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Harsh Times - I giorni dell'odio
(Harsh Times)
Un film di David Ayer. Con Christian Bale, Freddy Rodriguez, Eva Longoria, Chaka Forman, Tammy Trull, J. K. Simmons, Michael Monks, Samantha Esteban, Tania Verafield. Genere Azione, colore, 119 minuti. Produzione USA 2005.
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Trama: Jim e Mike sono due grandi amici, il primo è un reduce dalla guerra del Golfo, il secondo un fannullone che cerca di far credere alla ricca e realizzata moglie di stare cercando un lavoro. Disperato, carico di odio e di violenza ereditata dal suo ex lavoro come ranger dei marine, Jim non trova altra soluzione che cercare di arruolarsi in polizia. Dopo un primo esito negativo, gli viene offerta una possibilità come federale, ma gli strascichi emotivi del suo passato non potranno lasciarlo stare tanto facilmente ...
Commento: l'opera prima di David Ayer (sceneggiatore di Training day, oscar miglior attore per Denzel Waghington) è un noir duro e disperato che parte per la strade di Los Angeles fino a chiudere le sue propaggini in Messico. Una Los Angeles sporca, brutta e cattiva che i due protagonisti percorrono alla ricerca di un lavoro e per trovare se stessi cercando di dare un senso alla propria vita. Jim (interpretato da un Christian Bale assolutamente strepitoso e folle, lo ricorderete per Batman begin's e The prestige) ha subito forti traumi psichici dal passato bellico che non riesce ad assorbire, e reagisce con violenza schizofrenica a ogni cosa grande o piccola che gli succede, tranne quando viene interpellato da un militare a cui risponde forte e chiaro e agisce con ubbidienza ai suoi comandi, mentre Mike (interpretando da un Freddy Rodriguez ormai come il prezzemolo, lo vedrete tra qualche tempo anche nel prossimo Planet terror, segmento di Grindhouse diretto da Rodriguez) è un fannullone che vive alle spalle della ricca moglie a cui fa credere di essere perennemente al lavoro. Gli influssi e le caratteristiche di Training Day ci sono tutti in questo lavoro di Ayer, dove là c'era la palestra della convivenza con ricatti ed estorsioni, qui c'è la convivenza con il proprio disagio e la società in cui non si riesce bene ad integrarsi.
Jim è un personaggio scomodo, fuori dagli schemi, che agisce come una cellula anarchica e impazzita creata dallo Stato, paragone che serve all'autore per creare un film altamente antimilitarista (lui che militare è stato), condannando le azioni che in nome dell'ubbidienza agli ordini vengono fatte (le torture agli irakeni), costringendo a vivere di bugie per realizzarsi (le truffe alla macchina della verità) dato che sono stati quelli i primi insegnamenti che hanno avuto, e includendo la pericolosità del riconnettersi dopo esperienze traumatizzanti nel tessuto della società (la follia e la violenza inconsulta). Film sincopato, esagerato fino all'osso anche nei discorsi, ha una grandissima capacità di creare nel corso del suo svolgimento una sorta di"odore"della violenza e della follia, che man mano prosegue e si somma, quasi senza accorgersene pr lo spettatore, diventa un olezzo ributtante.
Di fatto dopo l'inizio prologo che ci mostra il ranger e la sua esperienza militare, il film prosegue, contrariamente a come si potrebbe pensare, in maniera quasi monotona e ripetitiva, con grandi canne fumate e discorsi concentrici sul non trovar lavoro e qualche scaramuccia, dove noi ci troviamo quasi spazientiti, ma con l'ultima strepitosa mezz'ora capiamo l'intento del regista, quello di farci capire che la violenza è un raggiungere il bordo della brocca, l'acqua che tracima per il continuo riempire di insoddisfatte pulsioni e a cui la caduta delle illusioni rende tutto vuoto. A quel punto solo un grande sfogo di odio e di ira può dare sollievo, ma ormai è troppo tardi e l'uomo deve arrendersi al destino del suo fallimento. Anche chi lo ama non potrà gestirlo, dato che non riconosce più il limite tra gisuto e sbagliato, bene e male. Christian Bale rende benissimo un personaggio tanto complesso emotivamente, smorfie, stati d'animo mostrati con durezza di faccia di ghiaccio, sono mostarte perfettamente, mentre Freddy Rodriguez fa un onesta partecipazione e la modella di Desperate Housewives Eva Longoria è inespressiva e poco convincente, ma gli viene data una parte minima di presenza (importante come influenza per Mike) sullo schermo e non disturba più di tanto.
Un film che consigliamo per riflettere sui pericoli della follia dei comportamenti dello Stato sui suoi componenti armati, ma che deluderà coloro che cercano azione e intrattenimento fast food in quanto questo strano buddy-buddy non è solo lì che vuole arrivare, ma cerca di toccare le nostre paure mettendoci in guardia dalle facili sicurezze.
Una bella sorpresa, arrivata con un ritardo colossale sul mercato italiano in questo gelido aemozionale fine stagione cinematografica nazionale.
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Ocean's 13
(Ocean's Thirteen)
Cast George Clooney, Ellen Barkin, Brad Pitt, Matt Damon, Andy Garcia, Don Cheadle, Bernie Mac, Casey Affleck, Scott Caan, Eddie Jemison
Regia Steven Soderbergh
Sceneggiatura Brian Koppelman, David Levien
Durata 02:00:00
Data di uscita Venerd
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a me ha fatto cagare oceans 13.. mi sono pure addormentato.
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un po' stringata come recensione ma va bene lo stesso
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strepitoso...!
Quattro minuti
(Vier Minuten)
Un film di Chris Kraus. Con Monica Bleibtreu, Hannah Herzsprung, Sven Pippig, Richy Müller, Jasmin Tabatabai, Vadim Glowna, Nadja Uhl. Genere Drammatico, colore, 112 minuti. Produzione Germania 2006.
CAST
Traude Krüger Monica Bleibtreu
Mütze Sven Pippig
Kowalski Richy Müller
Jenny von Loeben Hannah Herzsprung
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Trama: una vecchia insegnante di pianoforte aiuta le prigioniere di un carcere ad imparare a suonare lo strumento, ma il corso da lei tenuto diventa sempre più a rischio per colpa del suicidio di una di esse.
