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Severance - Tagli al personale
(Severance)
Un film di Christopher Smith. Con Danny Dyer, Laura Harris, Tim McInnerny, Toby Stephens, Claudie Blakley, Andy Nyman, Babou Ceesay, David Gilliam. Genere Commedia- Horror, colore 90 minuti. - Produzione Gran Bretagna, Germania 2006.
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Trama: un gruppo di variegati dipendenti della ditta produttrice di armi Palisade deve effettuare un Week End di lavoro in una zona boschiva dell'Ungheria. Ma appena arrivano al luogo del ritrovo quanto mai inospitale sinistre presenze ne minano la tranquillità trascinandoli in un incubo apparentemente senza fine ...
Commento: il film horror che la distribuzione italiana propone questa settimana è Severance (per capire l'origine del titolo dovrete attendere fino al finale del film) che molto inopinatamente porta un sottotitolo che svela troppo, e in maniera del tutto banale gioca sul fatto dei tagli al personale (come riduzione di organico) come quelli dei tagli splatters operati sulle membra dei protagonisti. Christoper Smith (ha diretto nel 2004 l'horror metropolitano Creep-il chirurgo), qua anche sceneggiatore, costruisce questa commedia horror (non demenziale tranne che in un punto a dir poco follemente oltre) in maniera compita e da manuale, inoltrando nelle atmosfere boschive care a Jason di Venerdì 13 la carne da macello necessaria per il body count (tra l'altro boschi dell'Ungheria, datoi che ormai i paesi dell'Est dopo l'avvento di Hostel sono terra riconosciuta come foriera di sadismo e di violenza). Il copione è sempre lo stesso, una banale scusa (in questa sede una paura che l'autista del luogo che conduce il pullman aziendale non vuole affrontare) fa cadere nella trappola i sette avventurosi protagonisti del week aziendale, variegati e coloriti come si deve. Abbiamo la bionda desiderata dal gruppo, il manager che fa tutto tranne che essere un condottiero, il dipendente da ecstasy (che cosa fa nell'azienda? collaudatore di droghe?), i precisi e il bello decisionista. L'embrione della paura non si sviluppa subito, ed è continuamente intervallato da situazioni surreali e al limite del comico che appaiono sia durante la fase di preparazione al body count sia durante lo stesso. La cosa di fatto strania non poco, perchè l'ambientazione lontana dal centro urbano (non ci si preoccupa neppure di dire che i cellulari non prendono, lo danno come per scontato) e la casa in rovina (il lodge, come lo chiamano loro) erano perfette per dare una collocazione immaginifica d'aderenza alla tematica di base, mentre invece questa scelta di alleggerire l'atmosfera vuole strizzare l'occhio a un pubblico più variegato possibile scontentando comunque le necessarie filologie di genere. Si parla anche di politica in Severance, dove chi partecipa alla produzione delle armi ora si trova sotto il tiro di esse e l'uso e vendita impropria ne fa una vera arma boomerang per chi le ha costruite, ricordando che chi armò Saddam Hussein e Bin Laden fu proprio l'America (e la simbologia della folle scena sopra citata non è in questo senso casuale, come quella del simbolo sul corpo torturato). In questo in fondo gustoso pastiche commedialhorror (e in piccoli momenti anche demential) si segnalano comunque gli effetti speciali che sono di discreta fattura, la iconografia del luogo che fa da difesa riparo ma anche prigione e quel assurdo momento dei racconti del perchè quel luogo è pericoloso e assolutamente da evitare con un pezzo in bianco e nero muto stile Murnau. Nel cast abbiamo Laura Harris che fa la bionda Maggie (vista anche in The Faculty di Rodriguez) mentre il resto del cast è praticamente alla prima esperienza. Un film da vedere per puro divertimento e senza troppe pretese, con blandi riferimenti e ammonimenti all'uso improprio delle armi, a cui si possono avvicinare anche i non splatterofili o i thriller maniaci duri e puri in quanto l'atmosfera è davvero mitigata oltre che da immagini e situazioni paradossali anche da musiche concilianti e allegre. Certo, una commistione che abbassa il valore generale del film, ma probabilmente intenti produttivi e creativi non andavano nella direzione di creare una iconografia unidirezionale più pregna ma meno sparsa nel godimento ed accettazione del pubblico.
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Espiazione
(Atonement)
Cast Keira Knightley, James Mcavoy, Romola Garai, Saoirse Ronan, Brenda Blethyn, Vanessa Redgrave, Harriet Walter, Daniel Mays
Regia Joe Wright
Sceneggiatura Christopher Hampton
Durata 02:03:00
Data di uscita Venerd
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Superbad - 3 menti sopra il pelo
Titolo: Superbad - 3 menti sopra il pelo
Titolo originale: Superbad
Genere: Commedia
Anno di produzione: 2007
Nazione: United States
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Trama: tre amici sono determinati a portare alcool a una festa per poter disporre come si vuole delle avvenenti co-liceali del tutto disposte a coubriacarsi. Ma la difficoltà di riuscere a entrare in un negozio a comprare birra & co. a meno di ventuno anni è davvero un grosso ostacolo ...
Commento: tralasciando il solito sottotitolo italiano (che riprende Scamarcio e il suo 3 mt. sopra il cielo) demente e inutile, ecco che arriva la nuova versione della rivincita dei Nerds in una chiave leggermente diversa.
Evane e Seth sono due amici per la pelle destinati a lasciarsi per prendere strade diverse dopo gli studi, e Greg Mottola (ritorna alla regia dopo ben 11 anni seguendo il film L'amante in città con Stanley Tucci) fonda su questo disagio la sua commedia adolescenziale che vive di situazioni ormai consolidate nel genere.
Abbiamo però stavolta una grossa differenza: i nuovi nerd sono duri, massicci ed incazzati e non hanno nessuna voglia di subire oppure di lasciare le belle ragazze ad altri. Combattono, si ingegnano e primeggiano anche se la sfortuna li perseguita. E così il trio di soliti noti (il grassone, il timido, l'occhialuto magro e complessato) diventano coloro che guidano le situazioni, compresa quella di indirizzare la polizia (due assurdi agenti che sembrano usciti da Scuola di polizia) verso la retta via e l'uscita da una situazione compromettente.
Certo, il linguaggio è sguaiato, le situazioni piene di deja vu e clichè (le feste con ragazzi fatti e completamente ubriachi) ma la morale del film è tutto improntata sulla ricerca della vera amicizia tra i due (McLovin è solo un terzo incomodo) e sulla ricerca dell'amore e non del sesso, che viene incredibilmente rifiutato nel momento più facile da avere per trovarlo poi vero e sereno nella dolce scena finale, straniante rispetto a tutto il tono commedia spinta del film. Le battute e le gag, non c'è bisogno di dirlo, sono tutte improntate sul bisogno ormonale da soddisfare, sulla masturbazione, e su una iconografia fallica spinta (vedere le immagini sui credits finali a tale proposito, del tutto fuori di testa ma anche geniali) per poi dirigersi in una zona diversa, quella del vivere una vita libera e oltre che non dipende come successo dall'aver portato a letto la bonazza di turno, rivincita di McLovin e gli altri due sulle incombenze che mode e consuetidini scialbe impongono. Purtroppo, ovviamente, c'è un ma. Questi piccoli buoni semi di cui si parlava e visibili in alcuni piccoli siparietti (il finale e piccole scene a due tra amici) si intravvedono appena nascosti da quintali di nerdate e contronerdate già viste che in alcuni comparti escono preponderanti per paura di fallire nel bersaglio di soddisfare il pubblico venuto per vedere una commedia che potremmo definire del maial-college (parafrasando il titolo italiano di un film). Diciamo che andrete a vedere il film che vi viene promesso, ma qualcosina in più c'è. Peccato che essendo la qualità del genere tanto infima queste poche cose non possono dare valore particolare.
