Originariamente Scritto da
Astrid
I social network non fanno che enfatizzare la realtà, a volte la distorcono anche.
La frangia maschilista e, di conseguenza patriarcale, è guidata da chi ha timore di perdere il potere maschio scolpito nelle pieghe di millenni di storia (nato per ragioni di forza fisica, appartenente per biologia all'uomo, con l'aggiunta della sudditanza economica che ancora oggi resiste, ad esempio, nelle disparità salariali tra i due sessi) che con il tempo si è "evoluta" in una mera questione "culturale".
L'abitudine a sovrastare e a sovrintendere ha portato l'uomo a non voler mollare lo scettro e le donne a rimanere impantanate nella sudditanza.
Ma non tutte. Nel backstage della storia ci sono molte donne che hanno avuto ruoli di prim’ordine anche se non ufficiali. Chi moglie carismatica, chi mentore, chi studiosa o artista, chi scienziata…
Il discrimine, per quello che vedo e vivo io, sta nella conoscenza. E’ una questione culturale.
Per avere autorevolezza bisogna dimostrarlo.
Il grosso del problema sono i tentativi di tappare la bocca da parte di chi ha Potere e può fare il bello e il cattivo tempo: loro saranno gli ultimi a cedere, perché, come diceva quella buon'anima di Giulio, "il potere logora chi non ce l'ha".
A 20 anni si è nella fase: "so tutto io", ovvero "incrollabili certezze". Non si ha esperienza diretta della vita e, per molti, neppure la preparazione di base per capire che strada definitiva prendere.
A livello sociale io vedo un impoverimento culturale. Sembra paradossale visti i mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione… Avessi avuto io internet quando avevo 15 o 20 anni ora di lauree ne avrei almeno 4 (lauree in senso lato, ovvero conoscenza, tanta conoscenza).
Ovviamente c’è anche l’impoverimento economico che produce danni. Una società ricca ha problematiche che sono diametralmente opposte rispetto a una povera.
Basti osservare la storia passata. Se mettiamo a confronto Medioevo e Rinascimento o Illuminismo abbiamo uno riscontro macro, visibile anche da chi ha scarsi interessi per la storia.
Nel mio ambiente non si notano troppe diversità, credo che sia per una ragione precisa: nessuno sta a sottolineare l’altrui genere o a sottolineare il proprio.
Si va per competenze e per specialità, anche se sono sfumature in un ambito paritetico.
Unica "differenza" è data, per ovvie ragioni, dalla fisiologia. Le donne in età fertile non sono fisicamente al 100% per un certo periodo mensile e quindi se c'è iper lavoro viene loro chiesto se sono stanche e se la sentono di continuare, quando ci sono periodi di lavoro "duro" o trasferte "pesanti". Un tratto di sensibilità che è la norma e non ha indirizzo di genere.
Quindi, basandomi su di me, mi sento di dire l'atteggiamento sessista è una questione "meramente" culturale con due diramazioni principali:
- più si ha conoscenza "del mondo" e consapevolezza di sé e meno si accusano desideri di prevaricazione di genere esternati con aggressività sessista o comportamenti inferiorizzanti;
- più si esagera con lo sbandieramento della diversità tra sessi, l'esteriorizzazione allegorica dell'emancipazione o la ridicolizzazione del sesso antagonista e più la situazione rischia di peggiorare sulla scorta di una sottocultura generalizzata.
L'altro giorno leggevo un resoconto sullo stato dell’istruzione in Italia… Siamo messi male. Stiamo regredendo. Questo è, a mio avviso, una concausa primaria dei rigurgiti patriarcal-politico-sessisti-antitutto a cui stiamo assistendo.
Conclusione: fino a che non si imparerà di guardarsi con occhi asessuati, vedendo prima l’essere umano con le sue peculiarità, competenze e sensibilità interiori, questa pseudo-lotta sociale tra sessi non si sgonfierà e continuerà a nutrirsi di frustrazioni da un lato (quello femminile) e aggressività dall’altra (quello maschile), con il rischio che si arrivi al ribaltamento del "sentimento" e si ricominci ciclicamente da capo.
L'uniformità di trattamento è la naturale estensione dell'ampiezza culturale elevata all'apertura mentale. Ossia l'assenza di retaggi.