La Pisellopedia, ovvero Storia dell'educazione sessualsentimentale ai tempi dei napoleonici in Sicilia
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E I moti del quarantotto, non li citi?
Si combatte e si ribatte, alle lezioni di morale... religiosa che oramai hanno preso il sopravvento.
Il altri termini, il cosiddetto "cazzeggio" in senso lato...
A me piace immaginare dopo la vita, una specie di San Rocco che per entrare in paradiso ti chiede "Figliolo, quante volte hai ciullato... nella vita?"
E dalla risposta data ti assegnano il posto nella società post mortem...
Perché alla fine della fiera il senso della vita è godersela, finché si ritorna nella piena nullità esistenziale. Amen.
Anche il massimo sociologo e filosofo italiano vivente, dovrebbe secondo te cambiare compagnie?
Galimberti: “Società di oggi vittima del nichilismo e ladra del futuro dei giovani”
Galimberti analizza la società moderna, "dominata dal nichilismo" e "dove mancano scopo e risposta ai perché"; e in venti minuti ne mette in fila le contraddizioni, squarciando ogni velo. Cita Nietzsche, Freud, Marx, Hegel, Heideger, Maritain e altri filosofi e pensatori. Distingue tra sviluppo e progresso, come già faceva Pasolini, tra perfezionamento e miglioramento delle condizioni umane. In Occidente, dice, il presente è sempre stato momento di redenzione, il passato è il male e il futuro luogo di salvezza: un'impronta cristiana che pervade anche chi è laico. E qui c'è l'intoppo, perchè in un mondo dominato solo da tecnica e mercato e dove la tecnica da mezzo diventa scopo e il futuro solo un perfezionamento di procedure, il futuro come luogo di salvezza non c'è più e scompare come prospettiva. Una stortura complice anch’essa della sofferenza in fondo vissuta dagli adolescenti di oggi, che contano "tre milioni di anoressici, due milioni di autolesionisti, duecentomila affetti dall’isolamento sociale che caratterizza la sindrome giapponese dell’hikikomori, con giovani che se ne stanno chiusi nella propria stanza davanti al computer e alla fine, in molti casi, si suicidano".
https://www.toscana-notizie.it/-/gal...giovani-%C2%A0
Cosa fanno gli antropologi, gli analisti, gli esperti di politiche economiche, i sociologi e i filosofi, Ladyhawke? Denunciano un problema, fotografano una situazione, scattano un'istantanea alla nostra società. È il loro lavoro, è il loro mestiere, il loro retaggio...
Poi sta a ciascuno di noi prendere le loro parole solo come critiche oppure come stimolo ad aprire gli occhi.
Un Galimberti, un Bauman, un Recalcati, un Prevost.... più che lanciare segnali rossi di pericolo non possono fare: l'auto la guidiamo noi.
Dà più fastidio un pelo che ricresce che la ceretta che serve ad estirparlo.
Allora no: i giovani stanno benissimo, sono felici e fiduciosi nel futuro. Tutte le notizie che ci arrivano sono in realtà fake news. Non picchiano i professori, non entrano nelle scuole armati, non sparano, non vanno in giro coi coltelli, non fanno bullismo, non fanno stalking, non riempiono come mai prima gli studi degli psicologi, non sono smarriti, disorientati, depressi, delusi: soprattutto da noi adulti, no. Va tutto splendidamente.
assolutamente no, non stanno benissimo e non sono fiduciosi nel futuro, la felicità però non dipende da benessere e fiducia
non così drammaticamente come hai appena scritto qui sopra, se veramente, tu, di prima persona, vedi e partecipi di tutto quello che è scritto sopra, allora ti ripeto di cambiare frequentazioni
Mi ricordi Tafazzi
"Catastrofi Pastorali" – San Donato, Empoli
Interno sala parrocchiale. Un tavolo coperto da una tovaglia rossa, biscotti secchi, succo ACE e il solito microfono gracchiante.
L’incontro si chiama:
“Giovani oggi: ricostruire tra le macerie”
Don Lucio parla come se fosse reduce da una guerra nucleare.
— “Questi ragazzi... sono anime bruciate. Depressi. Aggressivi. Analfabeti emotivi. Non leggono. Non amano. Non pregano. Non ascoltano.”
Suor Alfonsina annuisce con sdegno.
— “Io ne ho visto uno ieri che rideva da solo. E non era nemmeno posseduto. Era... felice. In pubblico. Come se nulla lo schiacciasse dentro.”
— “Il male moderno!” esclama Don Lucio. “L’indifferenza allegra!”
Entrano i ragazzi. Zaini in spalla, facce normali. Non grondano angoscia. Non portano coltelli. Alcuni si salutano con un batti cinque.
