Ieri ho visto l'isola delle Rose. Non mi è affatto piaciuto. Lento, poco coerente, recitazione mediocre.
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Ieri ho visto l'isola delle Rose. Non mi è affatto piaciuto. Lento, poco coerente, recitazione mediocre.
"One Night in Miami" (2020) di Regina King, prima regia dopo una carriera da attrice con un Oscar vinto due anni fa.
A Miami, una notte, all'indomani della conquista da parte di Cassius Clay del titolo mondiale di pugilato, in una camera d'albergo si incontrano appunto il pugile, Malcom X, Sam Cooke e un famoso giocatore di football americano dell'epoca. L'oggetto dell'incontro, che naturalmente non è mai avvenuto, è discutere sulla condizione degli afro-americani, del loro futuro e quali strumenti utilizzare per liberarsi dall'oppressione che il mondo occidentale svolge nei loro confronti. Il film, che è tratto da una piece teatrale ed è stato presentato all'ultimo festival di Venezia, non mi ha convinto nella forma, con una regia a volte approssimativa e soluzioni banali da scuola di Hollywood. Però nel momento più caldo della discussione dei protagonisti, soprattutto tra Malcom X e Sam Cooke, con il primo che imputa al secondo di scrivere canzoncine banali e commerciali invece di raccontare come stanno esattamente le cose, il film raggiunge un livello di drammaticità e coinvolgimento che viene automatico consigliarne la visione.
One Night in Miami ***
"Dopo il matrimonio" remake dell'omonimo del 2006, con Julianne Moore, Michelle Williams regia di Bart Freundlich. Mentre l'edizione del film del 2006 aveva come interpreti principali personaggi maschili, questo è volto al femminile ed è molto più plausibile, verosimile e ben interpretato, del resto il testo di Susanne Bier è un validissimo camovaccio per grandi ibnterpreti. Mi è veramente piaciuto
Due film italiani molto popolari nei decenni scorsi.
"Ovosodo" (1997) di Paolo Virzì
E' la storia di Piero, subito orfano di madre e con il padre che entra ed esce di galera, che ce la mette tutta per costruirsi un futuro lontano dalla povertà, non solo materiale, che il suo quartiere, Ovosodo appunto, gli offre. Ottima la regia di Virzì che con questo film vinse il premio della giuria a Venezia, un po' meno l'interpretazione degli attori, quasi tutti esordienti, a parte l'ottima Nicoletta Braschi.
Ovosodo ***
"L'Ultimo Bacio" (2001) di di Gabriele Muccino.
Leggevo che nei giorni scorsi cadeva il ventennale dall'uscita e così ho deciso di rivedere l'inizio, poi l'ho guardato tutto. Un gruppo di amici affronta il passaggio dalla spensieratezza alla maturità, in una sorta di "Fandango" italiano (presenti delle citazioni del capolavoro di Kasdan), con alcuni dei protagonisti già angosciato sotto il peso delle responsabilità, ma che rivisto oggi, con quello che stiamo passando, fa sorridere. Rispetto alla regia del film di Virzì che ha un tocco di cinema d'autore, quella di Muccino, che all'epoca aveva solo 33 anni, è più vicina al cinema di Hollywood, che infatti lo chiamerà a dirigere con successo alcuni film. Il ritmo è incalzante, grazie a un montaggio senza respiro tra le varie storie dei protagonisti. Bravissima Giovanna Mezzogiorno, soprattutto in occasione dello scontro con Accorsi, in una scena che sembra non dover finire mai e che sarebbe da candidatura all'Oscar. Lo stesso dicasi per Martina Stella neppure sedicenne quando iniziò le riprese e con un corso di recitazione appena concluso. Ricordo che quando lo vidi la prima volta, senza conoscere la fine, parteggiavo per la Mezzogiorno. Ieri invece, però naturalmente conoscendo la fine, sono passato dalla parte di Martina Stella che con il suo personaggio rappresenta l'ultimo baluardo prima di una vita fatta di costrizioni e doveri, messaggio che con il libro che lei regala ad Accorsi, Siddharta di Hesse, è ben rappresentato.
