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Bee Movie
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Durata : 90 minuti
Regia Steve Hickner
Sceneggiatura Barry Marder, Andy Robinson
Genere Animazione
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Trama: Barry è un ape volonterosa che dopo essersi laureata nell'alveare vorrebbe evitare di dedicarsi ai monotoni lavori correlati alla produzione del miele per diventare un membro della pattuglia dei “Fuchi fichi” sorta di Top Gun apiari che scorazza all'esterno per impollinare i fiori e prendere i componenti base per poter produrre il miele. Ma la prima uscita con la pattuglia è disastrosa e Barry viene salvato in extremis dalla dolce Vanessa, una tenera ragazza fiorista di mestiere che inizia con lui un rapporto ape-donna fondato sulla simpatia. Tutto sembra andare bene fino alla scoperta sconcertante che gli umani mangiano il miele che le api faticosamente producono ...
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Commento: dopo i fasti di Shrek e quelli di altri ottimi cartoni animati (come per esempio Madagascar) la Dreamworks produce e confeziona (letteralmente!) un tenero film sulle api, che letto con il titolo originale potrebbe avere una divertente assonanza come “Film di serie B”.
La vicenda nasce e procede in modo molto lineare:la rigida società delle api gestisce l'alveare con ritmi ossessionanti per la produzione del miele, e dopo un periodo di studi (vista la vita di un ape misurato in pochi giorni) il giovane Barry, che si contraddistingue per le scarpe da tennis e il maglione dolcevita a collo alto, dovrebbe entrare nel sistema produttivo. Ma estroverso e in cerca di emozioni, vuole evitare a tutti i costi questo tipo di vita, ma le vicende successive lo porteranno ad averne anche troppo di emozioni ed addirittura in tribunale, anche perchè gli sembra assurdo che gli umani approfittino del miele delle api sbafandolo senza problema incuranti del loro duro lavoro. L'assunto del film, da una idea del famoso comico, negli States, Jerry Seinfeld, elaborata a una cena quasi casualmente con Steven Spielberg, è questo risvolto di etica apiaria.
Iniziato con la descrizione della società delle api (belle le invenzioni visive degli strumenti della catena di montaggio della produzione di miele mentre una annunciatrice cerca di rendere come se fossero interessanti e felici lavori monotoni che verranno affibbiati a vita senza possibilità di promozioni oppure cambiamenti, e tra l'altro la festa di laurea dura solo qualche secondo tanta è la fretta di mandare a produrre i laureandi), prosegue poi con il terribile impatto all'esterno per sfuggire alle logiche della monotonia, che porta però anche al tenero incontro (tenete conto che Barry parla e si fa capire dagli umani), con la dolce Vanessa, una fiorista che si intenerisce subito dell'apetta con il dolcevita. Il film si compone di un comparto d'animazione 3D negli standard (elevati) della Dreamworks, ha una serie di invenzioni visive davvero valide che lo portano a scorrere senza monotonia (la scena della partita a tennis è divertentissima come i battibecchi sul parabrezza degli insetti, credo che dopo aver visto il film ci penseremo due volte a pulire il vetro dell'auto), anche se il tutto è comunque di fondo giocoso e solo divertente per intrattenimento leggero, i temi esistenziali (molto meglio sviluppati in un altra società animale targata Dreamworks, quella delle formiche di Z la formica) solo abbozzati e in un contesto ironico per proporre il tema ma non rabbuiarlo troppo. Questo tipo di scelta porta al risultato di abbassare il target del film, destinandolo in fondo a un pubblico più verde oppure a una scelta di fruizione da serata poco impegnativa. Il rapporto parlante tra Vanessa e Barry è talmente tenero da grondare miele (siamo in tema direte voi), si sviluppa in maniera fulminea nonostante l'assurdo della situazione, mentre i personaggi di contorno hanno una caratterizzazione quasi nulla, come quella dell'amico della fiorista Ken, imbelle e del tutto tracotante della propria ignoranza. Invece anche se si tratta in fondo di riempitivi la partecipazione/citazione animata di personaggi dello spettacolo cinematografico e televisivo (come Larry King, Ray Liotta e Sting, citato in tribunale per il suo nome d'arte e accusato di plagio) è davvero valida e simpatica (grandiosa la battuta del miele “Riserva personale di Ray Liotta” come se lo producesse lui).
La parte narrativa del tribunale che richiama i legal-movie invece è nel complesso scialba e senza mordente, a parte i sopracitati siparietti con i famous chiamati a testimoniare, risulta noiosa e prevedibile.
Il doppiaggio originale si dota di un cast (come accade usualmente) di vere stelle : Rene Zellwegger fa la tenera Vanessa, Adam Flayman è Matthew Broderick, Jerry Seinfeld fa Barry, mentre i suoi genitori sono Kathy Bates e Barry Levinson.
In definitiva un film divertente e colorato, ben animato, che abbozza temi più grandi di lui svilluppandoli il poco che basta ma senza particolare intensità, risultando alla fine ottimo per l'intrattenimento del pubblico di età verde o leggero degli adulti, ma racchiuso solo in un valore di pregio limitato che è valido per il tempo che dura ma non per portarsi oltre la visione.
Probabilmente la matrice di stampo comico/umoristico che lo ha generato ha limitato ogni capacità di trasformazione in minimamente satirica oppure degnamente introspettiva/approfondente.
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L`ASSASSINIO DI JESSE JAMES PER MANO DEL CODARDO ROBERT FORD
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(The Assassination of Jesse James By the Coward Robert Ford)
Un film di Andrew Dominik. Con Brad Pitt, Casey Affleck, Sam Shepard, Mary-Louise Parker, Paul Schneider, Jeremy Renner, Zooey Deschanel, Sam Rockwell, Garret Dillahunt. Genere Azione, colore 160 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Warner Bros Italia
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Trama: 3 aprile 1882. Robert Ford uccide a tradimento colpendolo alle spalle il bandito Jesse James. Quello raccontato nel film è lo sviluppo del rapporto di stima e ammirazione che Robert Ford coltiva verso Jesse James diventa di odio a seguito dell'indifferenza e del totale sfregio e mancanza di rispetto.
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Commento: Brad Pitt è l'appassionato produttore e protagonista di questa splendida pellicola di durata extralarge (160 minuti) che narra non tanto la biografia del capobanda Jesse James specializzato in rapine ai treni ricercato a lungo dall'agenzia Pinkerton (che al tempo, a metà 800 circa in poi, era una sorta di polizia privata arruolata e pagata dalle compagnie ferroviarie che vedevano la loro economia intaccata dai continui assalti dei fratelli James e Ford), quanto più l'evolvere dei rapporti all'interno della banda dove la figura dispotica e burbera del capo conclamato annulla e terrorizza tutti gli altri, anche quando è lontano come se fosse un fantasma che appare improvvisamente a saldare conti in sospeso. Il racconto si accentra sopratutto sulla figura di Robert Ford, il più giovane ed introverso dei fratelli, che ammira inizialmente Jesse per poi odiarlo mortalmente, in seguito alle continue subite prese in giro e alla totale indifferenza mista a disprezzo che gli mostra, fino a compierne l'assassinio in maniera vigliacca colpendolo alle spalle in un momento di tranquillità. La figura del codardo traditore è interpretata magistralmente da Casey Affleck (fratello trentaduenne del più noto Ben, ha già una buona carriera alle spalle con un futuro di regista) che ruba letteralmente la scena a Brad Pitt, che sceglie di non essere prepotentemente presente ma in maniera defilata (il film è permeato dell'aurea del suo personaggio ma non lo si vede moltissimo).
