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Beh, la moneta è il simbolo delle due verità (o bugie!?); insomma il riassunto della dialettica.
Una specie di esaltazione dell'uomo come di un essere capace di assolvere da sé tutti i suoi doveri, da soddisfare da sé tutte le sue aspirazioni e di adeguarsi così a Dio nel possesso della verità e nella pratica del bene; oppure svalutazione ed abbassamento dell'uomo sino al livello degli altri esseri naturali: tali, per Pascal, le due contrastanti posizioni ideali in cui si è polarizzata e tra le quali ha in ogni tempo oscillato la filosofia.
E poiché la miseria s'inferisce dalla grandezza e questa dalla miseria (testa o croce?), gli uni hanno affermato la miseria dell'uomo con tanto maggior forza in quanto ne hanno preso la propria grandezza, e gli altri la grandezza in quanto l'hanno desunta dalla miseria ; sicché tutto ciò che gli uni hanno potuto dire per dimostrare la grandezza dell'uomo ha servito soltanto di argomento per gli altri per affermarne la miseria, e viceversa, in un circolo senza fine ( le due facce della moneta:D).
A questo punto io direi un gettare la moneta per aria senza smettere mai:asd:.
Quindi la lingua sta alla bocca di Einstein come la moneta sta alla borsa di Pascal.:D
Ma infatti l'universo Pascal è sterminato! Stiamo parlando di un grandissimo filosofo. Fra i tanti suoi libri, discorsi, pensieri e riflessioni, trova spazio anche la celebre scommessa su Dio. Credere conviene non tanto per "mettersi al riparo non si sa mai". Conviene perché dà respiro alla nostra esistenza, aprendola agli Altri, all'Amore disinteressato, alla donazione di sé, alla condivisione, all'accoglienza. Credere ci fa uscire da noi stessi.
Dipende in quale "noi stessi" ci troviamo; evidentemente se ci fa uscire da un "noi stessi" egoistico, cioè un "ego", è anche facile che ci ritorniamo se il "noi stessi" non è l'Io.
Quello che tu intendi è come scendere ad una fermata del treno per poi riprendere il treno per proseguire il viaggio della vita.
se commenti la filosofia di Pascal, tanto di coccio non sei;
bene, nell'epoca della Riforma - il servo arbitrio, il sentimento istillato da Dio stesso, ecc... - Pascal sostiene un'obbedienza come "convenienza", laica, irreligiosa, in fondo opportunista ed immorale, perdente;
il suo è un ragionamento che suona sensato in Lacan, come limite necessario al desiderio; ma in termini di fede è perdente;
se tu mi propagandi una fede, mi devi comunicare la bellezza di una giustizia, di cui andare fieri, non l'utilità di un calcolo, condizione moralmente inferiore;
il giansenismo è stato quel malinconico desiderio di riforma dei cattolici "captivi", prigionieri;
che fine abbia fatto quella roba è sui libri di storia...
devo sintetizzare, se no fa'mo notte... :asd:
mettiti nei panni di un recipiente secentesco del messaggio, che suona più o meno:
io sono un uomo che ha fede genuina; ma tu sei uno zuzzus' miscredente o ateo; però faresti bene a credere, per calcolo, ché poi magari ti piace pure...
già così è indisponente; non ci vuole un genio a percepirlo, no ?
posto che il matematico razionalista dovrebbe porsi comunque alcuni problemi sollecitati dal pluralismo confessionale e dottrinario che all'epoca aveva almeno un secolo, persino tra i cristiani - a quale dio credere ? perché ? - è falso che credere - e, evidentemente, obbedire, conformarsi - non comporti la rinuncia a nulla; alla dissolutezza e ai piaceri per il dissoluto, ma anche alla curiosità e alla scienza, per il contemporaneo Galileo, superbo che avrebbe dovuto umiliarsi;
ora, in un secolo intriso di religione guerreggiata sulla base dell'opportunismo clericale, un ragionamento del genere al volgo suscita legioni di iconoclasti distruttori di chiese cattoliche; è l'antenato di don Camillo e della Miriano di "Sposati e sii sottomessa", che in fondo ti piace e ti conviene :asd:
postilla: se il matematico Pascal avesse avuto contezza degli ordini di grandezze del cosmo, e delle relative implicazioni probabilistiche, dubito che sarebbe ricorso ad argomentazioni di ordine metafisico ove si contemplasse un'alternativa secca Dio c'è/non c'è, al 50/50;
infatti, nessun teologo, nemmeno cattolico, cita più la scommessa, a parte i laureati sui testi di Guareschi :D
Pensiero n. 164 tratto da "la scommessa".