L'Ultimo Bacio ***
"The trial of the Chicago 7" (2020) di Aaron Sorkin.
Una formula che Hollywood sperimenta con successo da decenni. Un fatto di cronaca di qualche anno prima, persone coinvolte ingiustamente o che perseguono valori e diritti oggi riconosciuti, la controparte che appare ai nostri occhi come il "cattivo" di turno, l'happy ending come una costante. L'industria cinematografica si affida a professionisti rodati per portare al successo la pellicola. In questo caso abbiamo i responsabili di alcune associazioni democratiche di Chicago portati alla sbarra in quanto accusati di organizzare rivolte della popolazione contro il governo che ha portato migliaia di giovani americani a morire in Vietnam. Oggi nessuno difendrebbe quella scelta, neppure un repubblicano e questo è sufficiente per appoggiare il senso del film, per il quale è difficile trovare un difetto tecnico (regia, interpretazione e soprattutto il montaggio sono eccellenti) a parte la banalità del disegno di fondo. Alla fine ci si sente soddisfatti nel vedere che il bene trionfa sul male e tanto basta per candidare il film alla statuetta per il miglior film ai prossimi Oscar.
The trial of the Chicago 7 ***
L'ho visto anche io.
Non sapevo fosse in candidatura.
Credo mi sia piaciuto perché privo di buonismo e ricco , invece, di bei dialoghi, scambi anche pungenti tra i protagonisti; credo che il merito di puntare sull'eterogenea descrizione di persone effettivamente diverse tra loro, accomunate solo dall'accusa che affrontano, siano gli aspetti che mi hanno colpita di più.
Le candidature escono a fine mese. Questo film è in lizza per essere candidato. Sto guardando i film che probabilmente si giocheranno la statuetta.
"Minari" (2020) di Lee Isaac Chung.
Che "Parasite" avrebbe suscitato un interesse nei confronti del cinema sudcoreano era scontato. In questo caso la produzione è americana ma con regista e attore principale nati in Usa da genitori asiatici. Ambientato nel 1980 racconta le vicende di un sud coreano che si sposta con la famiglia dalla ricca California alla poverissima Arkansas dove decide di acquistare un terreno per la coltivazione di ortaggi coreani da vendere ai suoi connazionali trasferitisi da tempo in Usa. Siamo lontani ani luce dalle produzioni hollywoodiane e questo si nota dai ritmi lenti del film, dalla mancanza di colpi di scena e da un continuo indugiare sulle espressioni dei protagonisti, i quali ci danno anche una dimostrazione su come vengono affrontate le difficoltà quotidiane in oriente. Un bel quadretto da preservare e da prendere da esempio.
Minari ***
"Promising young woman" (2020) di Emerald Fennel.
Una trentenne vuole vendicare la morte di un'amica suicidatasi anni prima dopo aver subito uno stupro da parte di un compagno di scuola. Lo stupro di per se è un evento drammatico ma nel film in questione tutta la vicenda viene rappresentata in tono ironico ad esempio ridicolizzando i maschi nell'attività di approccio con l'altro sesso. Che sia una dark comedy si nota immediatamente dai titoli di testa rosa schocking e dalla protagonista che sembra tutt'altro che equilibrata e che vive ancora ancora a casa dei genitori, non proprio un modello proposto da Hollywood. La storia è carina, purtroppo da un punto di vista cienematografico il film non dice molto anche se ammetto che il finale ti sorprende. Da qui a pensare che possa essere protagonista nella notte degli oscar ce ne corre, malgrado le varie nomination e qualche premio vinto in giro per l'America.
Promising young woman **
"News of the world" (2020) di Paul Grengrass.