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<u>Planet Terror</u>
Grindhouse - Planet Terror
Un film di Robert Rodriguez. Con Rose McGowan, Marley Shelton, Freddy Rodriguez, Josh Brolin, Jeff Fahey, Michael Biehn, Naveen Andrews, Stacy Ferguson, Bruce Willis. Genere Horror, colore 105 minuti. - Produzione USA 2007.
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Trama: Una notte, come tante altre, ma soltanto all'apparenza ... una tranquilla cittadina texana sta per vivere uno dei suoi incubi più grandi, una contaminazione ad opera di un misterioso gas che trasforma chi lo inala in mostri affamati di carne e sangue, e con un terribile desiderio di mordere. Sono giunti tra di noi i terribili sickos, e il destino e la salvezza della città e di tutta la zona sono nelle mani di una ballerina di lap dance e la sua incredibile gamba modificata ...
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Commento: arriva in Italia il 28 settembre 2007 la seconda parte del dittico che gli americani hanno visto unito e che invece dopo il flop negli States è giunto in Europa diviso. Planet Terror di Robert Rodriguez formava con A prova di morte di Quentin Tarantino l'omaggio voluto dai due registi alla Grindhouse, la cosidetta "Casa che macina" che offriva due b-movie al prezzo di uno.
I due film erano intervallati e saldati da quattro fake trailer che alla fine nel dittico diviso hanno visto superstite solo "Machete" con Danny Trejo diretto dallo stesso Rodriguez, che narra le peripezie violente di un uomo che deciso a vendicarsi di torti subiti costituisce un esercito personale armato dell'arma del titolo e che a dosi di ultraviolenza affronta gli avversari (c'è anche una piccola pausa religiosa in mezzo a una miriade inaudita di botti e spari che risuonano nei brevi minuti del falso trailer, poi vedremo se falso rimarrà ...), mentre per gli altri tre firmati da amici di Rodriguez e Tarantino come Eli Roth, Rob Zombie e Edgar Wright (si, proprio lui, quello di Shaun of the Dead!) speriamo siano presenti nel dvd di prossima uscita.
Troverete il Fake trailer prima del film.
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Sopra : Danny Trejo in machete
Finito l'action trailer inizia il film vero e proprio (che era posizionato come primo nel Grindhouse americano) con la sigla del tutto profetica R.I.P. che sta per Rodriguez International Production ma che evidentemente vuol dire ben altro ....
Il film non è un film di zombie come si potrebbe credere a primo acchito ma come ci tengono a sottolineare gli autori un "Contamined Movie" che vuole omaggiare in maniera piena e totale il cinema horror italiano degli anni settanta e ottanta (a questo proposito Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi ne è per antonomasia il precursore) e contemporaneamente riprendere temi e stili di autori americani come il Carpenter dei tempi migliori (l'assedio, le fughe su auto scoperte) anche se ovviamente c'è anche molto Romero.
Il film come del resto A prova di morte è rovinato ad arte nell'immagine, graffiato a dovere per dare il senso di vecchio e consunto, ha un montaggio che sembra fatto in maniera artiginale ed addirittura si permette di inserire ad un certo punto una "Missing Reel"
bobina persa che trovate qui!
Le recensioni di Planet Terror - Planet Terror
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Scrivilo sui muri
Un film di Giancarlo Scarchilli. Con Cristiana Capotondi, Primo Reggiani, Anna Galiena, Yvonne Sciò, Daniele De Angelis, Ludovico Fremont, Mattia Braccialarghe, Dolcenera, Alessandro Tiberi, Francesca Mezzano, Michael Schermi. Genere Commedia, colore 89 minuti. - Produzione Italia 2007.
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Trama: Sole è una ragazza studentessa universitaria annoiata dal fidanzato ricco ma monotono. Una sera ha un incontro informale con Pierpaolo, un taggatore writer del gruppo dei Civil disobbedience.
Fattasi convincere a entrare nel gruppo di writers capeggiato da Alex , Sole si stupisce di questo nuovo mondo apertosi davanti e ne rimane affascinata, iniziando a riprenderli mentre dipingono con le bombolette e innamorandosi di uno di essi. Ma nel contempo i writers avversri dell' stk (sozzo tutto kuanto) non accettano che le opere murali dei civil abbiano tanto apprezzamento nella comunità dei taggers ...
Commento: In America un film sui writers verrebbe girato in tutt'altra maniera, esaltando il lato selvaggio del loro esistere e la voglia di esternare ogni disagio, centralizzando la loro lotta per quanto più o mneo da considerare errata in un viaggio interiore alla illustrazione dei loro sogni. Si sarebbero cercati treni bianchi come le tele da dipingere per dare nuovi colori itineranti, dimenticando totalmente le storie d'amore convenzionali in quanto l'amore sta nella mano che si muove con la bomboletta a disegnare all'infinito l'ideale. In Scrivilo sui muri Giancarlo Scarchilli (I fobici del 1999 ma anche sceneggiatore di varie commedie) disegna il ritratto assolutamente contrario, centralizza una banalissima storia d'amore giovanile tra una studentessa normale che sogna di uscire dal guscio e il cosidetto king dei taggers (Cristiana Capotondi reduce da Notte prima degli esami e che merita in fondo altre parti che questa ridicola della ragazzina sedotta dal fascino dei writers, coadiuvata da Primo Reggiani, presente in Melissa P) per spargere poi piccoli semi in giro dell'eversione e della lotta del sentimento che esce con le bombolette.
Il tutto sottolienato più volte dalla canzone emblema di Vasco Rossi "Vita spericolata"che il regista mette insicuro che le sue immagini possano arrivare al bersaglio. Cosa che comunque non avviene con o senza sottolineatura musicale.
I personaggi secondari poi sono da brivido, con il buzzicone sciupafemmine ma buono con la mamma divorziata e sfruttata, con il labbro storto che si fa chiamare Bronks, il buonista amante della famiglia e del papà con il camioncino Volkswagen, finendo e continuando con i nemici writers che non sono poetici per nulla ("Imbrattano e basta!"dice Alex a Sole) e sono, ovviamente, vestiti di nero. Un campionario di qualunquismo esasperato, dove si inneggiano a grandi ideali di eversione civile e artistica per pensare alla fine solo alla passera, con anche lotte all'interno del gruppo per averla, peccato che la gentildonna non ha pensato che loro sono fratelli prima che amanti.
