Appena finito
https://youtu.be/oAjsBZEOnVw
Se non sapete chi sia su you tube c'é il suo primo documentario completo
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Se non sapete chi sia su you tube c'é il suo primo documentario completo
"The Square" (2017) di Ruben Ostlund. Un museo ottiene un finanziamento che la direzione intende usare appaltando un'opera, the square, ovvero uno spazio circoscritto dove le persone che vi accedono hanno gli stessi diritti e possono reclamare i loro bisogni e le loro necessità. Il direttore del museo nel frattempo subisce il furto del cellulare e dal quel momento in poi si scatenano tutta una serie di singolari avvenimenti che lo vedono coinvolto. Palma d'Oro a Cannes nel 2017, presidenza Almodovar, ho dovuto guardarlo due volte, leggere le dichiarazioni del regista e alcune recensioni per capirne il significato, o almeno una parte. L'idea principale è comparare l'assurdità di alcune opere moderne - un giornalista ricorda come un posacenere abbandonato in una sala che ospitava le opere della biennale di Venezia veniva continuamente fotografato dal pubblico - con alcune scene del film ad esempio dove i protagonisti si ritrovavano a discutere del nulla per diversi minuti.
L'idea di fondo del film è sicuramente originale e ti permette di pensare al cinema come una forma d'arte dalle mille sfaccettature, personalmente un'idea non mi basta e forse sono troppo legato a quella originale.
The Square **
l'altro ieri su netflix ho visto "Pietro il Fortunato"..... storia di un brillante giovane ingegnere danese, il quale lascia il paese, il rigido padre protestante, dal quale prende le distanze, poiché severo, fervente religioso tanto da opprimerlo e in città riesce a farsi una posizione e a fidanzarsi con una ragazza di una ricca famiglia ebrea... quando raggiunge l'apice del successo, gli basterebbe chiedere scusa a un vecchio burocrate per avere il suo progetto approvato... ma si rifiuta di "piegarsi"... poi, i fantasma di suo padre, la rigida educazione ricevuta, riaffiora e gli impedisce di "amare" fidanzata e vita agiata... la lascia, gli si chiudono tutte le porte, in quanto non più fidanzato della ricca figlia della famiglia ebrea... torna in paese, sposa una ragazza umile, figlia a sua volta di un pastore protestante... ha tre figli.. sembra felice ma poi... incapace di tenersi la felicità conquistata... abbandona tutti e va a vivere da solo... scrive alla sua prima fidanzata, la quale lo va a trovare... gli da dei denari per la sua fondazione per gli orfani.... già perché la sua prima fidanzata, la ricca ragazza ebrea, era rimasta incinta... poi abortisce visto che lui la lascia.... non si risposa e fonda una comunità per aiutare gli orfani.... alla fine... muore.
Jane Eyre. Bello. Non aveva bisogno però delle palesi forzature finali nella sceneggiatura.
Ho visto che c'è una versione di Zeffirelli e una successivo di Cary Fukunaga.
"Never Rarely Sometimes Always" (2020) di Eliza Hitman. Primo film del nuovo anno, una rarità. E' la storia di una diciassettenne che si ritrova incinta e con un po' di ritardo decide di abortire e deve anche spostarsi di città per cercare una struttura che le consenta di farlo. Il film ha vinto il premio della giuria all'ultimo festival di Berlino e ha un taglio documentaristico senza analizzare troppo in profondità i motivi che spingono la ragazza a non informare il probabile padre ne a parlarne con i genitori con i quali si intuisce non ha un gran rapporto. Forse poteva essere rappresentata meglio l'idea magari mantenendo la medesima struttura ma con un'accuratezza maggiore.
Never Rarely Sometimes Always **
Visto in lingua originale e sottotitolato in italiano su Altadefinizione.rocks
"Elle" (2016) di Paul Verhoeven. Film non ne escono e il suo passaggio su RaiPlay mi ha dato la possibilità di rivederlo. Elle è un imprenditrice nel campo dei giochi elettronici. Conduce la sua azienda con autorità e durezza e trasferisce questo modo di fare anche nei rapporti umani. Ha un impressionante facilità a farsi scivolare via di dosso qualunque cosa, persino uno stupro. Col passare dei minuti scopriamo che sono state invece vecchie vicende umane a costruire il suo carattere non l'azienda. Bel giallo psicologico con punte di sarcasmo funereo e una grande Isabelle Huppert, candidata all'Oscar per questo film. Convincente anche la regia di Verhoeven per ritmo e sequenze.
