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“Il signore delle formiche” (2022) di Gianni Amelio
Aldo Braibanti è uno scrittore di poesie e un drammaturgo, in passato partigiano e dirigente comunista, nel tempo libero studioso delle formiche che per lui rappresentano nella loro attività lavorativa il vero spirito socialista. Viene condannato per plagio nei confronti di un ragazzo con il quale ha una relazione osteggiata dalla famiglia, promotrice della causa. Siamo negli anni 60 tra l'Emilia e Roma, in una Italia ancora indietro nel riconoscere che il mondo è cambiato. Presentato a Venezia tre giorni fa, sino all'ultimo ero indeciso se andare a vederlo in quanto accanto a ottime recensioni della stampa diciamo mainstream come corriere e repubblica con meneghetti e crespi, ne ho letto delle altre, indipendenti, che non hanno trattato troppo bene il film, qualcuno si è persino spinto oltre considerandolo proprio un film brutto. La vicenda è terribile, la seconda parte decisamente prolissa, soprattutto quella del processo poteva essere abbreviata e con arringhe e interrogatori che abbiamo visto in quella forma un milione di volte, però la regia e soprattutto l'interpretazione di Lo Cascio meritano la visione. Anche la scena finale è convincente con l’attore esordiente Leonardo Maltese calatosi perfettamente nella parte del personaggio; ma la sequenza che ho apprezzato maggiormente è quella a metà film con i ragazzi della compagnia e Braibanti che provano una scena della rappresentazione teatrale.
Il signore delle formiche ***
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“La scuola cattolica” (2021) di Stefano Mordini
Tratto dall’omonimo libro, ripercorre nella parte finale gli avvenimenti tragici del massacro del Circeo avvenuto nel 1975. Oltre a raccontare il fatto di cronaca, come si può immaginare dal titolo, il film sviluppa per la maggior parte di esso un collegamento tra l’insegnamento scolastico, con annessa educazione familiare - specchio dell’intera società italiana dell’epoca così distratta e bacchettona e l’improvvisa trasformazione di ragazzi di buona famiglia in mostri. La violenza non è quella che si manifesta mediante la lotta armata e gli attentati così frequenti in quegli anni e che il film non prende proprio in considerazione, ma quella diretta contro la persona, in particolare nei confronti di giovani donne, nelle modalità più spregevoli, vigliacche e cruente, che purtroppo proprio da quell’avvenimento in poi sembra abbia creato un filone ancora oggi in piena attività. Convincente regia e montaggio, come pure l’interpretazione dei protagonisti.
La scuola cattolica ***
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Due film italiani premiati a Berlino e a Cannes accomunati da storie che prendono ispirazione dal reale, vicende soprattutto di disperazione e che hanno come cornice il sud. In verità in “Fuocoammare” (2016) di Gianfranco Rosi, Orso d’oro a Berlino nel 2016, il sud è quello di Lampedusa isola situata al centro del Mediterraneo, primo avamposto per gli immigrati che arrivano con mezzi di fortuna dal nord Africa ma non solo. Se rischiano di morire annegati in mare, di fame, di freddo e persino bruciati dal gasolio fuoriuscito dalle macchine, è perché dalle loro parti vivere è divenuto impossibile. Accanto ai vari salvataggi c’è la vita della località dove il tessuto economico si è sempre basato sulla pesca prima che l’immigrazione sconvolgesse le loro giornate. Pregevole la tecnica di Rosi, abile a trasformare un semplice documentario in una e vera e propria storia cinematografica.
E’ a Gioia Tauro che invece è ambientato “A Chiara” (2021) di Jonas Carpignano, premiato l’anno passato a Cannes nella sezione “Europa Cinema Label”. E la storia di una quindicenne, vita normale, casa scuola palestra che improvvisamente scopre i loschi traffici del padre divenuto latitante per via della sua appartenenza alla ndrangheta. Qui la tecnica cinematografica e recitativa è quasi elementare, ma la parte finale con al centro il compleanno dei diciotto anni della protagonista, unico momento di spensieratezza della ragazza, è convincente.
