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King Kong
Bio, credo che tu non legga davvero quello che scrivo.
Abbi pazienza, io quello che hai scritto l'ho capito benissimo, non so tu.
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L'AUTORE DEL LIBRO (Douglas R. Hofstadter) ricorre ad una serie di riferimenti a Bach, Escher e Gödel "per poi spiegarci come funziona il nostro pensiero, metterci in guardia dai tranelli della logica, confrontarci con le incongruenze della matematica, spiegarci la differenza fra "veritá" e "prova"... questo ho scritto.
Certo, e su questo nulla da eccepire, ma si dà il caso che tu abbia tagliato ciò che segue, ed era proprio quello che ti avevo quotato e che ripropongo:
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Originariamente Scritto da
King Kong
dove sostiene (secondo la matematica di Gödel) che di una cosa si puó dire che é vera senza poterla dimostrare.
Dubito fortemente che Hofstadter sostenga che sia necessaria la "matematica di Gödel" per giustificare la presenza degli assiomi che, oltre a essere indimostrabili per definizione, sono noti fin dall'antichità e senza i quali nessun tipo di matematica sarebbe possibile. Non ho letto il libro e non conosco l'autore, ma sono pronto a scommettere quello che vuoi sul fatto che non abbia mai espresso un concetto del genere.
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Questo era il riferimento.
Once Godel had invented this coding scheme, he had to work out in detail a way of transporting the Epimenides paradox into a numbertheoretical formalism. His final transplant of Epimenides did not say, "This statement of number theory is false", but rather, "This statement of number theory does not have any proof". A great deal of confusion can be caused by this, because people generally understand the notion of "proof" rather vaguely. In fact, Godel's work was just part of a long attempt by mathematicians to explicate for themselves what proofs are. The important thing to keep in mind is that proofs are demonstrations within fixed systems of propositions. In the case of Godel's work, the fixed system of numbertheoretical reasoning to which the word "proof" refers is that of Principia Mathematica (P.M.), a giant opus by Bertrand Russell and Alfred North Whitehead, published between 1910 and 1913. Therefore, the Godel sentence G should more properly be written in English as:
This statement of number theory does not have any proof in the system of Principia Mathematica.
Incidentally, this Godel sentence G is not Godel's Theorem-no more than the Epimenides sentence is the observation that "The Epimenides sentence is a paradox." We can now state what the effect of discovering G is. Whereas the Epimenides statement creates a paradox since it is neither true nor false, the Godel sentence G is unprovable (inside P.M.) but true. The grand conclusion% That the system of Principia Mathematica is "incomplete"-there are true statements of number theory which its methods of proof are too weak to demonstrate.
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Bene. Tutto ciò è la logica conseguenza delle formalizzazioni di Gödel, per cui l'affermazione G è vera in quanto essa stessa prevede l'indecidibilità di altre proposizioni. Ma c'entra poco con quello che hai scritto tu: Gödel non ha introdotto nessuna nuova matematica, e ciò che è vero senza poterlo dimostrare è una definizione che si applica tranquillamente agli assiomi, che erano ben noti da millenni prima di lui. Lo stesso Russell, da cui prende le mosse, aveva già dimostrato che le regole di un insieme non possono derivare dall'insieme stesso.
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Ho appena iniziato "Le rose che non colsi" di Gianna Schelotto
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"Se i pesci guardassero le stelle" di Ammirati
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Sto leggendo un libro di racconti di Kipling: "La città della tremenda notte".
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Originariamente Scritto da
King Kong
2) Gödel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante. Douglas Hofstadter
ti servirà un sottofondo musicale durante la lettura
https://www.youtube.com/watch?v=Y0_DeHSTLHU
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restodelcarlino
Bella l'animazione, incredibile la struttura.
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Oltre al libro del mese nel gruppo di lettura, sto leggendo:
Il fotografo di Auschwitz
Nel 1939, dopo l'invasione tedesca della Polonia, le SS propongono al giovane austro-polacco Wilhelm Brasse di giurare fedeltà a Hitler e di arruolarsi nella Wehrmacht. Il giovane rifiuta: si sente polacco e non vuole tradire la sua patria. Un anno dopo Wilhelm viene internato ad Auschwitz, con il numero di matricola 3444. I suoi compagni vengono inviati presto alla morte; lui invece si salva perché è un abile fotografo. Nei cinque anni successivi vive nel campo e documenta, suo malgrado, l'orrore. Oltre cinquantamila scatti - prigionieri, esecuzioni, e terrificanti esperimenti su cavie umane del dottor Josef Mengele - che Brasse farà in parte pervenire alla resistenza con molto ingegno e a rischio della vita. Sono le immagini di Auschwitz che noi tutti conosciamo. Ricostruita sulla base di resoconti e documenti, un'eccezionale testimonianza per non dimenticare.