Elle ***
"Demolition" (2015) di Jean-Marc Vallée (Dallas Buyers Club). Una coppia in auto viene investita da un'altra macchina. Lui neppure un graffio, lei non sopravvive. Da quel momento Davis diventa un altro e comincia a demolire la sua esistenza, non solo metaforicamente ma comprando degli attrezzi e smontando e distruggendo tutto quello che gli ricorda il passato. La storia e anche la qualità del film cambia quando incontra Karen (un'ottima Naomi Watts) impiegata nell'assistenza clienti un'azienda di distributori automatici a cui lui scrive delle lettere per protestare sul funzionamento anomalo di una macchina.
Film struggente, consigliato da un conduttore della trasmissione radiofonica di radio tre "Hollywood Party", con un'ottima regia da parte di Vallée soprattutto nel montaggio e nei flashback con la moglie. Bellissime le scene della spiaggia con la giostra, sulle note de La Boheme di Charles Aznavour.
Demolition ***
Altadefinizione.rocks doppiato (così così) in italiano
Frozen 2. Oggi l'ho comprato e rivisto perchè lo avevo già visto al cinema, ed è un inno alla libertà! :approved:
"Honey Boy" (2019) di Alma Har'el (opera prima). Aston è un giovane attore divenuto una celebrità malgrado i problemi di alcol che lo portano in un centro di riabilitazione. Il film intervalla questo periodo con quello in cui ancor prima il ragazzo a soli 12 anni ha già bruciato esperienze che uno della sua età non dovrebbe nemmeno immaginare e nel frattempo mantiene lui e il padre, ex tossicodipendente, con apparizioni in spot pubblicitari. Honey Boy è una storia vera, magnificamente portata sullo schermo malgrado le poche risorse a disposizione e che mi fa pensare che della regista israeliana sentiremo parlare anche in futuro.
Honey Boy ***
Visto su Altadefinizione.rocks in lingua originale con sottotitoli.
"Novecento" (1976) di Bernardo Bertolucci. Riproposto da Raiplay con i due atti uno di seguito all'altro (5 ore!), è la storia dell'amicizia tra Alfredo e Olmo divisi dall'appartenenza a due classi sociali diverse. Alfredo è figlio del padrone dell'azienda agropastorale dove il padre di Olmo è un bracciante. La parte migliore del film è quando gli attori dei due ragazzi ormai cresciuti diventano Robert De Niro e Gerard Depardieu, affiancati da Stefania Sandrelli e Dominique Sanda. Alfredo non è interessato a prendere le redini dell'azienda di famiglia ma a godersi la vita, mentre Olmo prosegue la strada tracciata dal padre nella lotta per i diritti dei lavoratori ed eliminare ogni forma di sfruttamento. Bertolucci, proveniente dal successo mondiale di "Ultimo tango a Parigi " è in stato di grazia, supportato dalla fotografia di Vittorio Storaro, dalle musiche di Ennio Morricone, tra le sue meno note, e soprattutto da un gruppo di attori che farebbe invidia a un kolossal di Hollywood. Il film andrebbe visto per ammirare la sua elevata qualità tecnica, più che per le contrapposizioni padroni/operai e fascisti/comunisti che oggi non interessano più a nessuno.
Novecento ****
"Bellissima" di Luchino Visconti ieri su RaiStoria: Che dire della Magnani? Non mi viene l'aggettivo. E anche Walter Chiari autentica rivelazione.
Tra l'altro, attualissimo.
"Les Miserables" (2019) di Ladj Ly, prende spunto dai disordini nelle periferie di Parigi nel 2005. Un poliziotto viene inviato a Montfermeil e verifica di persona dei difficili rapporti tra la popolazione e la polizia. Un furto di un cucciolo di leone da un circo scatena una guerriglia senza esclusione di colpi, con i poliziotti coinvolti nei tumulti e nelle aggressioni. Il film è stato candidato all'Oscar quest'anno e pur non discutendone gli importanti risvolti sociali da un punto di vista cinematografico non mi pare una grande cosa, le riprese sono quelle di un documentario o di un servizio giornalistico, cioè senza uno stile riconoscibile.