Senza perdersi d'animo riesce a far arrivare un pianoforte nuovo in sostituzione di quello vecchio, e con esso spera di riconvertire alla musica da camera il maggior numero di persone possibili nella struttura in cui lei ormai si reca quotidianamente da anni in preda a chissà quali ricordi successi nella seconda guerra mondiale.
Durante un pestaggio di una guardia, una delle galeotte incomincia a suonare il piano sprigionando un talento irresistibile anche se con venature davvero particolari...tra l'insegnante e l'allieva incomincia a instaurarsi un rapporto di violenza e ammirazione, dove nessuna delle due parti accetta imposizioni dall'latra. Finchè un giorno...
Trama:davvero notevole questo lavoro del regista tedesco Chris Kraus (opera prima) fondamentalmente un lavoro di quasi soli interni, una storia che si svolge in due periodi alternati da un sapiente montaggio, affondando le sue radici nel passato che fanno effetto sul presente.
Due figure centrali, diversissime tra di loro, una la giovane estroversa, eccessiva esagerata e violenta Jenny (magnificamente interpretata da Hannah Herzsprung, anche per lei prima prova) una assassina che ha escluso, dalla sua vita dopo aver subito terribili abusi ogni rapporto di relazione pacifica con il mondo che sembra odiare (e la maglietta con un escremento fumante ben visibile è la testimonianza del suo pensiero), l'altra una ottantenne maestra di piano ex infermiera di guerra nazista che convive con il desiderio di purificare e purificarsi con la perfezione intoccabile della musica classica. A questo proposito è chiarificatore il suo odio per le contaminazioni hip hop che la giovane mette all'interno delle sue sonate di pianoforte (dove le manette sono un vincolo che va ben oltre il discorso fisico della costrizione) inaccettabile sfregio verso chi ha da perdonarsi e perdonare utilizzando i classici immortali.
Man mano che il racconto prosegue (dopo aver cominciato in maniera assolutamente potente con la scena iniziale dove conosciamo la mancanza di rispetto di Jenny verso tutto e convenzioni) assistiamo a un progressivo scontro/incontro di due mondi completamente diversi, dove il pianoforte nuovo che arriva simboleggia il nuovo corso, che non sia detto abbia delle qualità minori ma quanto più diverse da quello antico, mentre i crimini eseguiti e i torti subiti nel passato non possono essere lavati dalla musica, che può al limite consolare e veicolare nuovi obbiettivi e sensi di riscatto.
Significativo il personaggio del secondino ingenuo selvaggiamente picchiato, che ha una terribile delusione vedendo messe in burletta le frasi dei classici immortali che adorava nel quiz a premi. Significato di placida e confortevole auditel a discapito dell'emozione e dell'anima. Però lui grazie alla figlia crede fermamente in un futuro di pentimento e di perdono senza fare inchini dovuti e di regola che infatti la sua prole, nonostante la sprone, non esegue alla maestra. Un senso di ribellione non capito da traude, che non apprezza neppure i disegni di vero sentimento che la bimba compone. Grandissima la scena dello scambio dei vestiti, dove le due parti incominciano ad interagire mischiandosi, dove però si capisce benissimo che il disagio di apparire ed essere dove non si è consoni. E tutto si conclude con la spiegazione del titolo in un crescendo stupefacente, per poi ammutolirsi subito in quanto la vita ti offre delle opportunità che anche se non ne cambiano il senso e il corso possono offrire gioie effimere che ne illuminano il cammino, a lezione di non escludere mai nulla.
Un film incredibile, spuntato nel più assoluto silenzio e senza clamori, che emoziona e infrange delle regole rigide e aemozionali per crearne delle nuove più umane e coinvolgenti.
Non perdetevi questa sonata tragica snobbata dal consumistico mercato che offre solo giocattolini consolatori, assolutamente fruibile e lineare nello svolgimento ma assolutamente umana, densa di sentimento che supera i confini del carcere per farci volare con l'emozione sopra le convenzioni e i rigidi spartiti, sopra le manette che impediscono alle mani di muoversi ma non al cervello di pensare. E alla fine facciamo tutti un inchino...
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L'ELETTO
Titolo Originale: LE CONCILE DE PIERRE
Regia: Guillaume Nicloux
Interpreti: Monica Bellucci, Catherine Deneuve, Sami Bouajila, Elsa Zylberstein, Clément Thomas, Laurent Grevill, Peter Bonke, Nicolas Jouhet, Dinara Droukarova, Moritz Bleibtreu
Durata: h 1.40
Nazionalità: Francia 2006
Genere: thriller
Al cinema 15 Giugno 2007
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Trama: Liu Sang è un bambino che viene adottato da una donna rimasta sola. Passati sette anni il bambino cresce sereno ma un giorno una visita di controllo a uno strano segno della pelle sembra rivelare che dietro alla sua misteriosa nascita si nascondano inquietanti misteri...
Commento: continua la moda (possiamo possiamo definire orrenda non solo per i risultati visuali che sarebbero anche graditi, e che non ci sono, ma perchè non ne possiamo più) del prodottino thriller-horror completamente inutile costruito su misura dell'attrice famosa di turno (in questa caso della non-attrice Monica Bellucci), che si disinteressa della trama , del coinvolgimento e di un vero senso del senso dello spettacolo per concentrarsi sulla protagonista dandole chissà quali nuove sfaccettature per una nuova prospettiva di carriera.
Qui il grande succoso piatto di novità è dato dal taglio di capelli (corti) e dai vestiti castigati che indossa (alcuni davvero demodè per accentuare il senso di compostezza lontano dai lavori provocatori della Monicona improntati sul sesso), dimenticandosi di ogni altra cosa e comunque un nudo castigato sotto la doccia e il seno lo presentano lo stesso alla visione, alla fine non si sa mai, avranno detto i produttori.
Lavoro del tutto anonimo tratto da un libro di Jean-Cristophe Grange, "the Stone Council", è la solita rimasticatura informe di Rosemary's baby e di Omen-il presagio con la casta che difende la creatura oppure la vuole portare via per scopi personali chiudendo il cerchio di un disegno malefico cominciato anni prima.