Altro film in odore di statuetta, è un western crepuscolare nel quale il protagonista (Tom Hanks) è un reduce della guerra civile che gira i vari villaggi statunitensi per leggere (e commentare) le notizie apparse sui giornali locali. Tra un trasferimento e un altro si imbatte in una bambina, di origine tedesca, sopravissuta a un agguato nel quale è stata sterminata la famiglia. L'intento dell'uomo è di consegnarla all'esercito ma è costretto a portarsela con se sino al villaggio dove risiedono dei parenti. A parte la prima sparatoria (orribile), il film è ben diretto e interpretato. Purtroppo invece di analizzare le condizioni economiche e sociali che la guerra civile ha lasciato nel Paese, il film indugia in maniera alquanto sospetta sul rapporto adulto bambina e sul viso di quest'ultima, dalle caratteristiche opposte a quelle di qualsiasi razza presente in quel momento in Usa, finendo per essere il solito film che fa l'occhiolino al pubblico alla ricerca di soluzioni zuccherose.
News of the world **
"Sound of metal" (2019) di Darius Marder
Un batterista di un duo heavy metal (la fidanzata suona la chitarra), con un passato da tossicodipendente, improvvisamente comincia a perdere l'udito. Dopo un brevissimo periodo non sente più nulla e le persone sono costrette a scrivergli per comunicare con lui. Decide allora di entrare in una comunità dove tra le altre cose insengnano a usare le mani per parlare e a leggere le labbra. Rendendosi conto che la sua vita è troppo sacrificata decide di vendere il camper per racimolare quei soldi che gli permettano di farsi impiantare un macchinario che gli consenta di riscaquistare l'udito.
Sound of metal è un film indipendente che piano piano si è fatto strada malgrado la pandemia ne abbia limitato la diffusione. E' costruito come una sorta di documentario anche se l'ultima mezz'ora, la parte che preferisco, presenta le sembianze di un film puro con la fidanzata che nel frattempo si è spostata in Europa a cantare e i due si ricongiungono. Ha il pregio di ricordarci, dico una banalità, che la salute sta davanti a tutto e quando il protagonista riacquista l'udito grazie all'impianto in verità non è la stessa cosa di quello originale, in quanto sente fischi, fruscii o il suono è troppo alto o troppo basso.
Sound of metal ***
"Judas and the black Messiah" (2021) di Shaka King.
Proseguendo tra i film in odore di statuetta, uno appena uscito. Ancora anni 60 e sempre con avvenimenti realmente accaduti negli Usa che riguardano la popolazione di colore. Un piccolo criminale nero viene arrestato e convinto dal FBI a scontare la pena entrando nell'organizzazione delle Black Panthers, diventandone informatore. In breve tempo riesce a lavorare accanto al capo dell'organizzazione politica e trasferire importanti informazioni verso la polizia federale. Quando il clima diviene più pesante e i rapporti tra la comunità di colore e i bianchi peggiorano portando in carcere il capo delle Black Panthers anche per l'informatore diventa tutto più difficile anche per via di sentimenti sempre più contrastanti tra informare l' FBI e tradire la sua gente.
Il film non è affatto male considerando che si tratta di un'opera prima da parte del regista, ed è sicuramente il più sincero tra quelli visti negli ultimi tempi che riguardano i medesimi temi e mi riferisco a "One night in Miami" e "The trial of Chicago 7".
Judas and the black Messiah ***
"I'm thinking of Ending Things" (2020) di Charlie Kaufman.