Affleck Casey ci regala una interpretazione intensissima, piena di sfaccettature, tormentata ma senza mai esplodere in isterismi o folli comportamenti, che però quando non ne può più prende decisioni determinanti in maniera risoluta. Davvero incredibile vederlo mentre sbuffa e sorride delle continue prese in giro, amareggiato per tanta ammirazione che va a finire sul bagnato di un animo insensibile che lo sbeffeggia e maltratta in continuazione mostrandogli solo disprezzo, con toni recitativi sempre misurati che raggiungono l'apoteosi della perfezione nel finale di grandissimo impatto emotivo. Pitt è molto bravo nel delineare questo fantasma crudele e che arriva sempre dove c'è qualcosa che lo minaccia, le sue espressioni sono come sempre ottime e precise, ma stavolta ha davvero trovato pane per i suoi denti in una gara di bravura che fa solo bene al film e alla sua visione.
Del resto anche il regista, lo sconosciuto Andrew Dominik (ha fatto come regista solo Chopper, l'esordio del 2000 di Eric Bana) non ha tremato di fronte a un incarico tanto gravoso ed affascinante e ha dato una grande prova direttiva, con ottime inquadrature in campo lungo e primi piani, impreziositi da una grande fotografia virata al seppia e nei momenti di divisione dei comparti narrativi ha autorialmente messo un filtro opacizzante ai lati facente effetto"vaselina" (ha anche eseguito la sceneggiatura traendola dal romanzo con il lungo titolo omonimo, chissà se la Wertmuller vorrà i diritti), e anche il montaggio è di buona levatura, anche se non brilla come quello primaesposto.
Tornando al valore non prettamente tecnico del film, non ci sentiamo da spettatori presenti a un western vero e proprio, anche se ovviamente paesaggi e personaggi lo sono totalmente, non ci sono inseguimenti, sparatorie furiose oppure delle grandi cacce all'uomo in movimento, (e anche l'unico assalto al treno mostrato è veloce e fondamentalmente tranquillo nella dinamica, serve più per richiamare il fatto storico delle preferenze criminali di Jesse che altro), la pellicola è un lungo intenso totale lavoro di approfondimento psicologico. Non lo si può neppure accusare di lungaggini oppure di momenti di stanca, i discorsi e le sedute di confronto sono perfette, non ripetitive e aggiungono un tassello man mano al mosaico emotivo sempre sul punto di esplodere. Nel caso di Robert Ford l'omicidio di un bandito famoso e carismatico verrà visto come un atto vigliacco, mandando alla storia la vittima (bellissima l'apologia delle cartoline del corpo nel ghiaccio) e relegando al ricordo da infame l'esecutore che ne voleva con la scomparsa violenza mondare i grandi peccati.
Era tanto che non si vedeva un film concentrato a delineare rapporti di odio/ammirazione (senza presenza di figure femminili qui praticamente assenti) in maniera così valida in una cornice, oltretutto, diversa e suggestiva.
La voce narrante fuori campo entra senza disturbare, sottolinea senza infastidire, spiega senza essere freddamente storiografica, quasi che gli eventi da scrivere sui libri vengano temuti dal destino stesso che li trova ingiusti in una logica umana di doveroso onesto raffronto nel dirimere i conti in sospeso. Un film praticamente perfetto, che ovviamente per la sua lunghezza e tipologia richiede una grandissima concentrazione (alcune fasi degli eventi se si perde qualche passaggio possono poi risultare ostici da riprendere). Dobbiamo anche pensare che il cinema per elevarsi non può solo dare ma deve anche chiedere qualcosa, e di fronte a un lavoro tanto pregno e denso possiamo senza nessun dubbio donare tempo e mente per poterlo apprezzare nella sua intierezza.
Un grande applauso a Brad Pitt che ha creduto fermamente in un progetto ostico di sicura perdita (al botteghino in America è stato un terribile flop, costato 30 milioni ne ha incassati 3,5), che dopo essere stato sex symbol ora è in pieno attore di culto e promotore di grande cinema, con la grande promessa di Affleck Casey a valorizzare sorprendentemente il tutto. Non perdetevelo per nessun motivo.
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Leoni per agnelli
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Cast Derek Luke, Tom Cruise, Robert Redford, Meryl Streep, Michael Peña, William Mapother, Peter Berg
Regia Robert Redford
Durata 01:35:00
Data di uscita Venerdì 14 Dicembre 2007
Genere Drammatico
Distribuito da 20TH CENTURY FOX ITALIA
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Trama: Tre storie parallele su temi convergenti. Una giornalista sta facendo una intervista shock a un senatore arrivista, il professor Malley è a colloquio con uno studente perplesso che chiede le ragioni di certe scelte eseguite da degli studenti, due ragazzi della West Coast University, allievi di Malley stesso, si sono arruolati per fare qualcosa di importante nel corpo dei marines ma nel corso di una missione andata male finiscono dispersi braccati dai talebani sulle nevi dell'Afghanistan.
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Commento: il grande Robert Redford (in forma smagliante nonostante l'età) dirige questo film a tre strati, composto da due situazioni di incontro statiche (nella prima la giornalista Meryl Streep incontra il senatore arrivista e speculativo Tom Cruise, nella seconda il professor Malley, lo stesso Redford, si confronta con un perplesso studente), e una di movimento (due giovani marines, un nero e un ispanico, sono feriti e braccati dai talebani in un Afghanistan innevato e ghiacciato). Tra uffici dove si comunicano per fare speculazione politica strategie non del tutto convincenti, atenei che sperimentano ed incoraggiano comportamenti ardimentosi e il campo di battaglia dove i pensieri e le teologie si perdono per diventare necessità di sopravvivenza pura, il film si dipana come un lungo talk movie racchiuso in mura ristrette a due. Migliore il segmento del dialogo tra una sconsolata ed incredula Meryl Streep e un irrivente e spocchioso senatore Tom Cruise rispetto a quello di Redford che propone una soluzione davvero inusuale per risolvere i problemi di studio a un suo allievo. Di fatto le espressioni della Streep sono fenomenali nell'ascoltare le soluzioni che il grande pensatore (a suo modo di credere) propone per ridare vigore a una campagna politica e militare in declino, che si riducono a un ritorno a situazioni del Vietnam che già avevano fallito il loro obbiettivo. Una sorta di errori che vengono ripercorsi dopo aver rassicurato a lungo la popolazione che l'Irak o l'Afghanistan non ne saranno un nuovo capitolo, con la contemporaneità delle due vicende che potrebbero avere un nuovo corso se una di esse fosse risolta (una vittoria panacea che farebbe dimenticare un fallimento per l'opinone pubblica). Il lungo discorso tra giornalista e senatore con soluzioni di continuità (i tre segmenti sono montati in pezzi alternati uno con l'altro) rivela aspetti esecrabili della gestione centrale, con soluzioni pezza per un buco profondo di sistema che l'amministrazione si preoccupa di voler chiudere in qualche modo non per umanità o coerenza verso il dovere del paese ma per non vedere il proprio potere personale e la seggiola dorata sui cui si è seduti intaccati.
Le numerose foto di Cruise con i potenti (Bush Jr compreso) stigmatizzano come il senatore Jasper Irving sia un uomo che gode di grande fiducia da più parti che lo chiamano come soluzione estrema per i loro problemi, a cui lui si dedica indipendentemente da quale sia la fonte (e la giornalista che lo sente perplessa in passato lo aveva glorificato con un articolo).