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Esaminiamo allora questo punto, e diciamo "Dio esiste o no?" Ma da qual parte inclineremo? la ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito.
All'estremità di quella distanza infinita si gioca un gioco in cui uscirà testa o croce. Su quale delle due punterete?
Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due.
Non accusate, dunque, di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla.
"No, ma io biasimo non già di aver compiuto quella scelta, ma di aver scelto; perché, sebbene chi sceglie croce e chi sceglie testa incorrano nello stesso errore, sono tutti e due in errore: l'unico partito giusto è di non scommettere punto" ( è l'abitudine tipica dello scettico: l'epoché).
Si, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato ( il testo ha "vous ètes embarqué").
Che cosa sceglierete dunque? Poiché scegliere bisogna, esaminiamo quel che v'interessa meno ( lasciando provvisoriamente da parte la questione di ragione e di verità, si pone sul terreno della volontà e dell'interesse).
Avete due cose da perdere, il vero ed il bene, e due cose da impegnare nel gioco: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità.
La vostra ragione non patisce maggior offesa da una scelta piuttosto che dall'altra, dacché bisogna necessariamente scegliere.
Ecco un punto liquidato. Ma la vostra beatitudine? Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell'esistenza di Dio. Valutiamo questi due casi: se vincete guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste.
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Quindi non è solo lo scommettere ma è un filosofare che mi sono guardato da riportare per intero il 164esimo pensiero:).
E' una scommessa un po' lunghetta:asd: altro che linguaccia:rotfl:
@crepuscolo@axe
Non vi ho chiesto di spiegarmi Pascal;
Ho chiesto solo e soltanto la "traduzione/translitterazione" in termini comprensibili per uno 'de coccio, della frase citata.
Solo della frase citata
Non ho difficoltà a comprendere Pascal. Ho una momentanea e ben definita difficoltà a comprendere axe
:mmh?:
Ah, beh, allora tutto è chiaro, parola ad Axe:D.
Scusa Rdc se ho interferito:ciaociao:.
allora:
per quanto raffinata in termini di manipolazione della percezione razionale delle eventualità
anche se la scommessa è esposta in modo raffinato, poiché manipola le possibili alternative come equivalenti in termini di probabilità che suggerisce - infatti, crep la vede come una moneta; nulla di razionale e osservabile ci suggerisce che ci siano delle probabilità di un'esistenza di Dio equiparabili a quelle della Sua non esistenza;
Russell direbbe della teiera in orbita; non si può in assoluto dire che non ci sia, ma quante le probabilità ?
nella filosofia di Pascal si rimuove il "prezzo" dell'obbedienza, relegandolo ad una dispensabile superbia dei colti, e a desideri futili degli umili;
si dice che credere - e, quindi, sottomettersi al precetto, non costa nulla; ma non è vero; Pascal sostiene che si tratta solo della superbia dei sapienti, che non vogliono sottomettersi alla regola, e del desiderio dei quisque de populo, che non vogliono rinunciare a desideri futili;
anche fosse, credere e obbedire, non è affatto gratis, ma è una tassa pagata ai preti;
per un secolo e mezzo i preti hanno considerato patate e pomodori piante dello dimonio, vietate; ottemperare costato cro ai contadini, soprattutto sulle patate, fonte essenziale di carboidrati; poi lo hanno capito bene, soprattutto tedeschi e irlandesi.
Un momento, io ho riportato il pensiero di Pascal sulla scommessa per evidenziare quel suo aspetto filosofico e anche matematico, ma non è che io lo condivida in quanto che credere in Dio non la ritengo una scommessa, basta leggere il Vangelo per capire cosa comporta credere in Dio.
