Ma non condivido i discorsi sul dna razziale ecc. E non penso che ebrei e spagnoli siano una razza
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si guarda. poiché me lo chiedi ti rispondo. il dna c'è anche nello yogurt e nel succo di frutta. puoi dire che i batteri dello yogurt siano esseri umani e perciò non vadano mangiati insieme allo yogurt?
Sono gli stessi ebrei israeliani che dicono stupidate sul dna ebreo che sarebbe presente negli ebrei neri, ecc.
Un ebreo bianco e' bianco e un ebreo nero e' nero, e' assurdo metterli tutti e due nella cd razza ebraica.
è come dire che non fanno schifo "insieme", ma ognuno a modo suo...
Non sono impressionato perché ne conosco decine di "antisemiti" del web, ormai non mi fanno più effetto :D
si. carissimo. non era mia intenzione impressionare nessuno. volevo solo dire la mia. abbia pazienza, almeno la pazienza...
L'ebraismo e' una religione, non una razza, tuttavia una religione determina mediamente uno stile di vita specifico e tale stile, nella dialettica comune, puo' benissimo coincidere con una identificazione di razza, non costituita solo da caratteristiche genetiche, ma anche di un modo di pensare e fare che ti distingue dal resto.
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Con questo concetto qualunque gruppo caratterizzato da un fattore comune, vuoi una qualunque religio, o territorio di residenza da corpo ad una razza visto che poi ci si unisce maggiormente all'interno di tali gruppi ed, in effetti se tali condizioni replicano caratteristiche biologiche, o stili di vita ben distinti dalla media "la razza" si genera, ma deve essere facilmente distinguibile nella massa.
sai, ci sono due vincoli, su piani diversi, che impediscono di parlare di "razze" e dottrine conseguenti:
per "razza" si deve intendere un gruppo distinto ed esclusivo nell'ambito di una specie; esclusivo vuol dire che una certa distribuzione di caratteri descrive solo gli appartenenti a quel gruppo ed esclude gli altri; questo è possibile, per esempio, nelle razze canine, dove la prova del nove è che l'analisi delle sequenze genetiche consente di attribuire "al buio" l'appartenenza ad una certa razza o gruppo affine, escludendo gli altri; e questo perché l'inbreeding secolare ha effettivamente consentito una separazione genetica quantitativamente e qualitativamente rilevante;
non è possibile con gli esseri umani, perché se si analizza la sequenza genetica di qualsiasi essere umano la distribuzione dei caratteri non consente di escludere nulla che renda congruente l'appartenenza ad un gruppo in base ai tratti esteriori e l'effettiva composizione genetica di un soggetto determinato; cioè, se noi prendessimo un irakeno a caso e un irlandese a caso, abbiamo buone probabilità che il primo appartenga ad un fenotipo adattativo di pelle più scura, mentre il secondo potrebbe essere rosso di capelli e con la pelle bianca e lentiggini;
ma questi caratteri sono di acquisizione selettiva recentissima in termini evolutivi, e in base ad una storia di mobilità estremamente più pronunciata rispetto a quella dei cani di razza; cioè, quando si va a vedere sotto la superficie dei caratteri fenotipici la distribuzione percentuale dei caratteri, si troverà che l'irakeno magari ha un 35 % di geni che hanno il loro picco di densità nella regione dell'India settentrionale, e il 25% nell'area del Baltico, mentre l'irlandese mostra un 40% di caratteri che "al buio" indicherebbero un'elevata probabilità di appartenenza ad un ceppo iberico;
tutti, irakeni, irlandesi, baltici e iberici, mostrano un 30% "compatibile" con l'attuale profilo mediorientale dell'irakeno, per il semplice fatto che tutti discendono dagli stessi primi agricoltori della mezzaluna fertile di 10/5mila anni fa, un tempo irrisorio rispetto all'evoluzione della specie homo;
nel Settecento di Linneo e Darwin, e nell'Ottocento positivista, non si aveva un'idea quantificata delle proporzioni genetiche tra caratteri genetici generali e fenotipici; quindi, si ragionava per analogie col mondo animale di specie e razze selezionate - al contrario dell'uomo - per attitudini specialistiche utili alla sopravvivenza; es., il ghepardo è meno potente, ma più veloce del leone, ecc...
