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Sono qua. Domani credo di andare a vedere il film della Cortellesi, ben recensito ovunque anche se il trailer non mi ha convinto del tutto. Non ho ancora visto il film di Scorsese e neppure quello di Besson perchè non voglio vederli doppiati e neppure con i sottotitoli in italiano perchè alla fine vengo distratto proprio dai sottotitoli. Quindi aspetto che escano in inglese e se sono complicati ci infilo i sottotitoli in inglese. The Palace di Polanski non sono andato a vederlo perchè recensito male da tutti. Dovrebbe uscire a giorni anche il film che ha vinto a Cannes e all'inizio di novembre Comandante con Favino.
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Gran film di Mazzacurati ieri sera su Rai movie: La giusta distanza. Un giovane giornalista non riesce a mantenere un atteggiamento professionale quando una maestra di paese di cui è infatuato viene uccisa e cerca di riparare ad un errore giudiziario causato dal razzismo di un paesucolo veneto. La protagonista Valentina Lodovini recita alla grandissima!
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Originariamente Scritto da
Barrett
"Io capitano" (2023) di Matteo Garrone
A Venezia due giorni fa e subito in sala, una rarità per i film presentati ai festival, solitamente ci vogliono mesi. Tra l'altro al prezzo di euro 3,50, grazie a un sostegno statale sino a metà settembre per i film europei. Due ragazzi senegalesi vogliono raggiungere l'Europa per migliorare la loro condizione economica senza sapere quali peripezie saranno costretti ad affrontare per raggiungere l'Italia. Qui da noi si parla solo di scafisti senza scrupoli, ma dal Senegal alla Libia, dove ci si imbarca, si incontrano vari intermediari pronti a spillare dollari ai due ragazzi e al gruppo che li accompagna senza i quali si finisce in prigione. Ottima la regia di Garrone, che deve far fronte anche con l'ingenua interpretazione di attori improvvisati. Bellissima la parte centrale, con l'attraversamento del deserto nella quale il regista da prova di tutta la sua creatività. Difficile pensare che esca a mani vuote dal Lido.
Io capitano ***
Non volevo andare a vedere questo film: un altro sull’immigrazione? Non mi bastano le diatribe politiche in merito, la rotta balcanica, gli immigrati che stazionano dappertutto, il pattugliamento dei confini, i documentari che ho visto?
Alla fine gli amici mi hanno convinta.
Meno male, altrimenti mi sarei persa un gioiello.
Basato su due storie vere, narrato senza pietismo e senza voler denunciare chicchessia, con toni che sublimano le atrocità con l’onirico e la favola, il film mi ha commossa come rarissimamente mi succede (in effetti le chiacchiere del dopo-cinema mi hanno quasi infastidita, presa com’ero ancora dalle forti emozioni che l’opera mi ha suscitato).
Il (neo?) realismo magico di Garrone affascina, non polemizza, mostra solo con l’evidenza e la forza e la bellezza delle immagini ciò che crediamo di conoscere.
Io gli darei cinque stelle.
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Ti dico perchè non gliene ho dato almeno quattro. Perchè la storia non è così originale, la recitazione dei due ragazzi soprattutto all'inizio zoppica, viene rappresentato il Senegal come un paradiso.