Gesù non è morto per scommessa giocando a testa e croce.
Russel inoltre può aver detto quello che gli pare, non sono mica io:D, inoltre credo che nessuno ha mai visto una teiera volare come non la vedrà mai:rotfl:....anche se esiste una probabilità infinitesimamente piccola, ma le probabilità non sono mica infinite, né sopra e né sotto, è solo un'astrazione mentale per dire infinite cazzate:rotfl:.
Bentornato Axe, dove sei stato?:)
@crepuscolo@axe
grazie grazie
....non litigate, per piacere..
:D
No, Rdc, ci piace avere opinioni diverse che raramente s'incontrano:D, non si sa come:v.
Io sono un binario, lui è un altro parallelo, ma il treno ogni tanto subisce uno scambio, raramente, ma come la teiera che vola, lo scambio è possibile all'infinito, non che ci sia, ma che c'è:asd:.
Una possibilità remotissima che si trasforma in un dato di fatto.
io non discuto fedi, opinioni, credenze, ma solo fatti;
ora, è un fatto - e lo era anche ai tempi di Pascal - che le fedi, confessioni e dottrine sono una pluralità; pertanto, il credere in sé non implica nulla, né di buono, né di cattivo, se non il fatto che i credenti possano, e in effetti aderiscano a morali diverse: ci siamo ?
questa cosa spiazza la pretesa di Pascal, di una convenienza oggettiva del credere, visto che non specifica a cosa credere, a fronte di alternative diverse ove la Verità sarebbe solo una; è questo persino tra cristiani, che all'epoca di Pascal si scannavano come bestie;
un omologo protestante, ebreo o musulmano di Pascal, mi metterebbe in crisi, a dargli retta;
la circostanza del pluralismo religioso e morale annulla qualsiasi pretesa di razionalizzare la fede per appoggiarla su un piano di convenienza sociale, che diventa blasfemia;
l'unica cosa sensata è testimoniare, in modo da essere convincenti, come al ristorante:
hai ordinato un piatto buono ? lo mangi con gusto e si vede, punto;
ma più ci parli sopra, più sale il sospetto che sia una sbobba, una fregatura da rifilare a qualcuno incapace o che si ritiene o vuole incapace; raramente funziona;
per questo le chiacchiere apologetiche su Dio, Gesù, ecc... tendenzialmente producono effetti opposti al desiderato.
Credere, credere veramente ci trasforma, Crep. Profondamente! Ci fa nuovi, non mette qua e là qualche toppa sul nostro vestito....
Possiamo passare all'Altro, perdere la nostra Vita per l'Altro, visto che Dio ce la ridona eternamente!
"Chi vorrà salvare la sua vita la perderà e chi perderà la sua vita per amore mio, la ritroverà"
Il credere o la fede in Dio non è un fatto oggettivo, perché non è oggettivabile, ma è un'aspetto soggettivo, che si svolge e va vissuto tutto all'interno dell'interessato, ma chi crede, di solito, pensa sia anche un aspetto oggettivo in quanto per lui il vero Dio è quello in cui crede.
Per me la fede non è da dimostrare, perché starei tutta la vita a dimostrarlo senza pervenire ad alcun risultato, ma è un aspetto da vivere dato che nessun altro può vivere per te, al tuo posto.
Tu consideri la fede dall'aspetto esteriore come una moralità che si estrinseca tra in piatto e l'altro, senza considerare che il buon Dio ci ha dotato di tanti differenti gusti; tutto è, per fortuna, soggettivo e chi ha provato ad oggettivare il soggettivo non ha durato molto; all'inizio il convincente può anche convincere, ma chi convinto è per forza, non può continuatamente essere costretto a mangiare quello che per lui è una emerita sbobba.
leggi attentamente:
io ho scritto di un'oggettiva convenienza nel credere, che è la pretesa logica di Pascal, argomentata in quel modo;
io ???Citazione:
Tu consideri la fede dall'aspetto esteriore come una moralità che si estrinseca tra in piatto e l'altro, senza considerare che il buon Dio ci ha dotato di tanti differenti gusti
è il mondo che intende così; tu pure giudichi che il kamikaze non è un vero credente...
