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Al cinema l’ultimo film di Almodovar sull’eutanasia, delicato e tenero.
Una donna, malata terminale tra sofferenze che non vediamo, chiede alla sua amica di starle accanto nel momento cruciale della sua fine scelta di persona, nella stanza attigua.
Racconterei di più, ma non voglio rovinarvi la visione.
I rimandi a Hopper sono meravigliosi, le attrici pure.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
follemente
Al cinema l’ultimo film di Almodovar sull’eutanasia, delicato e tenero.
Una donna, malata terminale tra sofferenze che non vediamo, chiede alla sua amica di starle accanto nel momento cruciale della sua fine scelta di persona, nella stanza attigua.
Racconterei di più, ma non voglio rovinarvi la visione.
I rimandi a Hopper sono meravigliosi, le attrici pure.
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Ciao Folle. Aggiungerei alle tue parole qualcosa della seconda parte del film, quella dove le due protagoniste decidono di affittare una casa per vivere sotto lo stesso tetto e l’intimità tra le due amiche non appare forzata da un’improvvisa contingenza, come poteva essere all'inizio, ma è data dalla necessità di condividere un’esperienza, anche se tragica; è qui che Almodovar esprime al meglio la sua vena poetica e fortunatamente lascia cadere una possibile traccia narrativa dedicata a chi è favorevole all’eutanasia e a chi no. Da rimarcare la bravura delle due attrici, la Moore nella parte finale è straordinaria. Il film a Venezia ha vinto il Leone d’oro.
The room next door ***
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
Ciao Folle. Aggiungerei alle tue parole qualcosa della seconda parte del film, quella dove le due protagoniste decidono di affittare una casa per vivere sotto lo stesso tetto e l’intimità tra le due amiche non appare forzata da un’improvvisa contingenza, come poteva essere all'inizio, ma è data dalla necessità di condividere un’esperienza, anche se tragica; è qui che Almodovar esprime al meglio la sua vena poetica e fortunatamente lascia cadere una possibile traccia narrativa dedicata a chi è favorevole all’eutanasia e a chi no. Da rimarcare la bravura delle due attrici, la Moore nella parte finale è straordinaria. Il film a Venezia ha vinto il Leone d’oro.
The room next door ***
Ciao Barrett, anche io ho gradito molto che le diverse posizioni in merito all’eutanasia fossero solo accennate: il film avrebbe perso la sua accentuata vena poetica ed intimistica se si fosse seguito quel filo narrativo.
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“Maria” (2024) di Pablo Larrain
Maria Callas è stata la più grande cantante della storia della lirica. Non solo per le sue qualità vocali ma anche per le grandi capacità recitative sul palco. Inoltre durante la sua relazione con Onassis fu protagonista del jet set internazionale. In definitiva una diva in senso assoluto. La sua vita da sempre ha acceso la curiosità di media e pubblico, gli ultimi anni in particolare, nell’inutile attesa che la divina ritornasse a cantare. Questo viene raccontato nel film di Larrain ormai dedicatosi alle biografie di personaggi famosi come in precedenza è stato con Neruda, Jackie Kennedy, Lady D, Pinochet. Il film era a Venezia in concorso e non mi è parso completamente riuscito. Non discuto delle capacità di direzione del regista cileno, la qualità della fotografia, il colore si alterna al bianco e nero e per una volta è più che decente - aggiungo che alcune inquadrature sono assolutamente ragguardevoli, una in particolare un primo piano della Callas/Jolie in barca con Onassis è stupenda. I punti deboli sono principalmente la scelta della protagonista, Angelina Jolie ce la mette tutta ma non ha il phisique du role giusto, una bellezza tipicamente americana, a chi piace, ma molto differente dalle caratteriste greche della Callas che era priva di quelle rotondità che caratterizzano l’attrice statunitense, come si può vedere nei titoli di coda con immagini originali e bellissime. Poi la lingua parlata, a Parigi non si parla sicuramente l’inglese per strada. La servitù, composta da due persone italiane (interpretate da Favino e Alba Rohrwacher, che sembrano due scolaretti) sicuramente dialogavano in italiano con la padrona di casa, non in inglese. Anche con Onassis, entrambi greci, la lingua è ancora e solo l’inglese. Il valore artistico di un film si misura anche dal rispetto delle varie lingue parlate ed è chiaro che il “prodotto” sia indirizzato soprattutto al mercato americano, con un occhio agli Oscar. Poi la sceneggiatura, influenzata dal periodo raccontato, come detto sopra quello in cui la Callas è frustrata perché sa che non potrà tornare sul palcoscenico - oltre a non aver dimenticato Onassis e si tiene su abusando di farmaci, è una vicenda che attiene più che altro alla curiosa morbosità delle persone che vuole essere informata delle piccole tragedie di personaggi che avevano avuto tutto dalla vita ma che poi è andato perso. Manca infine un accenno del suo grande rapporto con Pasolini sviluppatosi in quel periodo.