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“C’è ancora un domani” (2023) di Paola Cortellesi
Immediato dopoguerra. La dura giornata di Delia comincia sin dal primo mattino quando deve respingere le pesanti angherie del marito e continua nelle ore successive tra casa, famiglia e piccoli lavoretti necessari per far quadrare i conti. Il film è stato presentato alla festa del cinema di Roma, dove da quest'anno c'è il concorso, e permette alla Cortellesi di mettere in pratica tutto il suo bagaglio artistico e il suo talento. Ad esempio, pur essendo una pellicola neorealista risulta meno drammatica dei vecchi capolavori, semmai naif, spesso sconfinante nella commedia, a volte efficacemente, con battute davvero esilaranti, altre volte meno, dove la banalità e lo scontato risaltano. Ancora, in alcune sequenze irrompe senza preavviso un accenno di musical (Woody Allen) e i brani scelti per narrare la pellicola sono stati scelti per il loro contenuto, anche se sono di un’epoca successiva rispetto al periodo in cui è ambientato il film. A volte soprattutto nella prima parte, la regia tende a sovraccaricare le sequenze con riprese effettuate da più posizioni (Scorsese), ma in definitiva, soprattutto per un montaggio non perfetto risultano come se fossero appiccicate. Però due scene personalmente mi sono rimaste impresse positivamente. Il pranzo di fidanzamento della figlia della protagonista, un piccolo capolavoro e l'inaspettato finale che rappresenta il superamento di un confine grazie al quale fu determinato un riscatto sociale, anche se purtroppo non ancora oggi completato.
C’è ancora un domani ***
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Originariamente Scritto da
Barrett
Ti dico perchè non gliene ho dato almeno quattro. Perchè la storia non è così originale, la recitazione dei due ragazzi soprattutto all'inizio zoppica, viene rappresentato il Senegal come un paradiso.
Credo che le storie di immigrati, specie dall’Africa, non possano discostarsi molto dai percorsi obbligati.
Io non avevo notato che la recitazione fosse immatura, anche se ho sempre tenuto presente che non si trattasse di due attori provetti.
Personalmente ho apprezzato molto che i due non emigrassero perché travolti da situazioni politiche o sociali insostenibili, ma semplicemente per un sogno da ragazzi: la miseria è evidente comunque, ma affiora soprattutto il legame stretto tra i senegalesi, nei loro riti, nel loro gioioso stare assieme.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“C’è ancora un domani” (2023) di Paola Cortellesi
Immediato dopoguerra. La dura giornata di Delia comincia sin dal primo mattino quando deve respingere le pesanti angherie del marito e continua nelle ore successive tra casa, famiglia e piccoli lavoretti necessari per far quadrare i conti. Il film è stato presentato alla festa del cinema di Roma, dove da quest'anno c'è il concorso, e permette alla Cortellesi di mettere in pratica tutto il suo bagaglio artistico e il suo talento. Ad esempio, pur essendo una pellicola neorealista risulta meno drammatica dei vecchi capolavori, semmai naif, spesso sconfinante nella commedia, a volte efficacemente, con battute davvero esilaranti, altre volte meno, dove la banalità e lo scontato risaltano. Ancora, in alcune sequenze irrompe senza preavviso un accenno di musical (Woody Allen) e i brani scelti per narrare la pellicola sono stati scelti per il loro contenuto, anche se sono di un’epoca successiva rispetto al periodo in cui è ambientato il film. A volte soprattutto nella prima parte, la regia tende a sovraccaricare le sequenze con riprese effettuate da più posizioni (Scorsese), ma in definitiva, soprattutto per un montaggio non perfetto risultano come se fossero appiccicate. Però due scene personalmente mi sono rimaste impresse positivamente. Il pranzo di fidanzamento della figlia della protagonista, un piccolo capolavoro e l'inaspettato finale che rappresenta il superamento di un confine grazie al quale fu determinato un riscatto sociale, anche se purtroppo non ancora oggi completato.
C’è ancora un domani ***
Visto, a posteriori mi è piaciuto, ma…non ho potuto evitare di identificarmi emotivamente nelle donne della famiglia e quindi ho sofferto non poco, quasi ad ogni scena (nel terrore sospeso di come reagirà mio padre/ mio marito), fino alla conclusione inattesa.
Come tu scrivi, ci sono sì certe banalità ed alcune scelte stilistiche discutibili, ma nel complesso è un film da vedere, forse soprattutto dalle giovani generazioni.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
Non volevo andare a vedere questo film: un altro sull’immigrazione? Non mi bastano le diatribe politiche in merito, la rotta balcanica, gli immigrati che stazionano dappertutto, il pattugliamento dei confini, i documentari che ho visto?
Alla fine gli amici mi hanno convinta.