peraltro, io non ho scritto che la frittura ti debba piacere più delle stelline in brodo, ma solo che hai queste nel piatto e guardi le fritture altrui, tanto convinto non devi essere;
sono anni che scrivo una cosa tanto semplice, quanto ovvia:
i "discorsi" razionali sui vari "dii", sono cazzate, nel momento in cui c'è una pluralità di opzioni, inclusa quella di non credere a nessuno;
se uno vuole parlare del suo dio e in qualche modo convincere che vale la pena di crederci, farà bene a farsi testimonial, suscitare il desiderio di essere come lui, esattamente come nelle pubblicità, perché di questo si tratta: comunicazione;
vale per un piatto, una bevanda, un'automobile...
se devi perdere tempo a spiegare e argomentare quello che il tuo essere non riesce, hai già perso; questo è il problema di Pascal nella sua epoca; il resto è storia.
Non capisco perché deve essere una convenienza credere in Dio, se Dio, poi, fa ciò che vuole nella sua eterna libertà.
Io credo non per convenienza ma perché penso che in Dio vi siano quegli aspetti che mi aspetto, e non mi aspetto certo comodità come si aspetta chiunque vive di "questo mondo" o kosmos per intenderci. E, sinceramente, non so cosa Pascal nel suo intimo dei pensieri si aspettasse da Dio o Dio da lui; parlare secondo le regole del mondo è una cosa, parlare, invece, intimamente con sé, e probabilmente con Dio, è un'altra.
E allora? Con questo che vuoi dire?
Che ci sono tanti dii o non dii quante sono le nostre teste.
Non ho mica da obbiettare; sono consapevole che i dii sono unici nelle tante teste come in chi non crede non esiste alcun Dio; tutte libere teste.
Mi sembra la scoperta dell'acqua calda.
E, secondo me, è anche una bellezza che sia così, c'è di mezzo la libertà di ognuno di noi. Un miglior Dio non avrebbe potuto esserci:D.
Se non ci si convince da soli vivendo, non credo che altri possano convincere a credere. O la presenza di Dio la senti intimamente o non la senti e se qualcuno ti convincerà non sarà mai il tuo Dio ma il suo.
Io la penso cos;, non siamo più bambini ma persone adulte ed alcune sono ancora più adulte.
Dio non si dimostra, è inutile convincere specialmente per posta come qui.
Già, se ci fosse l'esempio, sarebbe diverso, la conoscenza diretta è sempre meglio di quella indiretta, anche se non è la perfezione di una risoluzione personale; che poi quello che sentirai dentro non sarà uguale a quello insegnato o proposto.
Dio non è un teorema da risolvere.
Questo mi sembra chiaro.
E' qui che ti sbagli, non ho alcuna intenzione di fare una esterna gara per vincere, è con me stesso che devo vincere, come probabilmente Pascal voleva vincere con se stesso; ed avendo fatto sport da ragazzo so che quella è una gara dura perché spesso è una vera battaglia tra il giudicare se stesso e l'essere giudicato da se stesso.
La storia passa od è passata , la storia nostra è ancora vivente.
Io invece penso che non abbia convinto nessuno sulla razionalità del si ( credere, croce) rispetto al no (non credere, testa) ; o si è portati a credere altrimenti non c'è santo o Pascal che tenga; a questo punto credo più al destino di chi crede che alla convinzione di chi non crede.
Tu dirò che Pascal, a quanto ne può credere cono che l'ha citato, non serve neanche come conforto per chi già crede, a meno che non faccia come lui una gara di convinzione, in cui, a ben guardare non ci sono né vinti e né vincitori perché ognuno rimane com'è.
Perché un filosofo, un matematico e uno scienziato come Pascal crede? Non certo per un calcolo. La sua "scommessa" pungola tutti: atei e credenti. Costringe quantomeno a porsi le domande fondamentali: chi siamo? Perché viviamo? Da chi o da dove veniamo? A cosa è destinata la nostra esistenza? Vale la pena, vivere? Meglio l'essere o il non essere? L'essere o l'avere?