Maria **
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Questo non me lo perdo....
Avrei visto bene Irene Papas, nel ruolo.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
Questo non me lo perdo....
Pensavo "Conclave"
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Riguardato per l'ennesima volta "Le fate ignoranti", capolavoro di Ozpetek, con una spettacolare Bui e un bravissimo Accorsi. Un film che tratta di famiglia tradizionale e di famiglia colorata, della scoperta di un mondo poco conosciuto (all'epoca il mondo LGBTQ+ era ancora piuttosto sommerso). Molto, molto bello.
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“Emilia Pèrez” (2024) di Jacques Audiard
Riscrivere la propria storia cambiando identità per inseguire il proprio sogno di diventare donna. Un boss della droga che vive nascosto chiede a una giovane avvocatessa di aiutarlo non solo a sparire ma perfino a cambiare sesso. Conquistata una nuova vita, per cercare di vincere il rimorso per quello che aveva fatto nel passato e soprattutto per aver abbandonato di punto in bianco la famiglia organizza il suo ritorno. A Cannes il film ha vinto il premio della giuria e quello per la miglior interpretazione femminile consegnato a tutte quattro le attrici testimoniando che è un film al femminile. Una bella storia a cui avrei tolto la forma di musical, non così invasiva per la verità, caratteristica che probabilmente ne decreterà il successo.
Emilia Perez ***
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“The Order” (2024) di Justin Kurzel
Ancora dal concorso di Venezia, una storia vera. Primi anni 80 in Idaho, quindi amministrazione repubblicana, presidente Ronald Reagan, un gruppo di estrema destra prepara un colpo di stato in cinque passi: reclutamento, finanziamento tramite rapine di banche, rivoluzione armata, terrore domestico, uccisione. La loro filosofia è quella che spesso alimenta questi gruppi estremisti che può essere riassunta in due parole: una razza, una nazione. La loro bibbia, “The Turner Diaries”. Un agente del FBI, interpretato da un ottimo Jude Law, riesce a collegare le rapine che si susseguono sul territorio con il distacco di una cellula dal partito di estrema destra americano. Questo succedeva 40 anni fa, però un tentativo simile negli Stati Uniti è capitato solo qualche anno fa a Capitol Hill e in qualità di mandante fu rinviato a giudizio (accusa archiviata) la persona che è stata appena eletta presidente.
The Order ***
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Buonasera Barrett, toglimi una curiosità. I film che recensisci per noi fanno parte del tuo lavoro, perciò sei "costretto" a vederli ? Vai al cinema o li guardi in televisione ?
:mumble: :rolleyes: :ciaociao:
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Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
Buonasera Barrett, toglimi una curiosità. I film che recensisci per noi fanno parte del tuo lavoro, perciò sei "costretto" a vederli ? Vai al cinema o li guardi in televisione ?
:mumble: :rolleyes: :ciaociao:
Ciao Doxa. Sono solo appassionato di cinema, il mio lavoro è un altro. Il 70% li guardo in sala, il resto sulle piattaforme.
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“Diamanti” (2024) di Ferzan Ozpetek
Anni 70, due sorelle sono alla guida di un’avviata sartoria con lavori in costante crescita. L’ultima commessa, riguardante un film d’epoca, è arrivata grazie a una costumista già premio Oscar che impegnerà le sarte notte e giorno creando degli attriti tra proprietà e collaboratrici. Interessante il soggetto, non così convincente la sceneggiatura che mi è sembrata un bel polpettone. Tanti e troppi personaggi, nessuno che venga analizzato adeguatamente, si passa infatti da uno all’altro con quella narrazione tipica delle serie tv e a quel pubblico credo che il film sia soprattutto indirizzato. Ci si muove a metà tra commedia, con battutine che hanno ben poco di originale e piccoli drammi personali, sfruttando in una caso il filone aperto dalla Cortellesi. Non male la recitazione, ma accanto ad attori professionisti ci sono anche personaggi dello spettacolo che garantisce quel carattere generalista al film al fine di raggiungere la più ampia fetta di pubblico. In ogni caso, meglio questo a Natale che i film dei Vanzina. Visto la sera del 31 in un’ampia sala riempita per metà che testimonia come Ozpetek l’obbiettivo l’abbia raggiunto.