Fuocoammare ***
A Chiara **
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“L’Immensità” (2022) di Emanuele Crialese
Primi anni settanta. Adriana è un'adolescente che si fa chiamare Andrea, non ancora pronta ad accettare la sua diversità. Questo si riflette nei rapporti con i coetanei e soprattutto con gli adulti anche per via della crisi coniugale dei genitori. Presentato in concorso a Venezia "L'immensità" ha una bella storia che avrebbe meritato una regia di ben altro livello invece di una serie di sequenze slegate come se dovessero funzionare separatamente e battute appiccicate a protagonisti dalla dubbia capacità recitativa. Ammetto che alcune scene mi sono piaciute, ad esempio la doccia con la pompa che vede protagonista Penelope Cruz oppure la mosca cieca dei ragazzi la notte di natale, ma sono casi isolati. Il giudizio è ancor più negativo in quanto il film affronta tematiche importanti e tutt'ora attuali ma con modalità di espressione che banalizzano l'argomento.
L’Immensità *
Oggi è l'ultimo giorno del Cinema a 3,50 euro. Vedere un film sul grande schermo è uno spettacolo unico, anche quando non è granché.
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Un sacchetto di biglie. Ieri sera su Rai movie. Un cazzotto nello stomaco, ma bellissimo!
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“Blonde” (2022) di Andrew Dominik
Biografia di Marylin Monroe secondo la prospettiva dell’attrice e quindi con le ossessioni e i fantasmi che la perseguiteranno per tutta la vita a partire dal dramma familiare per non aver conosciuto il padre e con la madre finita ben presto in un ospedale psichiatrico alcolizzata. Poi i suoi amori, l’odio per Hollywood e del suo mondo, salvo continuare la carriera che la renderanno schiava del suo personaggio e la porteranno al tracollo. Presentato in concorso a Venezia il film, che si avvale a livello cromatico sia del colore che del b/n, non appare del tutto convincente soprattutto per i motivi enunciati all’inizio, cioè che il punto di vista di Marylin risulta eccessivo come la sua vita, ma anche per il solito vizio di molte biografie di non limitarsi a raccontare uno spaccato di vita, come ad esempio ha fatto Larrain nei recenti “Jackie” e “Spencer”, ma di prolungarsi oltremodo lungo tutta la vita del personaggio. Non mancano comunque lati positivi, in generale la tecnica di ripresa/montaggio/fotografia (malgrado la ridondanza di alcune sequenze), e in particolare uno dei primi casting o l’incontro con Joe Di Maggio e successivamente con Arthur Miller di cui Marylin dovrà interpretare un suo personaggio.
Blonde **
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“Blonde” (2022) di Andrew Dominik
Biografia di Marylin Monroe secondo la prospettiva dell’attrice e quindi con le ossessioni e i fantasmi che la perseguiteranno per tutta la vita a partire dal dramma familiare per non aver conosciuto il padre e con la madre finita ben presto in un ospedale psichiatrico alcolizzata. Poi i suoi amori, l’odio per Hollywood e del suo mondo, salvo continuare la carriera che la renderanno schiava del suo personaggio e la porteranno al tracollo. Presentato in concorso a Venezia il film, che si avvale a livello cromatico sia del colore che del b/n, non appare del tutto convincente soprattutto per i motivi enunciati all’inizio, cioè che il punto di vista di Marylin risulta eccessivo come la sua vita, ma anche per il solito vizio di molte biografie di non limitarsi a raccontare uno spaccato di vita, come ad esempio ha fatto Larrain nei recenti “Jackie” e “Spencer”, ma di prolungarsi oltremodo lungo tutta la vita del personaggio. Non mancano comunque lati positivi, in generale la tecnica di ripresa/montaggio/fotografia (malgrado la ridondanza di alcune sequenze), e in particolare uno dei primi casting o l’incontro con Joe Di Maggio e successivamente con Arthur Miller di cui Marylin dovrà interpretare un suo personaggio.