Tutto estremamente scontato, prologo iniziatore, ritrovo della creatura, tempo che passa e avventura del tutto anonima interpretata da tutti senza nessun segno di partecipazione (e la protagonista fa le solite facce sconsolate acnhe in situazioni thriller), compresa la grande Catherine Deneuve (passata per sbaglio da quelle parti e solo per l'incasso), diretti con mano sinistra da Guillaume Nicloux (ricordiamo il ben più valido"Una questione privata"). Avventura che si conclude tra l'altro in maniera del tutto anonima dopo aver girato diverse locations (anche una zona forestale per il finale che doveva evocare il connubio maleficio natura, rapppresentato dai tre animali, serpente-aquila-orso, qua digitali, e che invece è stata solo una anonima sede per le gesta inutili di figuranti anonimi). Chi cerca emozioni horror splatter resterà deluso, chi vuole thriller rimarrà deluso, chi vuole effettacci rimarrà deluso, chi vuole un film appassionante non lo troverà. vado avanti per chiarire che ci sono altre probabilità che ogni attesa sarà disillusa, anche se partendo già dalle considerazioni di base alla visione del trailer la cosa era altamente prevedibile.
Evitare con cura.
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IO E BEETHOVEN
Titolo Originale: COPYING BEETHOVEN
Regia: Agnieszka Holland
Interpreti: Ed Harris, Diane Kruger, Ralph Riach, Nicholas Jones, Joe Anderson, Phyllida Law, Matthew Goode, George Mendel
Durata: h 1.44
Nazionalità: USA, Germania, Ungheria 2006
Genere: drammatico
Al cinema 15 Giugno 2007
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Trama: Chi era Ludwig van Beethoven? Sicuramente un genio, sicuramente sordo, ma anche un uomo burbero, violento e del tutto egocentrico che non perdeva occasione per umiliare gli altri. Un giorno nella sua casa di struttura modesta per un artista del suo calibro si presenta una nuova graziosa copista di note che attira la sua attenzione. Comincia un percorso di ascolto e comprensione della musica da aprte dell'una e di apertura mentale da parte del genio. Qualcosa è cambiato?
Commento:Agnieszka Holland (allieva di Forman e autrice de Il terzo miracolo del 2001) dirige un lavoro fondamentalmente di interni con un cast a due, immagine dell'arte che rende superbi e irresponsabili, sordi oltre allo stato fisico. Ed Harris (Truman Show) è strepitoso nel tratteggiare questo ritratto irriverente e liberamente biografico del prolifico artista (non solo in campo musicale, ma qui di figli non se ne vedono ma un da lui adorato ragazzo che invece lo inganna e sfrutta). Arrivato a un punto di non ritorno in cui la sua arte è solo sublimazione della perfezione ma nel contempo è anche la corrosione del suo animo, che non cerca negli altri consolazione ma solo irriverente battaglia. l'arrivo dell'animo dolce e rispettoso, oltre che di ossequio per l'opera dell'artista, della copista (Diane Kruger,Troy, di spettacolare bellezza in vesti ottocentesche) ha un significato di nuova strada, simbolico nel volere instradare il cammino autoriale verso strade diverse magari più oscure e troppo anticipatrici, base di lavoro di altri compositori a venire. A questo proposito assolutamente simbolica la composizione della Grande Fuga, opera non capita al momento e poi consacrata ad arte, nata da una ispirazione viscerale per il marcio e il putrido che governa il nostro animo e non serve a nulla nasconderlo in quanto presente.
Il film si svolge lineare con il confronto a due tra umile copista di buone maniere che vive in un convento di suore e il genio sregolato, con la comprensione da parte di lei della sua arte che non si limita più ad un ascolto dell'aria ma a una liberazione dell'anima, propaggine delle orecchie sorde di lui, che capiscono la bellezza delle sue opere solo vedendo l'espressione delle persone. La perfezione si raggiunge con il connubio delle due espressioni di vita, miscelando i momenti migliori con quelli peggiori senza rinnegarli ma dando la possibilità di maturare insieme.
Il film prosegue questa filosofia con la simbologia rinnegata del ponte, costruito magari con amore, ma che invece non ha portato altro che alla sua distruzione perchè del tutto illusorio collegamento fra due mondi distanti, cosa che invece si rivela del tutto opposta in quanto anche persone e cose distanti trovano un punto di contatto per una vita e una visione del tutto migliore, in modo da trovare nel momento della morte un senso più pieno del vissuto.
Un film semplice nella trama, lineare e scorrevole, ma multistrato nelle emozioni, impreziosito da un grande attore come Harris e da una presenza leggera e gradevole come quella della Kruger, da vedere per sentire delle arie immortali (sopratutto quella del grande concerto della nona), ma anche per vedere una prospettiva meno nota di un grande artista.
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I fantastici 4 e Silver Surfer
(Fantastic Four: Rise of the Silver Surfer)
Un film di Tim Story. Con Ioan Gruffudd, Jessica Alba, Chris Evans, Michael Chiklis, Doug Jones, Julian McMahon, Kerry Washington, Andre Barugher. Genere Azione, colore, 92 minuti. Produzione USA, Germania 2007.
uscito nei cinema italiani il 15 giugno 2007
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Trama sta per avverarsi uno degli eventi mondani più importanti degli ultimi anni, il matrimonio tra Sue"La donna invisibile"Storm e Reed"Mr.Fantastic"Richards. Ma questo lieto evento rischia di essere compromesso dall'arrivo di un argenteo surfista venuto dallo spazio, che crea strani buchi giganteschi nella crosta terrestre e provoca misteriosi fenomeni...riusciranno i quattro a salvare il mondo, ma sopratutto a sposarsi? La risposta sta anche nel Destino...
Commento:Seconda avventura cinematografica ufficiale (di grande produzione, ce ne sono state altre nel passato lontano ma erano decisamente minori e poco significative) per il quartetto di supereroi che opera senza problemi di identità e sotto le luci dei riflettori di fans, stampa e opinione pubblica.