Les Miserables **
"The Master" (2012) di Paul Thomas Anderson. Un reduce di guerra con molti problemi esistenziali e psicologici incontra casualmente in una nave un santone a capo di una setta. Considerando la sua condizione non gli rimane che affidarsi a lui, permettendogli di analizzarlo con i suoi metodi e successivamente difendendolo contro tutti coloro che ne mettono in discussione le capacità, che alla fine come succede in questi casi sono tutte da dimostrare. Ottima la regia di Anderson e grande interpretazione da parte di Joaquin Phoenix e soprattutto di Philip Seymour Hoffman, che reggono una storia interessante ma nulla di più.
The Master ***
"Martin Eden" (2019) di Pietro Marcello. Martin è un marinaio sui generis, un giorno toglie dai guai un ragazzo vittima di un'aggressione e lui per ringraziarlo lo porta a casa sua dove conosce la sorella di nome Elena. Si innamorano immediatamente e lui per cercare di stare al suo livello altolocato riprende gli studi e comincia anche a scrivere, malgrado i suoi racconti vengano sistematicamente rifiutati. Mentre Elena è imprigionata all'interno della sua classe sociale, Martin individualista e aperto a nuove avventure si interessa di politica e attacca sia i socialisti che perdono di vista l'individuo, che i liberali che vanno contro la loro filosofia intervenendo nell'economia e così distorcendo la libera concorrenza.
Presentato a Venezia nel 2019 il film ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile di Luca Marinelli. Molto particolare la regia di Marcello, si nota immediatamente che proviene dai documentari quando inserisce dei filmati di repertorio e dalle inquadrature singolari, ad esempio quando gli attori guardano direttamente verso la camera da presa. Il film cresce con i minuti e nella seconda parte c'è anche il contributo di Carlo Cecchi con il suo stile recitativo inimitabile. Bellissima la scena finale quando Martin immagina di vedere se stesso com'era pochi anni prima. Bel film.
Martin Eden ***
Visto su altadefinizione.family
L'ospite inatteso: Con un monumentale Richard Jenkins. Film che ci cala, senza pudori, nella cruda realtà americana di oggi.
"Taxi Driver" (1976) di Martin Scorsese.
Robert De Niro ad inizio carriera ha recitato in importanti film diretti da Scorsese, Coppola, Bertolucci e Cimino. E' però con Scorsese in Taxi Driver che ha creato uno standard di recitazione da consegnare ai posteri, come Marlon Brando fece durante la generazione precedente. Travis è un tassista che si divide tra auto e cinema porno. Vive con rassegnazione la sua solitudine, più che da emarginato da chi è incapace di trovare uno sbocco alla propria esistenza in quella giungla d'asfalto che è New York. L'incontro con una ragazza che lavora nell'ufficio elettorale di un politico le cui idee rappresentano uno dei motivi che alimentano la sua frustrazione e di una prostituta bambina sfruttata e umiliata dal protettore gli daranno l'occasione per tirar fuori quei valori per troppo tempo rimasti nascosti. Sceneggiato da Paul Schrader, diretto magistralmente da Scorsese, nella cui regia in cui si nota l'influenza dei registi appartenenti al neorealismo, Rossellini in primis, a cui lui aggiunge un utilizzo maniacale del montaggio e della cura del dettaglio, musicato da Bernard Herrmann, con Jodie Foster e Harvey Keitel altri splendidi interpreti, Taxi Driver rimane un atto d'amore nei confronti del cinema, senza pensare in prima battuta al botteghino o a critiche compiacenti. Tra tante sequenze riuscite, quella finale con la sparatoria mi pare quella che emerge maggiormente.
Taxi Driver *****
L'ultimo film visto su Sky:
Figli
https://youtu.be/knwK0VRkL1w
Quando l'arrivo di un secondo figlio si trasforma in uno tzunami e rischia di travolgere la coppia.