Blonde **
Una biografia di Marilyn Monroe, lunghissima, che ho parzialmente visto, ma dopo mezz’ora mi sono stancata. Mi è parso un film horror, orribile. Anche tu gli ha dato solo due stelle su cinque, come si merita, ma io gli avrei dato di meno. Si è calcata molto la mano sui problemi psicologici dell’attrice, sul suo difficilissimo rapporto con la madre, sulle sue scopate in diretta. Non voglio ricordarla così, nemmeno per sogno. Non siamo mica solo ciò che ci accade nel privato, no? E di una persona trapassata si ricordano le cose belle, non è vero?
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Dante di Pupi Avati.
Mi ero aspettata di peggio. Molto espressivo l’attore che interpreta il Dante giovane, bravo Castellitto nei panni di Boccaccio, belle la fotografia, la musica, i costumi. Però… certi passi gotici, soprattutto nella rappresentazione di Beatrice, oppure il fatto che Dante in esilio sia rappresentato come un vero povero che elemosina, mentre in realtà era ospite di corti ragguardevoli, mi hanno lasciato il sapore di un’opera mancata (in realtà ci sarebbero anche altre cose che non mi tornano).
Non ditemi che nessuno l'ha visto.
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Ho rivisto il buono, il brutto ed il cattivo, in questo momento è alle battute finali, ma, solo per concentrarmi sui dettagli, i primi piani, le battute, le smorfie e l'intensità delle espressioni degli attori in ogni singola scena e naturalmente la nitidezza delle immagini e dei colori...
È, e rimane un capolavoro da Oscar per ogni possibile categoria ed è passato più di mezzo secolo.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
bumble-bee
Nessuno l'ha visto.
E' del 2022, è al cinema in questi giorni e tutte le scolaresche vanno a vederlo.:mmh?:
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Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
Dante di Pupi Avati.
Mi ero aspettata di peggio. Molto espressivo l’attore che interpreta il Dante giovane, bravo Castellitto nei panni di Boccaccio, belle la fotografia, la musica, i costumi. Però… certi passi gotici, soprattutto nella rappresentazione di Beatrice, oppure il fatto che Dante in esilio sia rappresentato come un vero povero che elemosina, mentre in realtà era ospite di corti ragguardevoli, mi hanno lasciato il sapore di un’opera mancata (in realtà ci sarebbero anche altre cose che non mi tornano).
Non ditemi che nessuno l'ha visto.
Non l'ho ancora visto e non so se andrò a vederlo (la multisala vicino al mio ufficio è in ristrutturazione). Sto aspettando che escano alcuni film di Cannes e Venezia. Poi le recensioni non erano granché, ultimamente ho visto molti film italiani e sono un po' stufo di film dedicati a personaggi famosi (vedi Blonde).
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Citazione:
Originariamente Scritto da
bumble-bee
Ho rivisto il buono, il brutto ed il cattivo, in questo momento è alle battute finali, ma, solo per concentrarmi sui dettagli, i primi piani, le battute, le smorfie e l'intensità delle espressioni degli attori in ogni singola scena e naturalmente la nitidezza delle immagini e dei colori...
È, e rimane un capolavoro da Oscar per ogni possibile categoria ed è passato più di mezzo secolo.
Capolavoro, anche se etichettato Spaghetti Western.
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"Siccità" di Paolo Virzì. Sono uscito dal cinema recependo questo messaggio del film: l'Uomo riesce solo ad adattarsi ai cataclismi da lui provocati. Non impara mai niente dalla Natura e dai segnali che essa gli manda continuamente. Si adatta. Non previene.