Stavolta la trama verte su uno degli eventi che impegnò nella golden age dei supereroi Stan Lee (solito cameo per lui, oltretutto in una parte himself e non quella del postino del Baxter Building come nel primo episodio) e lo scomparso (e rimpianto) Jack kirby. Il matrimonio nel campo dei supereroi a livello di comics (fu così anche per l'Uomo Ragno) è una occasione d'oro per un megascontro tra cattivi e buoni, e l'evento diventa una occasione per sfoderare una sfida di grandi proporzioni. E il film partendo da questo assunto immerge in ambientazioni cosmiche (pur restando sulla terra)più consone del primo film i 4 eroi, con una minaccia misteriosa che viene dallo spazio. Silver Surfer tra l'altro è uno dei personaggi più amati dai lettori del tempo che fu, nonostante che la sua serie originale fu bloccata solo dopo una manciata di numeri. Stan Lee ha sempre detto che il surfista era uno dei personaggi che aveva creato che lui amava di più, e la scelta artistica di farlo rientrare è stata quanto mai azzeccata. Vero protagonista del film, è un personaggio complesso e malinconico, strutturato per essere dolorosamente partecipe alle sue azioni. Non possiamo rivelare altro per non rovinare la sorpresa, sopratutto ai non lettori dei super eroi abituali e sopratutto a quelli della golden age anni sessanta (settanta in Italia con le pubblicazioni della defunta editoriale Corno di Luciano Secchi, il creatore di Alan Ford). Tornando allo specifico del film si nota come la miscela umorismo-azione-effetto speciale ridondante sia ben composta, tralasciando la traccia che caratterizza Spiderman del supereroe con superproblemi in un cantuccio, dove la Torcia Umana (Chris Evans, apparso in Sunshine) è un beniamino delle folle e i due piccioncini (splendida Jessica Alba come sempre e Ioan Gruffudd istrionico simpatico scienziato) sono al centro dei riflettori e anche il difficile coesistere della Cosa (Michael Chiklis, la serie televisiva The Shield) con la sua forma rocciosa (uno degli episodi migliori di Lee e kirby si intitolava "Questo uomo, questo mostro" per sottolineare il desiderio di Ben Grimm di essere uomo per sempre) vengono accantonati. Il film si dota di effetti speciali strepitosi, la scena della ruota gigante è davvero suggestiva, e la digitalizzazione del surfista d'argento assolutamente credibile anche se si nota una certa spigolatura in alcune espressioni facciali non proprio morbidissime. Si rimane davvero suggestionati dalla grandeur di quanto vediamo, e il movimento in volo vertiginoso ed entusiasmante. La trama, che coinvolge anche un vecchio nemico, non è propriamente il massimo, lineare e senza particolari sussulti vive di situazioni rosa (seguendo anche il percorso che le pubblicazioni cartacee stanno seguendo), bisticci e pochi veri sconvolgimenti, sopratutto perchè la multiforme personalità del surfista di carta (che tra l'altro si vocifera protagonista di un prossimo spin off al cinema) viene liquidata in due parole. Tim Story, autore anche del primo film, ha voluto fare un roboante carrozzone di effetti speciali senza troppo curarsi di proporsi oltre allo stupore da effettone e situazioni divertenti di fare un film che vada oltre all'intrattenimento leggero pop corn, e infatti il vero difetto è il finale troppo veloce, troppo aperto a vari interrogativi e che presuppone che tante cose siano rimandate a giorni futuri, e la durata di 90 minuti a livello di racconto non giustifica una scelta di questo tipo, dovuta forse anche a motivi di budget che si stava esaurendo. Entriamo in sala come a un luna park per divertirci davanti agli effettoni in maniera leggera e passatempo senza troppi problemi, fan o non fan del quartetto, il film è un gelato si gusta benissimo anche senza la visione del primo, peccato che sia per poco e che alla fine il The end ci tronchi il racconto in maniera non del tutto soddisfacente. Le ambientazioni di tragedia cosmica lo hanno reso più valido del primo, ma per avere qualcosa di veramente significativo a livello di comics ora dovremo aspettare il film su Iron Man, sperando che l'intasamento da cinecomics non renda anche l'uomo di ferro un uomo di latta.
Una curiosità : la scena iniziale dell'elicottero la vedrete in tutt'altra situazione ma nella stessa dinamica nel prossimo Grindhouse-Planet terror di Robert Rodriguez).
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Hostel 2
Hostel: Part II
Un film di Eli Roth. Con Lauren German, Bijou Phillips, Roger Bart, Richard Burgi, Vera Jordanova, Heather Matarazzo, Stanislav Ianevski, Milan Knazko, Jay Hernandez, Edwige Fenech, Ruggero Deodato. Genere Horror, colore 96 minuti. - Produzione USA 2007.
al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: paxton, unico sopravvissuto alla prima terribile avventura nell'hostello dei sadici e delle torture, sembra che viva una vita al sicuro anche se tormentata da terribili incubi. Ma come sempre, gli incubi del passato non ti mollano mai. Intanto tre ragazze americane decidono di passare una vacanza studio in Slovacchia guidate dalla avvenente Axelle. Beth, Withney e Lorna vengono invitate da Axelle in una beauty farm a trascorrere del tempo in relax...riusciranno a riposarsi e a vivere qualche avventura sentimentale interessante?
Commento: ecco che Eli Roth torna sul luogo del delitto e propone il seguito (assolutamente filologico, i due film assieme si possono vedere come un unico racconto unito dalle vicissitudini di Paxton, una sorta di citazione al modus operandi del secondo Venerdì 13) in chiave rosa (3 ragazze protagoniste al posto di 3 ragazzi) della vacanza a sfondo erotico sessuale che si tinge di rosso. Ma mentre il primo capitolo privilegiava parecchio la fase dell'adescamento mettendo in vetrina formose bellezze mozzafiato e utilizzando il gore solo in alcuni brevi momenti (la sensazione di disagio era data sopratutto dalle ambientazioni sporche e dal putridume più che dalle viscere sezionate, mostrate, scoperte) questo chapter 2, dopo una fase di costruzione intonacazione di ambienti e storyline secondarie (la chiusura della vicenda di Paxton, il treno degli italiani burini calciopallonari e l'arrivo nell'ostello della morte), si dedica (e parecchio, credetemi) alla proliferazione di situazioni scabrose, di viscere esposte e tagli più o meno sadici con scene di effetto davvero incredibili (quando vedrete il cameo di Ruggero Deodato e l'omaggio al suo Cannibal Holocaust impazzirete di gioia) che faranno la gioia degli amanti di genere, magari delusi dal primo capitolo.
