza.
Molti cristiani dovranno rinunciare alla leggerezza e alla frivolezza. Si profila una lotta accanita per tutti coloro che vogliono vincere quelle tendenze al male, che minacciano di avere il sopravvento. L'opera di preparazione è individuale. Noi non siamo salvati in gruppo; la purezza e la devozione dell'uno non possono compensare l'assenza di questi requisiti nell'altro.
Sebbene tutte le nazioni debbano comparire in giudizio davanti a Dio, egli esaminerà con la massima cura il caso di ogni singola persona, come se fosse l'unico essere al mondo. Ognuno dovrà essere provato e trovato "senza difetto né macchia" (1 Pietro 1:19), né cosa alcuna simile. Le scene relative all'opera conclusiva dell'espiazione sono particolarmente solenni. Gli interessi implicati sono della massima importanza.
Attualmente è in atto il giudizio nel santuario celeste e si tratta di un'opera che ormai si svolge da moltissimi anni. Presto, anche se nessuno sa quando, il giudizio riguarderà i viventi. In presenza di Dio la nostra vita sarà presa in considerazione. Perciò, oggi più che mai, bisogna tener conto dell'invito di Gesù: "... vegliate, poiché non sapete quando sarà quel tempo". (Marco 13:33) "... Se tu non vegli, io verrò come un ladro, e tu non saprai a quale ora verrò su di te". (Apocalisse 3:3)
Quando finirà il giudizio investigativo, il destino di tutti sarà deciso per sempre: o per la vita o per la morte. Il tempo di grazia si chiuderà poco prima dell'apparizione del nostro Signore sopra le nuvole del cielo. Alludendo a quel tempo, Gesù dichiara: “Chi è ingiusto sia ingiusto ancora; chi è contaminato si contamini ancora; e chi è giusto pratichi ancora la giustizia; e chi è santo si santifichi ancora. Ecco, io vengo tosto, e il mio premio è con me, per rendere a ciascuno secondo che sarà l'opera sua.” (Apocalisse 22:11,12)
I giusti e i malvagi vivranno ancora sulla terra. Gli uomini continueranno a piantare e a costruire, a mangiare e a bere, inconsapevoli del fatto che la sentenza finale sia già stata pronunciata nel santuario celeste e sia irrevocabile.
Prima del diluvio, dopo che Noè era entrato nell'arca, Dio chiuse la porta, lasciando fuori gli empi. Per sette giorni la gente, ignorando che il proprio destino era ormai deciso, continuò a vivere con superficialità, preoccupata di soddisfare i propri piaceri e beffandosi degli avvertimenti relativi all'imminente castigo. "... Così" disse il Salvatore "avverrà alla venuta del Figliuol dell'uomo". (Matteo 24:39) Silenziosamente, in modo furtivo e inatteso, come il ladro di notte, giungerà l'ora decisiva, che segnerà il destino eterno in ogni uomo, l'ora in cui l'offerta misericordiosa, fatta all'uomo colpevole, sarà ritirata. "Vegliate dunque... che talora, venendo egli all'improvviso, non vi trovi addormentati". (Marco 13:35, 36) È pericolosa la condizione di chi, stanco di vegliare, si volge verso le attrazioni che ci offre la società. Mentre l'uomo d'affari è intento a ricercare nuove possibilità di guadagno, chi ama il piacere segue le proprie inclinazioni e chi è schiavo della moda si preoccupa della sua apparenza, il Giudice di tutta la terra potrebbe pronunciare la sentenza: "... tu sei stato pesato con la bilancia e sei stato trovato mancante". (Daniele 5:27) Grande controversia, pp. 479-491
Qui terminano gli estratti su questo argomento.