Etica della teoria del Caos
Sotto la spinta critica di Vega … ho cercato eventuali implicazioni Etiche nell’ambito della “Teoria del caos” … ho consultato il libro che ho di James Gleich (giornalista scientifico del new York Times) che nel libro intitolato semplicemente “CAOS“ ripercorre sapientemente tutte le tappe che gli autori di detta teoria hanno affrontato nell’ambito delle loro esperienze scientifiche ma non ho trovato nessuna implicazione che potesse richiamare l’etica umana tuttavia vorrei citare un passo del libro che ritengo significativo e in qualche modo ripropone il metafisico che Einstein ha introdotto di fronte alla incongruenza dei fenomeni quantistici colla sua relatività:
“Gli scienziati usano la fisica dei sistemi dinamici per studiare il sistema immunitario umano, con i suoi miliardi di componenti e la sua capacità di apprendimento, di memoria, e di riconoscimento di forme, e studiano simultaneamente l’evoluzione, sperando di trovare meccanismi universali di adattamento.
Coloro che producono tali modelli vedono rapidamente strutture che replicano se stesse in competizione fra loro e che si evolvono per selezione naturale.
“
L’evoluzione è caos più retroazione”, disse Joseph Ford.
L’universo è caso e dissipazione, sì. Ma il caso sotto l’azione una direzione agente può produrre una complessità sorprendente e come scoprì tanto tempo fa Edward Lorenz, la dissipazione è un agente d’ordine.
“Dio gioca a dadi con l’universo”, rispose Ford alla famosa asserzione di Einstein. “Ma sono dadi truccati! Ed il principale obiettivo della fisica oggi è di trovare per mezzo di quali regole essi sono stati truccati ed in che modo possiamo usarli ai nostri fini”.
Proseguendo nell’indagine ho incontrato il parere di uno psichiatra … mi chiederete cosa c’entra una psichiatra nella teoria del caos … ebbene (ndr) “io penso che il che la scienza sia avviata e non possa fare a meno di una inter-disciplinarietà … dove ogni specialista dovrebbe conoscere almeno i rudimenti di tante teorie che forniscono una miglior comprensione della propria materia specifica”.
Nicola Antonucci individua una nuova una nuova “etica della conoscenza” dedicata soprattutto ai manager del futuro (ndr) “ma per me estendibile a tutti gli uomini di scienza” … riesce tra l’altro a far convergere più teorie e trovare un nesso fra discipline diverse come la teoria del caos, il pragmatismo, e la teoria dei giochi.
“Il futuro richiede un nuovo manager, che sappia armonizzare, e scientificamente ottimizzare, le relazioni intercorrenti tra obiettivi, merito, partecipazione, motivazione, salute e vita.
Per poter ottimizzare tali relazioni, il nuovo manager si distinguerà dall’attuale soprattutto per una nuova etica, professionale ed esistenziale, che superi obsolete etiche, quali quelle delle (buone) intenzioni, oppure delle conseguenze – sempre più in balia di fenomeni complessi, quindi “caotici” e imprevedibili.
Sarà necessaria una più matura Etica della Conoscenza per spronare il costante aggiornamento culturale e, soprattutto, scientifico, al fine di mantenere viva la consapevolezza dei fenomeni tecnologici, economici e sociali che rapidamente forgeranno nuovi futuri, sempre più incombenti e imprevedibili!
Le conoscenze semplicemente tecniche e tecnologiche si sono dimostrate insufficienti a maneggiare gli aspetti essenziali, già citati, della vita manageriale, mentre discipline scientifiche ancora relativamente giovani, non hanno avuto modo e tempo di penetrare nella cultura aziendale.”
Tali obbiettivi che tale etica della conoscenza introduce dovrebbero essere estesi … come ho già detto a tutti gli studiosi di scienze fisiche e naturali.
I nuovi scienziati devono guardare al futuro, con una conoscenza scientifica fornita da discipline che hanno forgiato la modernità, ed essenziali quindi per capire le sue ulteriori evoluzioni quali:
la neonata Teoria del Caos (o della Complessità), indispensabile per gestire le perturbazioni e le turbolenze fisiche, economiche o sociali anziché subirle;
la più consolidata e matematica Teoria dei Giochi, necessaria per dirimere dilemmi complessi, anziché affidarsi a un decisionismo empirico ed emotivo;
la psicologica Pragmatica della Comunicazione Umana, illuminante, nonché terapeutica, nell’affrontare relazioni umane spesso ingabbiate in paradossali e dannosi circoli viziosi.
Senza dimenticare il passato, con la consapevolezza che – per parafrasare Arthur C. Clarke - “neanche il passato è mai stato lo stesso”, così come il concetto stesso di lavoro.
Concetto che soffre nella nostra cultura di una profonda e millenaria ambiguità.
Ambiguità rilevante sotto numerosi aspetti, e pertanto ancora più dannosa, qualora non compresa, sia per l’ambiente e i risultati lavorativi, sia per la salute.
Ambiguità che trova la sua origine in Genesi – 3, 23:
“Il Signore Dio lo scacciò [Adamo] dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto”.
Da questo singolo verso della Bibbia scaturisce l’associazione lavoro = condanna.
https://www.complexlab.it/Members/ni...lla-conoscenza
Gil