perciò si è attribuito un peso determinante all'apparenza di caratteri fenotipici acquisiti molto di recente, e un relativo determinismo "razziale", anche per concomitanti motivi politici, che qui tralascio; per esempio, la pigmentazione, o la capacità di digerire i latticini in età adulta, negli ultimi 5mila anni si sono dimostrati colli di bottiglia molto selettivi in determinate circostanze estreme, come quelle del Nord-Europa glaciale: un bambino nato con la pelle più scura nella Scandinavia di 3mila anni fa, aveva grandi difficoltà a sintetizzare vitamina B e al conseguente sviluppo osseo, dato che questa capacità si attiva coi raggi solari; nel giro di poche generazioni, questi bambini diventavano adulti rachitici e, in quelle condizioni estreme, non si riproducevano, determinando la prevalenza dei fenotipi a pelle chiara; idem per la lattasi: in territori glaciali, dove era impossibile nutrirsi di cereali, l'apporto di lattosio diventava determinante, e oggi la quasi totalità delle popolazioni baltiche e scandinave di adulti è tollerante ai latticini, così come i discendenti ungheresi delle popolazioni di allevatori nomadi, ecc...
la seconda gamba del ragionamento razzista, infatti, sarebbe poi quella di attribuire automatismi comportamentali e istintivi alle razze; in ambito animale, la specializzazione di base e la selezione artificiale hanno determinato effettivamente tali automatismi: ogni felino è predatore e, se valuta le dimensioni di una preda come compatibili, reagisce automaticamente allo stesso modo; per esempio, ad un soggetto che sfugge;
il tipo che vive in mezzo ai leoni senza essere sbranato, Richardson, spiegherebbe che per lui si tratta di una circostanza assolutamente sicura, a patto di sapere come muoversi ed evitare assolutamente di far scattare l'istinto predatorio di quegli animali, anche solo per gioco: un movimento sbagliato associato all'adrenalina e sei finito;
tutti i canidi hanno istinti di branco e soggezione al capo/padrone; finché sei in grado di agire da capo, puoi stare pure in mezzo ai lupi; ci sono alcune razze canine - terranova, labrador, retriever - che non resistono all'acqua: se vedono una pozzanghera, un fiume o il mare a 500 mt. non li tieni; è una reazione di razza, istintiva selezionata; puoi portare vicino alla spiaggia un terranova che non abbia mai visto una pozza d'acqua in vita sua e quello parte lo stesso; questa è "razza";
mentre l'uomo ottocentesco, ignaro, ha assimilato gli umani in base al vello; come se un terrier o un doberman di pelo nero fossero più parenti del terranova rispetto ai labrador e retriever di pelo chiaro;
ora - posta tutta la difficoltà sperimentale di distinguere tra comportamenti puramente istintivi e vincoli culturalmente acquisiti - è possibile che alcune caratteristiche genetiche siano associabili ad alcune predisposizioni istintive molto elementari; per esempio, la percezione di certi tipi di pericolo per l'incolumità fisica che possono modulare un atteggiamento più o meno temerario di fronte a determinate circostanze, oppure caratteri ormonali che influiscono sulla propensione a riprodursi; a volte si scoprono tendenze suicidarie analoghe in fratelli distanti, ad indicare che in quella famiglia il gene dell'autoconservazione è inibito e che, in determinate circostanze, di fronte al vuoto del 7° piano la pulsione a ritrarsi e minore, favorendo il gesto; d'altronde, tutti noi saremmo capaci di camminare tranquillamente per km sul margine bianco di un marciapiede; ma se ci trovassimo a farlo sospesi nel vuoto, molti cadrebbero per la paura determinata dalla percezione istintiva del pericolo, mentre alcuni sarebbero in grado di astrarsi per disciplina, o semplicemente disattivare la percezione per propensione genetica; se, ipoteticamente, potessimo costringere un certo gruppo a vivere senza protezioni sulle travi di un grattacielo in costruzione, nel giro di migliaia di anni avremmo selezionato un gene dell'equilibrio e uno dell'indifferenza al vuoto;
quello che è davvero impossibile è ricondurre questi caratteri specifici a particolari gruppi umani, proprio per il tipo di storia genetica della specie più mobile del pianeta; e ancora più assurda l'attribuzione di caratteri "morali", mediati al 100% dalla cultura.
