Grazie per le info, gli articoli ed il video (l'ultimo non si apre). Leggerò tutto con calma.
Per il momento ho ancora l'impressione che si tratti di sparute minoranze, poi magari mi ricrederò.
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Grazie per le info, gli articoli ed il video (l'ultimo non si apre). Leggerò tutto con calma.
Per il momento ho ancora l'impressione che si tratti di sparute minoranze, poi magari mi ricrederò.
Rapito di Marco Bellocchio (2023), incentrato sulla vicenda vera di un bambino ebreo di Bologna ed ambientato pochi anni prima dell’unificazione italiana : il ragazzino fu battezzato contro la volontà dei genitori e sottratto alla famiglia di origine dallo Stato pontificio al fine di essere convertito al cattolicesimo.
Bellocchio ha acuito la mia allergia a certi ambienti ecclesiastici cattolici.
Un film molto bello e curato.
Cono, non vuoi vederlo? Credo si trovi su Rayplay che tu sponsorizzi molto spesso.
Due film provenienti da Cannes, entrambi candidati all’Oscar per il miglior film internazionale.
“Flow” (2024) di Gints Zilbalodis
Da adulto non ricordo di aver visto alcun film di animazione, gli ultimi furono i vecchi Disney, i cartoni di Hanna & Barbera, Jeeg Robot. Ho guardato Flow solo perché è candidato per la Lettonia all’Oscar per il miglior film internazionale, di fatto escludendo il nostro “Vermiglio”. C’è quasi la certezza che sia andata così perché gli altri quattro film sono gli stessi che con Vermiglio erano candidati ai Golden Globe per formare insieme a “Amore a Mumbai” la sestina finalista. Flow è stato un successo sin dalla sua prima apparizione, avvenuta a Cannes. Ai Golden Globe ha vinto il premio per il miglior film d’animazione mentre agli Oscar è candidato anche in quella categoria. Se dicessi che mi ha colpito particolarmente direi una bugia. Ha sicuramente una fluidità di sequenze paragonabili ai film di immagini ma, ad esempio, i disegni degli animali non rappresentano davvero il mio gusto. Trovo più riusciti quelli relativi alla natura e allo scenario in generale. La storia racconta le peripezie che un gruppo di animali, soprattutto un gattino, deve affrontare giornalmente se vuole sopravvivere. Trovo difficile dare un giudizio non seguendo questo segmento.
“Pigen med nalen – The girl with the needle” (2024) di Magnus von Horn
Dopoguerra in Danimarca, una donna rimane incinta da parte del suo datore di lavoro il quale rinuncia a sposarla per volontà della famiglia e per essere gentile fino in fondo la licenzia in quanto in quella condizione non serve all’impresa. Grazie a una persona la donna riesce a trovare una sistemazione per la nascitura presso una famiglia adottiva e a vendere il latte in eccesso. Il film ricorda per periodo e condizione femminile quello della Cortellesi, ma in questo caso non abbiamo sfumature da commedia come in “C’è ancora un domani”; la disperazione è totale e la mancanza di prospettiva si evidenzia immagine dopo immagine anche quando le cose sembrano sistemarsi. Molto particolare la regia, alcune sequenze valgono da sole la visione; magnifico per una volta il bianco e nero e pregevole l’interpretazione di Vic Carmen Sonne.
“Pigen med nalen – The girl with the needle” ***
L'ho visto anche io lo scorso anno, concordo.
A guardare le nefandezze commesse in passato da ecclesiastici cattolici fa proprio scappare la voglia di aderire alla fede cattolica e non solo.
C'è anche un'altra cosa che mi fa riflettere...il fatto che questo bimbo ebreo venga battezzato di nascosto dalla tata cattolica pone anche una riflessione su se sia giusto imporre un sacramento ad un bimbo che non ha ancora la capacità di scegliere quale fede abbracciare.
E questo accade continuamente nella fede cattolica, spesso più per tradizione che per fede reale, pure io ho scelto per i miei figli il battesimo a suo tempo. Idem è stato per me da bimba.