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“Broker” (2022) di Hirokazu Kore-Eda
Il tema è quello del traffico di bambini abbandonati in Corea del Sud, nel caso specifico però la madre ha un ripensamento che la porta a scoprire che il bambino è finito nelle mani di due trafficanti. Decide allora di andare con loro alla ricerca di genitori adottivi per suo figlio. Vicenda amara attutita dai sensi di colpa della madre che trova giustificazione e sollievo affermando che l’abbandono è meglio dell’aborto. Il film ha vinto a Cannes la palma per la miglior interpretazione maschile, mentre quattro anni fa Kor-eda vinse la Palma per il miglior film con il bellissimo “Affari di Famiglia”.
Broker ***
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“Broker” (2022) di Hirokazu Kore-Eda
Il tema è quello del traffico di bambini abbandonati in Corea del Sud, nel caso specifico però la madre ha un ripensamento che la porta a scoprire che il bambino è finito nelle mani di due trafficanti. Decide allora di andare con loro alla ricerca di genitori adottivi per suo figlio. Vicenda amara attutita dai sensi di colpa della madre che trova giustificazione e sollievo affermando che l’abbandono è meglio dell’aborto. Il film ha vinto a Cannes la palma per la miglior interpretazione maschile, mentre quattro anni fa Kor-eda vinse la Palma per il miglior film con il bellissimo “Affari di Famiglia”.
Broker ***
Questo voglio vederlo.
Ho già visto Affari di famiglia e Father and son che sono stati pregni di sensazioni e riflessioni ed ora mi aspetto almeno una cosa simile.
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“Decision to Leave” (titolo internazionale) (2022) di Park Chan–wook
In italiano esce col titolo “La donna del mistero”. Ancora un film da Cannes e da un altro grande regista asiatico che molti anni fa con “Old Boy” mi fece avvicinare al cinema sud coreano. Trama in pillole. Un uomo viene trovato morto alle pendici di una parete da scalare. Si pensa a un incidente, successivamente a un suicidio o a un omicidio. Unica sospettata la moglie, donna affascinante e piena di mistero, che non sembra presentare alcun dispiacere per la perdita del marito e l’investigatore che si occupa del caso è quasi convinto della sua colpevolezza ma ha il torto di innamorarsene. La parte poliziesca non mi pare pienamente riuscita, ma è strumentale alla parte sentimentale, che rimanda a Hitchcock – come non pensare a “Vertigo” – e a suoi discepoli, soprattutto De Palma, con quello strano rapporto che si instaura tra i due. Magnifiche le immagini finali. Credo che lo rivedrò perché con i veloci sottotitoli in inglese ho perso il significato di alcune battute importanti.
Decision to Leave ***
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“Argentina 1985” (2022) di Santiago Mitre
Sul processo alla giunta militare guidata da Videla che diede vita in Argentina alla sanguinosa dittatura tra il 1976 e il 1983. Malgrado la maggioranza della popolazione argentina fosse favorevole al processo, resistevano nel paese parti di società che volevano impedire il rinvio a giudizio dei militari. Anche tra gli stessi promotori si produsse un acceso dibattito sulle modalità di perseguimento della giustizia con il rischio di frantumare quella unità necessaria per consolidare una democrazia ancora fragile. Presentato in concorso all’ultimo Venezia il film è una testimonianza di cosa ha rappresentato per il popolo argentino quell’esperienza di violenza, tortura e morte, e anche se la produzione Amazon ci ricorda la matrice di provenienza, con tecnica di ripresa e montaggio e alcune scene che rimandano a “Gli Intoccabili” di De Palma, questo è il prezzo da pagare per ampliare l’offerta di un prodotto che è soprattutto storia, cultura e umanità.