Nell'altro segmento Redford e il suo studente analizzano i comportamenti dei laureandi, partendo da una "proposta indecente", cioè un 26 praticamente gratuito senza esame con solo obbligo di frequenza alle lezioni che ora vengono disertate, per poi discutere delle motivazioni che i due giovani compagni di college hanno maturato per decidere di arruolarsi nei marines. L'attacco all'amministrazione del presidente Johnson del tempo è totale, con la precisa accusa di aver mandato obbligatoriamente al Nam giovani delle classi sociali più disagiate ed irrequiete, e anche i carcerati, per liberarsi indirettamente di un problema in modo del tutto pulito e senza sporcarsi le mani in modo visibile. Un giovane professor Malley del tempo in una manifestazione anti-nam si prese anche parecchi punti di sutura in testa a seguito di percosse, peccato che il Malley odierno abbia a tutti i costi cercato di convincere con un progetto universitario ardito due giovani (che incarnano le classi disagiate e scomode che combatterono contro i vietcong) ad andare oltre invitandoli indirettamente a combattere in Afghanistan. il passato con i suoi errori ritorna, si trasforma e fa diventare gli uomini giovani delle controparti contraddittorie passate nella loro maturità post esperienza odierna.
I due giovani convinti da Malley sono i protagonisti del terzo strato del film, quello sul campo, dove le parole non sono molte e c'è l'azione, con i due sfortunati e illusi protagonisti a dover essere inchiodati su un terreno gelato da nemici e ferite con tentativi disperati di soccorso (che sono paradigma e icona delle pezze che Irving vuol mettere alla due guerre che si stanno rivelando un fallimento) che non si sa se andranno mai a termine troppo ostacolati dal clima e dalle decisioni dall'alto inesatte. C'è sempre un fattore x che impedisce di portare a termine anche le operazioni tecnologicamente perfette, e questo è dato dall'orgoglio dei due che non vogliono cadere sdraiati ma in piedi rischiando di rendere la già diffiicile operazione di salvataggio inutile, l'uomo che mette lo spirito che lo differenzia dalla macchina.
Un film che dura molto poco (90 minuti scarsi) ma che è molto denso nelle sue affermazioni, dove ovviamente gli strati parlati sono il fulcro del come e perchè mentre quello sul campo di battaglia le conseguenze (disastrose) dirette di quanto deciso. Un film quindi tutt'altro che semplice, che richiede una buona dose di concentrazione, che va affrontato come una esperienza di approfondimento, migliore se è presente un medio background su quanto è avvenuto nella pluricinematograficamente celebrata esperienza del viet americana per capire le parole enunciate. Esperienza parlata al vetriolo questo è certo, decisamente forte e valida per un cinema che vuole andare oltre alla presenza in sala, utilizzando uno stile da confronto televisivo in locali tutt'altri che pubblici, che per meglio farsi capire mostra l'esterno per catalizzare quanto spiegato all'interno.
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IL MISTERO DELLE PAGINE PERDUTE
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Il mistero delle pagine perdute
(National Treasure: Book of Secrets)
Un film di Jon Turteltaub. Con Nicolas Cage, Jon Voight, Harvey Keitel, Ed Harris, Diane Kruger, Justin Bartha, Helen Mirren, Bruce Greenwood. Genere Avventura, colore 126 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Buena Vista
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Trama: Ben Gates deve salvare l'onore di un suo avo, ingiustamente implicato nell'omicidio di Abramo Lincoln, e per farlo ha una sola possibilità : trovare un misterioso tesoro decifrando indizi sparsi in Europa ed America, con l'ostacolo di un avversario determinato e senza scrupoli. L'impresa sembra disperata, ma quando tutta la famiglia Gates è riunita nulla è impossibile ...
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Commento: Secondo impegno dopo "Il mistero dei templari" per Nicolas Cage (vincitore del premio oscar come miglior attore protagonista per Via da Las Vegas del 1995, dove interpretava anche lì un personaggio di nome Ben) nei panni dell'inarrestabile cercatore di tesori Ben Gates, capace di risolvere qualsiasi indovinello per giungere a scovare nuovi indizi. Stavolta la sua missione sarà di cercare una misteriosa locazione, non tanto per trovare chissà che incredibili gioielli ma per salvaguardare l'onore del suo avo ingiustamente accusato di aver partecipato all'omicidio di Abramo Lincoln avvenuto nel 1865 ad opera di John Wilker Booth. Il film parte con un prologo che ritrae la scena dell'assassinio di Abramo Lincoln e le motivazioni del tutto, davvero ben fatto con costumi di ottima fattura stile d'epoca, per poi dedicarsi completamente un secolo e mezzo dopo circa alla ricerca delle pagine perdute di un misterioso libro che contiene segreti pericolosi tenuti ben celati. Parte così attraverso Francia, Inghilterra ed America una frenetica caccia agli indizi su come poter aver accesso al sito nascosto, protetto da una serie interminabile di indovinelli da sbrogliare per arrivare alla mappatura completa del luogo.
Ad aiutarlo nell'impresa ci sarà tutta la famiglia Gates (padre, madre e moglie con cui sembrerebbe aver rotto i rapporti) più l'amico supertecnologico lo scrittore Riley Poole, mentre ovviamente c'è chi trama per sfruttare gli sforzi compiuti da altri per appropriarsi del premio.
Jon Turteltaub, autore anche del primo capitolo, orchestra molto bene la vicenda (il precedente film difettava un po' di ritmo ed alcune trovate di trama non erano perfette pur essendo divertente) di questo libro che scotta con presenti le malefatte dei presidenti del governo targato Usa, tralasciando quasi subito gli aspetti politico sociologici che vengono solo abbozzati in quanto sa benissimo che un film di questo tenore non saprebbe reggerli a dovere ed appesentirebbero solo il tutto, mettendo in scena un rutilante carrozzone visivo, pieno di ricerche d'indizi e piccoli battibecchi familiari simpaticissimi (i duetti tra la Mirren, si proprio lei, la Queen, e Jon Voight sono davvero simpatici) che strizza l'occhio ad Indiana Jones (sopratutto nella parte finale) senza tralasciare delle atmosfere alla 007 con lunghi inseguimenti urbani in auto. Azione stemperata in modo gradevole, e sopratutto credibile, dalle battute dette da Riley (Justin Bartha) che si trova a dover sbagliare il posto di guidatore dell'auto per via del volante a destra oppure di doversi sacrificare a programmare complicati piani di fuga, intervendo elettronicamente con il pc, seduto sulla tazza di un gabinetto pubblico. Il cast di prima grandezza regge benissimo tutta la storia, impreziosendola con partecipazione e personalità. D'altronde nomi come Ed Harris (Mitch, il rivale nella ricerca), Diane Kruger (la moglie in odore di rottura, bellissima e in grande forma), Jon Voight (il padre), Helen Mirren (la madre), Harvey Keitel (il capo della polizia), riuniti con Cage fanno comunque un gran bel vedere recitativo, e la cosa che stupisce è che anche i vecchietti non hanno alcun problema a eseguire e partecipare a scene fisicamente impegnative. La pellicola, un condensato ironico di azione/mistero/enigmistica, regge benissimo le oltre due ore di durata senza mai annoiare, miscelando molto bene i momenti umoristici con quelli di ricerca e di movimento, con grande glamour e priva di esagerazioni, risultando alla fine gradevolissima negli intenti di un intrattenimento intelligente e con qualche piccola punta di polemica sull'operato passato del governo che è ligio assolutamente al concetto che i panni sporchi non si lavano proprio. incredibile la tensione della scena della piattaforma, perfettamente girata nei tempi e con una scenografia assolutamente ottima.
In definitiva non perdetevi questa avventura attraverso il mondo di grande ritmo, vi divertirà per i suoi fantastici protagonisti e le sue scorazzanti indagini enigmatiche alla ricerca della verità, con delle riprese aeree delle Black Hills davvero suggestive. In attesa del nuovo Indiana Jones, questo film prodotto dallo specialista in kolossal Jerry Bruckheimer è un ottimo antipasto.