Mel momento in cui uno ha caratteristiche peculiari che lo distinguono da un altro hai una razza riportabile a parametri fisici, ma amche di appartemenza e affinita', come la razza padrona :D.
Poi si puo' dialetticamente le differenze gestendo i termini, ma e' uguale a camcellare un handycap chiamando il soggetto divetdamente abile, nome che non ne cambia la disabilita'.
non capisco; i caratteri fisici peculiari non formano gruppi, se non quelli con quel carattere; le persone con i capelli o gli occhi neri sono una "razza" ? e quelle alte ?
un petroliere kuwaitiano ed uno texano costituiscono una "razza padrona" ?
quella disabilità, che non definisce un tutto: sta in carrozzella; ma è un ricercatore medico che ti salva la vita; vedrai che lo chiami anche tu diversamente abile se la tua vita dipende da quelle capacità, e non per un moto di correttezza politica :asd:Citazione:
Poi si puo' dialetticamente le differenze gestendo i termini, ma e' uguale a camcellare un handycap chiamando il soggetto divetdamente abile, nome che non ne cambia la disabilita'.
Mettila come ti pare tanto le differenze si vedono e si considerano checche' tu ne dica spaccando il capello per poter dire che non c'e' capello.
Un disabile puo' essere uno scienziato, ma resta disabile rispetto ad uno scienziato che in carozzella non ci sta e la carrozzella non aumenta la scienza.
nemmeno la capacità di correre la maratona; infatti, hai Stephen Hawkings e Pippo Frinchillucci, laureato in fisica, che corre la maratona ma fa l'assistente di laboratorio in una scuola media, per 1200 euro al mese; e la differenza non è certo conseguenza della pietà :asd:
la disabilità si misura in relazione alla performance richiesta; se devi difenderti, ti serve un cacciavite grosso; ma se hai un problema con le stanghette degli occhiali, ti serve quello adatto; per l'essere umano cacciatore raccoglitore o guerriero con la lancia, essere menomato fisicamente o donna incinta era una disabilità;
per noi no, e allora la donna laureata e incinta che ti compila il 740 o ti assiste in tribunale non ha un handicap rispetto al collega palestrato e prestante, magari un po' coglione e distratto perché pensa alla figa, ha una famiglia possidente alle spalle e prende poco sul serio il lavoro.
@ Cono.
Io non ho mai chiacchierato durante le file in banca, al bus, alla posta, anche se non avevo smartphone. Sono musona e mi faccio i fatti miei. Al limite leggevo un libro, anche se l'adolescenza, in cui vivevo leggendo sempre, di nottee di giorno, si è allontanata, ma se posso leggo. Che mi importa di chiacchierare con uno sconosciuto?
@
Axe.
Noi indoeuropei apparteniamo alla razza caucasica, cio' si scrive anche sulle cartelle cliniche, per tanti motivi.
La vitamina di cui stavi parlando, per un lapsus, non è la vit. B ma la D che viene attivata dai raggi ultravioletti. La vit D ha 4 anelli e da essa si formano
il colesterolo
gli ormoni sessuali maschili e femminili
e la vit D, appunto,
che deve essere attivata con l'apertura del 2^ anello, e deidrogenazione, tramite i raggi UV. La forma attiva è la vit D3. Si trovano ora in commercio molte vitamine D già attivate.
Le vitamine del gruppo B sono idrosolubili, ela B1 fu la prima ad essere isolata, si trovano nel lievito di birra.Servono per il metabolismo dei nervi e per reazioni enzimaticche di decarbossilazione e transaminazione.
che:
a) non è una "razza";
b) non è nemmeno propriamente "caucasica"; questa è una definizione americana, che ha una sua storia, scientificamente insensata;
indoeuropeo è una categoria linguistica, non sovrapponibile a quella dei "bianchi";
visto che hai la preparazione adeguata, troveresti interessante "Geni, popoli e razze", L.L. Cavalli Sforza, uno dei protagonisti della mappatura del genoma.
Mi sembra che tu voglia negare differenze, variegate e in diversi ambiti, che pero' sono evidenti e di cui, al dunque, si tiene conto, anche se il politically correct cerca di imporre, dialetticamente, una equivalenza che non c'e' e comunque non viene riconosciuta di fatto.