Argentina 1985 ***
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“Causeway” (2022) di Lila Neugebauer
Linsey è vittima di un’esplosione durante una missione militare in Afghanistan che le lascia strascichi neurologici quasi del tutto superati grazie alla riabilitazione. Quello che invece la ragazza fatica ad accettare è il tran tran quotidiano della sua nuova vita da dividere a casa con la madre a New Orleans al punto da voler tornare in Afghanistan. Presentato a Toronto e successivamente a Roma, “Causeway” è un piccolo film dal ritmo lento come i pensieri di Linsey costretta a rimettere in sesto la propria esistenza e i propri drammi familiari che con il visino di Jennifer Lawrence (qui in veste anche di produttrice) offre una versione ammorbidita del soldato ferito che torna a casa. La cosa migliore a mio parere la regia senza fronzoli ma precisa ed efficace della Neugebauer.
Causeway ***
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“Gli Orsi non esistono” (2022) di Jafar Panahi
Panahi è nascosto in un villaggio vicino al confine iraniano da dove dirige in modalità remoto il suo film. Da anni viene accusato dal governo di portare avanti una campagna contro il regime (realtà), mentre all’interno del villaggio di aver scattato una foto a una coppia clandestina (finzione); inoltre ci sono problemi con la troupe del film in quanto i due protagonisti hanno organizzato alla sua insaputa la loro fuga all’estero (ancora finzione). Mischiando realtà e finzione tra città e zone rurali, Panahi descrive la sua condizione da semi recluso in un paese come l’Iran che non permette un percorso diverso da quello che la teocrazia in vigore ha fissato, come stiamo imparando a conoscere attraverso le proteste in piazza delle donne vittime di violenze e uccisioni da parte del regime. A Venezia il film ha vinto il premio speciale della giuria, ma Panahi non è potuto andare a ritirarlo in quanto nel frattempo nuovamente arrestato.
Gli orsi non esistono ***
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Adieu Monsieur Haffmann con Daniel Auteil di Fred Cavayé (2021). Si tenga present5e che essendo ipoudente ho bisogno dei sottotitoli (non importa se in italiano, francese o inglese) per seguire il film.
Il tema è sempre quello dell'occupazione tedesca a Parigi nel 1941, ma è svolto molto, molto bene , gli attori sono in parte ed anche se la trama è quella, la sorpresina finale c'è e ci sta tutta.
Se vi capita vedetelo, vi piacerà
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Grazie del consiglio: Adoro tutto il cinema francese.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
arecata
Adieu Monsieur Haffmann con Daniel Auteil di Fred Cavayé (2021). Si tenga present5e che essendo ipoudente ho bisogno dei sottotitoli (non importa se in italiano, francese o inglese) per seguire il film.
Il tema è sempre quello dell'occupazione tedesca a Parigi nel 1941, ma è svolto molto, molto bene , gli attori sono in parte ed anche se la trama è quella, la sorpresina finale c'è e ci sta tutta.
Se vi capita vedetelo, vi piacerà
Ciao Arecata, bello rileggerti qui!
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In tour qui da noi per partecipare a rassegne a loro dedicate e per parlare della loro ultima fatica “Tori e Lokita” - in uscita la prossima settimana, i fratelli Dardenne hanno sviluppato il loro cinema sui problemi sociali in Belgio alimentati dal passaggio dall’industria pesante più tradizionale che permetteva la piena occupazione a una moderna e tecnologica che taglia posti di lavoro con il contemporaneo disimpegno del governo nelle politiche sociali per via dei bilanci da risistemare. Nasce quindi l’arte di arrangiarsi, anche con mezzi illegali e che coinvolge le fasce meno abbienti in una sorta di lotta tra poveri. Così in “La Promesse” (1996 ***) sono l’immigrazione clandestina, il lavoro non regolare e l’abbandono i temi trattati, mentre è la disperata ricerca di lavoro “per avere un’esistenza normale” in “Rosetta” (1999 *** palma d’oro a Cannes), che porta le persone a comportamenti discutibili, come il tradimento di un amico per prendere il suo posto di lavoro o persino reati disumani prima ancora che penalmente rilevanti come la vendita di un figlio appena nato (“L’Enfant” 2005 *** altra palma d’oro). Da un punto di vista tecnico il loro cinema è basato principalmente sul piano sequenza, che è quello più efficace nel rappresentare la disperazione dei personaggi, con la cinepresa attaccata al collo dei protagonisti quale testimone dell’ossessione di trovare un rimedio a una vita senza speranza.