Sotto l'abile consiglio dell'amico Quentin Tarantino (che lo ha voluto presente nel recente "A prova di morte") Roth sfodera una serie di citazioni incredibili al cinema italiano di genere anni 70, reclutando per un cameo sia Luc Merenda che la grande fascinosa soldatessa-dottoressa del cinema erotico sexy-trash Edwige Fenech (un vero piacere rivederla anche se brevemente), come l'effetto iniziale che ricorda i lavori artigianali di Fulci o Stivaletti.
Ma citazioni non solo al cinema di altri, ma anche al loro, come la maglietta di Axelle che è uguale a quella di Roth in "A prova di morte" e lo spezzone di Pulp Fiction con il famoso discorso in the car di Samuel l.jackson e John Travolta.
Racconto che ci mostra come le perversioni e le cose peggiori stanno dove non te lo aspetti, cioè nella salute e bellezza ricercata delle beauty farm patinate oppure dietro a uomini di affari, anche padri di famiglia, ben vestiti ma che hanno di base ben altro che divertimenti innocui con cui sollazzarsi.
Un mondo imperfetto dietro la facciata, d'accordo, come del resto imperfette sono le loro vittime che troppo attratte dalle falene e dai canti di sirena non si curano di vivere la loro vita con sicurezza e regolare ricerca del limite a cui accostarsi, colpevoli in fondo di nulla se non della loro avventata voglia di buttare la bellezza giovanile in campo.
Nel settore attori bellissimo il dualismo tra due ex-protagonisti della serie televisiva Desperate Housewives (Robert Bart e Richard Burgi, il primo poi fa una battuta su Ercole incredibile citando il fatto che era il doppiatore americano del Disney che fu), dove i ruoli del coraggioso e del timoroso nascondono problemi emozionali di diversa specie e insano piacere (come la scena del sesso orale interrotto dal cerca persone che suona privilegiando la ricerca della violenza e del sadismo), mentre gli altri personaggi (protagoniste comprese) in fondo non devono sfoderare chissà che capacità per reggere la scena. Un film oltre davvero, che contrariamente al primo che era solo mostrato in maniera unidirezionale, ora vive di due direzioni di lettura, quella delle vittime e dei carnefici, riuscendo a presentare un racconto interessante, violento e sadico (non si risparmiano neppure i bambini) completo e vivacizzato dall'iconografia delle maschere e costumi tanto cara a Roth (con l'indicazione nella scena dove Burgi ne indossa una del fatto di essere o non essere solo quello che si è di facciata) che farà la gioia di chiunque voglia delle emozioni forti e del profumo dei ferormoni sempre presente.
Se Roth fosse riuscito a donare maggiore spessore alla trama senza delle soluzioni raffazzonate (come il finale fatto con troppa fretta e alcune situazioni poco credibili di scena come il controllo delle sale tramite le telecamere), se non si fosse perso per il lungo tratto filmico del treno per allungare il brodo a dipingerci come dei pallonari tottidipendenti e degli imbrattatori scriviparolacce (incredibili le scritte), sicuramente in buona fede per omaggiare i Paulo Roberto Cotechino e gli Ecceziunale, e la fase thrilling non fosse tanto scontata (come invece sapevano rendere molto meglio gli artigiani italiani), questo lavoro sarebbe stato oltre che un divertimento di genere e un piccolo cult, un ottimo esempio di costruzione moderna che radicalizza le sue basi nel passato per donare nuova linfa al racconto.
Così è solo un valido pastiche di emozioni visive forti che ha saputo superare se stesso. Direi che possiamo ampiamente essere soddisfatti.
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Le regole del gioco
Le regole del gioco
(Lucky You)
Un film di Curtis Hanson. Con Eric Bana, Drew Barrymore, Robert Duvall, Debra Messing, Horatio Sanz, Charles Martin Smith, Saverio Guerra, Jean Smart. Genere Drammatico, colore 123 minuti. - Produzione USA 2007.
al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: Huck Cheever è uno sfrenato giocatore di poker con il padre due volte campione del mondo. Padre con cui ha forti dissapori per un passato che non si dimentica. Huck deve cercare 10.000 dollari per iscriversi al campionato mondiale, cifra per lui impossibile da realizzare in quanto incapace di tenere vivo qualunque capitale nella sua tasca sinistra (modo di dire dei giocatori). Riuscirà con l'aiuto della dolce Billy a realizzare il suo sogno e a sconfiggere i fantasmi del passato nella sfida dell'anno?
Commento Una brutta caduta di tono per il raffinato Curtis Hanson, regista di film ben più validi come L.A. Confidential e Eight Miles. Questo Le regole del gioco vive su situazioni scadentissime, noiosi dialoghi al limite del paraddossale su anelli perduti e riconquistati e una sorta di stanchezza recitativa di fondo che investe il cast di grandi nomi.
Robert Duvall (immortale Kurtz in Apocalypse Now) ormai continua a riciclarsi in particine anonime senza nessuna verve, vivacchiando ai limiti della decenza contrattuale, mentre Eric Bana fa il bello e dannato dalle tasche bucate che della vita non capisce altro che l'assurda ostinazione. Si salva la dolce Drew Barrywood (altra parte acqua e sapone dopo Scrivimi una canzone), ma sottoutilizzata e poco spessorata da una trama che la introduce ma poi dopo la ignora per lunghi periodi.
Hanson non riesce a sollevare di un millimetro l'interesse del film, rubando i minuti della troppo lunga durata con svolgimenti strascicati e delle noiosissime partite a poker che tutto hanno tranne che la tensione da comunicare allo spettatore, arrivando anche all'assurdo di parteggiare per gli avversari tanto il protagonista è antipatico, stereotipato nel bello e inconsapevole nelle scelte.
Con una regia comoda e pulita ma del tutto priva di qualunque scelta particolarmente significativa, Hanson ci conduce nel mondo del poker con la tattica dello svolgimento di Eight Miles, dove il solitario campione arriva dopo varie sfide alla resa dei conti (e non dite che vi tolgo la sorpresa perchè dopo venti minuti la cosa è assolutamente scontata).