La boldrini aveva fatto compilare la lista delle parole proibite, per educare le genti :asd:.
Resta che differenziare non significa automaticamente costruire una gerarchia di superiorita' che, semmai, prende corpo su vari aspetti di proprio interesse del singolo individuo che valuta, anche se raramente lo esplicita.
se parli di differenze visibili, sono tali da non determinare quasi nulla, se non le specifiche di quella differenza: es. una persona di pelle nera ha meno bisogni di protezione solare; ma non implica di necessità alcun tratto comune; poi, si possono approfondire tratti che accomunano diversi gruppi;
se tu candidi un etiope a correre i 100 mt piani perché pensi: "è nero...", la pigli in tasca, perché la conformazione ottimale che fa la differenza a livelli di vertice privilegia la discendenza ivoriana, lato opposto dell'Africa, mischiata alla bianca, come nel caso dei giamaicani e afroamericani;
il figlio di una svedese e di un ivoriano, nato e cresciuto in Svezia, ti appare probabilmente come un africano; ma cosa può dedurne quando prende corpo su vari aspetti di proprio interesse del singolo individuo che valuta, anche se raramente lo esplicita ?
magari quello gli dice di girare al largo, e si sente rispondere in perfetto che è l'addetto culturale dell'ambasciata svedese; oppure, se è italiano, che è un maresciallo dell'arma e lo denuncia pure a piede libero;
è come giudicare un'automobile dal colore: non mi interessa che sia diesel, a benzina o elettrica, una 900 cc o un 2mila turbo 4x4, una berlina sport o un suv, purché sia bianca :asd:
Mi sembra ovvio che a certe differenze, in funzione di contesti vari, vengano associate caratteristiche diffuse e valutazioni specifiche di gruppo piuttosto probabili in quei contesti, per cui un nero che ciondola con le sue mercanzie e' considerato diversamente da un nero referenziato da un suo ruolo sociale.
Poi senza motivi specifici non lo vai ad urlare ai quattro venti.
beh, ma è la stessa reazione di fronte ad un bianco che faccia lo stesso in strada; se uno mi vuol vendere un pc portatile o un cellulare di alta fascia a 50 euro in autogrill, il fatto che abbia o meno l'accento napoletano da antonomasia del "pacco" teatrale non mi fa grande differenza;
il pregiudizio è legittimo e giustificato; lo adottiamo tutti, perché è una necessità di economia mentale; ma è stupido - tecnicamente, intendo - confondere un pregiudizio agganciato a circostanze specifiche col determinismo biologico sul comportamento; perché è del secondo aspetto che si parla quando si evoca la "razza".
Ogni luogo ha i suoi tipacci che tipacci restano, ma non sono gli stessi e magari, se invece di far parte da sempre del panorama, ce li hanno messi ci fai piu' caso e dover attuare certe norme di prudenza, quando era cosa rara, da piuttosto fastidio.
ho capito, ma sei fuori tema;
qui non si tratta di discutere un pregiudizio culturale, che è altra cosa; può essere sbagliato o ingiusto, ma è praticato da tutti, anche inconsapevolmente per una necessità di economizzare risorse mentali nel valutare una circostanza;
qui, la questione discussa si articola in due punti:
a) esiste un determinismo biologico sul comportamento ? es: la mafia è diffusa tra i meridionali; ipotesi: l'appartenenza genetica a quel gruppo - al di là dell'educazione - spinge in modo deterministico al crimine; per cui, il figlio adottivo originario di Palermo, ma cresciuto a Zurigo da genitori svizzero-tedeschi da adulto manifesterà comunque propensioni criminali, per via dei suoi geni; girerà in moto senza casco, come allo ZEN...
b) è possibile distinguere geneticamente i "meridionali", o i palermitani, gli albanesi, i romeni a partire dal loro genoma, come gruppo esclusivo ?