La vita di Wilhelm Brasse, Il fotografo di Auschwitz, è narrata da Luca Crippa e Maurizio Onnis (Piemme, 336 pagine, 14,90 euro) nella formula del romanzo-verità ed è solo grazie al rischio che corse nascondendo i negativi nelle baracche,se oggi riusciamo a comprendere molto meglio l'orrore dell’olocausto, l’unica testimonianza visiva delle persone che furono assassinate al campo di Auschwitz.
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Originariamente Scritto da
LadyHawke
Oltre al libro del mese nel gruppo di lettura, sto leggendo:
Il fotografo di Auschwitz
Nel 1939, dopo l'invasione tedesca della Polonia, le SS propongono al giovane austro-polacco Wilhelm Brasse di giurare fedeltà a Hitler e di arruolarsi nella Wehrmacht. Il giovane rifiuta: si sente polacco e non vuole tradire la sua patria. Un anno dopo Wilhelm viene internato ad Auschwitz, con il numero di matricola 3444. I suoi compagni vengono inviati presto alla morte; lui invece si salva perché è un abile fotografo. Nei cinque anni successivi vive nel campo e documenta, suo malgrado, l'orrore. Oltre cinquantamila scatti - prigionieri, esecuzioni, e terrificanti esperimenti su cavie umane del dottor Josef Mengele - che Brasse farà in parte pervenire alla resistenza con molto ingegno e a rischio della vita. Sono le immagini di Auschwitz che noi tutti conosciamo. Ricostruita sulla base di resoconti e documenti, un'eccezionale testimonianza per non dimenticare.
La vita di Wilhelm Brasse, Il fotografo di Auschwitz, è narrata da Luca Crippa e Maurizio Onnis (Piemme, 336 pagine, 14,90 euro) nella formula del romanzo-verità ed è solo grazie al rischio che corse nascondendo i negativi nelle baracche,se oggi riusciamo a comprendere molto meglio l'orrore dell’olocausto, l’unica testimonianza visiva delle persone che furono assassinate al campo di Auschwitz.
Ho visto poco tempo fa il film " il fotografo di Mauthausen" che narra di un fotografo spagnolo, Francisco Boix, partigiano spagnolo. Anche lui riuscì a salvarsi grazie alla sua professione a fare uscire dal campo i negativi delle foto. Fu anche testimone al processo di Norimberga.
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L'ultimo dei Guardiani, il secondo di una trilogia fantasy di David Gemmel. Trilogia veramente bella se si pensa scritta in un solo anno.
Ma Gemmel insieme a Vance e George R.R. Martin sono i geni dell'high fantasy.
T'immergi in una dimensione spazio\temporale che rasenta l'onirico nella sua totale trasposizione.
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Originariamente Scritto da
Breakthru
Ho visto poco tempo fa il film " il fotografo di Mauthausen" che narra di un fotografo spagnolo, Francisco Boix, partigiano spagnolo. Anche lui riuscì a salvarsi grazie alla sua professione a fare uscire dal campo i negativi delle foto. Fu anche testimone al processo di Norimberga.
Non credo di averlo visto, ogni tanto guardo su Sky documentari storici che mostrano filmati d'epoca della guerra e girati all'interno dei campi, evidentemente i nazisti avevano la fissa di filmare e fotografare gli orrori che commettevano, se non ci fossero stati questi fotografi coraggiosi il mondo non avrebbe avuto la percezione reale di quanto è accaduto, per lo meno restano a testimonianza e a memoria per le generazioni future anche a distanza di tanti anni dopo la morte degli ultimi testimoni.
Mi domando se i nazisti avessero avuto a disposizione la tecnologia moderna sarebbe potuto accadere lo stesso? Avrebbero resistito a fare macabri selfie da postare nel web?
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Originariamente Scritto da
LadyHawke
Non credo di averlo visto, ogni tanto guardo su Sky documentari storici che mostrano filmati d'epoca della guerra e girati all'interno dei campi, evidentemente i nazisti avevano la fissa di filmare e fotografare gli orrori che commettevano, se non ci fossero stati questi fotografi coraggiosi il mondo non avrebbe avuto la percezione reale di quanto è accaduto, per lo meno restano a testimonianza e a memoria per le generazioni future anche a distanza di tanti anni dopo la morte degli ultimi testimoni.
Mi domando se i nazisti avessero avuto a disposizione la tecnologia moderna sarebbe potuto accadere lo stesso? Avrebbero resistito a fare macabri selfie da postare nel web?
E' su Netflix
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