Diamanti **
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
“Diamanti” (2024) di Ferzan Ozpetek
Anni 70, due sorelle sono alla guida di un’avviata sartoria con lavori in costante crescita. L’ultima commessa, riguardante un film d’epoca, è arrivata grazie a una costumista già premio Oscar che impegnerà le sarte notte e giorno creando degli attriti tra proprietà e collaboratrici. Interessante il soggetto, non così convincente la sceneggiatura che mi è sembrata un bel polpettone. Tanti e troppi personaggi, nessuno che venga analizzato adeguatamente, si passa infatti da uno all’altro con quella narrazione tipica delle serie tv e a quel pubblico credo che il film sia soprattutto indirizzato. Ci si muove a metà tra commedia, con battutine che hanno ben poco di originale e piccoli drammi personali, sfruttando in una caso il filone aperto dalla Cortellesi. Non male la recitazione, ma accanto ad attori professionisti ci sono anche personaggi dello spettacolo che garantisce quel carattere generalista al film al fine di raggiungere la più ampia fetta di pubblico. In ogni caso, meglio questo a Natale che i film dei Vanzina. Visto la sera del 31 in un’ampia sala riempita per metà che testimonia come Ozpetek l’obbiettivo l’abbia raggiunto.
Diamanti **
Mi ero decisa a non andare a vederlo, e tu mi conforti nella mia scelta: non ne posso più delle solite tavolate affettuose, multicolori e ricche di cibo di Ozpetek. Immagino siano presenti anche qui.
Se poi non si approfondisce nessuna vicenda e nessun personaggio, è un motivo in più a non vederlo.
Eppure i primi film di questo regista mi erano piaciuti.
Mi era sembrato strano che venga proiettato nei cinema dove danno di solito film commerciali ed invece tu mi confermi che Ozpetek si è involuto.
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Infatti c'era un pranzo aziendale preparato dalla cuoca della sartoria Mara Venier.
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“A real pain” (2024) di Jesse Eisenberg
Due cugini americani di origine ebrea, David e Benji, si rincontrano in occasione di un tour organizzato in Polonia, con la possibilità di visitare anche la casa della loro nonna. Sin da subito si notano le differenze tra i due: uno è una persona composta, marito e padre perfetto, l’altro è scapestrato, divertente, anticonvenzionale e con un tentativo di suicidio alle spalle. Anche nei confronti delle altre persone che partecipano al tour il comportamento dei due cugini è opposto, con continue rimostranze da parte di David nei confronti di Benji per il suo modo di fare sopra le righe. Nelle loro discussioni Benji accusa David di averlo abbandonato nel passato quando avrebbe avuto bisogno di lui, mentre David ha sempre una ragione valida per giustificare il suo comportamento. Il film è diretto ed interpretato da Jesse Eisenberg che finora conoscevamo solo in qualità di attore e l’ho guardato per le varie candidature ai Golden Globe e un premio vinto che sicuramente aprirà al film le porte degli Oscar. Direi una bugia se dicessi che mi ha entusiasmato. Ho trovato ridondante l’utilizzo continuo delle musiche di Chopin, mentre nelle scene di collegamento si nota una regia dallo stile scolastico. Rimane il rapporto forzato tra i due e il generale malessere di Benji.
A real pain **
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"Carry on", thriller molto ricco di suspence. Il protagonista è un addetto alla sicurezza aereoportuale che, minacciato da un anonimo, deve far passare un determinato bagaglio ai controlli di sicurezza. Non voglio svelare troppo della trama per non togliere la sorpresa, ma a me è piaciuto molto. Una tensione sottile e continua che dura nel corso di tutto il film, e che ti lascia con il fiato sospeso anche nei passaggi più lenti. Ma anche un sottile gioco psicologico decisamente avvincente.
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Non ridete di me.
Non amo la fantascienza anche se un po’ di infarinatura ce l’ho, e quindi mi sono persa innumerevoli film, nonché i sequel.
Quindi, quando Bumble mi parla di Glodrake, non ho la minima idea dell’argomento.
Ma ieri, per caso, ho guardato Il pianeta delle scimmie (1968) che ho trovato davvero notevole, per essere un film americano, e nel finale ho capito perché non ha preso l’ Oscar come miglior film.
Che ne pensate?
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Avevo visto tanti anni fa in televisione il primo e non mi era dispiaciuto.
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vista tutta la saga eccetto gli ultimi due
A me sono piaciuti tutti ma non il remake di Tim Burton,
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Scusate, ma inevitabilmente mi avete fatto venire in mente il devastante incendio in corso a Los Angeles: i vigili del fuoco hanno ammesso che non ce la fanno a domarlo, è troppo violento, alimentato dal vento. Già due vittime e trentamila evacuati, fra di essi anche i ricconi e gli attori di Hollywood. Il fuoco non fa distinzioni.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Breakthru
vista tutta la saga eccetto gli ultimi due
A me sono piaciuti tutti ma non il remake di Tim Burton,
Citazione:
Originariamente Scritto da
Barrett
Avevo visto tanti anni fa in televisione il primo e non mi era dispiaciuto.