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“Athena” (2022) di Romain Gravas
Un ragazzo algerino viene ammazzato da un poliziotto ad Athena, periferia di Parigi. Si scatena la vendetta con i fratelli dell’ucciso in prima linea anche se con idee diverse su come risolvere il problema. Non è il mio genere, non l’avrei mai visto se non fosse passato in concorso a Venezia, però devo dire che non è mi è dispiaciuto; è soprattutto lo stile di Gravas, con un passato da autore di videoclip, caratterizzato da una feroce organizzazione del set, e considerato il tema trattato la parola ci sta tutta, e un continuo piano sequenza con l’inquadratura che spesso si stacca dal soggetto principale per fare una panoramica generale, ad aver tenuto alto il mio interesse durante la visione. Anche il commento sonoro, tra l’epico e il religioso, forse con una eccessiva pomposità ha un ruolo determinante nell’enfatizzare un’atmosfera da non ritorno.
Athena ***
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“Triangle of Sadness (2022) di Ruben Ostlund
Film diviso in tre parti, nella seconda un gruppo di persone facoltose si ritrova a viaggiare su una piccola nave da crociera. Manifestano senza vergogna la loro volgarità creando situazioni tra il paradossale e il comico, confrontandosi con i dipendenti di bordo e alimentando con loro un possibile ribaltamento dei ruoli che effettivamente avverrà nel proseguo della storia. Il film ha ricevuto molte stroncature (ad esempio quelle di Mereghetti sul Corriere e di Bradshaw sul Guardian), ma anche elogi come quello della giuria di Cannes che gli ha tributato il successo quale miglior film della rassegna, la seconda Palma d’oro per Ostlund dopo quella per l’altrettanto controverso “The Square” del 2017. Come ogni film scandinavo e in particolare quelli di Ostlund l’obiettivo principale non è mai la ricerca di un’approvazione gratuita da parte del pubblico, anzi come si può notare ad esempio nella scena della cena con il comandante della nave - un piccolo capolavoro che il regista alla fine volutamente rende indigesta, viene percorsa la strada più impervia per raggiungere il consenso.
Triangle of Sadness ***
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Qua siete tutti estimatori di film impegnati, vedo. Io solo film leggeri, commedia, d'azione o avventura. Non disdegno nemmeno i super eroi preferendo quelli della DC film alla Marvel Comics. L'ultimo film che ho visto è stato per l'appunto Black Adam con interprete il super nerboruto Dwayne D. Johnson.
Piacevole, ma ho visto di meglio.
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Esterno notte, di Marco Bellocchio. Fabrizio Gifuni che interpreta Aldo Moro e Margherita Buy nei panni della moglie Eleonora...
semplicemente fantastici!
Film che solo un regista come Bellocchio poteva rendere in tutta la sua drammatica crudezza.
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Sono andata a vedere il film di Roberto Andò La stranezza (2022) , su Pirandello, tanto decantato da tutti: ho abbandonato la sala dopo il primo tempo: tetro, oppressivo e claustrofobico nell’ambientazione e nei personaggi, per tacere della interpretazione eccessivamente teatrale di alcuni e l'assenza di una vera e propria trama.
Non ho capito perché a molti sia piaciuto.
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A molti davvero, visto che è in testa al botteghino dei film italiani. Non sono andato a vederlo finora solo perchè stavano uscendo i film di Cannes e Venezia. Ma dopo la tua recensione evito.