È giusto che siano gli altri a scegliere per noi a quale fede appartenere?
Mi sto sempre più convincendo in età matura che è sbagliato privare della libertà di scelta.
I figli dovrebbero ricevere i sacramenti da adulti, consapevoli della loro scelta.
Mi pare che in origine il cristianesimo prevedeva così, se non erro.
La Grazia del Battesimo: subito! Appena si viene al mondo Ladyhawke. Oggi come oggi, fin da quando i nostri figli hanno sei, sette, dieci, quindici anni il mondo li bombarda di messaggi e sollecitazioni anticristiane. Già li rapisce, per rimanere in tema.
In principio non era così.
Non è che se si viene battezzati da neonati il mondo smetterà di bombardare con messaggi anticristiani.
E invece è sbagliato imporre un sacramento di una fede religiosa senza esprimere la propria volontà ed essere coscienti di voler appartenere ad un credo religioso, piuttosto che un altro.
La maggior parte lo fa per tradizione, perchè si fa una bella festa, si ricevono regali ecc...che per pura fede.
Se come sembra il battesimo è un sigillo di appartenenza a Cristo, è una sorta di violenza che non si può cancellare. Se io voglio abbracciare una fede diversa?
È come nel film, ritornando al film, è stato commesso un abuso, una violenza, il bimbo protagonista di "Rapito" apparteneva già ad una famiglia di fede religiosa, quella ebraica, la tata non aveva alcun diritto di battezzarlo oltretutto all'insaputa della sua famiglia.
Amiche, battezzate subito i vostri bambini: c'è una GRAZIA immensa dentro il Sacramento. È come un seme destinato a fiorire e sbocciare. Chiaro, a patto di custodirlo, curarlo e innaffiarlo costantemente....
Se come avete detto, ci si limita alla festa e al rinfresco, sarà difficile possa venir fuori qualche frutto: il mondo arrivera' prima e lo trascinera' dalla sua parte. Sta alla famiglia, ai genitori in primis e ai padrini e madrine, il compito educativo.
“The seed of the sacred fig” (2024) di Mohammad Rasoulof
Un uomo viene promosso all’interno della struttura giudiziaria di Teheran e immediatamente invitato a firmare una sentenza di morte senza che abbia conoscenza del caso. In Iran la situazione è in pieno fermento, con manifestazioni organizzate dalle donne che spesso sfociano in scontri con la polizia e a casa di Iman, il nome dell’uomo, si confrontano posizioni più integraliste, quelle dei genitori rispetto a quelle più aperte ai cambiamenti da parte delle giovani figlie che prendono posizione a favore delle manifestanti. La situazione si acuisce quando dall’abitazione sparisce la pistola di ordinanza di Iman. Da questo momento la posizione dei due genitori si divide, con Iman che smette di essere padre per diventare il difensore più strenuo della sua carriera e della teocrazia iraniana. Il film è stato girato in clandestinità in quanto Rasoulof, più volte arrestato in passato, era in attesa di una sentenza poi arrivata quando il film non era ancora terminato. Di conseguenza la post produzione è avvenuta in Germania. A Cannes il film ha vinto il premio della giuria e ora è candidato all’Oscar per il miglior film internazionale. La lunga scena finale girata in un villaggio abbandonato mi ha ricordato Leone. Il film mostra le originali sequenze delle manifestazioni riprese con i telefonini sfociate in atti di violenza da parte della polizia morale. Un film potente sulla situazione in Iran oggi e stasera la trasmissione radiofonica di rai tre ne parlerà a Hollywood Party con Stefania Ulivi e Alberto Crespi.
The seed of the sacred fig ***
Cono, io sono agnostica tendente all'ateo, e non vedo perché avrei dovuto forzare i miei figli alla nascita facendoli battezzare: il parroco e tutti i religiosi avevano le mani libere nell'educarli. Se lo vorranno, si battezzeranno da adulti. Questo l'ho già scritto, ma tu insisti lo stesso.
E' preferibile forse farli battezzare solo perché rientra nella tradizione, nella festa (come mi dicevano le altre mamme) e si ricevono regali? No, come tu stesso scrivi.