Si diceva dei treni bianchi da dipingere, qui si parla di un treno nero e poi si decide di rendere artistico (non imbrattare) un treno con l'immagine di un politico. Certo, le vere idee genuine che si appropriano della politica sporca, da ridipingere per rendere migliore, peccato che tutto venga fatto annacquato e in mezzo a recitazioni anonime, situazioni inguardabili e sceneggiature ridicole e scontate. Non c'è poesia del lavoro dei writers (tralasciamo il concetto del giusto e dello sbagliato nel farlo, questo discorso non viene neppure sfiorato nel film, "si fa perchè è quello che vogliamo fare" dicono i protagonisti) in questo film di Scarchilli, lui la occulta dietro frasi fatte ("i suoi disegni parlano al cielo!") e bacetti estasiati per costruire l'ennesima inutile monotona commediola giovanile italiana di facile presa su una fetta di pubblico adolescenziale, da evitare nel più assoluto dei modi per chiunque voglia perdere tempo e denaro.
Partecipa in veste amichevole Anna Galliena, che fa la mamma di Sole, mentre la cantante Dolcenera fa la sua migliore amica, dai consigli del tutto privi di convinzione e che la sprona a cercare la libertà.
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Il buio nell'anima
Titolo originale: The Brave One
Regia: Neil Jordan
Sceneggiatura: Cynthia Mort ,Bruce A. Taylor ,Roderick Taylor
Fotografia: Philippe Rousselot
Musiche: Dario Marianelli
Montaggio: Tony Lawson
Anno: 2007
Nazione: Stati Uniti d'America / Australia
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 121'
Data uscita in Italia: 28 settembre 2007
Genere: thriller
CAST
Mercer Terrence DaShon Howard
Erica Bain Jodie Foster
Detective Vitale Nicky Katt
David Naven Andrews
Carol Mary Steenburgen
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Trama: Erica e David vivono insieme come fidanzati a New York. Una sera portando a passeggio il cane lei viene brutalizzata da un branco e lui ucciso. Uscita dopo tre mesi dal coma si risveglia con un gigantesco trauma emotivo che la porta ad avere il terrore verso ogni possibile incontro. Ma sarà l'arrivo di un'arma a risvegliare invece che le paure un terribile istinto di vendetta ...
Commento: Neil Jordan è reduce dallo strepitoso lavoro sul recente Breakfast on Pluto, e difatti alla veloce uscita del successivo, questo Buio nell'anima con Jodie Foster (indimenticabile Clarice Sterling ne il Silenzio degli innocenti) molti si chiedevano se la veloce produzione del film per un autore come lui poteva corrispondere a un risultato qualitativo valido.
Difatti, purtroppo, questo film è decisamente un passo falso per i suoi standard (qualcuno dice in ogni caso sui film dell'autore Irlandese "Come può essere brutto un film di Jordan?" proprio per esaltarne le qualità) che si colloca nel filone de "Il giustiziere della notte". Infatti la vicenda della speaker radiofonica non è che l'ennesima rimasticatura del bel film con Bronson del 1974 (il primo diretto da Michael Winner, non i suoi inutili seguiti), variato nella scelta di eseguire l'azione per intervento psicologico d'urto rispetto a quella della missione per convinzione (oltre che naturalmente per il sesso là maschile, qui femminile). Di fatto qui si vede davvero poco di interessante a livello di trama che a un certo punto diventa quasi ridicola nella sua progressione che vorrebbe essere tragicamente non consapevole per il personaggio e che invece è del tutto priva di attrattiva. L'importante e il succo del film è tutto nella prima mezz'ora, quando Erica, interpretata da una muscolare Jodie Foster (che non esita per un secondo a rimanere in canottiera nera per esaltare durezza e decisione vendicativa da perfetta iconografia giustiziera, anche se le sue espressioni facciali sono ricercate e convincenti) rimane dopo la tragedia che la colpisce in una sorta di limbo, con un terrore indotto davvero pregno, che ci fa capire esattamente che dopo simili violenze subite il sorriso è solo un accessorio che usare è davvero difficile. In questo frangente iniziale Jordan è pungente, preciso, e fa terrorizzare il personaggio ad ogni rumore, ogni sobbalzo, anche perchè invece di come di solito avviene in altri film di questo tipo, che tutto è velocemente presentato ma anche dimenticato per arrivare subito al dunque, qui le riprese di spalle e i primi piani sono una specie di angelo maligno che ci può ghermire ad ogni istante. Poi, però, dovendo in fondo agire per seguire l'arco di una rappresentazione pensata di vendetta, ma prendendo direzioni innocue e sbagliate tutto diventa patetico, ingiunto e non scorso come un fiume emozionale in piena. Si potevano e dovevano cercare altre strade, non quella di farla diventare una giustiziera senza sapore, sopratutto visto il nome dietro la camera da presa, che ci fa pensare di essere andato negli Usa a girarlo pensando solo al conquibus. Certo, la sua capacità tecnica c'è e si vede, lui è talmente bravo che girerebbe un film anche cieco, ma la costruzione e la progresisone della trama è talmente monotona che a un certo punto (raggiungendo l'apice nel finale) ci si chiede se l'ha fatto veramente lui o meno un prodotto a cui ha lavorato solo per mezz'ora di montato.
In definitiva un film da vedere con poche pretese, attendendo attrice e regista a prove molto più ispirate e convincenti.
Partecipa nella parte del fidanzato Naven Andrews, il Said della serie televisiva Lost (nei cinema italiani di questi tempi anche con Planet Terror di Rodriguez). il titolo originale The brave One (L'unica coraggiosa) fa riferimento al fatto che lei è la sola che non si tira indietro e reagisce ai sorprusi mentre gli altri stanno a guardare (e ad apprezzare nell'ombra che si tolgano i criminali dalla strada anche se in modo non ortodosso) .
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28 settimane dopo
(28 Weeks Later)
Un film di Juan Carlos Fresnadillo. Con Robert Carlyle, Rose Byrne, Jeremy Renner, Harold Perrineau, Jr., Catherine McCormack, Mackintosh Muggleton, Imogen Poots. Genere Horror, colore 99 minuti. - Produzione Gran Bretagna, Spagna 2007.
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Trama: Sette mesi dopo la terribile infezione che ha colpito Londra e la Gran Bretagna sembra che la situazione sia sotto controllo. Tutti gli infetti sono stati sterminati e la popolazione sana è stata messa in contenimento in luoghi determinati dai militari. Ma un nuovo inaspettato evento con la speranza di una guarigione totale può portare invece anche a un nuovo terribile ritorno alla situazione preesistente ...
Commento: A dirigere il seguito dell'ottimo 28 giorni dopo di Danny Boyle (ormai autore riconosciuto dopo le ottime prove che ha eseguito, come nel caso di Sunshine),e che non dimentichiamo fu uno dei primi a introdurre il concetto dei non morti che corrono, è stato chiamato il misconosciuto Juan Carlos Fresnadillo, autore e regista solo di Intacto. La cosa per i numerosi estimatori del film precedente (che aveva un inizio sfolgorante con quella Londra deserta e che provocò non pochi disagi per filmarla) all'inizio poteva sembrare quasi un affronto, con il rischio di costruire affidandolo a mani inesperte il solito zombie-movie carneficina senza nessuno spessore solo per richiamare folle di teen ager amanti del gore, rovinando l'impatto e l'affresco costruito precedentemente serializzandolo.