Kaufman è lo sceneggiatore di "Eternal sunshine of the spotless mind" da noi uscito con l'orribile titolo di "Se mi lasci ti cancello", l'ho ricordato perchè la matrice non è molto diversa anche se nello svolgimento non hanno molto in comune. Invece l'atmosfera di "I'm thinking..." mi ha ricordato "Vertigo" di Hitchcock, "Shining" di Kubrick, qualcosa di Bergman ma soprattutto Linch. L'ho visto due volte (e credo ce ne sarà una terza) perchè la prima volta non ho capito molto e ho dovuto leggere qualcosa che me lo spiegasse perchè non è per niente facile decifrarlo. C'è un coppia che si dirige dai genitori di lui invitati a cena. Questa è la prima parte che si svolge in macchina. Poi c'è appunto la cena e il ritorno, sempre in macchina. Infine l'epilogo. Sono quattro parti che potrebbero anche essere viste separatamente. La cosa che lascia più sorpresi è che quello che noi consideriamo importante non lo è. Quello che invece ci sembra irrilevante è la cosa fondamentale del film. Non aggiungo altro per non rovinare la sorpresa nei confronti di chi si accinge nell'impresa (sottolineo impresa) di guardarlo. Per finire, dico che la regia di Kaufamn è bellissima, come pure la fotografia di Łukasz Żal che avevamo apprezzato con il bianco e nero di "Ida" e "Cold War" di Pawlikowski. Qui invece per non smentire le sorprese del film gira con una bellissima fotografia a colori.
I'm thinking of Ending Things ****
Ciao! Mi recensisci "Sorry, we missed you" di Ken Loach per favore? L'ho visto per la seconda volta e l'ho trovato ancora più bello. La bambina poi (Katie Proctor) è eccezionalmente brava, una rivelazione!
Scusa.
Grazie.
Ho fatto bene a chiederti scusa. Però non è vero che il finale è senza speranza: Nonostante tutte le vicissitudini e i drammi attraversati, la Famiglia è rimasta unita. Forse ancor più di come lo era all'inizio. In modo più consapevole....più vero.....
Loach è un britannico e per loro la famiglia non è importante come per noi. Loach è interessato ai diritti delle persone e dei lavoratori, meno a quelli della famiglia. Infatti spesso i suoi personaggi sono single o provengono da una separazione.
Non in questo caso, evidentemente. Ho trovato infatti in questo spaccato di Vita, un Ken Loach più maturo e completo.
"Ma Rainey’s Black Bottom" (2020) di George C. Wolfe
Relativo alla cantante di colore di cui al titolo che si appresta a incidere dei brani blues con una band di grandi musicisti del periodo, anche loro di colore, il tutto prodotto da impresari bianchi. Siamo negli anni 20 e il problema razziale è del tutto evidente anche all'interno della band, tra chi è d'accordo nel suonare per i bianchi e chi lo considera un affronto. Non mi ha convinto la regia, ricca di inquadrature per un film che in pratica si svolge quasi interamente in uno studio di registrazione; orribile poi la fotografia a colori, patinata e quasi seppiata, quando sarebbe stato a mio parere meglio girarlo in b/n. Ottima però l'interpretazione di Viola Davis (sicuramente candidata alla statuetta) come pure del povero Chadwick Boseman, che ha girato il film già malato e deceduto subito dopo il termine delle riprese. La cosa migliore rimangono i titoli di coda con le immagini originali di Ma e della sua voce che canta.
Ma Rainey's Black Bottom **
L'ho visto anche io, mi ha stupita che sia stato scelto quesyo "taglio" per una storia che avrebbe potuto essere narrata diversamente e forse avrebbe potuto essere resa più attuale senza perdere il suo messaggio.
Su Netflix?
"The United States vs Billie Holiday" (2021) di Lee Daniels.
C'era già stato un filmetto sulla grande cantante americana interpretato da Diana Ross negli anni settanta, presente su Youtube in una versione originale con sottotitoli in italiano. Nel film in questione invece almeno l'investimento finanziario appare di alto livello, mentre il mio interesse è stato catturato dalla possibile candidatura all'oscar di Andra Day. Il film si concentra soprattutto sull'accanimento del FBI nei confronti dei problemi di droga della Holliday che la porta in prigione un paio di volte. In verità l'interesse della polizia federale è zittire quella cantante nera che attraverso i testi delle sue canzoni stava risvegliando le coscienze dei neri d'America. Il film riporta uno stile tipicamente hollywoodiano e solo raramente ci fa vedere come sarebbe dovuto essere per assurgere a grande film. Una delle cose peggiori è la colonna sonora a parte i bellissimi brani della Holyday. Nulla da dire invece su Andra Day, soprattutto quando canta sembra davvero l'originale.
