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Smokin' Aces
Un film di Joe Carnahan. Con Ben Affleck, Andy Garcia, Alicia Keys, Ray Liotta, Jeremy Piven, Ryan Reynolds, Peter Berg, Taraji P. Henson, Chris Pine, Martin Henderson, Jason Bateman. Genere Commedia/Poliziesca, colore 108 minuti. - Produzione Gran Bretagna, Francia, USA 2007.
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Trama: Buddy "Aces" Israel ha deciso di rinnegare la propria organizzazione malavitosa e di vuotare il sacco all'FBI. Viene messo sotto protezione in un albergo di lusso, in attesa che venga interrogato e sveli tutti i retroscena del potere dei suoi ex padrini, allietato da prostitute e trattamento principesco, ma la taglia di un milione di dollari che il boss Primo Sparazza ha messo su di lui scatena un numero elevato di pretendenti decisi a tutto pur di averla ...
Commento: Il regista Joe Carnahan (Narc, analisi di un delitto del 2002) inscena un carrozzone concentrico di situazioni roboanti radunando killer spietati ma altrettanto improbabili. L'idea del bottino da prendere radunando una quantità industriale di killer e spietati rappresentanti dell'underground malavitoso non è nuova (ricordiamo Pistole sporche con Christopher Lambert), e oltretutto volendo infarcire il film di chiacchere e discorsi paradossali bisogna avere una cifra stilistica ben diversa da quello dell'onesto Carnahan (qualcuno ha detto Tarantino ?). Il debolissimo plot di base, che permette di esagerare in ogni senso la misura di ogni scontro a fuoco o all'arma bianca o anticonvenionale (come quelle usate dai tre nazikiller fumati e fuori di cranio) viene arricchito ed elaborato in maniera decisamente poco interessante ed intelligente, accumulando cadaveri, belle donne assassine e togliendo di scena i protagonisti in una gara ad eliminazione che molte volte ha del grottesco e del surreale. La polizia qui è la carne da macello compressa tra le due fazioni, il comunicatore della lotta e la miccia per inscenare i duelli. Ben Affleck (vincitore della Coppa Volpi a Venezia per Hollywoodland) ci fa da narratore e anfitrione all'inizio del film presentando i vari gruppi che poi dopo esploderanno la loro voglia di fuoco, in modo da capire oltre agli stili di combattimento anche le varie inclinazioni di cattiveria e sadismo. Il film è un carosello ubriacante di botti, spari e distruzione plurima intervallato solo da ragionamenti poco lucidi e discorsi da esaltati, che usa l'albergo e sopratutto i suoi ascensori per poter alzare il tasso di adrenalina ai limiti massimi consentiti, infischiandosene a volte della logica (ci sono situazioni davvero paradossali, come quella del bambino esaltato del kung Fu e della nonna che accudisce un uomo privo di tre dita sanguinanti senza chiamare la polizia) e autocompiacendosi con trovate a dir poco folli e originali (la bocca di Affleck che parla con il paradiso). Un po' Guy Ritchie nella costruzione del film (The Snatch è sicuramente un ispiratore per gli sceneggiatori) e un po' Tony Scott nello stile registico (accellerazioni dell'immagine, fotografia sporca e botti a iosa), questo Smokin' Aces ha un cast di tutto rispetto (se non nel valore almeno nella fama degli attori), con il già citato Ben Aflleck, poi Ray Liotta (visto anche come produttore in Doppia ipotesi per un delitto) Andy Garcia (The lost City) e vediamo anche il debutto cinematografico della cantante soul Alicia Keys che fa la parte di una avvenente killer, recitando con naturalezza un ruolo dopotutto non certo variegato e difficile da interpretare. La palma di miglior interprete del film (e che ha la parte più difficile e variegata) va a Jeremy Piven (visto anche in Scary movie 3) che con i suoi sguardi allucinati, i suoi ticchi da maniaco depressivo influenzato da droghe, rende ottimamente un personaggio dubbioso, enigmatico e senza nessun confine per il proprio profitto. Come un illusionista (quello che Buddy Israel è nel film) ci fa vedere i lati di un carattere del tutto privo di morale e di umanità, nascondendo benissimo le vere ansie che lo regolano e che lo fanno poi crollare nel momento più importante. In definitiva un film che cerca di colpire di parola e di pistola, riuscendo però ad essere in fondo solo un innocuo roboante distruttivo giocattolone privo di vera fantasia e colorata inventiva, con una lunga spiegazione finale che non fa certo gridare al grande colpo di scena, diventando un buon passatempo distensivo per chi cerca emozioni rumorose e quintali di azione e spari di ogni tipo (catalogabile in fondo per il suo stile inverosimile verso la commedia noir più che il poliziesco) per sfuggire alla calura di luglio senza troppe pretese. Di fatto accumulando personaggi e proiettili senza una vera anima ma solo mettendo in bocca frasi esistenziali a killer fuori di testa, oppure visivamente affascinanti, non può uscire il prodotto innovativo ma solo l'imitatore.
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Fearless
Fearless
Un film di Ronny Yu. Con Jet Li, Nakamura Shidou, Sun Li, Dong Yong. Genere Azione, colore 104 minuti. - Produzione Hong Kong, USA, Cina 2006.
Film basato sulla storia del mitico Huo Yuanjia, maestro di arti marziali e fondatore della Jin Wu Sports Federation.
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Trama: la vita molto romanzata del maestro di arti marziali Huo Yuanjia, che nel 1910 per onore della Cina combattè un torneo contro 4 sfidanti di nazionalità diverse che andava ben oltre il semplice torneo ma aveva ben altri significati politici dietro ...
Commento: Jet-li dopo aver partecipato al sofisiticato Wuxia Heroes torna a una delle sue amate pellicole di arti marziali celebrando la vita di un eroe nazioanle cinese che combattè ai primi del 900 un torneo contro 4 diversi sfidanti in successione (tre europei e uno giapponese) e con diverse tecniche.
Con questa pellicola (diretta da Ronny Yu, regista di un capitolo, il quarto, di Chucky la bambola assassina e nel cross over tra Jason e Freddy) assistiamo a una storia di percorso di vita che, dopo un iniziale delirio di onnipotenza e di ansia della vendetta e del primeggiare, prende una brusca virata a seguito di una tragedia e diventa una sorta di contemplazione degli errori per essere una persona migliore e più dosata nelle emozioni senza mai scatenarne più alcuna negativa.