"Andrà tutto bene", adesso capisco da dove è nata sta frase che continuano a ripeterci.:D
Favolacce (2020) dei fratelli D’Innocenzo. La voce fuori campo ci fa sapere di aver trovato un diario scritto con inchiostro verde. Ad un certo punto il diario si interrompe e allora la voce fuori campo dice di aver deciso di continuarlo con una storia vera, ispirato da una storia falsa e la storia falsa non è molto ispirata. Presentato quest’anno a Berlino Favolacce ha vinto l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura e guardandolo mi ha fatto pensare ad “American Beauty” di Sam Mendes, dove però c’era del romanticismo. In questo caso la visione del film provoca angoscia in quanto senza speranza e le facce atterrite dei ragazzini (tutti bravissimi nella recitazione) segnalano che la misura è colma. Ho trovato perfetta la prima parte; quando però nella seconda mi aspetto non tanto un riscatto o un ravvedimento dei protagonisti, in quanto la linea è già stata tracciata, ma un balzo in avanti del film, mi sono ricordato della voce fuori campo che annunciava che la storia falsa non è molto ispirata e infatti si appiattisce nella bruttura generale sino a deflagrare nella tragedia finale. Sconsigliato a chi non si è ancora ripreso dalla quarantena.
Favolacce **
"Magari" (2019) di Ginevra Elkann (opera prima). Ancora un film con genitori separati e i loro tre figli. Lei è francese, ha abbracciato la religione ortodossa e se n è tornata a Parigi incinta di un altro. Ha un cane di nome Dalida. Lui è italiano, cattolico, scrive sceneggiature e sta con una che però è già fidanzata. Il suo cane si chiama Tenco. In un natale dei primi anni ottanta si è deciso che tocca al padre occuparsi dei figli e lui, malgrado non sia in vena e con problemi di scadenze di lavoro, ce la mette tutta per non deluderli. Presente su Raiplay, il film, recitato in italiano francese e inglese, si avvale di un ottima regia da parte di Ginevra Elkann, malgrado sia il suo primo lavoro. Convincente anche il personaggio del padre (Riccardo Scamarcio) e soprattutto quello di Alma, la più piccola. È la voce fuori campo del film e non si arrende di crescere senza i genitori. Disegnati meno bene a mio parere invece i personaggi di contorno.
Magari **
Povera piccola
“La fontana della vergine” (1960) di Ingmar Bergman. La Svezia ha avuto due importanti personaggi in ambito cinematografico. L’attrice Ingrid Bergman, molto famosa anche in Italia per aver sposato Roberto Rossellini e il regista, dallo stesso cognome, Ingmar Bergman, meno popolare al grande pubblico rispetto alla connazionale, ma comunque considerato uno dei massimi cineasti di sempre. Il cinema di Bergman ha un contenuto commerciale pari a zero e per comprendere appieno la sua opera i film devono essere metabolizzati. Alla visione bisogna giungere preparati sui temi trattati e magari ritornare sull’argomento più volte. L’ambientazione è sempre la stessa, la Svezia, un grande paese ma con una densità di popolazione scarsa. Malgrado ciò, e tenendo conto anche della loro rigida cultura, sono presenti al suo interno delle contraddizioni, come si verifica in ogni comunità ed è di questo che “La fontana della vergine” tratta. In epoca medievale si scontrano personaggi credenti la cui fede viene messa a dura prova da fatti tragici, in questo caso riguarda una madre dopo l’uccisione della figlia; e altri personaggi che ne sono completamente privi, come in questo caso il padre che cova un sentimento di vendetta nei confronti degli assassini. Bergman lascia intendere che non è detto che chi persegue la fede siano persone migliori rispetto a coloro che ne fanno a meno; come pure può succedere che quest’ultime provino dei sensi di colpa che ai primi possono mancare totalmente. La pellicola è in bianco e nero con i contorni spesso in ombra, probabilmente per accentuare la tragicità dei fatti raccontati. Bellissimi i primi piani, soprattutto quelli della cena tra la famiglia e i briganti.
La fontana della vergine ****
Se c'è una cosa che mi piace è ammettere di essermi sbagliato. Volevo fare una recensione di questo film per un altro sito. Ho riletto questa che avevo fatto un mese fa e mi è sembrata troppo sbrigativa, così ieri ho riguardato il film e ho cambiato idea. Probabilmente allora pensavo di vedere un altro film e sono rimasto deluso. Non è un capolavoro e ha dei difetti, però raggiunge l'obiettivo. Tra l'altro la parte che un mese fa mi era piaciuta meno, la seconda, ieri mi è sembrata la più interessante. Forse dovrei guardarlo una terza volta...ma non lo farò.