The United States vs Billie Holyday **
Uscite le nominations con due sorprese. La prima, l'assenza totale di quello che per me è stato il miglior film dell'anno "I'm thinking of ending things", neppure per quelle statuette dove sarebbe stato lecito attenderselo (fotografia e sceneggiatura); le seconda, molto più della prima, la presenza del regista danese di "Un altro giro" (Druk), Thomas Vinterberg per la statuetta di miglior regista. Per noi, la canzone di Laura Pausini che ha già vinto ai Golden Globes e "Pinocchio" di Matteo Garrone per le statuette di costumi e trucco.
Best Picture
The Father
Judas and the Black Messiah
Mank
Minari
Nomadland
Promising Young Woman
Sound of Metal
The Trial of the Chicago 7
Best Actor
Riz Ahmed, Sound of Metal
Chadwick Boseman, Ma Rainey’s Black Bottom
Anthony Hopkins, The Father
Gary Oldman, Mank
Steven Yeun, Minari
Best Actress
Viola Davis, Ma Rainey’s Black Bottom
Andra Day, The United States vs. Billie Holiday
Vanessa Kirby, Pieces of a Woman
Frances McDormand, Nomadland
Carey Mulligan, Promising Young Woman
Best Supporting Actor
Sacha Baron Cohen, The Trial of the Chicago 7
Daniel Kaluuya, Judas and the Black Messiah
Leslie Odom Jr., One Night in Miami…
Paul Raci, Sound of Metal
LaKeith Stanfield, Judas and the Black Messiah
Best Supporting Actress
Maria Bakalova, Borat Subsequent Moviefilm
Glenn Close, Hillbilly Elegy
Olivia Colman, The Father
Amanda Seyfried, Mank
Yuh-Jung Youn, Minari
Best Director
Lee Isaac Chung, Minari
Emerald Fennell, Promising Young Woman
David Fincher, Mank
Chloé Zhao, Nomadland
Thomas Vinterberg, Another Round
Best Original Song
“Husavik (My Hometown),” Eurovision Song Contest: The Story of Fire Saga
“Fight for You,” Judas and the Black Messiah
“Io Sì (Seen),” The Life Ahead
“Speak Now,” One Night in Miami…
“Hear My Voice,” The Trial of the Chicago 7
Best Original Score
Da 5 Bloods
Mank
Minari
News of the World
Soul
Best Cinematography
Judas and the Black Messiah
Mank
News of the World
Nomadland
The Trial of the Chicago 7
Best Adapted Screenplay
Borat Subsequent Moviefilm
The Father
Nomadland
One Night in Miami…
The White Tiger
Best Original Screenplay
Judas and the Black Messiah
Minari
Promising Young Woman
Sound of Metal
The Trial of the Chicago 7
Best Animated Feature
Onward
Over the Moon
A Shaun the Sheep Movie: Farmageddon
Soul
Wolfwalkers
Best Documentary Short Subject
Colette
A Concerto is a Conversation
Do Not Split
Hunger Ward
A Love Song For Latasha
Best Documentary Feature
Collective
Crip Camp
The Mole Agent
My Octopus Teacher
Time
Best International Feature
Another Round
Better Days
Collective
The Man Who Sold His Skin
Quo Vadis, Aida?