Ma non c'è nulla della disperazione del suo film precedente, nulla dell'eversione o della lotta personale, che caratterizzava il personaggio interpretato da Eminem in questo messo in scena da Bana.
Occhi sempre assenti, parole sempre lapidarie, il bluff di Huck Cheever è scoperto sin dall'inizio, e noi spettatori giochiamo con lui a carte scoperte, vedendo la mano ancor prima che gliela servano, cosa gravisisma per un film di questo genere e trama. Non ci importa proprio nulla nel momento che si serve l'ultima carta per chiudere la scala se prima abbiamo dovuto fare un percorso fatto di pioli incostanti e incolori. E la beffa finale ce la giocano i capodoppiatori che hanno messo delle voci del tutto inadatte come quelle di Caressa e De Grandis a commentare le partite. Se non ci fosse la fotografia di Peter Deming (ricordiamolo per Mullholland Drive) che rende immaginifici i colori di Las vegas questo film proprio non avrebbe nulla per cui essere visto, neppure dai pokerofili (presenti anche dei veri grandi giocatori nel film) e dalle signore che vogliono un po' di rosa non shocking perchè la storyline affettuosa e tenera è proprio in disparte. Una partita a briscola casalinga di fine anno ha più emozioni di questo tavolo verde dalle puntate altissime.
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Il destino di un guerriero
(Alatriste)
Un film di Agustín Díaz Yanes. Con Viggo Mortensen, Elena Anaya, Eduardo Noriega, Javier Cámara, Jesús Castejón, Antonio Dechent. Genere Azione, colore 145 minuti. - Produzione Spagna, Francia, USA 2006.
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al cinema dal 22 giugno 2007
Trama: XVII secolo, Diego Alatriste è uno spadaccino valoroso e senza timore della morte perchè privo di veri legami affettivi. Ma un giorno un suo soldato muore e si raccomanda a lui perchè il figlio studi e non vada in guerra. Per adempiere alla promessa torna a Madrid, ma lì trova una realtà corrotta e piena di decisioni ingiuste volute dalla crudele inquisizione. Per non aver poi eseguito un comando a dovere ora Diego rischia di essere pesantemente perseguito...
Commento Progetto costosissimo (si dice il film più costoso mai girato in Spagna) e ambizioso questo film di cappa e spada che il regista Diaz Yanes (Nessuna notizia da Dio con Penelope Cruz) trae da 5 racconti di Arturo Pérez-Reverte (comprimendoli) girandolo con il paraocchi e senza il minimo timbro autoriale, assoluta e fedele trasposizione figurativa senza anima alcuna.
Costruito attorno all'Aragorn del Signore degli anelli, Viggo Mortensen, che domina ogni scena in lungo e in largo, definire pedissequo questo lavoro è dir poco. Con il manuale dei film spadaccini d'onore in mano (del tempo che fu tra l'altro), che però potevano avvalersi di ben altro incanto da parte del pubblico del bianco e nero, il regista prende i suoi personaggi, li cala in una realtà cinematografica di pessimo livello (musiche sparate a casaccio molte volte non attinenti al visuale, voci fuori campo inserite con poca efficacia, recitazioni dilettantistiche a dir poco con facce truci del tutto non credibili, dialoghi noiosissimi) e li muove come dei burattini in nome dell'onore e della conquista della donzella, senza dargli spessore, senso della lotta e valore, in nome di cose che non sa gestire e realizzare in ambito cinematografico. Abbiamo quindi variopinti spadaccini che si comportano anche da pirati, figli che si innamorano di ricche ereditiere e un palermitano con il senso dell'inganno (partecipazione di Enrico Loverso senza nessun segno particolare) che muove le fila dietro le quinte. Passando per dei nudi soft e delle scelte di regia che si riconducono sempre al passato (l'ovale che si chiude e che si apre, le scritte sovraimpresse) procediamo stancamente per la durata eccessiva credendo di vedere un teleromanzo di prima serata il tutto finito da una catarsi degli stracci povera di fascino e dall'espressività zero.
Il tentativo di misurare l'onore del povero con la bieca esistenza del ricco (come detto anche all'innamorata che non può avere perchè non ha soldi, con risposta degna da libro Cuore) cade nel vacuo per la suddetta pochezza della rappresentazione. Tra l'altro anche la rappresentazione scenografica non eccelle, con una trincea per film da prima guerra mondiale trasformata per l'occasione all'uso, scelta di incongruenza davvero di sbalorditiva grossolanità.
Nello sfacelo di questo noioso film spadaccino si salvano solo i buoni costumi e in parte la fotografia, e leggendo i titoli di coda non riusciamo ancora a capire come Mortensen abbia potuto decidere di partecipare, ma almeno sappiamo che possiamo uscire dalla sala rimpiangendo soldi e tempo persi inutilmente.
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TMNT - TEENAGE MUTANT NINJA TURTLES
Titolo Originale: TEENAGE MUTANT NINJA TURTLES
Regia: Kevin Munroe
Interpreti: Mako, Quinton Flynn
Durata: h 1.10
Nazionalità: USA 2007
Genere: animazione
Al cinema dal 22 Giugno 2007
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Trama: strani eventi si stanno verificando a New York, dove strane forze occulte sono alla ricerca di una serie di mostri, che vagano liberi per la città per compiere dei misteriosi riti arcaici. Sarebbe il momento per cui le tartarughe guerriere entrino in azione ma purtroppo i nostri paladini sono in questo momento in una fase di stallo come gruppo. Riusciranno a superare tutti i problemi e ritrovare se stessi per salvare la città?
Commento:tornano al cinema dopo 14 anni le 4 tartarughe mutate con i nomi di grandi artisti del apssato, e possiamo felicemente dire che lo fanno alla grande. Un film in computer graphic 3d questo diretto da Kevin Munroe, che privilegia le atmosfere scure e le ambientazioni che ricordano parecchio quelle del Dark Knight burtoniano.
New York come Gotham, con i grattacieli che prendono un simbolismo oscuro punteggiato dalle luci e non rischiarato.
Gli autori hanno voluto fare un film scorrevole, intervallato da battute per alleggerirlo e denso di avventura.