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Natale in crociera
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Un film di Neri Parenti. Con Christian De Sica, Fabio De Luigi, Michelle Hunziker, Aida Yespica, Alessandro Siani, Nancy Brilli. Genere Commedia, colore 106 minuti. - Produzione Italia 2007. - Distribuzione Filmauro
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Trama: 2 storie separate e parallele per questo viaggio in crociera, dove c’è chi deve fare da testimone al comandante della nave e chi invece cerca di godersi la splendida amante in una crociera da sogno ai Caraibi cercando di sfuggire ai controlli della moglie, peccato che debba portarsi il cognato appresso in quanto depresso dal fatto di essere stato lasciato dalla fidanzata e sull’orlo del suicidio per questo. Tra disguidi ed equivoci prosegue la vicenda, con lo sfondo da sogno dei caraibi e la splendida nave da crociera a dare un tocco di fascino al tutto.
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Commento: Come tutti gli anni, come se fosse la stella cometa, arriva puntuale il cinepanettone di DeSica, l’unico vero riconosciuto dopo la creazione del clone insipido di Boldi a seguito della divisione del duo artistico (e che quest’anno ha dato bandiera bianca nella lotta al botteghino di Natale uscendo un mese prima ).
Sempre con la regia del fidato Neri Parenti, quello di quest’anno è ambientato sulla lussuosa nave da crociera Costa Serena (il film è girato durante una vera crociera e i turisti si sono prestati a fare da comparse, e la cronaca riporta di uno di essi che, imprudentemente fattosi riprendere dove non doveva essere, è stato scoperto dalla moglie in flagranza di tradimento) dove Paolo (DeSica) deve cercare di godersi la sua procace amante Magda (Aida Yespica, in forma fisica strepitosa e sempre in abiti succinti e trasparenti), all’insaputa della moglie Francesca tranquillamente a casa (Nancy Brilli), anche perché Paolo dovrebbe teoricamente stare sempre con il cognato Felice (Alessandro Siani) che dopo l’abbandono della fidanzata Margherita vive un difficile momento psicologico al punto di provare il suicidio. Parallela a quella dell’indaffarato Paolo scorre la vicenda di Michela e Luigi (la Hunzicher e DeLuigi, di nuovo riuniti dopo aver fatto la sitcom di Italia 1 Love bugs), che incontratosi in maniera rocambolesca in Italia e maturato un sentimento di odio reciproco totale (lei vive con un nugolo di animali ed è appena stata lasciata dal fidanzato, lui scrittore di un libro e single ultraconvinto), devono anche stare insieme di malavoglia insieme ai Caraibi per via di un matrimonio di cui sono testimoni.
Tra equivoci e problemi vari, la vita sulla crociera è davvero movimentata.
Inutile scagliarsi ad oltranza contro i cinepanettoni, sono tutti uguali (DeSica poi fa sempre e comunque la stessa cosa, il marito traditore e trombatore, tanto che in uno di quelli passati gli venne dato come cognome Trivelloni) e il pubblico ha ormai capito benissimo la formula, per cui senza trucco e senza inganno propongono solo quello che gli viene chiesto ed accettato dalla controparte in cerca di svago leggero e assolutamente senza nessuna pretesa. Pagnotta per pagnotta, ogni anno al botteghino fanno sempre il pieno. Poi a differenza di quello di Boldi, quello di Desica ha delle cornici più suggestive, in questo caso sfondi da sogno come i caraibi e la nave da crociera con interni lussuosi di grandissimo impatto visuale. Il segmento della commedia degli equivoci (protagonisti DeSica/Yespica/Brilli e Siani) è sicuramente molto più gradevole del segmento d’avventura fuori dalla nave (protagonisti Hunzicher/DeLuigi) , commedia dove i meccanismi ultraoliati girano sempre (nell’ottica di una logica sempre uguale) rispetto al tentativo completamente fallito di dare movimento esterno alla nave al film (abbiamo anche una inconsueta sparatoria del tutto gratuita, una ricerca del ritorno al porto del tutto blanda, una citazione inutile di Castaway e varie scenette insapore che ricordano i battibecchi dei due in ambito tv). Per cui niente di nuovo sotto il sole, se non fosse che, in peggioramento del già basso standard solito, per via del tentativo sopracitato di diversificare senza sapore si ride poco o nulla rispetto al passato in molti punti. Parenti voleva probabilmente che questa crociera fosse intensificata non solo dalla cornice ma anche da qualcosa d’altro, peccato che abbia scelto una soluzione tanto insapore e poco consona al solito sistema. Verrebbe da pensare che diamo tante colpe ai cinepanettoni di essere sempre uguali, quella volta che almeno per metà si allontanano dalla formula (Hunzicher e DeLuigi fanno praticamente un walk on the road lungo la natura selvaggia dopo aver perso la strada) li accusiamo di essere andati fuori tema. D’altronde se quello che vediamo non diverte o è poco convincente la scelta di provare è comunque sbagliata anche se coraggiosa.
Da notare, come in Matrimonio alle Bahamas, che la storia presenta un incidente in una cabina telefonica, quando oramai sappiamo tutti che l’utilizzo dei cellulari le ha rese del tutto inutili e pochissimo usate, mentre l’assurda macchina che guida la Hunzicher è davvero un concentrato animale di assurdità visive.
In definitiva DeSica istrione e dalla faccia di gomma, con le espressioni che lo hanno reso famoso e simpatico, gli altri gli girano attorno, la vicenda gira in fondo sempre sulle stesse amenità, ma ha una sua eleganza di fondo senza mai eccedere in rutti, peti o parolacce spinte (assolutamente non presenti) , e questo è un pregio di fondo. Una commedia che finisce nel calderone delle tante, se vogliamo paragonarla ci sono lavori pessimi americani di genere anche peggiori, che dà ciò che chiede come ogni anno, monotona e puntuale ma assolutamente onesta. Non chiediamo indietro il biglietto quando acquistiamo quello che in fondo è il prodotto che sappiamo, saremmo noi gli incongruenti. Il vero peccato è che persone che vanno al cinema una sola volta all’anno ci provano soltanto con prodotti come questo senza mai diversificare le proprie già poche opportunità, ma questo non è colpa dei cinepanettoni in quanto probabilmente gli stessi tipi di spettatori sopracitati se non ci fossero loro ridurrebbero a zero i loro ingressi in una sala buia.
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Caramel
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Un film di Nadine Labaki. Con Nadine Labaki, Yasmine Al Masri, Joanna Moukarzel, Gisèle Aouad, Adel Karam, Siham Haddad. Genere Commedia, colore 96 minuti. - Produzione Francia, Libano 2007. - Distribuzione Lady Film
Trama: Quattro ragazze nella Beirut di oggi gestiscono un salone di bellezza (Si belle), con tanta nostalgia per le cose di Francia che adorano, e con una grande varietà di problemi che le toccano ad una a una. C'è una di esse che si scopre lesbica, un altra che vive dei sotterfugi dell'amante sposato, chi ha problemi ad ammettere al fidanzato di non essere più vergine e chi inutilmente fa provini in continuazione per cercare di avere qualche parte nello spettacolo. Tra tutte queste problematiche di vita il negozio va avanti grazie e sopratutto per la sua famosa ceretta al caramello ...