Invece niente di tutto questo : Fresnadillo evita accuratamente di cadere nelle facili cadute di tono con stereotipi e colloca il film prima con un inizio shock in campagna (ricollegando e riconducendo al precedente la situazione e interiorizzando nella disperazione dei protagonisti lo spettatore), con la telecamera che segue impazzita le terribili scene che avvengono, sporcandole nei colori e rendendolo monocramitche sul seppia. Un lavoro che arriva agli intenti, che nonostante non mostri praticamente l'atto della lotta nei suoi dettagli e non si soffermi mai su un particolare rende perfettamente l'idea di come può essere invivibile un mondo ancora contaminato. Certo, di sicuro la furbizia non manca ad un regista senza particolare dote di filmare in maniera dilettantesca per coprire pecche artistiche, ma cogliendo il bersaglio questo si tralascia nell'ottica visiva.
Poi la seconda parte ci mostra l'effetto asettico del paese libero dall'infezione ma per nulla sicuro, in quanto le decisioni dei militari per liberarsi del problema rendono la cosa praticamente una prigionia, e introducendo in sceneggiatura la possibilità chimera di un rimedio stabile si trova il modo di giocarsi l'ingresso, per quanto pericoloso, del vero ritorno alla vita. La fotografia (colori smorti e sporchi) e il lavoro di inquadratura sono la cosa tecnicamente migliore del film (l'uso dei cecchini continuato e il loro mirino ne esalta la scelta), che non perde di ritmo, si muove all'inizio con calma poi diventa un action zombie di graduale schema nell'ottica della lotta per sopravvivere, dove il caos imperante impedisce di capire chi sono gli amici e chi sono i nemici. E la scelta di trovare luoghi disabitati dove prima c'erano folle (lo stadio, la città) aumenta in noi lo stato di soppraffazione per la terribile diaspora abitativa.
Se qualche difetto si può trovare lo si deve cercare in alcune scelte narrative un po' ingenue (certe cose di fatto sembrano un po' troppo tirate per i capelli, come la scoperta della grande possibilità che avviene senza che ci sia un controllo preventivo sulla fuga e l'inizio della contaminazione priva di sorveglianza, ma c'è qualche altro particolare che non cito per non rovinare la sorpresa ) che testimoniano che era difficile uscire dal labirinto situazionale in piena credibiltà, ma riuscendo a tenere alto il tono del film, queste cose si disperdono e vengono anche bonariamente tralasciate. Anche perchè usando iconografia davvero performante nel ricordo (quel buio nelle segrete per i prigionieri che ricorda le camere a gas naziste di Schindler List) si lascia davvero poco spazio alla descrizione che avrebbe appesantito. Nel cast abbiamo Robert Carlyle (che aveva già lavorato con Danny Boyle sia in Trainspotting che in The Beach) che disegna perfettamente il profilo del padre con una macchia da nascondere e che poi si disperde nelle necessità recitative per via della parte che gli viene affidata.
Un film davvero buono, angosciante, che anche se non arriva ai livelli del precedente ne è un ottimo prosecutore, dotato di effetti speciali limitati e non invasivi, che fa della solitudine e dell'insicurezza la sua arma migliore per tratteggiare l'alba di un mondo che non può sentirsi sicuro solo con palliativi di contenimento e non di cura. E anche chi non è un fan del genere zombie-contamined se lo può godere senza problemi, a patto ovviamente di non essere ultrasensibile, è un film che esce dai canoni e dalla nicchia di genere. Un terzo capitolo di questo livello non sarebbe davvero un brutto presentimento.
Due curiosità: il nome del soldato coraggioso che vediamo in azione è Doyle (quasi ad omaggiare il regista precedente) mentre una scena è identica a quella di Planet Terror di Robert Rodriguez in uscita nelle sale contemporaneamente a questo.
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Titolo originale: Hairspray
Regia: Adam Shankman
Sceneggiatura: Leslie Dixon
Fotografia: Bojan Bazelli
Musiche: Marc Shaiman
Montaggio: Michael Tronick
Anno: 2007
Nazione: Stati Uniti d'America
Distribuzione: Moviemax
Durata: 91'
Data uscita in Italia: 28 settembre 2007
Genere: commedia
Wilbur Turnblad Christopher Walken
Velma Von Tussle Michelle Pfeiffer
Tracy Turnblad Nikki Blonsky
Penny Pingleton Amanda Bynes
Link Larkin Zac Efron
Edna Turnblad John Travolta
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Trama: Baltimora, 1962. Tracy è una giovane dotata di una grandissima vitalità per nulla segnata dai chilogrammi di troppo, che vive la propria giornata in monotone ore di scuola in attesa delle 16 per il Corny Collins Show, un programma tv dove si balla e si canta in nome dello sponsor, una lacca. Il sogno di partecipare alla trasmissione tv sembra avverarsi, ma ci si dovrà scontrare purtroppo con quello che sullo schermo non si vede ...
Commento: Amanti del musical gioite! John Travolta è tornato con un film sui capelli, e in versione lacca o brillantina lo spettacolo è comunque assicurato. Remake di un film che nel 1988 ha creato scalpore, ad opera dell'irriverente John Waters, qui in un cameo, e che aveva come protagonista Divine, il regista Adam Shankman (un apprezzato coreografo che ha diretto Vin Diesel nell'orrendo Missione Tata) confeziona un film pieno di brio che tocca anche le tematiche sociali dell'integrazione, come d'altronde anche lo spettacolo teatrale da cui deriva che vanta innumerovoli repliche a Broadway.
All'insegna del sereno "Grasso è bello!" Tracy (una bravissima Nikki Blonsky, prima apparizione sul grande schermo) vive le sue giornate senza preoccuparsi minimamente dei chilogrammi di troppo, e affronta le giornate con la danza e il canto, sognando una cosa che di stellato ha solo l'esterno, e il duro incontro con la cattivissima Velma (una Michelle Pfeiffer bellissima e sensuale nella sua ricercata odiosità) la pone di fronte ad interrogativi che proprio non si aspettava. Tra l'altro non ha nessun problema a cercare di conquistare il cuore del bellissimo dancer che tutte sognano, Link Larkin (interpretato da Zac Efron, idolo delle teen agers per High School Music), dimostrando ancora una volta di più che non ci sono limiti dell'aspetto che possono minare i desideri (e stessa cosa con il discorso del bianco con il nero, simboleggiato dalla maturazione quando viene tolto il lecca lecca a Penny), monito di coraggio per tutte coloro che non si sentono belle oppure trascurate.
L'inserimento del trio nero di cantanti poi è pieno di brio, sopratutto quando appaiono sui muri e sui manifesti a dimostrare il coraggio di una parola di libertà e interazione che non è relegata solo nei sogni di un garage musicale dove si radunano a suonare e cantare coloro che in televisione hanno un solo giorno disponibile (il cosidetto Negro Day) oppure costretti a farsi punire a scuola per avere spazio e libertà (tutti gli studenti vorrebebro avere uan scuola che ti punisce in quel modo).