Ecco la recensione definitiva.
"Never Rarely Sometimes Always" (2020) di Eliza Hitman. E' la storia di una diciassettenne che si ritrova incinta e con molto ritardo (18 mesi) decide di abortire spostandosi a New York in quanto in Pennsylvania, dove vive, è illegale l'aborto dopo così tanto tempo. Il film ha vinto il premio della giuria all'ultimo festival di Berlino e parte subito con la decisione da parte della ragazza di interrompere la gravidanza, inizialmente ingerendo delle pillole e colpendo la pancia con alcuni pugni, successivamente affidandosi a una struttura; il tutto senza mai informare i genitori, con i quali si intuisce non ha un gran rapporto e nemmeno parlandone con la persona con cui ha avuto la relazione, che non viene mai citato. Nella seconda parte si accentua il taglio documentaristico del film dettagliando il percorso che la ragazza affronta per arrivare all'intervento, svolto in due sessioni. Particolare emozione provoca il test orale basato su domande private alle quali la ragazza deve rispondere con uno degli avverbi presenti nel titolo del film. Convincente la regia, senza fronzoli e concessioni allo spettacolo ma evidenziando in maniera appena percettibile la disperazione della protagonista ottimamente interpretata da Sidney Flanigan. Visto due volte con un intervallo di un mese e la seconda volta l'ho apprezzato maggiormente.
Never Rarely Sometimes Always***
" 2001 A Space Odissey" (1968) di Stanley Kubrick.
In principio c’erano solo un gruppo di scimmie e pochi altri animali. Una mattina compare nella radura un monolito al cui contatto le scimmie imparano ad usare gli arti superiori. A questo punto il film fa un salto di tre milioni di anni in avanti e il fossile lanciato in aria da una scimmia si trasforma in astronave. Sono due le spedizioni che vengono raccontate. Nella prima coloro che abitano nella base spaziale fanno la scoperta dello stesso monolito che improvvisamente emette un segnale che si scopre è diretto verso Giove. Nella seconda, nel 2001 appunto verso Giove, la missione è controllata da un computer di ultima generazione che può colloquiare come un umano con i due astronauti che sono alla guida dell’astronave. Un guasto al computer che crede che i due astronauti lo vogliano rendere inutilizzabile costringe l’unico astronauta rimasto a proseguire la missione all’interno della navicella.
Kubrick con 2001 ci dà la sua versione sull’origine della vita e su quello che ci aspetta nel futuro, verso pianeti lontani e sui pericoli dell’intelligenza artificiale. Da rimarcare la qualità delle immagini, sia quelle reali che quelle create in studio grazie a modellini. Rivoluzionaria anche la scelta delle musiche, i walzer della famiglia Strauss e quella di Ligeti.
Magnifica l’ultima mezz’ora. La navicella in viaggio verso Giove incontra il monolito che volteggia nello spazio. A questo punto la navicella accelera a una velocità tale che viene sospinta verso il futuro. Al termine del viaggio l’astronauta esce dalla navicella e si ritrova in una stanza arredata con mobili antichi e il pavimento illuminato di bianco. Il suo viso appare oltremodo invecchiato e mentre gira per gli ambienti nota che al tavolo c’è una persona che sta consumando un pasto e nel momento in cui costui si volta capisce che è lui stesso ancor più invecchiato; l’uomo continua a mangiare e quando fa cadere accidentalmente un bicchiere per terra nota che sul letto accanto c’è lui stesso disteso quasi in punto di morte che indica il monolito apparso improvvisamente all’interno della stanza; sulle note di Also Sprach Zarathustra l’uomo si trasforma in feto.
Riduttivo considerarlo un semplice film di fantascienza.
2001 A Space Odissey *****
"The Vast of Night" (2019) di Andrew Patterson (opera prima).
Anni 50, in una cittadina del New Mexico. Una ragazza che lavora ai telefoni riceve una chiamata con rumori e nessuna voce. Coinvolge prima alcune colleghe, poi un amico che lavora in una radio, che li manda in onda. Riceve due testimonianze, da un ex militare di colore e da una signora anziana. Entrambi gli raccontano la propria esperienza. Il film, presentato al Slamdance Festival nel 2019, ricorda "Incontri ravvicinati..." di Steven Spielberg. La cosa più interessante del film è la regia; malgrado sia un esordio, Patterson dimostra di avere una padronanza del piano sequenza, utilizzato in maniera originale, che alterna con i primi piani dei protagonisti. In generale il suo lavoro non presenta difetti, se penso anche all'utilizzo della musica e alle pause tra una sequenza e un'altra.