Best Film Editing
The Father
Nomadland
Promising Young Woman
Sound of Metal
The Trial of the Chicago 7
Best Costume Design
Emma
Ma Rainey’s Black Bottom
Mank
Mulan
Pinocchio
Best Hair and Makeup
Emma
Hillbilly Elegy
Ma Rainey’s Black Bottom
Mank
Pinocchio
Best Production Design
The Father
Ma Rainey’s Black Bottom
Mank
News of the World
Tenet
Best Visual Effects
Love and Monsters
The Midnight Sky
Mulan
The One and Only Ivan
Tenet
Best Sound
Greyhound
Mank
News of the World
Soul
Sound of Metal
Best Animated Short Film
“Burrow”
“Genius Loci”
“If Anything Happens I Love You”
“Opera”
“Yes-People”
Best Live-Action Short Film
“Feeling Through”
“The Letter Room”
“The Present”
“Two Distant Strangers”
“White Eye”
Ho visto Frida, un film di Julie Taymor, incentrato sulla sofferta e tormentata vita privata della pittrice messicana Frida Kahlo, interpretata da Salma Hayek.
Deludente. Assolutamente deludente. In tutto.
Mai visto. Ricordo che Salma Hayek fu candidata per la miglior interpretazione femminile agli Oscar 2004.
"Druk" (2020) in italiano "Un altro giro" di Thomas Vinterberg, regista danese divenuto celebre per aver fondato insieme ad altri registi connazionali un decalogo sui valori tradizionali del cinema da preservare attraverso il movimento Dogma 95. E' la vera sorpresa degli Oscar 2021 con la sua candidatura alla migliore regia.
Il film in questione sarebbe dovuto passare a Cannes 2020 se si fosse svolto ed è una denuncia contro l'alcolismo, piaga in espansione in Danimarca. In verità all'inizio vengono enunciate le qualità dell'alcol se consumato con moderazione, come provato anche da studi scientifici. I protagonisti del film sono quattro insegnanti che non hanno nessun pudore di parlarne apertamente anche coi loro studenti, con i quali via via consumano una grande quantità di alcol nelle varie occasioni che le attività ricreative scolastiche permettono. La regia di Vinterberg è ossessiva nelle inquadrature, sempre più ravvicinata sui visi dei protagonisti per cogliere il mutamento nei loro comportamenti che l'abuso di alcol determina, sino a quando non si sprofonda nell'abisso della dipendenza più pesante. Non così interessante invece la sceneggiatura che nella seconda parte denota una certa stanchezza nel racconto.
Druk ***
Nell'ambito della miglior interpretazione non protagonista femminile ho guardato Maria Bakalova in "Borat" e Glenn Close in "Hillbilly Elegy".
"Borat Subsequent Moviefilm" (2020) di Jason Woliner
E' la saga demenziale del giornalista Borat che dal Kazakistan viene spedito in Usa per parlare con Trump. Non è proprio il cinema che preferisco, con gags che sopporto per qualche minuto e non per la naturale durata di unfilm. Inspiegabile la candidatura di Maria Bakalova.
Borat Subsequent Moviefilm *
"Hillbilly Elegy" (2020) di Ron Howard
E' la storia vera di un ragazzo proveniente da una famiglia cresciuta in una comunità alle pendici delle montagne che soffre per le sue condizioni umili di partenza e soprattutto per la tossicodipendenza della madre. Il film presenta due fasi della sua vita, da adolescente e da studente in Legge all'università di Yale. La storia non è male, la regia di Howard però è poca cosa rispetto al nome che porta. Anche l'interpretazione del protagonista nelle due fasi della sua vita non convince, al contrario di Glenn Close, ma soprattutto di Amy Adams nel ruolo della madre e inspiegabilmente mai presa in considerazione per una ipotetica candidatura.
Hillbilly Elegy **
Lo so che non è nuovissimo, è del 2019, però "the Irishman" con Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci è qualcosa di fantastico.
3 ore e passa di film da restare incollati allo schermo.
Ha ricevuto dieci candidature ai Premi Oscar 2020. Dei tre non so chi sia il più bravo, comunque anche il resto del cast è fatto da professionisti davvero in gamba.
Lo consiglio vivamente (a chi non lo avesse ancora visto ovviamente).
The place, di Paolo Genovese: Intrigante, originale, ben girato e recitato. Grandissima Alba Rohrwacher!
Il Bene...il Male....noi...le nostre scelte di ogni giorno. Lo consiglio vivamente.