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Commento: Da una regista all'opera prima (che è anche interprete del ruolo di Layale, cioè dell'avvenente mora che si innamora di un uomo sposato) un delicato e delizioso film commedia agrodolce sui problemi di quattro donne totalmente diverse che hanno in comune solo il luogo in cui lavorano, un salone di bellezza. Oltre a Layale abbiamo Nisrine (Yasmine Al Masri), che deve cercare di riparare alla propria verginità persa poco prima del matrimonio (strepitosa la battuta "Se chiama, ditegli che sono dalla sarta"), Rima (Joanna Moukarzel) che scopre di essere attratta dalle donne, per finire con Jamale (Gisèle Aouad), in cerca di lavori televisivi e ossessionata dal fisico che non deve sfiorire come la sua vita privata che ha subito un divorzio. Il tutto con di mezzo il caramello caldo epr fare le cerette.
Intelligentemente la Beirut di oggi non viene vista come un campo di battaglia, sembra una città del tutto normale, ma per ricordare come la situazione sia angosciante anche se nel film si parla di tutt'altro che problemi politici, l'insegna del negozio di bellezza femminile Si Belle (dove lavorano le 4 donne) ha la B (come Beirut) cadente e appesa solo al gancio inferiore che la porta a rimanere verso il basso al contrario. Di fatto questa Beirut che si vede è una comune città piena di fervore, dove i problemi non sono la sopravvivenza ma la risoluzione di cose se vogliamo anche minori ma emozionalmente molto importanti. Le quattro donne sono molto unite tra di loro, fanno fronte insieme davanti ai problemi, un po' Sex and The City, ricordato appieno nella scena dell'albergo, vivono di emozioni del tutto genuine prive di angosce politiche, degne più dei problemi feminili che delle logiche di paese. Accenni storici non presenti, privazioni pesanti non mostrate ci allontanano dall'idea di un paese flagellato, qui ci si concentra sul nucleo serenamente e non sul villaggio globale.
Le protagoniste, belle, ben vestite si muovono con dolcezza sulla scena, cercando di riuscire a risolvere i problemi in maniera diretta affrontandoli. Delle quattro la vicenda centralizzante e più sviluppata è quella di Layale, che attraverso un clacson ha un richiamo verso l'amante di cui è perdutamente innamorata. Sono ottimamente caratterizzate le logiche di questa trama, con lei decisa a capire il senso di tutto questo rapporto tanto occasionale e sopratutto secondario. Bello anche la logica che fa della scena d'albergo l'emblema, un anniversario festeggiato prima di quello vero come se cercasse di invertire l'importanza dei ruoli tra moglie e amante, sopratutto dopo una pulizia a fondo della squallida camera d'albergo. E mentre la storia centrale prosegue, nei tempi della commedia agrodolce sono perfetti gli sguardi saffici, gli incontri dal dottore per la ricostruzione della verginità, i goffi tentativi di sembrare sempre belle a dispetto di anni e di età.
Gli uomini ovviamente sono defilati in questo tipo di film, ma non sono mai visti come dei beoti, dei sempliciotti, ognuno ha una sua concretezza, filosofia, dolcezza (escluso l'amante che non vediamo mai e non sentiamo parlare)
Importantissimo nell'economia del film la parte di Rose (Siham Haddad), che nell'anzianità perde contatto con le gioie del mondo e la possibilità di avere un rapporto tenero e affettuoso con un dolce uomo maturo per occuparsi della sorella un po' matta Lili (Aziza Semaan, davvero bravissima nella parte di questa vagabonda senza troppo senno ma dalla grande furbizia nel restare al centro dell'attenzione per non rimanere sola).
Questo percorso dell'anzianità dopo quello della gioventù diventa un interessante metafora che a sfiorire non conta che sia il corpo, destino ineluttabile della vita, che coprirlo eccessivamente con creme e belletti porta solo a una perdita di identità e di dignità ("rimettiti la tua faccia prima di incontrarlo" dice Lili a Rose).
Dolce tocco nelle trame e nelle caratterizzazioni sottolineato da un buon comparto musicale, sempre leggero e mai invadente, davvero pregno nelle tonalità, stesse tonalità da sottolineare in una fotografia azzeccatissima un po' oscura e un po'naif, che impreziosiscono un lavoro davvero degno.
in definitiva una commedia agrodolce di ottima fattura, divertente ma non spensierata, che chiude questo 2007 con un tocco di grande umanità femminile, spuntato nella cornice che meno te l'aspetti.
Buon anno a tutti, che il 2008 ci porti ancora lavori del suo genere buoni come questo. W le donne!
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Halloween the beginning
Halloween - The beginning
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Paese: USA
Anno: 2007
Durata: 109'
Genere: horror
Regia: Rob Zombie
Soggetto: Rob Zombie, John Carpenter, Debra Hill
Sceneggiatura: Rob Zombie, John Carpenter, Debra Hill
Produttore: Rob Zombie, Malek Akkad, Andy Gould
Produttore esecutivo: Bob Weinstein, Harvey Weinstein, Andrew G. La Marca
Casa di produzione: Dimension Films, Nightfall Productions
Interpreti e personaggi
Malcolm McDowell: dottor Sam Loomis
Brad Dourif: sceriffo Leigh Brackett
Tyler Mane: Michael Myers adulto
Sheri Moon: Deborah Myers
Scout Taylor-Compton: Laurie Strode
Danielle Harris: Annie Brackett
Kristina Klebe: Lynda van der Klok
William Forsythe: Ronnie White
Udo Kier: Morgan Walker
Daeg Faerch: Michael Myers giovane
Danny Trejo: Ismael Cruz
Lew Temple: Nole Kluggs
Skyler Gisondo: Tommy Doyle
Jenny Gregg Stewart: Lindsey Wallace
Hanna Hall: Judith Myers
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Trama: Il giovane Michael Myers
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Bianco & nero
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Un film di Cristina Comencini. Con Fabio Volo, Ambra Angiolini, Aïssa Maïga, Eriq Ebouaney, Anna Bonaiuto, Franco Branciaroli, Katia Ricciarelli, Maria Teresa Saponangelo, Awa Ly. Genere Drammatico, colore 100 minuti. - Produzione Italia 2007. - Distribuzione 01 Distribution
Trama: Elena e Carlo sono due coniugi dalla vita apparentemente tranquilla, lei impegnata nel sociale in una organizzazione pro africa, lui invece riparatore di computer socio in una società dai risultati altalenanti. Carlo non sembra interessarsi molto alle attività in cui crede ed è coinvolta la moglie, ma una sera di malavoglia è costretto a partecipare ad una riunione dell'associazione, dove conosce la bella Nadine, compagna del collaboratore e collega nero di Elena. Anch'essa stanca di sentire storie sull'Africa da aiutare, si ritrova a condividere con Carlo molto di più di quello che sembrava fosserci all'inizio di questo incontro occasionale, per colpa soprattutto di un pc truffaldino che ...
Commento: Cristina Comencini torna alla regia dopo l'ottimo La bestia nel cuore con Giovanna Mezzogiorno, con un film che parla di interazione razziale e di rapporti difficili tra persone di pelle di colore contrario. O almeno bisognerebbe dire, cerca di parlare. Di fatto la storia di Elena (Ambra Angiolini, che torna dopo la presenza in Saturno contro di Ozpeteck, che qui fa un po' la Mezzogiorno dei primi tempi e dell'Ultimo bacio), moglie tradita da Carlo (Fabio Volo, che dopo Uno su Due sembra non voler abbandonare la ricerca di cinema con denuncia), è parecchio incolore e invece di diventare caffelatte appare parecchio trasparente e priva di convincenti sfumature.