I combattimenti bellissimi con ogni tipo di arma (spade, lance e ogni accessorio altro possibile), coreografati benissimo dall'abile Yuen Woo Ping (suoi in questo settore La tigre e Il dragone e Matrix) sono il fulcro e l'ossatura su cui si regge il film, che ha una trama debolissima e decisamente scontata, sia nel momento della furia che in quello della riflessione (buone in questo le scene del respiro agreste e del contatto con nuove realtà), dove la recitazione di Jet Li risulta motivata (sicuramente ci teneva moltissimo ad interpretare il personaggio di un eroe storico cinese) ma decisamente blanda senza particolari inflessioni facciali che dopotutto non sono nel suo carnet e non gli vengono neppure richieste. Ci sono momenti di lettura psicologica più indotta che necessaria (come il ragionamento sulle foglie del tè e del suo gusto che è diverso anche se rimane uguale prodotto, dove tutti siamo uguali anche senza paticolare gusto, rinnegando il passato dove l'importante era essere superiori)
e certi personaggi come la nonna o la ragazza cieca del tutto banali, ma il film scorre bene anche perchè con le numerose scene d'azione presenti il ritmo si rialza quasi subito, e alla fin fine sia con l'essenza della vita presente nello spirito sia con la pura furia primitiva del prima la cosa scenicamente non cambia di nulla, si rimane nella filosofia delle botte quantunque. Jet-li nonostante la veneranda età per questo tipo di scene sopporta ancora bene l'impatto, anche se un montaggio furbo ma non invisibile rivela che alcune volte un aiuto non guasta mai.
In definitiva un film diretto agli appassionati del genere che ne trarranno un grande piacere, per tutti gli altri un film che rasenta la noia e l'indifferenza in quanto troppo relegato alle sue caratteristiche di base e ripetitivo, anche se ad onor del vero al buona ambientazione scenografica potrebbe dare un plusvalore apprezzabile.
Ronny Yu vuole anche imprimere un ritmo da Rocky ai combattimenti, con il pubblico che incita e declama (viene citata anche una frase dall'ultimo capitolo della saga "Questo non è un combattimento,ma un omicidio!" anche se la' la parola giusta era "esecuzione") e il percorso sempre più aspro (e in questo e nella raggiunta consapevolezza anche se per vie del tutto diverse il film si assomiglia) ma per gli occidentali l'argomento di un eroe cinese fondamentalmente a noi sconosciuto, non celebrato dalla Disney magari, fa fatica ad entrare nella nostra sfera di gusto nonostante la ricerca delle contaminazioni europee.
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Titolo: Crank
Nazionalità: UK, Usa, 2006
Regia: Mark Neveldine, Brian Taylor
Cast: Jason Statham, Amy Smart, Jose Pablo Smart Cantillo
Genere: thriller
Durata: 84'
Produzione: Lakeshore Entertainment, Lions Gate Films, Radical Media, Greenestreet Films
Distribuzione: 01 Distribution
al cinema dal 26 luglio 2007
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Trama: una potente droga cinese viene iniettata nel corpo di un killer a pagamento per vendicare una uccisione impropria di un potente boss. Il veleno entra in corpo velocemente e sarebbe assolutamente letale se non esistesse il fatto che se si mantiene l'adrenalina alta la sua azione si blocca. E quale modo migliore di mantenere questo status se non quello di vivere la vendetta tutta di corsa? Chi si ferma è perduto ...
Commento: ecco l'esempio perfetto di come non si fa un film, di qualunque genere e tipologie sia la sua lavorazione e indirizzo. Questo tipo di sottoprodotti ingloba in se solo la voglia di arrivare a una metratura decente e sindacale (manco ti accorgi che comincia e subito finisce, dura 84 minuti) senza cercare altro che il puro trascorrimento del periodo senza chiedersi il come e il perchè questo periodo debba passare. Partendo da un assunto base del tutto scialbo (l'avvelenamento e la successiva ricerca della controparte che ha iniettato la dose) si vuole stupire il pubblico con avvenimenti troppo grossi e assurdi per ogni trama che abbia almeno un rispetto di coerenza anche minima, assommando solo senza ricondurre a nulla. E così il malcapitato e imprudente spettatore che magari vuole vedere solo un semplice e onesto film d'azione scacciapensieri si trova a dover vedere lo statuario (in ogni senso, al di là della corpulenza fisica) Jason Statham (ha partecipato ai due Transporter, film anche lì esagerati ma almeno curiosi e con una ossatura di trama almeno minimamente decente, e soprattutto aveva una trama) correre per tutta la città ingerendo ogni tipo di bevanda energetica, sparando a pappagallini indifesi, copulando in strada con la fidanzata (una stordita e inverosimile Amy Smart che fa la parte dell'oca che non sapeva che il suo gran mandrillo era un killer ricercato nel settore) davanti a una folla urlante e acclamante di orientali che fa il tifo sfrenato, con rapporti orali eseguiti in macchina mentre sta scappando tra gli spari, con un altra scena in cui la sua ancella del sesso cerca preservativi e belletti mentre i killer si affrontano con pistole al silenziatore. Fino ad arrivare al devastante finale delirio punto iceberg di ogni assurdità. E vi assicuro che le scene non sense in un corollario di totale e colpevole mancanza di ogni rispetto per lo spettatore va ben oltre che le scene che vi ho descritto, tanto grosse (compresa la scena nel supermercato dove la macchina sale le scale mobili in maniera del tutto inusuale) quanto noiose, del tutto gratuite e che non muovono uno straccio di trama. L'incapace coppia di registi (scusati perchè all'esordio) Mark Neveldine e Bryan Taylor accellera tutto ai limiti massimi e oltre, esagera e scoppia pretendendo di essere originali propinando anche delle scritte sullo schermo per chiarire meglio allo spettatore alcune frasi e concetti base (di un film che non ne ha). Un autentico delirio visivo che si pregia anche del Google earth per indicare le zone in cui si svolge l'azione frenetica.
Evitando prodotti privi di ogni merito cinematografico come questi forse aiuterebbe anche a dedicarsi a veri film anche solo di intrattenimento ma almeno con un qi intellettivo di misura superiore a zero.
Prodotto neppure dai consigliare agli action fan tanto assurdo e privo di struttura, direi che si può chiudere questa recensione da parte di chi ha sprecato 80 minuti della sua vita con il consiglio di evitarlo con cura.
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Il mio ragazzo è un bastardo
Titolo originale: John Tucker Must Die
Regia: Betty Thomas
Sceneggiatura: Jeff Lowell
Fotografia: Anthony B. Richmond
Musiche: Richard Gibbs
Montaggio: Matt Friedman
Kate Brittany Snow
John Tucker Jesse Metcalfe
Heather Ashanti
Carrie Arielle Kebbel
Beth Sophia Bush
Anno: 2006
Nazione: Stati Uniti d'America
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 89'
Data uscita in Italia: 20 luglio 2007
Genere: commedia
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Trama: John Tucker è un ragazzo bello, atletico, ricco e che promette amore eterno ... a tutte le ragazze che incontra! E così tre sue deluse ex fidanzate che scoprono l'inganno decidono di coalizzarsi per eseguire una tremenda vendetta contro il traditore. Farlo innamorare della ragazza invisibile della scuola per poi colpirlo al cuore con un rifiuto. Ma Tucker sembra inattaccabile e ogni tentativo di fargli fare ogni tipo di figuraccia risulta solo un boomerang che lo innalza in più nella considerazione della scuola e degli altri alunni e soprattutto alunne. Comunque anche le donne hanno sempre delle risorse, perchè si viene a sapere che il gran belloccio ha un fratello ...