Meno male, altrimenti mi sarei persa un gioiello.
Basato su due storie vere, narrato senza pietismo e senza voler denunciare chicchessia, con toni che sublimano le atrocità con l’onirico e la favola, il film mi ha commossa come rarissimamente mi succede (in effetti le chiacchiere del dopo-cinema mi hanno quasi infastidita, presa com’ero ancora dalle forti emozioni che l’opera mi ha suscitato).
Il (neo?) realismo magico di Garrone affascina, non polemizza, mostra solo con l’evidenza e la forza e la bellezza delle immagini ciò che crediamo di conoscere.
Io gli darei cinque stelle.
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Si fa quasi un torto al film commentandolo....
Bisogna andare a vederlo e basta.
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“Anatomia di una caduta” (2023) di Justine Triet
Un uomo di professione scrittore viene trovato dal figlio in una pozza di sangue fuori dal suo chalet poco lontano da Grenoble. Le indagini si concentrano su due piste, omicidio in ambito familiare e suicidio. Si propende per la prima con l’incriminazione della moglie, anch’essa scrittrice. Presentato a Cannes il film ha vinto inaspettatamente la Palma d’Oro suscitando le perplessità di parte della critica. Personalmente ho trovato la storia interessante nella quale non è la scoperta su come sono andate realmente le cose la principale attrattiva, ma la continua analisi psicologica dei personaggi. Nella prima parte ho apprezzato anche la regia con quello stile volutamente trasandato, ma purtroppo il processo seguente è risultato troppo lungo e la prima a soffrirne è proprio la direzione che perde gran parte della sua vivacità. Durante il dibattimento vengono ascoltati i nastri che la vittima utilizzava per registrare avvenimenti della propria vita e avere ispirazione per i suoi libri e che contengono tra gli altri anche i litigi della coppia. In uno di questi l’uomo accusa la moglie di avergli dato troppi compiti familiari impedendogli di scrivere e costringendolo a vivere secondo i suoi dettami, mentre la donna lo accusa di fare la vittima continuamente. E’ la deposizione finale del figlio a dirimere la questione. Le ultime sequenze si trascinano debolmente lasciando l’amaro in bocca per un film che prometteva di più. Visto in lingua originale con dialoghi in francese e inglese e sottotitoli in italiano.
Anatomia di una caduta **
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“Killers of the flowers moon” (2023) di Martin Scorsese
La tribù indiana Osage scopre di vivere sopra un giacimento di petrolio e col tempo decide di affidarsi ai bianchi per organizzare il business pur rimanendone proprietari. Oltre all'aspetto industriale il protagonista interpretato da De Niro si occupa anche di costruire una piccola città simile a un tipico modello occidentale il cui stile di vita finisce per influenzare negativamente alcuni degli indigeni. Ma il suo vero obiettivo è il trasferimento dei diritti sul giacimento e per questo escogita matrimoni di puro interesse coinvolgendo anche il personaggio interpretato da Di Caprio che sposa però una indiana colta e affascinante. Il film è stato presentato a Cannes fuori concorso ed è caratterizzato da una durata considerevole, da dialoghi altrettanto lunghi ed è quindi privo di quei ritmi serrati di molti film di Scorsese. Soggetto interessante a cui avrei tolto quei riferimenti ai sistemi mafiosi che il regista si porta dietro da sempre e che la presenza di De Niro non fa che alimentare.