La Comencini ci racconta di un uomo apparentemente innamorato della moglie, senza particolari stimoli ma senza neppure troppa voglia di cercare chissà che avventure, che casualmente incontra la splendida Nadine (Aïssa Maïga), moglie del collega nero di Elena, che è impegnata nel sociale in una campagna pro Africa. Carlo e Nadine si innamorano perdutamente, ma ovviamente avendo ognuno dei figli ed un compagno la cosa non è certamente semplice, soprattutto perchè sentono addosso i pregiudizi sia di una parte che dall'altra parte. La regista, figlia del grande Luigi, si impegna a mettere la cornice ma non il quadro, ci parla di difficoltà razziali quando di base queste non sono invece nulla nell'economia della storia. Un po' come quei film sciocchi ed ingenuotti che ci parlano delle difficoltà di integrazioni dei gay quando ormai gli stessi sono una realtà consolidata e ben accettata da tutti senza problemi in una società tollerante che , in questi casi e in questi tipi di confronti, pensa più alla propria integrità dei nuclei pensanti che a una vera minaccia delle realtà esterne, il film ci mostra una comunità nera romana assolutamente autosufficente in Italia e completamente sofferente nel proprio paese, ci dice che anche la famosa scena della doccia nella fontana di Trevi di Anita Ekberg nella “Dolce Vita” di Fellini può essere girata con un attrice nera (e quale problema di base ci fosse stato? L'iconografia del tempo fu fatta non certo pensando a un problema razziale, non erano certo film girati al tempo del nazismo e non aveva come regista la Riefensthal portatrice di propaganda), ci urla contro che di fronte all'amore nulla può il mondo che lo ostacola, ma dimentica completamente che il vero problema di base non è l'unione tra persone di colore diverso, ma il fatto che ognuna delle due parti ha una famiglia propria fatta di figli e di coniugi. Per cui il film ci comunica una visione distorta da dove sembra voglia parare, e alla fine se girassimo la sceneggiatura a colori invertiti oppure monocromatica alla fine tutto sarebbe uguale perdendo l'istinto di ogni denuncia di razzismo (comportamenti legati blandamente agli orripilanti e farneticanti discorsi del cognato di Nadine) con una sequenza priva di senso come poche che vede un palazzo sede di una conferenza del consolato del Senegal pieno di neri con camerieri bianchi, valida solo per riempire la metratura in quanto ha un dubbio significato di comparazione del tutto vuota. E soprattutto, particolare non da poco, Nadine non è una nera qualsiasi, ma una realizzata workwoman (“Quale carta di credito vuole?”) splendida e avvenente per bianchi, gialli rossi o a pois. Si perde nel lavoro, a furia di assommare banalità (con la ricerca ogni momento del mischiare i colori, le mani bianche con le nere e via dicendo per ribadire l'assodato) ogni valore di approfondimento che sembrava voler cercare l'incipt, per poi risultare alla fine una commedia italiana della sopravvivenza alle corna come tante già viste.
Come quasi ogni film americano che parlava dell'argomento (citiamo su tutti lo splendido “Specchio della vita” di Douglas Sirk) viene accennato il discorso della bambola (qui una Barbie) che è più bella bianca o viceversa.
Famiglie con macchiette (il padre di Elena, Franco Branciaroli, che racconta l'intenso amore con la Nera Maramba all'infinito, che ha una moglie , Anna Bonaiuto, altera e con un dispotico atteggiamento protettivo, oppure come la madre di Carlo, Katia Ricciarelli, comprensiva ed indulgente dimenticando la nipotina abbandonata in nome degli ormoni) fanno da corollario non certo originale alla vicenda. Alla fine rimane di buono l'impegno oppure la furbizia di voler accennare all'argomento, con un finale tracimante, senza però minimamente riuscire a dare una visione ma quanto più un quadro personale banale del tutto implume che non vola.
In definitiva un film molto leggero rispetto alle aspettative, semplicemente gradevole passatempo da vedere ma banale di fondo, che non deve minimamente essere fautore di speranze previsione, con argomenti sociali messi lì dentro a forza in una vicenda dallo svolgimento ben diverso. Certo che se film/furbata così sono considerati di interesse culturale siamo a un livello concettuale ben basso. Dicono che per meglio concettualizzare ed aiutare lo spettatore bisogna anche saper essere leggeri nell'esplicazione dell'argomento, ma del resto andrebbero almeno date le basi per un eventuale approfondimento, anche perchè chi visiona è molto più furbo di quanto chi propone pensi.
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L'allenatore nel pallone 2
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Cast Lino Banfi, Ettore D'alessandro, Urs Althaus, Giuliana Calandra, Anna Falchi, Roberto Pruzzo, Carlo Ancelotti
Regia Sergio Martino
Sceneggiatura Lino Banfi, Sergio Martino
Durata 01:52:00
Data di uscita Venerdì 11 Gennaio 2008
Genere Commedia
Distribuito da MEDUSA
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Trama: Oronzo Canà è un ex allenatore di calcio ritiratosi a coltivare i suoi uliveti e a trascorrere le giornate in nostalgia dei tempi che furono sui campi della serie A, dove allenava la Longobarda.Con un genero fedifrago, una figlia imbruttita dal tempo e una moglie che lo osteggia dal tornare a parlare di pallone a qualsiasi livello, l’unica sua serena compagnia è l’adorato nipotino Ronzino, che non smette mai di ricordargli quanto era stato bravo a salvare vent‘anni prima la squadra dalla retrocessione in serie B. Un giorno la Longobarda viene comprata da un ricco magnate russo che vuole a tutti costi che sia Canà ad allenarla ancora. Entusiasta e felice Oronzo accetta, elabora un rivoluzionario modulo di gioco che dà i suoi frutti, ma purtroppo gente di pochi scrupoli sta tramando perché la squadra e il suo allenatore non abbiano successo nell’impresa di salvarsi in campionato …
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Commento: Oronzo Canà torna sui campi da gioco dopo 24 anni dal debutto datato 1984, con il seguito delle sue avventure prive però del rivoluzionario modulo bizona 5-5-5 (cinque tutti avanti e cinque tutti indietro) che gli aveva dato tanta notorietà. A interpretarlo ovviamente ancora Lino Banfi, circondato da un nugolo quanto mai nutrito di caratteristi della tv sportiva (come Ilaria D’amico, Giampiero Mughini e tanti tanti altri), e una serie di calciatori in parti cammeo, presenti soprattutto nei sogni del tormentato Canà, come Buffon, Totti, Del Piero e Luca Toni, e curiosamente gli ex calciatori Ciccio Graziani e Roberto Pruzzo presenti anche nel primo film (dove si anticipò tra l‘altro la futura calvizie dell’allenatore protagonista del reality televisivo di italia1 su una squadra di calcio).
A dirigere il secondo capiotlo delle avventure tragicomiche di questo povero allenatore nel pallone più che mai, è ancora Sergio Martino, regista pure del primo capitolo. La trama consiste nella voglia terribile che Oronzo ha di tornare sui campi di calcio ad allenare la sua amata Longobarda, peccato che quando gli si para davanti la possibilità di farlo ci sono molteplici difficoltà e oscure trame che non vogliono lasciargli tregua. Tra una trappola e l’altra, truffe e raggiri, il campionato di seria A prosegue spietato apparentemente senza possibilità di salvezza.
La sceneggiatura (che vive anche dei tanti riferimenti alla calciopoli appena trascorsa, presente anche riferimento a Moggi in un capostazione che controlal il traffico del treno) viene costruita non tanto per dipanarsi in maniera organica, ma per poter inserire in maniera più o meno strampalata i camei dei giocatori, dove Totti, Del Piero e Buffon (abituati alla recitazione, sopratutto Del Piero, per via dei numerosi spot pubblicitari che hanno fatto) sono degli avvocati nei sogni di Canà, mentre vecchie glorie come Pruzzo, Antognoni e Graziani arrivano ad un funerale di un vecchio amico (ma ce ne sono molti altri che vi lasciamo il piacere di scoprire).