I temi sociali, e quelli emozionali di cui si parlava, nel film sono presenti (l'integrazione razziale in una Baltimora anni 60, dove ci si chiede se il problema maggiore è quello di far interagire bianchi e neri nella stessa trasmissione visto che si protesta solo per quello) ma il tono del film alla fine ovviamente deve ricondurre alla danza e al movimento della trama con il canto (le canzoni sono sottotitolate, chi non conosce l'inglese non si preoccupi) edulcorando il messaggio per una cosa ormai superata al giorno d'oggi in quel luogo e frangente, cosa che probabilmente al regista non interessava assolutamente per visualizzare e sottolineare meglio coreografie e balletti.
Il ritmo del film, per quanto leggero, comunque è ottimo, tutto scorre in maniera divertente e le canzoni si ascoltano con gioia anche perchè interpretate benissimo, e John Travolta che fa Edna è fenomenale con quel trucco esagerato che lo appesantisce e ingrassa, e poi quando si scatena nel ballo finale i Pulp Fiction amanti sorrideranno, come del resto la nuova parte di Christopher Walken è gustosissima (anche se ormai dobbiamo rassegnarci che l'attore faccia solo caratterizzazioni e non aprti principali), nella parte del marito innamorato ed eterno fanciullo che sostiene i sogni della figlia contro quelli della madre.
Il cast di stelle (tra cui mettiamo anche Queen Latifah nella aprte della madre del ragazzo che si innamora dell'amica di Tracy, Penny) non fa che impreziosire un lavoro che soddisferà gli amnati del musical innanzitutto, ma che può benissimo essere visto anche da chi vuole una commedia rilassante e giocosa, che parte a raccontare una storia di rivalità televisive per essere monito di richiamo sociale, cercando di dirigersi vrso un pubblico più spalmato rispetto al alvoro di Waters che era intellettualmente più pregno.
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Un'Impresa Da Dio (Evan Almighty)
Cast Steve Carell, Morgan Freeman, Lauren Graham, Jimmy Bennett, Jonah Hill, Wanda Sykes, John Goodman
Regia Tom Shadyac
Sceneggiatura Steve Oedekerk
Durata 01:30:00
Data di uscita Venerdì 28 Settembre 2007
Generi Commedia, Fantasy
Distribuito da UNIVERSAL
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Trama: Evan Baxter sta vivendo un momento magico: diventato onorevole possiede una casa gigantesca e ben arredata, ha una moglie incantevole e tre figli. Un giorno dopo aver fatto una preghiera gi appare nientemeno che Dio che gli ordina di costruire un Arca. Evan all'inizio non accetta ma non è certo facile dire di no a colui ...
Commento: Sequel di Una settimana da Dio, godibile film con Jim Carrey e Jennifer Aniston, diretto sempre da Tom Shadyac. Ma mentre il film precedente aveva una sua particolare verve con battute a ripetizione, una straniante logica di assurdità sorretta dalla mimica facciale di Carrey, questo loffio seguito è solo una favoletta ecologista di basso profilo con un protagonista che mima la sua completa estraneità a reggere la situazione come se fosse uno stralunato buontempone impazzito di paese. Di fatto Steve Carrell (visto anche nel pessimo 40 anni vergine) non può reggere da solo il film, e aveva bisogno di uno script molto più solido di quello della famiglia stile "Mulino bianco" che deve accollarsi una missione tanto onerosa e impegnativa, dove la bella Lauren Graham (tenera Mamma per amica della Tv) si dimostra comprensiva oltre ogni limite di fronte ad ogni assurda eccentricità del marito ormai assurto a pazzo santone. La vicenda si apre e si chiude con la colomba della pace, e in mezzo ci si imbatte in tante piccole trovate di nessun sapore, come la barba che non smette mai di crescere indipendentemente da quanto la si tagli oppure l'arrivo sparso degli animali a seconda della necessità (poi alcune specie probabilmente hanno avuto anche un aiuto divino per arrivare, ma in una fantacommedia come questa le logiche di racconto sono molto flebili). Ed ecco allora che in tanto piattume narrativo le apparizioni divine di Morgan Freeman (presente nella stessa parte anche nel primo, nel solito dualismo political correct del nero vestito di bianco che unisce le razze) sono una piccola boccata d'ossigeno, mentre Carrell si agita senza valore, i personaggi secondari non reggono la scena e non portano nessuna divertente sottotrama. Visivamente gli effetti speciali dei movimenti degli animali, sopratutto quelli finali, pur non essendo perfetti (ogni tanto le immagini sembrano incollate con gli sfondi e non interagiscono bene), rendono sulla scena l'idea dell'esodo, peccato che non arricchiscano ma ne siano solo una pacata presenza. Ci si trova a dover vedere 90 minuti di pellicola (Dio è intervenuto e l'ha fatto durare poco) sperando solo che appaiano i due grandi gigioni Goodman e Freeman, che nella vicenda in fondo hanno dei ruoli importanti per la trama ma marginali per la presenza, arrivando anche a trovare la famigliola perfetta antipatica e risaputa. In definitiva un film commedia buonista per famiglie di basso profilo, con un messaggio naturalista vacuo come pochi e che man mano che procede aumenta in noi la noia e non il divertimento.
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Cemento armato
Un film di Marco Martani. Con Nicolas Vaporidis, Giorgio Faletti, Carolina Crescentini, Dario Cassini, Matteo Urzia, Ninetto Davoli, Thamisanqa Molepo, Paolo Bernardini. Genere Commedia, colore 93 minuti. - Produzione Italia 2007.
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Trama: Diego Santini è un ragazzo di buoni propositi (avere una casa con la fidanzata Asia, costruire una famiglia) ma purtroppo non riesce a fare a meno di vivere di espedienti e ogi tanto di combianre qualche errore di troppo. Un giorno per salatare la fila delle macchine che lo precede, viaggiando con uno scooter rubato, spacca i finestrini esterni di alcune macchine, tra cui quello della Mercedes nuova di zecca del boss locale che gestisce il traffico di eroina. Le conseguenze di questo gesto che sembra banale al giovane Diego peseranno parecchio ...
