siete rrraffinati :asd:
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La morte fisica, per il credente, è solo un passaggio....un trànsito...un ponte da attraversare per approdare alla Vita Vera. Quella che non finisce!
"È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità.
Quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura:
La morte è stata ingoiata per la vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria?
Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?"
1. Corinzi, 15
Ma che c'entra il versetto se ti stavo solo dicendo di non fare casino coi modi di dire su come ci sentiamo interiormente?
Sembri un automa.
Dillo te, allora: Come ci sentiamo interiormente dopo una delusione? Dopo una sconfitta? Dopo un'umiliazione? Dopo un lutto?
E com'è che li superiamo Laura? Che riusciamo ad andare avanti? A risorgere? Cosa avviene nel nostro Animo? Nel nostro "io" interiore?
Sì vabbè....
A me sembra che la morte, più che di fianco, sia prima & dopo. Sopratutto dopo.
In realtà chi è affranto, sofferente, eccetera... più che sentirsi morto dovrebbe sentirsi particolarmente vivo, perchè sta provando emozioni. Esattamente come uno felice.
Al limite si avvicina alla morte se è in coma :-)
Ecco, già te sei più avanti di Vega: L'Uomo non vive di solo pane. Di sola materia, di sola fisicità.....
Il suo realizzarsi, il suo (uso una parola grossa) essere felice non dipende affatto da ciò che ha, ma da ciò che è.
Forse ragazzi state scherzando; per me il male "serve", per chi vuole dargli un senso, solo per stare meno male o per stare bene, mentre il bene "serve" per rimanere nel bene.
Le fasi estatiche in cui, chi crede, pensa al suo Dio fondendovisi, e, chi non crede, si fonde con il migliore suo ambiente possibile, portano a sperimentare sensazioni di benessere e si realizzano sia nel corpo che nella mente, fondendosi appunto, più o meno.
L’estasi potrebbe realizzabili.
Può però la mente mentire?
Nel senso che, credenti e non credenti, pur sentendo la gioia della realizzazione, possano pensare che tale sensazione sia unica e personale, oppure che sia generalizzabile e possa essere resa oggettiva, e quindi potenzialmente anche altrui.
Ciò che la nostra mente ci sussurra internamente, potrebbe essere paragonato a due fili, uno labile che non può uscire da noi, e, quindi, il soggetto si troverebbe senza confronto se non con se stesso; oppure ad un filo resistente che potrebbe tirar fuori ciò che al soggetto apparterrebbe intimamente, ossia la sensazione di benessere soggettiva, e, nello stesso tempo, tirare dentro ciò che non è nostro, componendo, a mio avviso, la realtà dell’essere in trasformazione.
A questo punto io mi chiedo, pensando alla differenza tra il dolore, meno dolore, od assenza di dolore e la gioia, come sia possibile pensare al dolore, ai fini dell’apprendimento, come qualcosa che ci renda migliori e, la gioia, di conseguenza, come opposto, un qualcosa che ci impedisca di maturare e ci costringa, quindi, ad essere peggiori, in termini di evoluzione spirituale, di chi soffre il dolore.
E’ sensato secondo voi? Secondo me no.
Quindi per me il dolore non è auspicabile, in nessun senso;siamo noi che diamo senso al dolore.
vero , ma quando siamo in stasi , cristallizzati , o fermi e non ci smuoviamo dalle nostre abitudini che crediamo giuste ma non ci fanno avanzare , interviene il dolore per darti una scossa .
esempio se non mi passavo quei 7 giorni d'ospedale mai avrei cambiato le mie sbagliate abitudini alimentari , quindo il male mi è servito per raddrizzare la mia vita , riesco spiegarmi ?
quindi il dolore è cosa buona
Cosa sosterrei io, scusa? Tanto per sapere. Perché come la metti sembra che io sostenga chissà che, mentre come detto e ridetto, di certo c'è la materia e non ciò che tu spacci di immateriale. Non certo che chi ha, è e chi non ha, non è.
Perché tanto sei bravo a mistificare e girare le frittate.
Che poi stai tranquillo, che anche per te conta cosa hai.