Stessa sorte di inserimento è riservata ai numerosi commentatori tv che intervengono a dare una sorta di tono da Controcampo (trasmissione ampiamente citata) alla pellicola, dove di fatto tutto prosegue a siparietti sconnessi dal collegamento davvero lieve. L’inesistente trama coinvolge pure vecchie mummie come Little Tony e Andrea Roncato, mentre ancora una volta notiamo come a Banfi (ambasciatore dell’Unicef e autore di canzoni per lo Zecchino d‘Oro) i bambini paiano una sorta di dono del cielo dato il grande affiatamento morale con il nipotino Ronzino.
Nel settore attori, quelli che lo fanno di professione insomma, con che risultati lasciamo perdere, abbiamo Anna Falchi che fa la giornalista occhialuta e approfittatrice, mentre Enzo Salvi fa il genero perennemente a caccia di donne.
Rispetto al primo capitolo (ampiamente ricordato con dei filmati televisivi o delle frasi che lo riportano a galla e con il ritorno del calciatore eroe del primo capitolo, trama ripetuta in questo da un altro punto di vista) il passo indietro è decisamente brusco. Il troppo elevato coinvolgimento dei personaggi televisivi in cammei più o meno lunghi (nel 1984 avevamo Biscardi) dopo un po’incomincia a dare sui nervi, il giochetto del coinvolgimento del pubblico a riconoscere cose che conosce nelal quotidianità ed è avvezzo troppo tirato, tanto quanto quello dei giocatori che a furia di fare cammei ci fanno dimenticare che in fondo stiamo assistendo a un film e non a interviste post partita serale o pomeridiana. Certo non dobbiamo bacchettare troppo sullo scontato film come questo che hanno la stessa filologia dei cine panettoni, divertire senza minimamente impegnare, mostrare senza curarsi delle dovizie tecnico/mentali. ma davvero questo ripescaggio fuori tempo massimo non ha nessun numero per rendersi simpatico tanto quanto il suo predecessore, che viveva di una fresca goliardia simpatica e guascona, mentre qua nella fase della maturità si riduce a collezionare doppi sensi, battute squallide e noia intrinseca ripetendosi in continuazione.
Non c’è nessun tempo comico valido, non ci sono grandi partite allestite per seguirne il risultato con ansia, Banfi regge come può il tutto ma alla fine ci si ritrova più soddisfatti dei cartelloni fittizi del film con bella ragazza a scandire un ideale primo e secondo tempo (come se assistessimo a una partita vera) che di quanto altro si è visto.
In definitiva un film barzelletta in fondo, che può piacere a chi cerca il “Who is?” oppure una sorta di vademecum di conduttori di trasmissioni televisive, ma anche persone tifose di calcio che per ammirare i loro beniamini in qualsiasi guisa si presentino le seguono anche quando perdono la partita. Peccato che qui a perdere non è stato il calcio ma il cinema, che ha visto un ennesimo recupero inutile e senza idee per sopperire alla fame dei multiplex con una simpatica macchietta pallonara che doveva rimanere dove era 24 anni fa.
E’appena passato Dicembre e abbiamo visto anche di peggio, lasciamo Canà al simpatico ricordo che fu senza problemi e per favore ridategli il 5-5-5 !
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Io sono leggenda
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Io sono leggenda
(I Am Legend)
Un film di Francis Lawrence. Con Will Smith, Alice Braga, Dash Mihok, Charlie Tahan, Salli Richardson, Willow Smith. Genere Azione, colore 101 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Warner Bros Italia
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Trama: Robert Neville è scampato a una terribile tragedia di massa che ha coinvolto la popolazione mondiale, ed è apparentemente l'unico sopravvissuto integro di una New York abitata ormai soltanto da relitti umani che vagano senza pensieri e senza cognizione alla ricerca disperata di cibo con l'istinto di mordere ad ogni segno di vita. Il giorno con la luce del sole è sicuro perchè questi esseri sono fotosensibili, ma la notte la città diventa loro dominio. Con la sua fidata Sam, un cane lupo sopravvissuto all'epidemia, vaga continuamente mandando un messaggio per cercare dei sopravvissuti senzienti come lui ...
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Commento: Will Smith (protagonista in passato di film catastrofici come Indipendence Day e dopo alcune convincenti prove come attore come in Alì che lo hanno portato ad avere una maggiore caratura artistica) è il protagonista unico di questo film “assolo” tratto dal romanzo di Richard Matheson da cui erano già stati tratti 2 film (uno con Vincent Price, L'ultimo uomo sulla terra, datato 1964 e Occhi bianchi sul pianeta terra datato 1975).
E finalmente, dopo tanti remake, rivisitazioni fiacche e vari lavori privi di vero interesse ripescati solo per una logica puramente commerciale per sfruttare idee del passato mancando quelle nuove, ecco arrivare un film di validissima caratura, ben interpretato da uno Smith crepuscolare nella sua solitudine (ottimi i dialoghi con i manichini e i duetti con la cagnetta Sam, tra l'altro bravissima e autentica attrice tanto quanto Smith, si potrebbe tornare ai tempi e alle citazioni di Cat Ballou in cui Lee Marvin disse che il cavallo recitò meglio di lui). La trama è lineare : un virus che doveva essere usato e distribuito per curare il cancro si trasforma e stermina la popolazione mondiale, i cui unici sopravvissuti sono degli esseri deformi privi di cervello e con il corpo fotosensibile alla luce (li potremmo definire una sorta di zombie-vampiri) e, nella città di New York, come essere senziente apparentemente solo Robert Neville. La grande mela è un misto di urbanizzazione resa a giungla, dove gli animali selvaggi vagano liberi in mezzo a cumuli di automobili accatastate. Di giorno Neville è alla ricerca di cibo e sostentamento, di notte si barrica nella sua casa bunker per non incorrere in brutti incontri alla strenua ricerca di una cura contro il terribile virus.
Questa che potrebbe sembrare una trama tanto lineare viene sviluppata in maniera egregia dalla sorprendente prova del regista Francis Lawrence, videoclipparo e autore in passato di Constantine con Keanu Reeves, che la rende carica di tensione, sviluppa benissimo il concetto della solitudine e aiutato da un coinvoltissimo protagonista proroga i coinvolgimenti emotivi con degli intelligenti flashback della vita che fu senza essere stucchevole o interrompente riguardo al progredire della storia .