Commento: Davvero niente male questo esordio registico di Marco Martani (che si era fatto le ossa alla corte dei Vanzina), con un film violento, drammatico, pieno di sfaccettature e con alcune caratterizzazioni davvero degne di nota. Il protagonista della vicenda è il beniamino delle teen Nicolas Vaporidis, che, sorretto ancora qua in produzione da Brizzi, suo regista e nume tutelare de Notte prima degli esami e del suo newquel Notte prima degli esami ... oggi fa Diego, questo ragazzo di borgata che deve vedersela con un terribile boss del territorio, il crudele"primario", interpretato da un Faletti (presente anche lui nei film di Brizzi) a dir poco luciferino e ispirato. Sempre parlando del fronte attori purtroppo la prova di Vaporidis è scarsissima, d'altronde se non si sa recitare è inutile che si cerchi di cambiargli ruolo per valorizzarlo (si può solo dare un merito di buona volontà nel tentativo di uscire da comodi clichè) e sopratutto di aumentarne il tasso interpretativo con una parte di fuggiasco e vendicativo. Espressioni, corse, disperazione sono mostrate proprio con valore di bassa lega dall'attore. La Crescentini (anche lei nella squadra di Brizzi) non deve fare poi granchè per mostrare il suo ruolo di ragazza che ha subito gravi torti e che vive nella paura, in quanto più che la recitazione ci pensano un viso emaciato dal trucco e lacrime sempre presenti farcelo capire. Il vero grande fulcro recitativo sta nei ruoli dei cattivi :Martani dimostra di avere avuto una grande influenza dai film di Quentin Tarantino, Pulp Fiction in primis, dato che riempie il suo film di citazioni (la scena dello sparo) ma sopratutto di dialoghi esistenziali concreti e pacati anche se trattano di questioni di vita o di morte o di affari economici importanti. Di fatto "Il primario" è un Marsellus Wallace non di colore, con le sue massime di controllo e comando e le sue telefonate velenose, mentre il suo guardiaspalla Said (ottima l'interpretazione di Thamisanqa Molepo) è un killer fedele ed esistenziale con cultura e frasi ad effetto che ricorda Vincent Vega o Jules Winfield. Faletti comunque domina come da copione il film, la sua aurea malvagia permea ogni situazione, sia se compiuta dai suoi scagnozzi o da lui, e procede in un odio sempre più in ascesa nel progredire della sfida e della ricerca di colui che ha osato opporsi.
Belle poi le simbologie, con le mani del boss sul modellino della città, ottimi come si diceva i dialoghi, e valida la fotografia che si rabbuia e tiene colori scuri per sottolineare il clima di oppressione del film.
Martani vuole costruire un film dove vendetta e torti si incrociano continuamente, dove il ritmo non si spezza e le limitate pallottole sparate sono comunque determinanti, simboleggiando che qualunque sforzo anche se raro può arrivare al bersaglio. Come fattore interpretativo, ultima ma non ultima, la presenza di Ninetto Davoli che è sempre piacevole vedere sullo schermo, che fa la parte di Pompo, il riclicatore di merce che scotta.
Il film è costruito come una sorta di vendetta a catena, mantenendo un ritmo sempre valido, crudo, cattivo, mai consolante che non risparmia nessuno ed impreziosendosi ma mano con dei dialoghi ottimi e le simpatiche perle di saggezza di Said (“Sapete da dove deriva la parola Okey?”) tutte dette con voce pacata e illuminata (e una volta tanto vedere che i cinesi non parlano con le elle o i neri con l'inflessione “si buana” è davvero consolante).
Tra l'altro valore aggiunto questa sorta di interrazziale presente, con difesa dei diritti di tutti soprattutto quando hanno potere di creare paura nella scena del ristorante.
Si mostrano poi tutti i lati della giustizia, con la polizia sia corrotta che integerrima che agiscono assieme, mostrando che il marcio e il buono sono in ogni cosa (come nel caso delle scene del crudelissimo boss tenero con la famiglia).
Una bella inaspettata sorpresa da parte del cinema italiano non d'autore , una volta tanto coraggioso, che sarebbe stata sicuramente migliore se invece di tenere compatta una squadra (derivata da precedenti produzioni) con un perno davvero scarso avrebbe potuto migliorare ancora la sua prestazione, soddisfando comunque chi vuole vedere un film non originalissimo nella concezione (e ancora una volta, a ricondurre, in film di questo tipo vediamo un manifesto di Scarface di Brian De Palma) ma pieno di convinta voglia di raccontare una storia dura e non consolante.
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Mr. Brooks
Un film di Bruce A. Evans. Con Kevin Costner, Dane Cook, Demi Moore, William Hurt, Marg Helgenberger, Danielle Panabaker, Ruben Santiago-Hudson. Genere Drammatico, colore 120 minuti. - Produzione USA 2007.
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Trama : Earl è un affermato uomo d'affari con bella moglie e figlia al seguito. Sembrerebbe la classica famiglia felice e senza problemi che vive la sua condizione agiata nella più assoluta serenità, se non fosse per un piccolo particolare: Earl è completamente pazzo e schizofrenico e compie gesti terribili. Una sera, dopo una delle sue follie, qualcuno lo ricatta e la cosa lo incattivisce ancora di più. Soltanto una bella poliziotta determinata a scoprirlo sembra possa fermarlo ...
Commento: quando due star decadute di Hollywood si ritrovano (Kevin Costner, che ha abbandonato da tempi fastosi progetti produttivi molte volte fallimentari, e Demi Moore che ultimamente ha fatto parlare di se più per il gossip che per le sue prove d'attrice) cercano sempre di trovare una trama che possa dar loro il giusto spazio senza pestare i piedi l'uno all'altro, e che contemporaneamente possa ammiccare al pubblico con un film facile e di sicura presa. Cosa di meglio che un thriller, magari a tinte fosche, dove non serve neppure darsi troppo da fare con espressioni particolarmente drammatiche ? Oltretutto in mano a un regista yes man come Bruce A. Evans (che non dirigeva dal 1991). Per l'occasione viene elaborata una trama contorta, dove i criminali sono più di uno e le indagini del passato della poliziotta vengono allo scoperto per incrociarsi sia con la sua vita privata che con le inchieste attuali. Ma la trama che vorrebbe coprirsi di punti geniali nelle soluzioni, molte volte diventa quasi ridicola, con delle scelte che sono davvero poco convincenti, partendo da quell'assurdo ricatto (che a un certo punto gli sceneggiatori dovrebbero spiegare come mai una cassetta di sicurezza con documenti vitali per il titolare viene violata con tanta facilità) fino ad arrivare al fatto che con più di un terribile assassino seriale libero la gente lasci un semplice chiavistello a difendere l'entrata di casa.
Tralasciando comunque le varie domande che ne inficiano la corretta precisione danneggiando il gusto totale del film, il vero problema sta che il marcio presente negli animi è edulcorato da riprese sempre solari (quanto sono lontane le atmosfere plumbee di Fincher in Seven) che mal si collocano con vicende così presuntuosamente scabrose, ma si sa quando ci sono in ballo ex-star che vogliono ritornare in scena con un piede al sicuro e l'altro timidamente approcciato queste cose capitano (come tutte le partecipazioni femminili a innocui filmetti horror) .
Per cui poi Demi Moore è sempre bella e pulita nella sua muscolare presenza (manco dopo ogni giornata da poliziotta andasse a qualche salone di bellezza), Costner è l'affezionato padre di famiglia che vorrebbe ma non può, non per colpa ma per istinto, e tutte e due i personaggi hanno una scusa per essere di fondamento buoni ma indottamente (da condizioni esterne) cattivi.
Questi mezzi progetti (qualcosa ricorda anche il molto più riuscito Talento di Mr. Ripley, mezzo citato nel titolo del film con Matt Damon & Jude Law) sono di fatto una bufala noiosa e risaputa, anche se bisogna ammettere che le veloci scene degli omicidi un colpo di impatto lo hanno (ma che si perde totalmente nella vacuità dello script generale) rendendo il film noioso, ripetitivo, scontato.