Commento: Dopo Means Girls (con Lindsay Loohan di qualche tempo fa, e tra l'altro dalla locandina quasi uguale a questo film ma senza protagonista maschile) ecco arrivare una nuova commedia dove ci sono delle ragazze in rivolta che fanno gruppo per un obbiettivo.
Costruita totalmente sull'innegabile fascino del divetto Jesse Metcalfe (riconducibile come notorietà alle prime due stagioni del serial televisivo Desperate Housewives, era il giovane giardiniere di cui si infatua e condivide il letto Eva Longoria/Gabrielle Solis), faccia da ragazzo per bene con un fisico scultoreo, questa commedia dagli intenti bonari e innocui non si discosta per nulla dagli stereotipi che contraddistinguono questo tipo di prodotti. Abbiamo il gruppo delle super groupies, la ragazza della porta accanto buona e innocente (con mamma BayWatch style ...) che tira fuori le unghie, il ragazzo calmo tranquillo e senza donne vero amico tenero, il ciccione petomane che ingerisce cibo in continuazione e l'ambiente del college tipico.
Bilanciato sapientemente tra desiderio di vendetta e di emancipazione, il film scorre tranquillo senza particolari scosse, in maniera simpatica anche se del tutto impersonale e fantasiosa, risultando gradevole ma con un gusto che rimane in bocca solo per il momento in cui il prodotto è nel nostro palato. Certo, di questi aridissimi tempi luglio/agostani non possiamo pretendere poi troppo d'altro, ma dobbiamo sempre e comunque scontrarci con il nostro desiderio di constatare che in un film qualunque che si indirizza onesto senza ingannare, ci sia almeno una piccola invenzione, un piccolo spigolo di carato e non solo i soliti fondi di bottiglia che troviamo in un qualunque zapping che facciamo annoiati in tv. Le commedie giovanili sono queste, hanno questi stretti campi di azione per non essere indigeste al pubblico teen che le può frequentare, ma dobbiamo riconoscere che rispetto ai beceri prodotti di commedie italiane con Scamarcio e company siamo a un livello decisamente migliore e almeno la cornice (ristoranti di lusso, college, barche e macchine) è ben costruita anche se il quadro è privo di tonalità sgargianti. La narrazione scelta dalla regista Betty Thomas (Dottor Dolittle del 1997) è stile Lizzie McGuire con la protagonista che annota la sua visione dei momenti salienti (che vediamo sullo schermo) con voce fuori campo, ribadendo e confermando l'assoluta blindatura di indirizzo, come nella scelta delle musiche rassicuranti e love sound. Entrare in sala significa stare al fresco, passare un centinaio di minuti simpatici, ma nel contempo anche innocui e del tutto prevedibili costruiti con semplice precisione da una cesellatrice ordinaria che riunisce placidamente dogmi scontati da manuale. Se vi basta, non uscirete certo delusi.
Il titolo italiano stravolge come al solito quello originale (John Tucker must die)
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L'UOMO MEDIO + MEDIO
Titolo Originale: COMME TOUT LE MONDE
Regia: Pierre-Paul Renders
Interpreti: Khalid Maadour, Caroline Dhavernas, Chantal Lauby, Gilbert Melki
Durata: h 1.30
Nazionalità: Belgio, Canada, Francia, Germania 2006
Genere: commedia
Al cinema dal 20 Luglio 2007
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Trama: Jalil, considerato l'uomo medio per eccellenza, viene usato come una sorta di cavia del gusto popolare da degli studiosi di marketing che lo osservano tutto il giorno di nascosto con delle microcamere. Jalil sceglie un tipo di cibo e quello viene messo in commercio, Jalil sceglie delle scarpe e quelle vengono messe in commercio e via dicendo. Si arriva addirittura a costruirgli una fidanzata ad hoc per poter avere il suo gusto rispetto agli oggetti prettamente femminili. Ma un giorno tutto questo potrebbe saltare perchè addirittura i suoi gusti che rappresentano l'uomo medio vorebbero essere usati per costruire la carriera presidenziale di un politico ...
Commento: questa nuova commedia francese diretta da Pierre-Paul Renders (suo l'interessante Thomas in love) esce dai canoni della commedia degli equivoci per entrare nella derivazione del film regolato stile Grande Fratello e con un antesignano molto famoso nella idea di base come The Truman Show. La vicenda di Jalil (Khalid Maadour, che ha fatto solo una parte in un film del 2005, Marock) si muove su binari decisamente (almeno nella parte iniziale) coinvolgenti, presentando un timido maestro di scuola infantile usato e manovrato a loro piacere da degli affaristi senza scrupoli, ma purtroppo dimostra un fiato tremendamente corto e che non riesce a svilupparsi bene per chiudere in maniera convincente l'arco narrativo.
Il film produce una vicenda decisamente becera in cui si viene manovrati (e la sensazione di poter essere nello stesso pericolo è decisamente brutta per noi spettatori portandoci al coinvolgimento che si diceva prima) per raggiungere degli obbiettivi, mostrando il pericolo di dimenticare le libertà di base dell'individuo e incanalando le sue scelte con un ventaglio di possibilià restrittive (addirittura influenzandone la psiche con la pubblicità che vede solo lui in tv), venando così la commedia in una sorta di amara riflessione. Anche il personaggio della fidanzata costruita non è affatto male (la interpreta l'affascinante Caroline Dhavernas che ha fatto recentemente The breach-l'infiltrato), ma dopo che il film vira verso una nuova direzione ogni fascino si sgonfia, ci sono discutibili scelte di sceneggiatura nel far diventare la vittima prima buona e indifesa (al limite della ingenua stupidità quasi stucchevole) una sorta di palinsesto vendicativo del passato, cercando di arrivare a una soluzione che non fosse scontata e poco credibile, ma purtroppo il bersaglio fallisce e ci troviamo nelle mani un film incompleto, che dopo un assunto di base ben mostrato anche visivamente (fenomenali i momenti iniziali e gli interludi con le percentuali scritte sullo schermo) porta il suo messaggio come una sorta di "ci abbiamo provato ma dopo l'idea di base non sapevamo come concludere".