Killers of the flowers moon ***
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“C’è ancora un domani” (2023) di Paola Cortellesi
Immediato dopoguerra. La dura giornata di Delia comincia sin dal primo mattino quando deve respingere le pesanti angherie del marito e continua nelle ore successive tra casa, famiglia e piccoli lavoretti necessari per far quadrare i conti. Il film è stato presentato alla festa del cinema di Roma, dove da quest'anno c'è il concorso, e permette alla Cortellesi di mettere in pratica tutto il suo bagaglio artistico e il suo talento. Ad esempio, pur essendo una pellicola neorealista risulta meno drammatica dei vecchi capolavori, semmai naif, spesso sconfinante nella commedia, a volte efficacemente, con battute davvero esilaranti, altre volte meno, dove la banalità e lo scontato risaltano. Ancora, in alcune sequenze irrompe senza preavviso un accenno di musical (Woody Allen) e i brani scelti per narrare la pellicola sono stati scelti per il loro contenuto, anche se sono di un’epoca successiva rispetto al periodo in cui è ambientato il film. A volte soprattutto nella prima parte, la regia tende a sovraccaricare le sequenze con riprese effettuate da più posizioni (Scorsese), ma in definitiva, soprattutto per un montaggio non perfetto risultano come se fossero appiccicate. Però due scene personalmente mi sono rimaste impresse positivamente. Il pranzo di fidanzamento della figlia della protagonista, un piccolo capolavoro e l'inaspettato finale che rappresenta il superamento di un confine grazie al quale fu determinato un riscatto sociale, anche se purtroppo non ancora oggi completato.
C’è ancora un domani ***
Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
Visto, a posteriori mi è piaciuto, ma…non ho potuto evitare di identificarmi emotivamente nelle donne della famiglia e quindi ho sofferto non poco, quasi ad ogni scena (nel terrore sospeso di come reagirà mio padre/ mio marito), fino alla conclusione inattesa.
Come tu scrivi, ci sono sì certe banalità ed alcune scelte stilistiche discutibili, ma nel complesso è un film da vedere, forse soprattutto dalle giovani generazioni.
Sicuramente non andrò a vederlo al cinema non potendo alzarmi casomai non reggessi la tensione
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Originariamente Scritto da
Breakthru
Sicuramente non andrò a vederlo al cinema non potendo alzarmi casomai non reggessi la tensione
Se fossi andata al cinema da sola, probabilmente sarei uscita molto prima della fine.
Invece abbiamo scelto di andarci in un gruppo di amiche, sicché poi è stato molto bello raccontarsi vicendevolmente delle proprie famiglie.
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"Babylon" con Margot Robbie, Brad Pitt e altri. Insomma... un film molto particolare. Ha ricevuto numerose candidature per diversi premi tra cui tre candidature agli Academy Award, però sono ancora perplesso.
Magari lo rivedo.
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Due film recuperati da Cannes e Venezia 2022.
“Monica” (2022) di Andrea Pallaoro
Monica è una trans che ritorna a casa dopo tanto tempo dalla madre malata. Rivede i suoi parenti nipoti inclusi ed è l’occasione per stare con loro e ricordare il passato, probabilmente quello che lei era allora e i rapporti con le persone più care. La sceneggiatura è molto scarna, intimista, con dialoghi ridotti all’osso lasciando alla regia di Pallaoro il peso della narrazione basata essenzialmente su riprese fisse, primi piani insistiti, immagini riflesse. Tutto è ben rappresentato dall’ultima sequenza con il nipote che canta davanti al pubblico con la pianola e con una voce emozionata The star spanned bangler, mentre la ripresa leggermente zoomata si concentra sull’espressione sofferente di Monica.
Monica **
“Showing up” (2022) di Kelly Reichardt
Lizzy è una scultrice che prepara una mostra delle sue piccole statue raffiguranti persone. E’ una donna sensibile che si preoccupa del padre che frequenta persone poco raccomandabili, del fratello che crede di sentire delle voci e di un piccione che entra in casa e si ferisce. Il film è questo, una sceneggiatura semplice, ritmi lenti, riprese elementari e l’attesa della mostra. Dovrei dire che è un film non riuscito ma credo, leggendo qualche nota sulla regista che fosse il suo obiettivo fare questo tipo di film. Alla fine quello che mi è piaciuto è il lavoro artistico fatto dai ragazzi per preparare le mostre e le statuette.