L'unico vero personaggio azzeccato è il Marshall della Beautifuil Mind di Earl , dove Willam Hurt caratterizza in maniera pregna un amico relativamente fuorviante ma che alla fin fine è l'unico di cui fidarsi in un mondo davvero difficile dove per fortuna i serial killer trovano il coraggio di fare buone azioni cercando di fermarne altri. Se vi piacciono i due attori questo è il film che fa per voi, se cercate un buon film thriller pieno di sorprese l'occasione è assolutamente da cercare da qualche altra parte.
Una curiosità: citazione forse involontaria il continuo dire da parte di Costner “Mi chiamo Earl”, con riferimento alla divertente serie televisiva con protagonista il karma
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Surf's Up: I re delle onde
(Surf's Up)
Un film di Ash Brannon, Chris Buck. Genere Animazione, colore 85 minuti. - Produzione USA 2007.
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Trama: Cody Maverick è un pinguino che stufo di immaganizzare le scorte di sardine per il gruppo che vive in Antardide, ricorda con nostalgia l'incontro con il Re del Surf detto "Z" che gli diede una medaglia quando arrivò dalle sue parti. Preso il coraggio a due pinne è il momento per Maverick di dimostrare quanto vale sul surf in una competizione dove il nuovo campione da battere Tank usa metodi di gara davvero poco leali ...
Commento: Arriva nelle sale un nuovo film con protagonisti i pinguini, dopo Happy Feet del dicembre scorso e l'apparizione da co-star degli animali in Madagascar (senza contare anche l'ottimo film sulla razza dei pinguini imperatore con la voce di Fiorello La marcia dei pinguini).
Stavolta la storia non si concentra nell'integrazione del diverso con la tribù che non lo vuole, ma sul fatto che la caparbia voglia di emergere nello sport si coniuga con la voglia di riuscire nella vita ad uscire dagli schemi monotoni di un lavoro del tutto privo di attrattive (come un impiegato o un operaio che passano i loro giorni tutti uguali) realizzando un sogno nel cassetto. Il film, molto curioso nella sua costruzione, in quanto è fatto come se fosse un film-intervista-verità con la camera che segue e l'operatore che chiede lumi sull'accaduto ai protagonisti, narra le avventure del pinguino Maverick (che sta come se fosse "capo di bestiame non marchiato", cioè libero, Maverick era il nome del pilota interpretato da Tom Cruise in Top Gun) alla ricerca di un premio sportivo che poi risulta essere qualcosa di diverso e migliore (filosofia che riprende cars della Pixar).
Molto curioso l'inizio, dove con una sorta di ripresa bianco e nero si mostrano delle retrospettive della vita del campione scomparso, stile immagini di repertorio, dandogli un tono di vecchio sporcando la pellicola e rendendola similconsunta (solo in quel frangente comunque), inizio che poi dopo si snoda ed evolve attacando ai protagonisti la troupe di inviati che li segue passo passo (bellissime le scene del pollo nella foresta a questo proposito).
Film che in fondo non presenta niente di nuovo fondamentalmente, la storia è già stata sviluppata e vive di varie contaminazioni (il mentore e l'allievo che si staccano da tutti per allenarsi, la ragazza coraggiosa, il nemico spocchioso) ma viene trattata con grande tocco leggero, senza minimamente introdurre nessun personaggio umano e che poi prende ritmo appena la gara si svolge.
Ci sono delle citazioni sparse, dal manager con i capelli alla Don King (il manager di Tyson), alla bagnina stile Baywatch che fa il verso a Pamela Anderson, con un polipo rosso al posto dell'attrezzatura di salvataggio, che impreziosiscono e sono simpatiche.
Certo, esiti e meccaniche della storia sono abbastanza scontate, ma alla fine le piccole trovate, la simpatia dei personaggi e il tono scherzoso delle interviste che intervallano la storia, lo fa godere frizzantemente senza particolari problemi di noia. Tra l'altro probabilmente i piccoli spettatori non si divertiranno neppure tanto, in quanto non esiste il vero personaggio simpatico che ne prende da tutti (compito che deve svolgere il pollo amico ma è in maniera diversa dalle solite botte casuali che arrivano per divertire) e la visione con quella ripresa in steady reality non delle più logiche per il fanciullo prepuberale.
Le animazioni sono strepitose, le interazioni con gli sfondi ottimi e l'acqua dei tube del surf davevro incantevole.
I personaggi 3d in cg hanno sagome e colori morbidi e gradevoli anche se non a livelli di happy feet dove si vedevano anche il pelo dei amntelli dei personaggi. in definitiva un film divertente, simpatico, e con piccole scelte geniali che racconta una storia già vista senza essere monotono oppure troppo qualunque. Ottimo per una visione familiare senza pretese, rimanendo comunque al di sotto degli standard (sopratutto di storia) rispetto ad altri prodotti similari. Certo che un pinguino Colonnello Kurtz potevano anche citarlo ...
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Michael Clayton
Un film di Tony Gilroy. Con George Clooney, Sydney Pollack, Tilda Swinton, Tom Wilkinson, Austin Williams, Sean Cullen, Michael O'Keefe, Ken Howard, Merritt Wever, David Lansbury, Bill Raymond. Genere Drammatico, colore 125 minuti. - Produzione USA 2007.
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Trama: Michael Clayton è un ex pubblico ministero che lavora ora per sistemare in maniera sporca gli intrallazzi dei facoltosi clienti dello studio legale con cui collabora, legato a filo doppio per via della sua dipendenza dal gioco con cui perde cospicue cifre. Ma un giorno una inchiesta più scottante del solito contro una multinazionale che ha sparso sostanze cancerogene lo costringe a mettersi di fronte alla sua coscienza che non gli permette ormai più di essere tranquillo ...
Commento: Tony Gilroy è un apprezzatissimo sceneggiatore (a lui si deve nientepocodimeno che lo script de l'Avvocato del Diavolo) che decide di raccontare e dirigere in modo asciutto, deciso, preciso, questa storia dell'uomo in conflitto con se stesso che si ribella a un lavoro che ormai non accetta più per motivi etici.
Con in produzione (insieme anche a Pollack, presente pure come attore nel film) l'amico di tante battaglie Sodebergh (e hanno lavorato assieme nel recente Intrigo a Berlino), George Clooney entra nel personaggio da par suo (recitazione davvero incredibile, completa, misurata, ineccepibile nel suo visivo senza accellerazioni o estremismi espressivi) e si sobbarca praticamente l'intero corpus del film apparendo in maniera praticamente totale e costante. La vicenda di questo ex pubblico ministero che si vende per pagare i debiti aggiustando la verità, non è certo nuovissima come incipt di base, ma Gilroy si dimostra capace anche dietro l'mdp instillando nello spettatore tramite le riprese sul volto di Clooney (a dir poco strepitoso l'incredibile piano sequenza finale) l'angoscia per la sorte delle persone coinvolte e per la perdita della dignità personale. Un lavoro di fino per una vicenda che si snoda in maniera efficace, lentamente nella prima parte per poi esplodere nella rabbia repressa che si è tenuto dentro nel finale. Lo spettatore non si confortevolizza subito di fronte alla vicenda di Michael, il film in quel momento gli chiede attenzione e concentrazione per potergli spiegare come mai l'ex pm è tanto tormentato interiormente, come mai cerca di aggiustare le cose in una maniera diversa da quella dell'amico tanto cercato (un Tom Wilkinson bravissimo a caratterizzare la personalità schizofrenica di chi viene definito di comodo matto senza esserlo solo perchè ribelle e plateale nella sua denuncia) e quali sono le vere colpe dell'industria che ha distribuito il fertilizzante maledetto.