Di fatto un opera monca, che ha troppe derivazioni ispiratorie da altri film e che pecca di mancanza di fantasia in troppi punti (le scene nell'albergo per ultraricchi sono stereotipi appesantenti e non arricchenti).
Non la cosa più brutta tra le tante cose brutte di questi tempi, peccato che con un pizzico di coraggio in più avrebbe potuto rendere il suo messaggio molto meno innocuo.
Da consigliare per spunto e non conclusione di riflessione dato che si ferma a metà, non cercate risate liberatorie perchè qui si ride amaro, andateci anche per evitare prodotti del tutto privo di qualsiasi merito che invece questa novella dell'uomo qualunque ma tanto importante quanto lui non lo sa, possiede.
Nel cast presente un simpatico caratterista delle commedie francese, che fa la parte del presidente possibile futuro privo di scrupoli, come Thierry Lhermitte (La cena dei cretini)
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Maial Zombie - Anche i morti lo fanno
(Die Nacht der lebenden Loser)
Un film di Mathias Dinter. Con Tino Mewes, Manuel Cortez, Thomas Schmieder, Collien Fernandes, Hendrik Borgmann, Nadine Germann. Genere Horror, colore 89 minuti. - Produzione Germania 2004.
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Trama: Tre ragazzi che non godono di nessuna considerazione dalle donne e non hanno successo alcuno nella scuola che frequentano, decidono di partecipare a un rito voodoo che dovrebbe rivelare il segreto di essere affascinanti con le donne. ma il rito ha degli effetti davvero diversi e i tre nerd diventano degli zombie molto particolari ...
Commento: arriva con tre anni di ritardo (per motivi di ripescaggio estivo per coprire la programmazione, altrimenti non lo avremmo manco visto) questo film dal titolo italiano demente oltre al solito (l'originale Die Nacht der lebenden Loser è qualcosa che significa all'incirca "la notte degli zombie perdenti"), commedia grottesca che sfrutta i temi tipici dei problemi da teen per virarla in chiave horror-satirica.
E la vera sorpresa sta che, in un film che dovrebbe essere dichiaratamente bruttissimo, qualche momento divertente e delle situazioni simpatiche sono presenti anche se in forma discontinua. la storia è semplicissima e richiama il molto più bello e riuscito (ma visto che è del 2004 come l'altro a questo punto la derivazione potrebbe esistere solo per noi spettatori) L'alba dei morti dementi (storpiatura italiota vergognosa dell'originale e bellissimo Shaun of the dead) , con il fatto che gli zombi sono una scusa e un viatico per far vivere situazioni apradossali ai protagonisti. Qui Mathias Dinter (opera unica) vira la motivazione del contagio con un rito voodoo fatto per conquistare le donne, e permea tutto il film dei classici topoi del film adolescenzial scolastico, filmando feste con ubriachi, inscenando i teatrini delle bellocce che non vanno con i perdenti e la solita sottotrama della brava ragazza della porta accanto di cui il protagonista non si accorge mai (e lei è sempre innamorata di lui). In mezzo a questo tipo di luoghi comuni ecco arrivare grotteschi pasti a base di carne umana e non, pinzatrici che servono per fissare peni cadenti decomposti e il fatto di essere zombizzati una sorta di superpoteri per vincere la condizione di eterni losers, tanto che qualcuno vorrebbe essere uno zombie per sempre in quanto solo così può trovare la vera condizione di gloria. Il (piccolo) pregio del film sta che queste variazioni (non supportate da musiche confortevoli tipiche delle teen comedy) sono godibili anche se qualche volta ripetitive, sostenute dagli effetti di arti staccati che non sono poi così dilettantescamente beceri. Il tirare l'elastico del grottesco a limiti massimi (come nel solito manipolo di giovani stregoni invasati che viene in possesso del libro del voodoo, venduto in ogni libreria!) oppure nel ripetere con piccole variazioni cose già fatte (come l'uso della pinzatrice) alla fine stanca e rende il tutto meno piacevole, ma alcune battute veramente divertenti risollevano il tutto dall'abisso della noia.
Rispetto alle normali commedie scontatissime di innamoramento e di rivincita degli zero assoluto scolastici, questo film (non citiamo ancora il titolo italiano da oscar dei razzies per rispetto e pudore) ha dalla sua una curiosa proposizione frizzante nell'ambito di una cristallina semplicità. Per cui se volete vedere una commediola per trascorrere del tempo senza impegnare troppo la mente, lasciate perdere gli specchietti per allodole con belloni o bellone e privilegiate questo divertente filmino tedesco ripescato. Non ci devono essere particolari pretese, ma in questo caso neppure totale accondiscendenza verso la pellicola per non rimpiangere i soldi del biglietto. E facciamo una petizione per proteggere i titoli dei film originali.
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blood diamond
COHOBA: Blood Diamond - Recensione
recensione personalissima... sono pronto a confrontarmi e a ricevere critiche a riguardo
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Sweet Sweet Marja
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Titolo Originale: SWEET SWEET MARJA
Regia: Angelo Frezza
Interpreti: Maria Grazia Cucinotta, Adolfo Margiotta, Corrado Calda, Pietro Sermonti, Joanna Moskwa
Durata: h 1.36
Nazionalità: Italia 2007
Genere: commedia
Al cinema dal 27 Luglio 2007
Trama : Corrado per cercare di realizzare una importante vendita immobiliare deve improvvisare una cena d'affari con dei personaggi alquanto loschi osteggiato dalla moglie. Il problema è che nello sformato tanto apprezzato dai commensali c'è un ingrediente imprevisto e che può portare a delle reazioni imprevedibili ...
Commento: in debito di ossigeno a 360 gradi il cinema italiano cerca di copiare alcuni topoi del cinema humour inglese che prevedono il lasciarsi andare a cene e ritrovi per via di qualche imprevedibile motivo (il pensiero a L'erba di grace va subito e alla mega cena del re dei ritrovi disastro che è quel capolavoro demenzial umoristico che è Hollywood Party), scatenando nei personaggi le accelerazioni delle emozioni e delle azioni che probabilmente non si sarebbero viste senza un piccolo aiuto.