Showing up **
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“Tre colori - film rosso” (1995) di Krzystof Kieslowski
Appartenente alla trilogia dei colori è uscito restaurato insieme ai gemelli. Valentine (Irene Jacob) è una modella che una sera investe un cane con la sua macchina. Il proprietario è un giudice in pensione (Jean Lous Trintignant), scostante in principio per poi confidare di essere rimasto deluso dalla vita e dall’amore e che ha finito per passare il suo tempo a spiare i vicini registrando i loro colloqui telefonici, compreso un vicino di Valentine. Vicenda che per il suo modo di svilupparsi ricorda Truffaut, con un’amarezza ancora più tagliente e una tecnica cinematografica che rimanda per alcuni tratti a quella geniale di Tarkowskij, con il colore rosso sempre in evidenza anche quando non necessario e i primi piani a risaltare la grande capacità espressiva dei due attori.
Tre colori – film rosso ****
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Ancora recita Trintignant? Poderoso, immarcescibile, grande attore!
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Nome di donna. Un film del 2018, di Marco Tullio Giordana. Mi incuriosiva perché la sceneggiatrice è una mia ex direttrice. Tutto sommato, non mi è dispiaciuto, anche se sull'argomento (molestie sulle donne) ne ho visti di migliori.
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“The Killer” (2023) di David Fincher
Un killer commenta analiticamente la preparazione e l’esecuzione di uno dei suoi omicidi. Tutto è calibrato al millimetro, senza spazio per l’improvvisazione, ma per una pura casualità fallisce il bersaglio. Il mandante dell’omicidio per vendicarsi del suo errore tenta di fargli fuori la fidanzata e questo provocherà la reazione furiosa del killer. Presentato in concorso a Venezia il film è curato nei minimi particolari, come gli omicidi del protagonista d’altronde. Peccato che rispetto ad alcuni famosi film precedenti di Fincher (“Seven” e “Zodiac” ad esempio) manchi totalmente la suspense e questa perfezione maniacale (sia del killer che del regista mi verrebbe da dire) rimanga fine a se stessa.
The Killer **
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“The Old Oak” (2023) di Ken Loach
Credo che questo sia il secondo film da quando Ken Loach ha annunciato il ritiro dalle scene. Invece ha continuato a denunciare la situazione che coinvolge i più deboli, quelli che non ce la fanno e che sono stati messi alla porta da una società spietata ed egoista che colpisce soprattutto i centri periferici. In aggiunta a ciò, che Loach fa partire dal primo governo Thatcher che chiuse miniere e aziende di stato mandando sul lastrico metà della popolazione inglese, recentemente si è acuito il problema dell’immigrazione che ha spinto il governo Sunak a scelte forti. C’è da dire che la ricetta macroeconomica di Loach non ha mai funzionato ovunque sia stata applicata, rimangono però in piedi tutti i problemi sociali ed economici che rappresentano l’oggetto di gran parte della sua cinematografia. E così pure in questo film, presentato in concorso a Cannes, ambientato nel nord Inghilterra (si capisce dalla pronuncia e dalle maglie del Newcastle indossate dai ragazzi), in una piccola cittadina che fa i conti con la deindustrializzazione della zona che ha costretto i giovani a cercare fortuna altrove. The Old Oak è il pub del villaggio, rimasto unico luogo del posto in cui si può socializzare davanti a una birra. Ma ad un certo punto arrivano i rifugiati siriani cacciati da Assad e questo non viene visto di buon occhio da una parte degli abitanti e da alcuni frequentatori del pub. E’ la solita guerra tra poveri che vediamo anche da altre parti compresa la nostra. Il proprietario insieme alla rappresentante dei rifugiati approva di riassestare una stanza ormai in disuso all’interno del pub per organizzare eventi e incontri tra la popolazione locale e gli immigrati. L’obiettivo è dimostrare solidarietà e vicinanza, che in una società consumistica e distratta come la nostra spesso fatica ad acquisire valore.
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Ken Loach è un grandissimo: stop.