Lascia vivere gli altri come meglio credono e non asfissiarli.
Ciao, quello che ho detto vale per tutti: credenti e non credenti. Battezzate subito i vostri bambini, poiché vi è insita nel Sacramento una Grazia immensa. Sarà poi il tempo, l'esistenza, gli eventi, l'educazione, il contesto di vita a soffocarlo o a farlo fiorire.
Guarda che non siamo scemi! Abbiamo capito che tu insisti a predicare a tutti, credenti e non credenti, e vuoi sempre l'ultima parola, ma ognuno fa le scelte secondo la propria coscienza, e fede o non fede, oppure fede diversa dalla tua. Non capisco perchè chi non crede in un Dio debba per forza battezzare secondo la religione cattolica, non è diverso da chi crede in un altra divinità, crede di non credere ad alcun dio, oppure possibilista, non crede ma non esclude.
Ma basta!
Abbiamo capito tutti a cosa credi tu e io rispetto le tue scelte, ma fai altrettanto con gli altri per piacere, senza insistere.
teichitisi, ladypoiana: calma e gesso.
Non cadere nel "trappolone" ben descritto da superaxe.
Che esponga ed insista, invischiandosi sempre di più nella sua stessa pania.
Se pensa di guadagnare meriti, cercando il "martirio", bon per lui.
Leggendolo col dovuto distacco, é anche divertente. Spesso, per involontario humour, addirittura spassoso
Sient'ammé
“September 5” (2024) di Tim Fehlbaum
Dando uno sguardo alle candidature agli Oscar si scoprono film poco pubblicizzati ma interessanti, ad esempio in precedenza mi è capitato con “Sing Sing”, ora con “September 5”. La vicenda è nota, un gruppo di persone appartenenti a un’organizzazione palestinese penetra nel villaggio olimpico di Monaco 72 e prende in ostaggio 11 atleti israeliani. Il film credo nasca anche per aggiungere altra carne al fuoco come se non ce ne fosse abbastanza. In questo caso il punto di vista è quello della rete televisiva Abc che riesce a infilare un suo giornalista all’interno del villaggio facendolo passare come atleta. Tra gli ostaggi uno è nato in Usa ma ha la cittadinanza israeliana e le tv americane sono particolarmente sensibili all’avvenimento anche per questa ragione. La suspense è ridotta al minimo se si conosce la conclusione, però non sono male quei minuti in cui il responsabile della rete televisiva deve prendere la decisione se diffondere l’informativa non ufficiale che vede gli ostaggi rilasciati. Il film era a Venezia in una sezione collaterale ed è candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, ma io ho apprezzato soprattutto è il montaggio.
September 5 ***
Visto un paio di giorni fa
Premetto che mi piace il lavoro di Sorrentino, quindi tendo sempre al ruolo di difesa
Parto del presupposto che è bello da vedere, ma come già dissi tempo fa mare, sole, paesaggi, scenografie, ville, vegetazione, panorami già belli di loro, anche un vicolo orribile di Napoli ripreso al buio e con belle lanterne evocative, se giochi facile vinci
Dopo la prima mezzora non ero certa che sarei riuscita a portare a termine la visione, davvero troppo troppo lento, al quarantesimo minuto una troppo evidente citazione di "The Dreamers" mi ha convinta a proseguire.
Piaciuto? Non lo so, non mi è dispiaciuto
Cercare una trama che non c'è non ha senso
Parthenope è l'incarnazione della città di Napoli per come la vede il regista e con questa lettura tutto ha significato, condivisibile o meno
L'attrice Celeste Dalla Porta sacrificata ad un ruolo fatto di mossette e faccette, battute e risposte pronte che sono pronte solo perché ci viene detto nel film, Parthenope non risulta tanto arguta come ce la vogliono presentare, vedremo in futuro
Sempre meravigliosa Stefania Sandrelli
Bravi Silvio Orlando, Luisa Ranieri e quasi inguardabile Gary Oldman
Stasera in onda su Rai 1:
"La bambina con la valigia"
Film per la TV tratto dall'omonimo libro autobiografico di Egea Haffner e tratta la vicenda di una bambina esule giuliana costretta a lasciare il suo paese, come tanti altri esuli di Pola e non solo, dopo la scomparsa del padre, probabilmente vittima delle Foibe.