Questo film di Angelo Frezza (opera prima, sceneggiatura da un suo cortometraggio intolato"La piantina") non sfugge purtroppo alla regola becera di riempire di macchiette inconsistenti tutta la metratura, che si muovono inconstanti e anonime seguendo stili e concetti abusati da tempo. Intervallati dai commenti/inserto post evento (è una sorta di lungo flash back tutto il film ) di Corrado (Corrado Calda) opportunatamente vestito stile contestatore anarchico (diversamente dal resto del film dove è un attempato yuppie in crisi con i conti e la moglie) assistiamo alla minimale trama dove lo sviluppo è affidato alle recitazioni da cabaret di attori che non hanno vera identità e che esagerano smofie e mossette per nascondere una palese mancanza di consistenza del personaggio (in questo, Adolfo Margiotta nella parte del conte nemico dei vigili e coperto di multe è un perfetto esempio, anche se una innocua simpatia di fondo non gliela si può negare). E mentre i minuti passano i vicini mostrano i loro tic e i loro veri strampalati sogni (e non capiamo bene la battuta su Superquark se casuale con lui che si addormenta davanti alla tv), il togatissimo burocrate si rivela un amante dell'eccesso che odia il suo lavoro incensato solo a parole, la moglie stanca e depressa di bella presenza (la Cucinotta, dalla camicetta aperta sin dalla prima scena) rivela grazie all'aiuto di Maria (quale vera maria sia la potete ben capire...) mostra le sue vere attitudini, il vigilantes è duro solo di facciata, l'oca spendaccione bellona è un oca spendacciona bellona, il conte ricco/fedifrago, con moglie grassona perennemente sul divano che vuole i suoi soldi e basta, vuole una libertà ben diversa dal possesso tanto dichiarato a voce.
Una commedia quindi di falsità che si nascondono (come quella che dovrebbe essere la sorpresona finale), che poteva essere se non interessante almeno simpatica, che però è strutturata malissimo con scenette praticamente a comparti blindati tra loro per arrivare alla scena finale dove lo sformato galeotto apre le emozioni sopite.
Frezza lima ogni possibile taglio di vera fantasia al film, restando ancorato a un prodotto facile da assorbire mentalmente ma soporifero come pochi, che si mischia ai film di Vanzina di un tempo (la tipologia dei personaggi ricorda Via Montenapoleone) perdendo ogni taglio autoriale che un prodotto indipendente poteva avere libero da pastoie produttive totali, non seguendo minimamente la lezione di un Virzì che è accostabile nelle sue tematiche e ritmi produttivi iniziali di un plot che poteva (e non lo ha fatto minimamente) essere omaggiante e costruttivo elaborando un tema di attualità. Tema che ha cercato lo scandalo con il discorso odierno sulle droghe leggere e che invece non sviluppa assolutamente nulla di attinente ma serve solo come placida banale scusa per lo spogliarello (castigatissimo, banalissimo nelle inquadrature e per nulla sensuale) della Cucinotta (inespressiva come nei suoi standard) sul tavolo della cena.
La polemica sulle droghe leggere è stata scatenata ad arte solo per cercare di veicolare il film, perchè al suo interno non troviamo veramente nesusn approfondimento.
Canzone originale Sweet sweet Marja ripetuta fino allo sfinimento, trama inesistente, personaggi antipatici che vogliono essere nostri amici a tutti i costi (salviamo come detto solo Margiotta nel suo proporsi tutto smorfie e tic) sono il corredo poverissimo di un film da evitare a tutti i costi che di buono ha solo la parola fine. Se volete forse digerirlo meglio dovete essere anche voi come i protagonisti in compagnia di Maria, ma crediamo sia meglio evitare di assumere sostanze potenzialmente nocive per un film che alla fine è un viaggio del tutto inutile.
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Material Girls
Un film di Martha Coolidge. Con Hilary Duff, Haylie Duff, Anjelica Huston, Brent Spiner, Lukas Haas, Joanne Baron, Natalie Lander, Colleen Camp, Beckie King. Genere Commedia, colore 97 minuti. - Produzione USA 2006.
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Trama : :lol: :lol: muahahahahhhhhh!!!! ... due ricche ereditiere stupidotte e con l'unico pensiero di che scarpe mettere cadono in disgrazia...si risolleveranno dalla terribile (muaghahahaha :lol: :lol: ) situazione??? (ndr : non quanto noi spettatori di questo film)
Commento: prendendo a due mani il coraggio inizio a commentare questo orrido, stupido inconsistente film cercando di essere solidale con coloro che con l'idea di vedere una commedia almeno frizzante figlia di Sex and the City si recano in sala. Un film a dir poco disgustoso, recitato malissimo (certo che se le Duff possono fare un film vado ad iscrivere anche il mio criceto alle selezioni) e diretto seduta sul gabinetto anzichè sulla poltroncina del regista da una Martha Coolidge che qualche puntata di Sex and the City aveva pure fatto e diretto anche due mostri sacri come matthau e lemon ne "Gli impenitenti". Un film disastro a cervello zero che non si solleva neppure per un secondo, cosparso di scemenze tanto orripilanti da risultare scritte pensando che in fondo in bocca alle Duff battute tanto idiote sono articolate ed idonee. Duff che (patrocinate da Madonna che cede il titolo della sua canzone, senza la s, che si ode all'inizio del film sulle immagini di coloro che renderanno inutili 100 minuti della nostra vita) si agitano come oche sulla scena usando in quanto povere vestiti smessi di firma che miracolosamente calzano ancora benissimo.
Vedrete cose che voi esseri umani non avreste mai osato immaginare con Anjelica Huston che partecipando (seppur brevemente nella parte di una cattiva ma non troppo) distrugge in un colpo solo la stima che aveva conquistato (era così importante per lei questo cachet?), Brent Spiner, il Data di Star Trek muoversi come un ciborg imbambolato privo di comandi (e di conduzione) e tutto un insieme di personaggi malcaratterizzati e stereotipati come l'amico gay amante di moda, la tata premurosa che in ricordo delle sue piccine le aiuta e sciocchezze simili.
Il tutto con commenti su vestitini frivolini e luccicanti indegni delle peggiori teen commedie. La trama che si basa sullo sfarzo perso ha un ritorno alla stabilità di cui proprio non ci si accorge, prendendo per il sedere e ancor peggio offendendo lo spettatore che si ritrova a seguire una vicenda che non parte neppure (ne bene ne male, proprio non parte). Di fronte a tale film capiamo come mai Alvaro Vitali ha ora dei film considerati trash-cult, e se si producono queste cose qualunque film delle comunioni o delle cresime potrebbe finire in sala.
Un film che più che da evitare con cura sarebbe da evitare da proiettare chiedendo che venga fatto un favore alla intelligenza delle persone per non offenderle. Se qualche ultrafan delle Duff se lo potrà godere possiamo solo dire contento lui, in fondo la vita non è un film, o almeno per fortuna che non è sicuramente questo.