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“La Chimera” (2023) di Alice Rohrwacher
Un gruppo di tombaroli traffica con reperti etruschi grazie a un sensitivo inglese già finito in prigione per il medesimo reato anche se ora, tornato in campo, ha la testa impegnata a ricordare la fidanzata che non c’è più. Attesissimo dopo "Lazzaro felice" il film passato in concorso a Cannes ha un soggetto interessante ma con una sceneggiatura, scritta dalla stessa Rohrwacher, che si perde in vari rivoli di sequenze inutili e personaggi insignificanti, salverei quello interpretato da Isabella Rossellini, rendendo dispersiva la stessa direzione della regista, con il vano il tentativo di ripetere il miracolo poetico del film precedente.
La Chimera **
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Spero di vederlo presto anch'io. E di non fare confronti con "Lazzaro felice"
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The Terminal. Rivisto dopo anni. Sempre stupendo.
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"Killers of the Flower Moon" di Martin Scorsese, con Leonardo DiCaprio e Robert De Niro.
Dire che è bellissimo è davvero poco.
Stupendo.
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“Godland” (2022) di Halynur Palmason
Un prete danese viene inviato in Islanda per costruire una parrocchia. Il viaggio è pieno di insidie che mettono in pericolo il piano e fanno vacillare la sua fede, ma è l’incontro con gli abitanti dell’isola e soprattutto con una donna che definiscono meglio il suo percorso. Il film, presentato a Cannes 2022 nella sezione “Un Certain Regard” si caratterizza come qualsiasi film scandinavo per la cura della direzione e della fotografia, che si avvale del formato quadrato rispetto al tradizionale rettangolo. Funziona anche come documentario per chi come me non conosce l’Islanda e i suoi costumi, una terra dove il ghiaccio è naturalmente la regola nei mesi invernali ma che durante l’estate si trasforma completamente rilasciando panorami mozzafiato, persino quelli dovuti ai vulcani che rendono quei tratti di territorio stranamente ribollenti.
Godland ***
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Sei prezioso Barrett, me lo appunto :approved:
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“May December” (2023) di Todd Haines
Un’attrice (Natalie Portman) deve interpretare la parte di una donna (Julianne Moore) la quale vent’anni prima era finita in carcere per aver sedotto un ragazzo minorenne e averci fatto un figlio. Per preparare bene la parte l’attrice entra nella vita della donna cercando di acquisire notizie sul rapporto ancora esistente tra i due e parlando con tutti i membri della sua famiglia finendo per diventare una sorta di psicologa per la coppia. Presentato in concorso a Cannes il film, diretto dallo stesso regista di “Carol” altro drammone dal medesimo stile psicoterapico, riesce a fatica a mettere insieme tutte le componenti dal quale dovrebbe trovare linfa vitale.
May December **
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L'olio di Lorenzo. La commovente storia di due genitori che non si arrendono alla malattia genetica del figlio: Susan Sarandon e Nick Nolte sublimi!
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“Coupe de chance – Un colpo di fortuna” (2023) di Woody Allen
Nell'opera di Woody Allen l'influenza di Bergman, Fellini e persino di Hitchcock è evidente, eppure quando guardiamo un suo film riconosciamo immediatamente il suo stile e pensiamo che si tratti davvero di un film “alla Woody Allen”. Così in “Annie Hall – Io e Annie” (1977) e in “Manhattan” (1979), due dei suoi massimi capolavori, dove accanto all'introspezione e all’analisi dei personaggi tipici del cinema di Bergman, Allen ci infila il paradosso e l'inaspettato. In “Stardust Memories” (1980) gira una lunga sequenza copiata di sana pianta da “Otto e mezzo” di Fellini, però al posto della bella faccia di Mastroianni c'è la sua rendendo l'evidente plagio in un ringraziamento. In “Crimes and misdemeanors - Crimini e misfatti” (1989) c'è la parte drammatica e angosciante che potremmo riportare a Hitchcock, ma c'è anche una parte completamente slegata dalla precedente che rimanda al suo cinema più puro. Invece “Match point” (2005), un capolavoro sin dall'inizio con la pallina da tennis che passa sopra la rete sulle note dell’aria più famosa de “L’Elisir d’amore” di Donizetti con la voce di Caruso, di Allen non ha nulla, è totalmente hitchcockiano.