Per non dimenticare....
Anche a te consiglio vivamente di riguardare su Raiplay la puntata di ieri di Passato e presente, col professor Raul Pupo.
Due film provenienti da Venezia, entrambi candidati all’Oscar per il miglior film.
“The Brutalist” (2024) di Brady Corbet
Lazlo Toth è un architetto ungherese di origine ebrea che raggiunge suo cugino negli States subito dopo la seconda guerra mondiale, lasciando la moglie in Ungheria. L’occasione si presenta quando un magnate di Filadelfia gli commissiona un’opera da costruire su una collina che comprende una cappella, una libreria e una palestra. Toth progetta la costruzione come opera unica la quale, una volta conclusa, rappresenterà la sua visione della segregazione patita a Buchenwald. Il film mette a dura prova la resistenza dello spettatore per la sua durata, tre ore e mezza compreso un intervallo di 15 minuti. La sceneggiatura non è che sia così ricca, sono le scene ad essere molto lunghe all’interno di un’unica traccia narrativa malgrado il film si dipani nell’arco di 30 anni. Il protagonista è appunto Toth, gli altri personaggi vengono sviluppati in misura minore e ruotano sempre attorno a lui. Le riprese sono state effettuate con pellicola da 35 mm, formato VistaVision, anche se la maggior parte delle copie sono state distribuite con il più comodo digitale. In ogni caso la fotografia non ha perso la sua efficacia e la regia di Corbet (premio a Venezia) è ragguardevole, con alcune sequenze davvero magnifiche come ad esempio quella dedicata a Carrara e al suo marmo. Inutile dire che l’interpretazione di Adrien Brody è la migliore vista nel corso dell’ultimo anno; il suo risentimento mostrato nei confronti del mondo e delle persone, ma in generale la sua condizione di immigrato e perseguitato, anche quando raggiunge il riconoscimento, è da manuale (dovrei dire da oscar). Con “The Brutalist” non si può non pensare a “Megalopolis”, perché anche in quel caso il protagonista era un architetto visionario e futurista. Ma mentre il film di Corbet, con i suoi difetti, è un film riuscito, non direi lo stesso per quello di Coppola.
Osservando le opere architettoniche mostrate a conclusione del film si potrebbe pensare di Lazlo Toth come di un grande architetto effettivamente esistito; invece è frutto della fantasia degli sceneggiatori, tra cui lo stesso regista, ed ispirato dal libro “The Fountainhead” di Ayn Rand che ho avuto occasione di leggere qualche anno fa.
The Brutalist ****
“Ainda estou aqui” (2024) di Walter Salles
Della dittatura brasiliana non si è mai saputo troppo e poco si è indagato qui da noi, a differenza di quelli in Cile e Argentina. Il film racconta la vicenda che coinvolse una famiglia borghese di Rio accusata di appoggiare i sovvertitori comunisti che cercavano di opporsi alla situazione scaturita dal colpo di stato del 1965. Gli avvenimenti iniziano nel 1970 e nella prima parte nulla sembra presagire la catastrofe che si abbatterà nei confronti del capofamiglia, ingegnere ed ex deputato e di sua moglie. Si vedono i loro 5 figli nelle loro normali attività estive con giornate passate al mare e a feste private come era consuetudine a quei tempi, con la musica suonata grazie ai giradischi e la presenza di molti amici in casa. Di lì a poco le loro vite verranno stravolte e i loro diritti calpestati, con l’angoscia che non li abbandonerà per anni. A Venezia il film ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura e come “Emilia Perez” agli Oscar concorrerà in entrambe le categoria per il miglior film, quella generale e quella internazionale per il Brasile, mente Fernanda Torres in quella per la miglior interpretazione femminile. L’attrice è notevole nel riuscire a interpretare i sentimenti di una donna che deve sopportare la situazione capitatale senza farla pesare eccessivamente ai figli a cui deve dare una speranza di vita.