Sfruttando il fatto che le 4 turtle hanno una personalità del tutto differente tra di loro gli autori possono miscelare emozioni diverse, le battute, il coraggio, la capacità di creare congegni.
Partendo dall'assunto che il capo carismatico del gruppo Leonardo sta vivendo un momento di ricerca spirituale nelle foreste e Raffaello si porta da solo la leggenda del cavaliere raddrizzatorti (cosa che lo avvicina ancora di più al Batman sopracitato), mentre Michelangelo e Donatello vivacchiano, si riesce anche a donare delle sfaccettature di emozioni che culminano nella ripresa della via smarrita da parte dei guerrieri perduti.
Il film è roboante, movimentato, pieno di azione ma sopratutto con dei cattivi ben caratterizzati che hanno delle animazioni e un design assolutamente adeguato. Passando per citazioni varie (Shrek, con il casco di Raffaello, oppure I predatori dell'arca perduta, citato chiaramente, con la scena della colonna che apre l'effluvio di nemici) il film si snoda presentando progressivamente le ragioni del disagio dei quattro a riunirsi, poi una volta ritrovato il gruppo nasce la fiducia che anche un gruppo di nemici apparentemente imbattibili possa essere sconfitto. Il punto migliore (oltre al buon inizio nell'ambientazione forestale) è proprio quello in cui gli eroi ritrovano il loro gruppo spinti dal loro mentore, segno che i tempi oscuri che la città sta vivendo non riguardano il loro animo.
Raffigurazioni barocche delle statue, che ingoiano piccioni incolpevoli, design dei nemici che ricorda quello di figure epiche, tutto ciò contribuisce graficamente allo accostare l'ambientazione avventurosa urbana a quella libera e aperta degli Indiana Jones. Con queste direzioni creative il film non ha spunti ed emozioni consolatorie tipiche dei ben più accomodanti e noiosi film Disney di adesso, e mentre i ninja dell'organizzazione del piede (presa in giro del nome delle associazioni ninja, cioè "la mano", anche di Milleriana memoria nelle saghe di Daredevil) contribuiscono a rendere la storia maggiormente composita con il loro capo pieno di personalità.
Nel settore animazione splendido il lavoro sul mentore Splinter, dove anche i peli della pelliccia facciale si muovono con un movimento del capo, ma tutta l'animazione antropomorfa risulta morbida, dettagliata e credibile, mouvendosi perfettamente su sfondi emozionanti e fatti benissimo nelle loro oscure colorazioni.
In definitiva un film divertente e scorrevolissimo (dura anche molto poco, 70 minuti), ma che non mancherà di piacere anche ai grandi e in maniera più piena perchè intriso di grandeur e senso totale del pericolo, con gli eroi all'inizio insicuri che hanno iconografie controluce che si presentano nella penombra da ammirare e un plusvalore nella sua totale voglia di avventura completa. E alla fine tutti a mangiare la pizza, grandi e piccini, grati di aver visto un film davvero rugo (saprete nel film che vuol dire) e che proprio non pensavamo potesse avere delle direzioni artistiche tanto pregne di valore nel suo oscuro mostrare una New York con sole ombre e poche luci, che può unire anche due generazioni visto l'ormai lontano anno di nascita delle Tartarughe Ninja. Kowabunga!
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Ti va di pagare ?- priceless
Regia: Pierre Salvadori
Genere: Commedia
Durata: 104 minuti
Cast: Audrey Tautou, Gad Elmaleh, Marie-Christine Adam, Vernon Dobtcheff
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al cinema dal 22 giugno 2007
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Trama: Jean è un inserviente di albergo che fa troppo turni e dopo una giornata terribile si addormenta al servizio di bar. Scambiato per un ricco facoltoso da Irene, non le dice la verità e i due finiscono per trovarsi insieme in un letto d'albergo (lo stesso dove lavora,nella suite reale). Scacciato dallo stesso perchè scoperto, Jean scopre che Irene non è altro che una accompagnatrice di uomini ricchi che vive alle loro spalle facendo la bella vita e sperperando in vestiti e lussi. Rimasto solo ma pazzamente innamorato della avida donna decide di intrapprendere anche lui la stessa carriera accompagnando una ricca facoltosa vedova sperando di riconquistare Irene...
Commento: molto delicato questo film di Pierre Salvadori (In amore c'è posto per tutti del 2003), che ci conduce in maniera leggera e composta verso i luoghi "in" e sofisticati della Francia e della Costa Azzurra.
Possiamo ammirare alberghi lussuosissimi, l'Hotel de France, ville esclusive sul mare e tanta tanta gente con abiti firmati e signore con vestiti sgargianti e dai costosi gioielli in bella vista, ma sopratutto ammiriamo la bellezza di Audrey Tatou (come dimenticare il suo sorriso ingenuo che spuntava dalla locandina de Il meraviglioso mondo di Amelie?) generosissima nel mostrare il suo corpo magrissimo a più riprese, quasi che quei vestiti le stessero troppo stretti e la soffocassero. In effetti vedendo la voglia di mostrare le proprie grazie con tanta frequenza (alcune volte senza nessuna vera necessità di trama) sembrerebbe che l'attrice del Codice da Vinci abbia preteso dalla produzione una tale scelta, quasi a propria gloria e soddisfazione di ammirazione ricevuta. Ma comunque in effetti questo seminude look castigatissimo è necessario per entrare nella mentalità di una donna che va a letto con uomini che non le piacciono e lo fa solo per i soldi (o meglio, i regali, bella la battuta di una delle sue vittime "Stavolta non prenotando il ristorante tu hai fatto un regalo a me"), che usa la propria bellezza e spudorata capacità d'inganno senza nessuna remora spirituale. A farle da spalla un tenero Gad Elmaleh (già cimentatosi con le costose bellezze da mantenere in "Una top model nel mio letto"), che fa l'ingenuo cameriere poi gigolò poco convinto che ogni volta che chiamano per avere una portata i clienti lui si propone non riuscendo a dimenticare le proprie basi lavorative prima del licenziamento.