Forse dovrebbe essere rivalutato: nel processo delle scimmie al protagonista io ci ho visto il riflesso dei processi alle streghe ed agli scienziati nel Medioevo.
Ed immagino che la statua della libertà ormai insabbiata e rovinata gli sia costato l’Oscar: il film ha ricevuto sì la statuetta per il miglior trucco ,ma non come miglior film.
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Anche io ho visto tutta la saga del pianeta delle scimmie, compreso l'ultimo uscito lo scorso anno.
Il primo anni '68 e poi quello del 2011 secondo me sono stati i migliori.
Come Break non mi ha entusiasmato il remake con Tim Burton e neanche gli ultimi più recenti dopo "L'Alba del pianeta delle scimmie" del 2011.
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Siamo a 5 morti e 150.000 evacuati! Los Angeles intera circondata dal fuoco. La siccità persistente degli ultimi mesi in California ha spianato la strada all'inferno in atto.
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“Babygirl” (2024) di Alina Reijn
Una manager di una importante società che si occupa di automazione e di intelligenza artificiale ha un particolare interesse nei confronti dell’erotismo anche se non riesce a raggiungere l’orgasmo con il marito. Quando conosce un giovane stagista che la provoca con ingenui ammiccamenti la donna capisce di voler sperimentare qualcosa di più coinvolgente, malgrado si renda in breve tempo di essere all’interno di una relazione tossica che potrebbe minare la sua vita e il matrimonio. Il film era a Venezia e si avvale della presenza di Nicole Kidman e Antonio Banderas con l’attrice vincitrice della Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, devo dire meritata. Guardandolo, appunto con la presenza della Kidman, mi è venuto subito in mente “Eyes wide shut”, ma è solo per la sua presenza e poco altro, in quanto se la forma non è mi è dispiaciuta lo stesso non posso dire per la sostanza che mi è parsa interessata solo a enfatizzare il livello erotico del film con una seconda parte faticosa da seguire. Inoltre, posso accettare un brano degli Inxs in una scena torrida, ma non uno di George Michael in una successiva, il punto più basso del film. Da ultimo ho pensato a “Ultimo tango a Parigi” e ho capito che avevo di fronte un tentativo poco riuscito.
Babygirl **
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Ma non ci dici niente Barrett del dramma di Hollywood? Paesaggio lunare, devastazione, ville degli attori distrutte (salva per adesso quella di Tom Hanks)
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Il mio cinema non è proprio quello rappresentato da Hollywood. E poi cosa saranno 22 morti contro i 50 mila di Gaza o la guerra in Ucraina. Tra l'altro gli americani hanno appena eletto un presidente che nega i cambiamenti climatici. Mi dispiace per quelli che hanno perso la casa certamente.
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Un pensiero che, francamente, non mi aspettavo da uno come te :(
Comunque ufficialmente a rischio anche la cerimonia degli oscar.
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“Queer” (2024) di Luca Guadagnino
Anni 50, un americano rifugiatosi a Città del Messico passa da un bar all’altro, posti frequentati da una coorte di persone eccentriche e annoiate. Più di tutti è però uno studente che lo stimola particolarmente, forse perché appare distante e disinteressato oppure per via di una donna che spesso lo accompagna. Riesce comunque a convincerlo a seguirlo in Sud America. Il film, in concorso all’ultimo Venezia, è tratto dall’omonimo libro di William Burroughs e si compone di tre parti e un epilogo. Quella che mi pare più riuscita è la prima dove la regia di Guadagnino si esprime al meglio grazie anche a montaggio e fotografia e a dialoghi che nell’incedere appaiono più letterari che cinematografici, con la rappresentazione della flora di Città del Messico che rende l’idea del personaggio e dello spirito che ha partorito il soggetto originario. Nella seconda e nella terza parte ambientate in Ecuador e poi nella giungla, il film cambia totalmente con un’ambientazione più uniforme e il rapporto tra i due che diventa via via più intimo anche nel condividere esperienze extrasensoriali. L’epilogo vede il protagonista tornare alla base due anni dopo ma da solo. In questa parte ci sono due scene che mi hanno ricordato “2001 A Space Odyssey” di Kubrick; mi chiedo, sono frutto del caso oppure è una citazione volontaria? Ottima l’interpretazione di Daniel Craig, finalmente liberatosi della maschera “di una unica espressione” di James Bond. Soprattutto nelle scene in cui risulta alterato da alcol e droghe sorprende per il realismo della sua recitazione aiutando Guadagnino a creare delle sequenze convincenti. Ho trovato strano invece l’utilizzo di brani moderni (tra cui Nirvana, Prince, anche uno dei Verdena) accanto a quelli d’epoca e alla musica originale di Trent Reznor.
Queer ***
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Siccità, di Paolo Virzì su rai movie. Abbastanza deludente.