Ainda estou aqui ***
I famigerati squadroni della morte brasiliani, sovvenzionati e appoggiati dagli Usa.
“Nickel Boys” (2024) di RaMel Ross
Un ragazzo nero viene rinchiuso in un riformatorio dopo essere stato trovato dalla polizia in macchina con un delinquente dal quale aveva ricevuto un passaggio. Accusato ingiustamente di complicità, Elwood deve subire le angherie del direttore dell’istituto che lo maltratta. Il ragazzo nota inoltre che a lui e agli altri ragazzi di colore i servizi a disposizione sono fatiscenti, mentre ai bianchi sono riservate le migliori attrezzature della scuola. Nickel Boys è tra i dieci candidati all’Oscar per il miglior film e ha ricevuto delle ottime recensioni. Personalmente l’ho trovato poco convincente e con un soggetto inflazionato, quello dei soprusi subiti dai neri negli Stati Uniti. Evidentemente il problema del razzismo è ancora lontano dall’essere sradicato definitivamente e la società americana, quella afro in particolare, sente la necessità di riproporlo costantemente. Il film ha una regia particolare nell’utilizzo della cinepresa con l’interlocutore con lo sguardo fisso in camera come se questa sia la persona alla quale si sta rivolgendo. Mi sembra però più un modo per darsi un tono da cinema d’autore, che in verità questo film non ha, che quello di ottenere un risultato efficace. Ho però apprezzato gli ultimi dieci minuti per via di un collage di immagini, foto, pezzi di giornale nei quali si citano personaggi neri, anche famosi, protagonisti di vicende di cronaca.
Nickel Boys **
Ci sono sono diversi film belli, altri sono interessanti, altri si gustano semplicemente.
Invece “L’uomo di argilla” è potente. Direi quasi numinoso in quanto ne ha le caratteristiche: tremendo, affascinante e misterioso. Quindi NON piacerà ai molti.
Non sto a raccontarvelo perché se vi garbano i film intensi vi potete trovare diverse recensioni sul web prima di decidere.
Solo tre cose.
Lei vive e ama la propria opera d’arte, con tutti i sensi. Perché vivere è un’opera d’arte.
Lui fa parlare il suoi silenzi. Sembra mostruoso, ma diventa bello della sua tenerezza: rivedrei il film solo per osservare meglio il suo viso alla fine del suo concerto.
E’ anche un film sonoro: lunghe scene mute cadenzate da rumori: se emozionano diventano musica.
Allegato 37011
Noi ieri sera abbiamo visto il docu-film su Bennato: fatto veramente bene!
I miei dieci film preferiti visti nel corso del 2024.
“Vermiglio” di Maura Delpero
“The Brutalist” di Bardy Corbet
“L'Histoire de Souleymane” di Boris Lojkine
“Monster” di Hirokazu Kore'eda
“Grand Tour” di Miguel Gomez
“Pigen med nalen – The Girl with the Needle” di Magnus von Horn
“The Order” di Justin Kurzel
“Conclave” di Edward Berger
“Ainda estou aqui” di Walter Selles
“Queer” di Luca Guadagnino
“Anora” di Sean Baker
“The seed of the Sacred Fig” di Mohammad Rasoulof
“A Complete Unknown” di James Mangold
“No Other Land” (2024) di Basel Adra
Documentario che testimonia la distruzione di interi villaggi palestinesi in Cisgiordania tra il 2019 e il 2023 ad opera di Israele. L’obiettivo, evitare che si potessero espandere facendo in modo che le popolazioni si raggruppassero verso le città dove possono essere più facilmente controllati. E’ il destino di un popolo senza stato e che presumibilmente riceverà la mazzata finale dall’arrivo di Trump, senza che la comunità internazionale riesca a fare qualcosa. E’ stato presentato a Berlino l’anno passato e concorrerà all’Oscar come miglior documentario. E’ nelle sale in questo momento.
No Other Land ***