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Havoc-fuori controllo
Titolo Originale: HAVOC
Regia: Barbara Kopple
Interpreti: Anne Hathaway, Bijou Phillips, Shiri Appleby, Michael Biehn, Joseph Gordon-Levitt
Durata: h 1.25
Nazionalità: USA , Germania 2005
Genere: drammatico
Al cinema da 3 Agosto 2007
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Trama: Allison è una ragazza avvenente della alta borghesia che ha dei disagi dovuti alla noia e insoddisfazione e tra una fumata di crack e l'altra frequenta una gang di balordi comandata dal suo ragazzo. Una scorreria ribalda per cercare droga, effettuata una notte nella Downtown, porta lei e tre sue amiche nella comunità ispanica, che può risultare decisamente pericolosa in quanto vengono prese dal fascino della loro organizzazione e del loro capo, anche se il rito di iniziazione è decisamente particolare ...
Commento: nelle settimane di agosto i recuperi di film di anni recenti passati possono risultare decisamente indigesti in quanto di valore praticamente nullo, usati solo per colmare la programmazione carente, ma in questo caso finalmente possiamo parlare di una eccezione che conferma la regola. Questo Havoc (a cui i distributori hanno aggiunto per maggior enfasi un sottotitolo che recita"fuoricontrollo") è decisamente un buon film, con i suoi odori marci della metropoli oscura (la Downtown) che si sentono ben marcati, le sue ragazze incoscenti belle ed estreme, i ritratti di piccoli boss ispanici (Freddy Rodriguez, visto anche recentemente in Harsh Time di recente produzione, ormai in certe parti si cala benissimo nonostante il suo fisico minuto) che tengono bene la narrazione di un plot di base filiforme con stile anche se non taglio documentarista. La regista Barbara Kopple d'altronde regista di documentari lo è veramente, e non ha mancato di cercare il ritratto dei personaggi immettendoli nelle loro realtà suburbane e della high class, connubio lontano ma affascinante con perfette correlazioni di unione.
Di fatto il viaggio delle due ragazze fondamentalmente annoiate (come detto chiaramente nel documentario girato dallo studente, film nel film che omaggia professione e passione dell'autrice) è perfettamente veicolato senza accelerazioni brusche, con il primo incontro con gli spacciatori eseguito timidamente con i bulli della loro gang (che poi risultano essere pavidi e inconsistenti), per proseguire dopo la delusione con un viaggio personale verso l'incontro e la realtà che risulta essere diversa da come loro se la aspettano, del tutto priva di romanticismo e di sole accettazioni dell'essere usate senza scelte se non quelle stabilite dalla gang, dove diversamente che nella gang giovanile non sono le donne dei teencapi ma le donne di tutti. Davvero sporca l'ambientazione, come priva di formalismi e di sorrisi (grandiosa la battuta nel viaggio delle 4 ragazze verso la downtown, una sorta di Sex and the City verso il marcio, che recita"che cosa hai da sorridere?", gesto distensivo davvero impossibile in un simile putrescente contesto) è tutta la metratura, che non risparmia il mostrare l'ipocrisia dei genitori della ribelle Ellie sia quella dei genitori dell'amica protagonista del fatto cardine della sceneggiatura, dove le colpe vengono scaricate in modo comodo e disonesto.
Un film robusto, per nulla accondiscendente che permea se stesso di oscuro in ogni sua parte senza paura di mostrarsi a 360 gradi, come la splendida protagonista femminile che esegue rapporti orali (nascosti alla vista), spogliarelli decisamente erotici e mostra il suo seno in maniera conturbante. Anne Hathaway l'abbiamo già vista nel Diavolo veste Prada dove faceva la segretaria stressata e rampante di Meryl Streep, e in questo film precedente (è del 2005) ha mostrato la sua voglia eversiva di esplodere a qualunque costo. Davvero una bella perfomance tutta esagerazione la sua, conforme a quella del personaggio che scopre di aver sorpassato limiti da cui è difficile retrocedere.
In parte di contorno abbiamo Michael Biehn (interprete anti Swarzy di Terminator e di Aliens), mentre Bijou Phillips (vista anche in Hostel 2) è l'amica incosciente che non teme di passare il confine grazie all'aiuto di colei che propone la nuova strada e di cui si fida ciecamente. In definitiva un film davvero interessante, che non ha una trama robustissima per i suoi intenti di viaggio-documentario nel mondo sporco dei piccoli boss e dei sobborghi, con una protagonista sorprendente e che ha un finale particolare e che fa in modo di controllare quanto noi abbiamo imparato dai suoi insegnamenti lasciando molto aperta l'interpretazione.
Vietato ai minori di 18 anni per scene di sesso spinte (ma non esplicite) in alcune scene e per l'atmosfera decisamente oscura e disturbante.
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The Protector - La legge del Muay Thai
(Tom yum goong)
Un film di Prachya Pinkaew. Con Tony Jaa, Petchtai Wongkamlao, Bongkoj Khongmalai, Xing Jing, Lateef Crowder, Damian De Montemas, Amonphan Gongtragan, Nutdanai Kong. Genere Azione, colore 109 minuti. - Produzione Thailandia 2005.
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Trama: due elefanti sacri vengono (misteriosamente e apaprentemente senza perchè) rubati, ma i ladri non hanno fatto i conti con il loro protettore, un esperto di arti marziali di poche parole che è velocissimo con gambe e braccia. E che non esiterà ad andare fino in Australia dalla Thailandia per riprendersi gli amati animali ...
Commento: emule dei primi film di Swarzenegger che non parlava mai e picchiava molto (e qualcuno quando iniziò a parlare disse anche che faceva bene a stare zitto...) Tony Jaa (discendente cinematografico delle gesta di Jet-Li e Jackie-Chan) riporta il personaggio di Kham (protagonista del primo capitolo, cioè il divertente Ong-Bak) sul grande schermo in una sorta di rutilante carrozzone di botte e pugni con una trama a dir poco inesistente.
Il film si sviluppa, dopo le ovvie scene iniziali in cui capiamo il perchè dell'amore di Kham per i due elefanti, in una sarabanda di botte senza fine condite da alcuni inseguimenti del tutto paradossali. Come nel primo episodio dove dei lambrettoni risciò venivano mostrati (e distrutti), in questo ci sono delle moto (anche a quattro ruote) che cercano di porre fine alla vita dell'intrepido silenzioso eroe (dice praticamente poche frasi, di cui una ripetuta "Ridatemi i miei elefanti!"). Incontri e scontri con personaggi macchietta, mucchi di nemici sconfitti e lasciati per terra accatastati (altro che gli 88 folli di Kill Bill, tra l'altro Tarantino è un garante del film che ne recita il presenta sul cartellone), una nemica finale vestita di lattex e dotata di frusta, botte da orbi nelle maniere più diverse (presenti le radiografie per far vedere le rotture di arti introdotte da "Romeo must Die" di qualche anno fa), compongono, unicamente e senza variazione di trama, questo film di arti marziali ai limiti massimi. A dire il vero ci sarebbe anche una specie di sottotrama/variazione con le disavventure di un poliziotto thailandese e di un boss ucciso, ma è talmente minimale da non vedersi neppure in mezzo a tanta furia accecata dal desiderio di colpire con forza a tutti i costi anche mentre si beve il thè.