Le situazioni del film effettivamente sono poco credibili più di una volta, e molte volte sembra che siano tipiche del cinema dei sogni che non si realizzano mai, delle varie principesse o poveri che vivono avventurosi rapporti di altro mondo rispetto al loro, dove tutto sembra potersi realizzare in barba a quanto gli altri sono intelligenti oppure con tanta ricchezza da farsi ingannare con accondiscendenza, per esplodere quando al verità che loro sanno diventa conclamata.
Cinema dei sogni che con lo scooter richiama anche l'immortale Vacanze romane, vivacizzato dalle splendide locations, che scorre comunque piacevole e divertente, regalando allo spettatore e alla spettatrice (possibilmente mano nella mano) 100 minuti di amore prima falso poi vero, chiuso dal finale che tutti sanno ma che tutti alla fine vogliono se si sentono di chiudere il cerchio romantico per continuare a sognare (e a farci sentire i protagonisti un po' più vicini a noi, più reali e meno soffusi).
in definitiva un film di intrattenimento leggero, dal buon risultato visivo grazie a luoghi e locali incantevoli, con una splendida protagonista, penalizzato però da una trama che si regge su fili flebili senza mai approfondire o stupire, condita con una sorta di giri concentrici in alcuni momenti del racconto che alla fine allungano soltanto senza dire nulla di nuovo, che piacerà molto a chi cerca emozioni rosa, molto meno agli altri.
Molto originale la sequenza finale con la moneta da un euro inquadrata (italiana con effige dell'uomo di Leonardo) a sottolineare il nuovo cammino.
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Transformers
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Un film di Michael Bay. Con Shia LaBeouf, Megan Fox, Josh Duhamel, Tyrese Gibson, John Turturro, Jon Voight, Anthony Anderson, Rachael Taylor, Michael O'Neill, Sophie Bobal, Charlie Bodin. Genere Azione, colore 144 minuti. - Produzione USA 2007.
Trama: Sam Witwicky è un nerd con un passato particolare, perchè suo nonno aveva fatto una importante scoperta tra i ghiacci durante una spedizione e gli aveva lasciato in eredità diversi oggetti che ora lui vuole vendere su e-bay. Ma l'acquisto di una autovettura apparentemente in disuso nasconde molto di più che un mezzo di trasporto...la lotta tra Autobots e Decepticons per il cubo di Energon sta per cominciare, chi vincerà tra le due oppste fazioni di transformers ?
Commento: Steven Spielberg ha sempre detto di amare la versatilità delle automobiline che si trasformano della Hasbro, e ovviamente appena ha potuto si è cimentato con gioia nella megaproduzione del film che le vede protagoniste, affidando la regia all'amico regista di movie d'azione Michael Bay ( The Rock, Armageddon e Pearl Harbour). I due, regista e produttore, firmano un action movie movimentatissimo, pieno zeppo di grandiose scene visive con le lotte tra robottoni dalla resa visiva eccezionale. Lasciando la sceneggiatura piena di strafalcioni di logica (la fase finale ne ha uno gigantesco per permettere una scena di grande impatto visivo) Bay si preoccupa di fornire il più possibile ambienti e situazioni diverse, in modo da permetterci di vedere inseguimenti di ogni tipo (per terra, aerei, in auto) e in ogni luogo (deserto, città, autostrada, in una diga profondissima) dal ritmo velocissimo e dal clangore assordante. Gli automaggi sono parecchi, con citazioni di E.T. e di Armageddon ironiche (un ragazzo che filma con una videocamera amatoriale dice"Questo è cento volte meglio di Armageddon!"), mentre il ritmo praticamente non cala mai nell'ultima ora roboante e ultramovimentata. Tra l'altro è proprio questa fase la più incredibile, dove Bay filma la guerriglia urbana come se fosse un film sul Vietnam
con camera a mano, dando un risultato di lotta all'ultimo sangue di buon livello scenico.
Purtroppo di fronte alla grandeur degli effetti ci troviamo un livello di dialoghi davvero scadente e delle situazioni alquanto assurde e paradossali (la scena del giardino con i robottoni che devono fare silenzio e i genitori non sentono, interludi parecchio scadenti che misurano il valore del film verso il basso dimostrandone la vacuità nascosta dalle scene d'effetto). Bay inserisce ogni cosa nel suo film, dalle citazioni al contrario (Christine, la macchina infernale) alle scene romantiche, il war movie, l'organizzazione segreta, il disaster movie e anche la vicenda del grande amico robot in chiave commedia (ricordando il bel cartone animato Il gigante di ferro), frullando il tutto e servendo caldo e rumoroso.
Il reparto attori ha due gemme, dal grande John Turturro (eccezionale attore e anche regista, ricordiamolo per Il grande Lebowsky) che si muove sulla scena interpretando un personaggio gigionesco, a John Voight (Un uomo da marciapiede) che fa il ministro della difesa che ha nel cuore i marines, e viene completato da due giovani come Shia LaBeouf (Guida per riconoscere i tuoi santi), il nerd con il cuore grande, e dalla bella e sensuale Megan Fox donna d'azione al momento decisivo e con un passato non chiaro.
In definitiva un film girato per il pop corn consumo, che va giù dritto e che si beve senza nessun problema nonosatnte la lunga durata (144 minuti), dove i due promotori dell'operazione ormai ricchi e senza problemi hanno voluto fortemente alla loro maniera senza curarsi troppo di logica, approfondimento oppure variazione.
Potente, visivo, citazionale (mettiamoci dentro anche Incontri ravvicinati del terzo tipo oltre a quanto detto prima) quasi spensierato e cialtrone nonostante che ci sia in ballo la salvezza del mondo (a volte nel film si ride e si scherza anche se la fretta di eseguire la missione dovrebbe far tenere ben altro comportamento per far risultare simpatici i robot, errore commesso al tempo anche da un altro film, Cortocircuito), vale i soldi del biglietto solo e comunque nell'ottica di visione per famiglie e glorificazione facile e ingenua degli eroi (umani e non), per poi andare tutti dal McDonald's sperando di trovare nell'happy meal una camargo gialla che ci sorride. Direi, viste le premesse e le oneste intenzioni, obbiettivo raggiunto. E una volta tanto, ma solo una volta tanto, fa anche bene vedersi un film senza pretese ma puramente divertente, carrozzone rutilante di effetti legato a una storia flebile.