Questa progressione lenta può rendere ostica la visione affaticando, ma poi quando il quadro esplicativo è completo, il film esplode letteralmente di furia, non c'è più tempo per le parole di comodo che aggiustano ma solo per quelle di verità che fanno giustizia, in un discorso finale (ricordiamo che fece Gilroy con il discorso finale di Al Pacino ne L'avvocato del diavolo) dove ogni parola è una mazzata, una spada che colpisce di taglio l'uno per sanare l'altro.
E in quel momento veniamo ricompensati dalla fatica fatta, veniamo gratificati ed estasiati dal lavoro dell'artista che quando completa il quadro fornisce un quadro di insieme praticamente perfetto. Simbologie immediate (il pascolo di libertà dei cavalli che presagisce il futuro nuovo cammino di Michael) e situazioni d'identificazione al messaggio (il vile atto verso l'amico odioso come l'atto compiuto dalla ditta incriminata) poi rendono ancora più penetrante la forza del racconto, che vive di stupendi interpreti. A parte Clooney, davvero da Oscar, e Wilkinson (recitazione da disperato davvero valida) abbiamo anche Sidney Pollack in una caratterizzazione di classe, e Tilda Swinson che smessi i panni della cattiva regina dei ghiacci di Narnia fa la parte di una donna senza scrupoli a cui pesano le decisioni difficili tanto da farle abbondantemente sudare le ascelle.
Si parlava del piano sequenza finale, tutto fatto sul volto di Clooney dove le parole dimenticate e non dette nel film vengono condensate ora nelle espressioni facciali, discorso muto pieno di suoni di messaggio.
Questo film dall'impianto quanto mai classico dei legal movie (nessuna sbavatura, nessuna congiuntura rattoppo per coprire buchi di trama, nessuna scelta fuorviante dal racconto principale) potrà ricordare a qualcuno la molto più edulcorata (anche se quanto mai efficare ) Erin Brockovich di Sodebergh tra l'altro, con una spruzzata del Verdetto di Lumet in chiave diversa (tutti a un certo punto vogliono affossare tutto per amore dei soldi senza badare ad altro), ma pur vivendo di contaminazioni piccole o grandi (queste ed altre) vive di vita assolutamente propria, regalandoci una pellicola intensa, illuminata e coinvolgente come pochi nel quadro finale del risultato. Nell'asfittico cinema di oggi tutto prodezze visive questo gioiello ci ricorda che la cosa che rischiara di più di tutte è la pulizia dell'animo, che si cerca nella verità che è, non in quella che deve essere. E meno male che ci sono gente come Pollack, Sodebergh, Gilroy e il grande George Clooney (che sceglie le sue parti con una oculatezza sopraffina per far splendere artisticamente la sua carriera) a voler rischiare con una pellicola ad alto rischio flop per ricordarcelo. E davvero, stupendamente, questo è cinema che è, non che deve essere ...
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Rush Hour - Missione Parigi
(Rush Hour 3)
Un film di Brett Ratner. Con Jackie Chan, Chris Tucker, Max von Sydow, Hiroyuki Sanada, Yvan Attal, Youki Kudoh, Noemie Lenoir, Zhang Jingchu, Tzi Ma, Dana Ivey, Julie Depardieu, Roman Polanski. Genere Azione, colore 90 minuti. - Produzione USA 2007.
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Trama: Carter e Lee devono lasciare l'America per recarsi in trasferta nella magica Parigi dove si potrebbe nascondere la verità su un terribile complotto ordito dalle triadi. Ma in un un luogo dove non conoscono la lingua e a quanto pare ci sono troppe belle donne fatali, la loro indagine risulterà molto più pericolosa dle previsto ...
Commento: terza avventura di uno dei più scompaginati duetti del cinema poliziesco (un nero assetato di sesso e un cinese maestro di arti marziali), dopo i precedenti “Rush Hour – Due mine vaganti” (1998)
e “Rush Hour 2-Colpo grosso al Drago Rosso” (2001), ambientata nella Parigi dei sogni, dei grandi alberghi e delle belle donne che subiscono l'arrivo dei due cicloni targati Usa. Di fatto Brett Ratner (autore del terzo capitolo degli X-men) gioca tutto il suo film su questi topoi, ambienti fascinosi che fanno da sfondo a colpi di arma da fuoco (nel più puro stile del clan dei marsigliesi, sintomatica la scena nel locale spettacolo) e battute spiritose affidate alla vena comica di Chris Tucker. Dopo un inizio ad inseguimento (in Usa) a piedi per le vie della città (memori di quello dell'ultimo 007, ma questo di Chan è molto molto peggio) dove si scopre chi sarà la nemesi cattiva, ci si traferisce e si vive a colpi di battutacce, pugni, profili sinuosi (strepitoso quello di Noemie Lenoir che fa Genevieve) e lotte wrestling tragicomiche, nella incantata Paris, percorrendola anche con l'aiuto di tassisti in cerca di uscire dalla vita soporifera di tutti i giorni. La brevità del film (90 minuti) fa si che il ritmo non manchi mai, che non ci sia minuto di riposo oppure che la bocca di Carter taccia un attimo, cercando di farci dimenticare la vacuità della trama che risulta a dir poco fallimentare mentre proseguono le piccole citazioni a Casinò Royale.
Sono film che di loro non hanno già moltissimo da dire questi buddy-buddy virati al comico, figuriamoci poi quando si incomincia a cadere in stereotipi (la tipologia della nemesi, la bella da salvare), che si uniscono a botte ripetitive e scene per quando ben fatte (come quella finale) tutto cade nella monotonia più accesa. Assistiamo al solito Bud Spencer-Terence Hill delle arti marziali (inevitabile con Chan in scena), mentre il grande Von Sydow appare con la sua aurea cristallina a ritirare uno stipendio guadagnato sul velluto, e Roman Polansky fa un gradevole cameo di un ispettore mal disposto verso gli Americani in suolo francese.
Questo Rush Hour moltiplica di fatto le belle donne rispetto ai primi due, ne prosegue pedissequamente la linea, dove l'unica novità risulta nell'ambientazione (li porto a Parigi a fare le solite cose e la grande novità è servita), con il risultato finale che per apprezzarlo (nel minimo massimale consentito da un lavoretto simile) bisogna essere di bocca molto buona e appetito davvero leggero, relegando la vera visione, molto meno impegnativa, allo schermo casalingo che non al cinema, accontentando tutta la famiglia anche se i riferimenti continui al sesso potrebbero sconsigliarne la visione ai piccoli.
Film fracassone davvero poco coinvolgente, con alla fine sui credits le papere sul set.