Il regista si permette anche di creare una sezione videogioco (stile Tekken) con una stanza che fa da arena tridimensionale per i combattimenti di varia natura (Kham ha contro anche il gigante pugile visto nell'inizio di Troy e nel recente Fearless), presentando lottatori di ogni tipo, compreso quello esperto di Capoeira (emule del personaggio di Eddie nel videogioco citato sopra) e quello armato di spada. Un film che ai non appassionati di arti marziali risulterà indigeribile, penalizzato da una stanchezza e ripetitività allucinante (compresa la piccola parte in grezza computer graphic di racconto dell'origine del potere degli elefanti) e da dei dialoghi simil dementi, oltretutto le scene di combattimento sono ben coreografate ma hanno un montaggio pessimo che ne abbassa la qualità del lavoro fatto in organizzazione delle scene.
Un film da consigliare per una serata da cervello in mode off, che non necessita della visione del primo (che era meglio) ma che per il gusto personale di chi sta scrivendo e per un valore cinematografico indubbiamente poverissimo in tutti i comparti (se non, come detto, per le coreografie dei combattimenti) rasenta solo la necessità di evitarlo con cura a meno che non si ami alla follia il genere.
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AMICINEMICI - LE AVVENTURE DI GAV E MEI
Titolo Originale: ARASHI NO YORU NI
Regia: Gisaburo Sugii
Interpreti: -
Durata: h 1.50
Nazionalità: Giappone 2005
Genere: animazione
Al cinema dal 10 Agosto 2007
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Trama: la capretta Mei perde la mamma durante un agguato compiuto dai nemici naturali del luogo, i lupi. Tempo dopo causa un terribile temporale si rifugia nel buio più completo e senza olfatto con un lupo in un casolare. I due conversano tranquillamente (non capendo chi sono realmente) aspettando la fine della tempesta e si giurano amicizia e di ritrovarsi il giorno dopo con una parola d'ordine precisa. Nonostante che poi scoprano la loro vera identità la cosa non cambia la loro intenzione di rimanere amici per sempre. Ma il branco di lupi e il gregge di capre a cui appartengono non vedono proprio di buon occhio la cosa ...
Osservazioni: ecco che esce ripescato per il periodo agostano questo film giapponese del 2005 tratto dalla novella "In una notte di temporale" che fa parte di un ciclo di racconti. E, dobbiamo dirlo, è un bel recupero. Animato in maniera del tutto anticonvenzionale per questo periodo di computer graphics estrema, questo delicato racconto che vede protagonisti la capretta Mei e il lupo Gav si snoda durante il suo percorso (di 110 minuti, leggermente più lungo della norma dei film animati) preciso e senza sbavature, raccontandoci le difficoltà che si trovano perchè un amicizia così diversa dal solito possa reggere. Certo, il tema è già stato affrontato in passato in pellicole come Red&Toby (anche lui recita NemiciAmici in italiano), ma bisogna dire che qui viene fatto in maniera diversa, proponendo la cosa non come se fosse un ingenuo disincanto fuori dal mondo, ma con una precisa presa di posizione, subito dall'inizio, sapendo benissimo che avranno contro una marea di avversari di ogni tipo (oltre ai gruppi di appartenenza bisogna tener conto dell'istinto da predatore di Gav) e difficoltà più tipiche degli amanti che degli amici.
Abbiamo così presenti sia il lato primordiale della cosa (il cibarsi e l'istinto della caccia) che il valore della preservazione del gruppo lasciando integro il comparto etnico (i capi pensano sia pericolosa per ambo le parti una cosa simile), ben miscelati tra loro dove gli unici che avvertono l'importanza della cosa a livello sentimentale sono i due protagonisti e non il resto del mondo. Privo di qualunque presenza fisica umana (luogo di soli animali) ma pieno di paragoni con opere che trattano di rapporti umani parametrandole, il film con le loro peripezie ci porta alla mente una sorta di inquietante quadro dove tutti lavorano per distruggere e chiudersi a riccio anzichè concepire nuovi orizzonti di convivenza. Un film commovente, dolce e tenero (portatevi i fazzoletti di scorta!) che nel contempo, come i suoi protagonisti, non abbandona mai la coscienza che quello che stanno costruendo Gav & Mei è un valore da puntellare e imprimere con uno scalpello e non come diritto acquisito quale dovrebbe essere. L'animazione è molto valida, nella sua semplicità solo apparente i colori pastello sono spalmati sullo schermo quasi come delle macchie e non delle zone specifiche contornate e ben definite nella massa, i fondali ottimi e il movimento dei personaggi segue lo stile perfettamente senza dover brillare in tecnica per raggiungere il risultato prefissato che è di taglio voluto e non di bassa tecnica per gli standard troppo freddi di oggi dovuti al massiccio lavoro del computer. l'inizio, con quel temporale che squarcia il buio a intervalli più o meno regolari è grandioso. Un film che per come si propone dal cartellone risulterà banale ad una occhiata superflua, per il tema troppo tenero e semplice, (oltretutto da noi con uno stile di animazione lontano da quello occidentale), al quale i bambini piccoli si affezioneranno e gli adulti, accompagnatori o meno, si commuoveranno coinvolti da questa storia tanto pregna di una amicizia impossibile.
Il doppiaggio italiano risulta più che buono.
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El Rey - Negli anni '70 la cocaina aveva un solo Re
TITOLO ORIGINALE
El Rey
NAZIONE
Colombia / Francia / Spagna
GENERE
Azione, Drammatico, Poliziesco
DURATA
93 min. (colore)
DATA DI USCITA
10 Agosto 2007
REGIA
José Antonio Dorado
SCENEGGIATURA
José Antonio Dorado
PROTAGONISTI
Fernando Solórzano
Cristina Umaña
Marlon Moreno
Olivier Pages
Vanessa Simon
Raúl Aranda
Diego Vélez
Elkin Díaz
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Trama: alla fine degli anni 60 un piccolo boss di quartiere, Pedro Rey, decide di instaurare un traffico di cocaina in grande stile verso gli Usa, spalleggiato dalle istituzioni e aiutato da alcuni amici. Ma con l'arrivo
di un fiume di soldi che non si sa ben gestire, complice anche il troppo desiderio di belle donne, il novello piccolo cesare deve guardarsi davvero da ogni persona che gli sta vicino ...