la risposta è no, in entrambi i casi;
primo perché certi comportamenti sono troppo complessi e mediati per attribuirli alla genetica, che influisce al più su reazioni istintive elementari;
in secondo luogo perché se tu assumi una coppia di gruppi etnici a caso, la forbice di variabilità all'interno di uno stesso gruppo è sempre molto maggiore di quella tra i due gruppi, configurando un continuum indistinto di variabilità di caratteri, in cui le distribuzioni indicano solo una relativa probabilità di appartenenza, dove ogni individuo ha in misura maggiore o minore una percentuale distintiva di quasi tutto;
pensa che la maggior distanza genetica si ha tra etno-tipi che ci appaiono molto simili, entrambi neri, come il centrafricano e l'aborigeno australiano, mentre la distanza genetica tra l'africano e l'europeo è minima;
e la cosa si spiega molto facilmente con l'osservazione dei percorsi delle comunità umane; l'aborigeno australiano fa parte della comunità che si è allontanata prima e ha vissuto un più lungo periodo di separazione, durante il quale sono avvenute maggiori mutazioni genetiche.
Direi di no per entrambi i punti, ma non mi sembra cambi la sostanza della questione visto che poi si valuta su criteri molto piu' immediati e poco importa se sono il risultato di contesti e non di di fattori genetici nemmeno valutabili nell'ordinario.
beh, tu giudichi immaginando solo una circostanza che hai in mente; ma la questione non si esaurisce certo al tuo incontro col ciondolante africano, che, anzi, è molto marginale in questo particolare aspetto;
in generale, chi postula la "razza" - ma anche il genere, come indicativo di capacità o attitudini morali che operano deterministicamente - implica anche una gerarchia nell'accesso a determinate posizioni sociali, o peggio;
poi, razzisti culturali siamo tutti, anche chi lo nega, e anche chi fa un grande sforzo per evitarlo; è un meccanismo istintivo di elaborazione delle informazioni che tende ad economizzare nel momento in cui si deve scegliere in tempi rapidi;
a suo tempo, uno studio comportamentale presentato da Piero angela, mostrava la scena di una carrozzina e infante nei pressi di strisce pedonali, di volta in volta spostato da persone diversamente vestite;
alla domanda di interpretare la scena, quello abbigliato casual tentava un rapimento, quello in giacca e cravatta stava salvando il bambino da un possibile pericolo, ecc...
il pregiudizio va compreso; ma anche amministrato; perché il truffatore che si presenta in casa di anziani di solito è in giacca e cravatta, uniforme, ecc... e la maggior parte delle inculate si prendono perché si era convinti di aver capito la circostanza in base al proprio pregiudizio, senza averlo verificato con delle "protesi" logiche e razionali;
infatti, ogni pregiudizio ha un suo livello ottimale di efficienza, in termini di resa/errore; al di sotto di quel livello iniziano i rischi o le mancate opportunità, e si renderebbe necessario un vaglio che faccia emergere gli aspetti contro-intuitivi; pensi di aver ragione e fai causa ad uno ? perdi e ti tocca pagare le spese, e magari ti condannano per lite temeraria; a questo servono, o servirebbero gli avvocati...
Tuttavia la mancanza di un determinismo fra biologia e comportamento non cancella delle palesi differenze biologiche ed es, se debbo cercare uno, e' diverso dire maschio di razza bianca, rispetto a semplicemente maschio, cosa che amplia di molto la ricerca.
Ed ecco che un elemento va a definire un sottoinsieme catalogato sotto la definizione razziale, specialmente se la tipologia stringe molto il campo di ricerca.
Ovviamente in africa servirebbe a poco dire di razza nera, come qui bianca.
Non si prendono caramelle dagli sconosciuti :D
ma così sposti la questione sul mero errore di definizione, o traduzione; l'americanismo di race sta per "tipo etnico", dove, per esempio, per "latino" o "ispanico" non si intendono italiani, spagnoli, francesi, ma i centro-americani di etnia nativa, con tutte le confusioni per i messicani, magari misti, ma con forti tratti europei per l'ascendenza spagnola: il funzionario lo vede ispanico, coi baffoni e la canotta e lo classifica come "latino"; quello si ripulisce, compra un abito, si cambia il nome in italiano, e 'nt'o culo all'identificazione etnica :asd:
ma si tratta solo di capire che la parola "razza" è usata - peraltro impropriamente - in un contesto determinato, che nulla ha a che vedere coi discorsi razzisti, anche se quell'abitudine linguistica è fuorviante.