Qualche anno fa è stato coinvolto in una faccenda dai risvolti processuali e suo malgrado finito nel vortice del movimento “me too” che di fatto lo ha estromesso da Hollywood e così quella fila di attori famosi che stazionava stabilmente fuori dalla sua porta si è silenziosamente dissolta. Ma lui non si è perso d’animo, è stato scagionato dalle accuse e ha continuato a girare film grazie anche al grande successo che le sue pellicole hanno sempre riscosso in Europa. Così per quest’ultimo film, presentato a Venezia fuori concorso, ha scelto ancora una volta Parigi come set, ha ingaggiato attori francesi e la lingua, non dovrei nemmeno dirlo, è il francese. Due vecchi compagni di liceo si ritrovano a Parigi. Lui scrittore, divorziato e un po’ bohemian; lei impiegata in una galleria d’arte, sposata con un tipo possessivo. L’incontro è fatale. Nel procedere la storia ricorda “Match point”, un match point parigino, con meno tensione psicologica e più leggerezza. Mentre lo guardavo mi chiedevo se il regista avrebbe rimesso a posto le cose che in Match point aveva lasciato in sospeso per la bellezza e la riuscita del film.
Coup de chance ***
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Due film in concorso a Berlino e uno a Venezia.
“Past lives” (2023) di Celine Song
Due ragazzi coreani si rincontrano dopo tanti anni sui social. Lei vive ormai da tempo a New York per inseguire il sogno di diventare una grande scrittrice, lui è rimasto in Corea a studiare ingegneria. Dopo diversi anni lui la va a trovare, lei è ormai felicemente sposata e l’incontro produce nei due dei sentimenti nostalgici e su quello che sarebbe potuto essere e che non è stato. Storia scritta benissimo nella sua semplicità, come la regia della Song, poco montaggio e lenti movimenti della cinepresa. Bellissime le immagini di New York.
Past lives ***
“Il cielo brucia” (2023) di Christian Petzold
Due amici decidono di passare un po’ di tempo nella casa al mare di uno dei due per lavorare in tranquillità, ultimare un libro e sistemare un portfolio. In casa trovano una ragazza amica della madre del proprietario e a lei si aggiunge il fidanzato bagnino nella spiaggia vicina. Il contesto non piace allo scrittore che si dimostra scostante e asociale e quando arriva il suo editore, più interessato al lavoro altrui che al suo libro l’atmosfera diventa pesante e non solo metaforicamente in quanto un incendio nel frattempo minaccia il bosco attorno alla casa. Il film ha vinto il premio della giuria a Berlino e pur avendo una storia interessante nella quale risalta l’alchimia positiva che a volte nasce tra persone che non si conoscono, la regia mi pare debole, poco curata soprattutto nel montaggio.
Il cielo brucia **
“Priscilla” (2023) di Sofia Coppola
Dopo il film su Elvis l’anno passato ecco il film sulla moglie. L’incontro in Germania dove entrambi risiedono per ragioni militari e malgrado la differenza di età e la contrarietà dei genitori di lei, la coppia decide di stare insieme. E’ una vita sacrificata quella di Priscilla vissuta all’ombra di un mito e delle sue esigenze di carriera manovrato come un pupazzo dall’industria discografica e da Hollywood. Il film è passato in concorso a Venezia dove Cailee Spaeny ha vinto la coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile. Ma la domanda è per quale motivo Sofia Coppola decide di occuparsi di un progetto simile sprecando il suo talento dietro un personaggio, per come viene raccontato nel film e negli anni dai rotocalchi, insignificante e dalla vita inutile? Non ci viene detto infatti nel film qualcosa che non sapevamo, un risvolto della sua vita che ce la faccia vedere in maniera diversa e che ai nostri occhi riscatti la sua esistenza, che in definitiva arriva solo quando finalmente decide di lasciare il marito.
Priscilla **