Giulia prende posto.
— “Allora, di che si parla oggi?”
— “Di voi,” risponde il parroco, guardandola come si guarderebbe un detenuto a piede libero.
— “Che carino,” sorride lei. “Tipo documentario sulla savana?”
— “Noi siamo qui per aiutarvi a ritrovare la luce. A ricollegarvi con l’essenza. A salvarvi.”
Gabriele si gratta la testa.
— “Ma noi... stiamo bene. Siamo abbastanza felici. Litighiamo un po’, ma ci vogliamo bene. Cioè, non capisco… da cosa ci salvate?”
Suor Alfonsina:
— “Dal nichilismo. Dall’apatia. Dalla pornografia. Dai selfie. Dal buio.”
Cristian, con tono neutro:
— “Guardo film in bianco e nero, leggo Calvino, faccio meditazione e aiuto mio nonno con l’orto. Però sì, ieri ho fatto un selfie con una fetta d’anguria. Condannatemi.”
Martina:
— “Io vado dallo psicologo. Non perché sono a pezzi, ma perché voglio conoscermi meglio. Ma a scuola mi va bene. Ho amici veri. E ogni tanto vado anche a messa.”
Don Lucio e suor Alfonsina si guardano sospettosi.
— “Negano tutto,” mormora lei. “Negano per difendersi.”
— “Sono diventati maestri della dissimulazione,” dice lui, inquieto.
Giulia si alza.
— “Senta, Don. Con rispetto. Ma forse la vostra idea dei giovani si è fermata nel 2005. Noi non siamo tutti bulli, depressi o tossici. Vogliamo solo vivere in pace, senza essere etichettati ogni volta che respiriamo.”
Silenzio.
Gabriele si avvicina al microfono.
— “Cioè, alla fine... siete voi che avete bisogno di essere salvati. Dalla vostra paura. Dalle vostre semplificazioni. Dalla vostra nostalgia.”
Don Lucio cerca le parole. Le cerca nei biscotti, poi nel vuoto.
— “Ma... io avevo preparato una preghiera speciale per anime tormentate…”
— “Usiamola per lei, allora,” dice Cristian. “Magari la aiuta a dormire sereno stanotte.”
Suor Alfonsina si stringe il rosario al petto.
— “Sono perduti...”
Giulia le sorride.
— “No, sorella. Siete voi che vi siete persi. E noi siamo qui, pronti a riportarvi alla realtà. Con amore, però, eh.”
*Fuori dalla parrocchia, il cielo di Empoli era sereno.
I ragazzi andarono a bersi una spremuta.
Don Lucio restò a fissare il cartello “Incontro per giovani smarriti”.
Poi lo strappò. E si mise in fila per il succo ACE.*
Prima bacchetti gli psicologi (oltre a scuola, maestrine ecc...) perché esterni ed estranei alla famiglia, luogo principe di ogni bene e competenze, poi ti lagni che vanno dagli psicologi perché stanno male, quindi bisognosi di specialisti della mente.
Vuol dire che la famiglia ed i genitori, ieri come oggi, non sono gli esperti a 360° della mente dei figli e del sapere come comportarsi nel tirar su i propri pargoli.
doppio
40/50 anni fa morivano di eroina a grappoli come mosche, e si sparavano per estremismo politico, o partecipavano e fiancheggiavano il terrorismo; ancora prima, educati alla reverenza e obbedienza, si facevano massacrare o massacravano in guerre atroci e insensate;
uno che ragioni come te meriterebbe di veder esposti i suoi figli a quei mondi per cui mostri nostalgia;
ma quando mai i giovani sono stati "felici" ?
posto che "giovane" è una categoria esistenziale che in effetti conosciamo dalla smilitarizzazione successiva alla Seconda guerra mondiale; prima si passava da un'adolescenza senza diritti alla condizione adulta di classe; a 15, 16 anni massimo quasi tutti lavoravano ed erano adulti, in condizione irreversibile.
40/50 anni fa morivano di eroina a grappoli come mosche, e si sparavano per estremismo politico, o partecipavano e fiancheggiavano il terrorismo; ancora prima, educati alla reverenza e obbedienza, si facevano massacrare o massacravano in guerre atroci e insensate;
uno che ragioni come te meriterebbe di veder esposti i suoi figli a quei mondi per cui mostri nostalgia;
ma quando mai i giovani sono stati "felici" ?
posto che "giovane" è una categoria esistenziale che in effetti conosciamo dalla smilitarizzazione successiva alla Seconda guerra mondiale; prima si passava da un'adolescenza senza diritti alla condizione adulta di classe; a 15, 16 anni massimo quasi tutti lavoravano ed erano adulti, in condizione irreversibile.