The Vast of Night ***
"L'histoire d'Adèle H." (1975) di Francois Truffaut.
Adele, figlia di Victor Hugo, arriva ad Halifax da Parigi. È alla ricerca del suo ex fidanzato, un tenente dell'esercito inglese che l'ha lasciata, stufo di attendere che i genitori di lei acconsentissero al loro matrimonio. Adele è ancora innamorata e ad Halifax rimane tutto il tempo chiusa in casa a scrivere lettere, quando esce racconta bugie per non svelare il vero motivo che l'ha portata in Canada. Lui invece non si cura di lei, passa da un salotto all'altro e quando gli portano le lettere nemmeno le legge. Inutile rimarcare la qualità della regia di Truffaut, una capacità narrativa fuori dal comune. Convincente anche Isabelle Adjani, appena ventenne e subito candidata all'Oscar per questa interpretazione. Nel proseguo Adele perde completamente la testa. Appena può dissemina in giro giudizi negativi nei confronti del tenente, riesce perfino a far andare a rotoli le sue nozze con un altra donna, infine lo segue sino alle Barbados ormai fuori di se. A parte l'ossessione evidente, il messaggio del film è chiaro: il vero amore non chiede nulla in cambio.
L'histoire d'Adèle H. ****
È un film bellissimo.
Le scene in cui è presente l'acqua sono molto evocative e davvero la Adjani meritava di essere premiata.
Questa storia di un amore continuamente cercato e non compreso, mi fece pensare alla storia d'amore tra Camille Claudel e Rodin.
"Abbi fede" regia e interpretazione di Giorgio Pasotti. Visto su Raiplay. La quotidiana lotta fra Bene e Male, Salvezza e Dannazione, Caduta e Redenzione. Il tutto reso accettabile e qualche volta comico dal duo Amendola/Pasotti. c’è Adamo, neofascista violento e legato alla malavita, con disegnata una croce celtica dietro il collo, che – assegnato ad una comunità di recupero in una remota località sulle montagne altoatesine – entra in contatto con un sempre sorridente Ivan, un sacerdote con una decisa fede in Dio e nel prossimo, vedovo e con un figlio paraplegico. Sono proprio queste due convinzioni che verranno messe alla prova nel rapporto con l’ultimo arrivato nella comunità, il quale dovrà inserirsi in un ambiente inconsueto e stravagante all’interno di uno scenario estremamente grottesco. I membri della chiesa che accompagneranno Adamo – ma anche Ivan – in una nuova presa di coscienza sono pochi ma singolari: l’ex terrorista Khalid, l’ex campione di sci austriaco e alcolizzato Gustav e la single incinta Sara. È questa un’opera che riesce a raccontare una storia attuale di integrazione tra persone molto distanti tra loro, non solo per religione o stato di appartenenza, ma anche per esperienze di vita e modi di vederla e viverla; una distanza che a tutti i costi va abbattuta tramite il confronto e la compassione.
Secondo me, pur essendo decisamente un bel film, la sceneggiatura risulta eccessiva nel linguaggio, forzatamente brutale. Intrigante e coinvolgente invece la fotografia.
ABBI FEDE ***
"Opera senza autore" di Florian Henckel von Donnersmarck, stesso regista di " Le vite degli altri", altro notevolissimo film e, non capisco come sia possibile, anche regista di "The Turist" film dove la Jolie si distingue per come cammina bene.
Il film ripercorre la vita di un pittore, Kurt Barnert, dall'infanzia, in Dresda 1937, alla maturità, anche artistica nella Berlino ovest 1966.
Meravigliosa la colonna sonora, memorabile la scena del bombardamento di Dresda, purtroppo non ci sono video da poter postare qui.
Eccellente Sebastian Koch, bravissimo nella sua scena madre, quando è finalmente l'arte, da lui disprezzata, a sconvolgerlo, farlo crollare e metterlo davanti alla sua miseria umana.
se vi capita è da vedere , altrimenti, se lo cercate, c'è su Prime