Commento: Un altro recupero (il film è del 2005) per rimpolpare la programmazione agostana, che testimonia come a furia di continuare così, prendendo a casaccio film che la filiera distributiva aveva trascurato alla loro uscita, si spera che piuttosto i cinema rimangano chiusi per queste settimane di inizio agosto. Questo El rey, di fatto è una similversione povera, priva di qualunque novità e assolutamente anonima del grande film di De Palma "Scarface" con Al Pacino (rifacimento dell'altro film-capolavoro di Howard hawks con Paul Muni del 1932) e dei film di gangster che sgomitano per arricchirsi senza curarsi del come e di chi devono scalzare.
Di fatto, ovviamente, un qualunque signor nessuno come José Antonio Dorado (El rey è per ora il suo unico lavoro) non ha nemmeno un lontano paragone con questi illustri progenitori e ispiratori, e riunendo un gruppo di perfetti sconosciuti confeziona un film esilissimo, dalla trama quanto mai noiosa e dai colpi di scena telefonati con un narratore fuori campo che ogni tanto viene a spiegarci l'ovvio. Vediamo quindi la presentazione di amici che saranno poi nemici una volta che Pedro diventa il boss che ha sempre sognato di essere, belle donne che gli cadono ai piedi solo per convenienza (il personaggio istituzionale corrotto è di fatto una splendida donna, quanto affascinante quanto poco credibile) e la (bella) moglie con prole piena di dubbi ed angosce nel vedere il distacco progressivo tra lei e il compagno ormai preso dai deliri di onnipotenza. Sembra che l'unica cosa di cui si sia curato il regista sia di mostrare qualche vestito delle signore quanto mai elegante, e l'uso di alcuni locali per testimoniare lo sfarzo raggiunto. Un lavoro privo di montaggio adeguato che dovrebbe con questo imprimere il giusto ritmo, con attori sotto gli standard di sufficenza e un finale che cerca di essere geniale e invece è del tutto patetico, rinnegando la gloria e la catarsi dell'addio al boss rampante (e non vi ho tolto nulla a livello di sorpresa, il narratore dice subito all'inizio del film che il Piccolo Cesare della cocaina morirà e queste sono le sue cronache dall'inizio carriera a quelle funebri) per una conclusione di assoluta anonima meccanica. Pomposamente presentato con lo strillone"prima di Pablo escobar c'era Pedro Rey" abbiamo alla fine solo l'ennesimo sottoprodotto che se fosse rimasto dov'era nessuno ne avrebbe sentito la mancanza, dandoci ancora di più la convinzione che rimpolpare senza qualità serve solo a far perdere soldi e tempo ai fruitori di cinema e probabilmente ai gestori delle sale non serve assolutamente a nulla in quanto sono comunque prodotti a tasso di richiamo pari a zero.
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Stick it
Un film di Jessica Bendinger. Con Jeff Bridges, Missy Peregrym, Vanessa Lengies, Nikki SooHoo, Maddy Curley, Kellan Lutz. Genere Commedia, colore 105 minuti. - Produzione USA 2006.
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Trama: Haley Graham (soprannominata Cracker dagli amici) è una diciasettenne di gran talento fisico che ha rinnegato il mondo della ginnastica per una vita all'insegna del pericolo e della vita balorda per dedicarsi a evoluzioni spericolate sulla mountain-bike causando danni di vario tipo. Dopo l'ennesima bravata in una villa il giudice la costringe a ritornare alla ginnastica artistica professionistica assegnandola alla severa VGA dell'ex campione Burt Vickerman ...
Commento: Problemi e insoddisfazione giovanile alla base di questo film diretto dalla regista Jessica Bendinger (sceneggiatrice di Aquamarine e opera prima alla regia), che fa della ricerca dello spirito di squadra il suo motto e la sua filosofia per raggiungere gli obbiettivi e combattere le ingiustizie di una società miope e regolata da dogmi assurdi. Partendo da questo assunto vediamo come la giovane Haley (interpretata da una muscolare e quanto mai agile Missy Peregrym, vista sopratutto in serie televisive di vario tipo, da Smalville al recente Heroes) riesce grazie al suo carattere eversivo a incunearsi in un ambiente che gli si fa subito contro come un muro, a proporre e far accettare i suoi concetti di libertà (simbolizzati dal gesto delle dita messe a corna che si vedono anche nel manifesto) fino ad arrivare alla catarsi finale e al momento del pieno riscatto con i giudici della ginnastica artistica messi alla gogna per la loro ottusa retrograda mentalità. Potrebbe anche sembrare un plot decente come partenza, con uno sviluppo pieno di scontri di mentalità e di utilizzo dello sport più elegante che ci sia per colpire di spada le convinzioni di un mondo che deve anche adeguarsi al di là dei voti per dare maggior respiro alla personalità (e se vedete i terribili allenamenti e privazioni a cui sono sottoposti i piccoli atleti cinesi per prepararsi alle prossime Olimpiadi di Pechino di materiale per approfondire c'è ne è parecchio). Invece la regista si concentra a confezionare un film scialbo, girato con gli stili di una teen comedy e pieno dei soliti luoghi comuni, con la ribelle che ha sempre ragione e la società che la ignora oppure quando la considera la osteggia, con gli amici sempliciotti dal cuore d'oro, le mamme premurose fashion che vogliono le figlie sul tetto del mondo, il maestro severo ma comprensivo vecchia gloria del passato inviso alle autorità del settore (interpretato da un Jeff Bridges incartapecorito come non mai) e le compagne vanesie oppure adoranti, quasi che la competizione sia più una sfilata di moda che un vero inno alla forgiatura del carattere e della gloria attraverso la giusta fatica. Battute al limite del possibile davvero inascoltabili, situazioni a dir poco inesaurienti (la nemica oca poi diventa la migliore di tutti e tanto altro di similaria) che ci portano al finale del volemose bene e della concordia che cancella macchie del passato e torti nella maniera più banale possibile. Il film parte abbastanza bene, buoni i titoli disegnati di apertura e il numero iniziale in bicicletta e skate (a parte il continuo uso dell'accelerazioni delle immagini che infastidisce), ma quando sentiamo il giudice che costringe la protagonista a partecipare alla scuola di ginnastica anzichè al campo dei marines, come da lei richiesto, in quanto più punitivo, storciamo presto il naso.
Gli amanti della ginnastica artistica lo adoreranno perchè sono presenti dei buoni numeri coreografici e alcune figure di corpo libero davvero ben eseguiti, gli altri cerchino una commedia meno pretenziosa ma almeno onesta e che ha degli obbiettivi ben delineati e non delle inutili basi di racconto che vorrebbero nobilitarla senza che si faccia nulla per dargli forza e potenza per renderla veramente interessante, quasi che fosse il Fast and Furios del movimento del corpo privo di qualunque benzina, o meglio del carburante speciale che fa la differenza, e il continuo richiamo a spingere sulla tavoletta che fa il paterno maestro proprio non lo cogliamo nel film.