Ci sentiamo subito dall'inizio all'interno dell'animo contrastato di questo sopravvissuto alla perenne ricerca di qualche altro essere umano che possa interagire con lui, vorremmo entrare nello schermo (citando Woody Allen al contrario con La rosa purpurea del Cairo) a dirgli di non mollare mai perchè noi ci siamo e abbiamo paura di questo futuro prossimo vicino che ci fa tanta paura (la vicenda è ambientata nel 2012 con il virus che si scatena inizialmente nel 2009). Si poteva pensare a fronte di questo nuovo remake che fosse solo un aggiornamento stantio delle tematiche espresse negli altri due film, che avrebbe upgradato la tecnologia per renderla confortevole alle nuove generazioni (che magari avrebbero sorriso di fronte alle peregrinazioni con martello e paletto di legno di Vincent Price preoccupato di non avere abbastanza benzina per tornare al rifugio sicuro), dotando di grandi apparecchiature il film incurante della sua anima. Invece no. Neville non è un Rambo o un Terminator, è un uomo tristemente solo addestrato quanto vogliamo (ex ufficiale dell'esercito) ma pieno di rimorsi e dolori di non aver trovato al momento giusto le soluzioni per impedire la catastrofe, e che la troppa solitudine riempita solo dai film in dvd (come nella mega citazione di Shrek che vorrebbe comunque dire che il cinema è un amico sempre presente, scompare chiunque o l'umanità ma il ricordo della sua esistenza è imperituro grazie alla settima arte) e dalla sua cagnetta Samantha. Lo spleen del dolore è tremendo, la lucidità di movimento viene a mancare molte volte per il vuoto delle certezze, portandolo a fare errori che potrebbero essere fatali. Tra l'altro gli effetti che visualizzano gli animali selvaggi in corsa e gli esseri umaniformi sono morbidi e ben fatti, si integrano bene nello sfondo anche se non ci si avvicina certo alla perfezione di altri lavori (notabile soprattutto in alcuni voli di stormi di uccelli), ma possiamo scusare tranquillamente alcune piccole sbavature che non notiamo minimamente tanto siamo presi dal fascino avvincente e dalla tensione della storia. Per carità, non che la tecnologia comunque non sia presente nel film (Neville è un ricercatore e di fatto usa pc e schermi piatti insieme ad avanzati sistemi di ricerca scientifica), ma non ne è un fattore predominante, rispettando il romanzo di Matheson (scientificamente ricercante che vedeva il protagonista andare in biblioteca ad informarsi come mai i vampiri erano sensibili alla luce e perchè reagissero all'aglio o morissero con il paletto di frassino) e incutendo allo spettatore la paura necessaria e dovuta senza mai esagerare nel voler blobbare all'estremo senza senso il visuale. Le trappole sono corde, l'esplorazione è a piedi e il senso di essere in una giungla primordiale piena di cemento del tutto presente, come dimostra la macchina sportiva dell'inizio abbandonata per un ben più congegnale fuoristrada nel proseguire. In definitiva godiamoci appieno questo film, con una ottima prova d'attore, che soddisferà sia chi cerca solo intrattenimento intelligente sia chi vuole avere una nuova versione di un romanzo e di film classici senza strapazzare nulla con pallidi upgrade, donando di base un lavoro pieno di coinvolgimento emotivo. Non siamo mai soli, ricordiamocelo, la chiave di tutto è in noi stessi.
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Lussuria
Un gruppo di giovani cinesi progetta di assassinare un potente personaggio politico giapponese. Ad aiutarli una donna che verr
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Lussuria
I film di Ang Lee sono uno schiaffo in faccia a chi pensa che le opere letterarie, per essere trasferite sullo schermo, debbano essere ridotte e semplificate. Il metodo di Lee è esattamente l’opposto: può prendere un lavoro scarno e dilatarlo aggiungendo al testo i suoi pensieri, per creare un film di qualità epica.
Il regista taiwanese, vissuto a New York negli ultimi trenta dei suoi 53 anni, era ricorso a questo espediente con un effetto straordinario già un paio d’anni fa, nel western gay I segreti di Brokeback Mountain, tratto dal romanzo breve di Annie Proulx. Ora l’ha ripetuto, con Lussuria, un film tratto da un racconto di Eileen Chang, una delle scrittrici cinesi più popolari. E’ un incantevole thriller di spionaggio, ambientato a Shanghai nel 1942, durante l’occupazione giapponese della Cina. Protagonista è Wong Chia Chi, una giovane attrice che recita in una troupe teatrale patriottica che si oppone agli invasori. I suoi compagni progettano l’assassinio di un uomo d’affari locale, Mr Yee, che collabora con i giapponesi. L’attrice deve guadagnarsi la fiducia dell’uomo diventandone l’amante. Ci riesce, ma con sua sorpresa si ritrova emotivamente sopraffatta dall’intensità del suo far l’amore e la sua lealtà vacilla. L’esordiente Tang Wei interpreta Wong, mentre l’affabilissimo Tony Leung - noto per In the Mood for love - è Mr Yee.
«Il racconto di Chang copre appena 28 pagine - mi ha detto Lee quando ci siamo incontrati al Festival di Venezia -, ma vi ho trovato alcuni elementi bui e oscuri. C’è dentro qualcosa pieno di significato. E’ quello che ho preso dal libro per adattarlo al cinema. Dovevo uscire dal racconto, ma restare fedele a quanto Chang aveva scritto».
Un elemento che ha forte risalto nel film di Lee, ma è solo accennato da Chang, è la sessualità nella relazione tra Wong e Yee. Lee la descrive in modo esplicito ma non salace. Girare le scene di sesso è stato, dice, «incredibilmente doloroso». «Abbiamo passato 11-12 giorni a girare, ed era molto intimo - ricorda -. Eravamo in quattro sul set (lui, i due attori e l’operatore). Nessun altro. Le scene erano così emotive che girarle era sfibrante. Dopo due riprese, ero esausto».
Eppure, come dice Lee, queste scene sono cruciali. «Lei deve comportarsi in modo tale da guadagnarsi la fiducia di Yee. Lui è come un inquisitore. E attraverso questa sincerità, che per un’attrice equivale all’interpretazione estrema, queste due persone raggiungono qualcosa che devono negare: l’amore. Questo è un punto essenziale. Difficilmente ho visto scene di sesso che devono avere quella funzione, e sono tanto cruciali per il film. Mi sono detto: se questo film non è abbastanza buono, non utilizzerò quelle scene. Così sono contento che tutto sia andato bene».
In Cina Lussuria è stato visto in forma purgata - solamente a Hong Kong le scene di sesso non sono state tagliate. In entrambe le versioni è rimasto in cima alle classifiche locali per sei settimane. In America il film ha ricevuto il codice NC-17, riservato ai film con scene di sesso esplicito. Poco distribuito, ha incassato meno di cinque milioni di dollari. I segreti di Brokeback Mountain ne aveva incassati ottanta.
I due film sembrano assai diversi tra loro, ma Lee vede delle somiglianze. «Entrambi si basano su romanzi brevi, scritti da donne forti. Entrambi raccontano un amore romantico impossibile, il dovere contro la libera volontà. Tendono a essere epici. E, in entrambi, ha un ruolo la repressione». Questo è un tema con cui Lee si identifica personalmente. Lui, che sembra così controllato, equilibrato, quasi sereno, in passato ha parlato di una rabbia che gli ribolle interiormente ed è venuta a galla più di una volta quando era alle prese con un film hollywoodiano dal budget enorme, The Hulk. Lui era Hulk.
La maggior parte dei suoi colleghi si meraviglia della sua calma in tempi di crisi, ma qualcuno l’ha visto perdere le staffe in modo spettacolare. E’ accaduto durante la lavorazione di Lussuria. «Qualche volta il film mi faceva esplodere - ammette con una smorfia timida -.
Capitava che tutto andasse storto. A volte ti devi arrabbiare per ottenere che le cose vengano fatte. In quelle occasioni sento che divento come mio padre. Mi arrabbio, ma non sono capace di esprimere la rabbia. Sono un represso. E faccio film sulla repressione».
Lussuria verrà ricordato come il debutto della luminosa Wang Tei. E’ stata scelta tra diecimila giovani attrici. Lee dice che il suo aspetto datato si adattava perfettamente alla parte. «Mi ricordava la generazione dei miei genitori, alcuni dei miei insegnanti. Ha un aspetto classico, una bocca piccina. Non avrebbe potuto essere scelta in Cina, nessuno le prestava attenzione. Ma la prima volta che l’ho vista ho pensato: questa è una storia che potrebbe capitare a lei. Avrei potuto facilmente prendere l’unica vera grande star della sua età, la mia amica Zhang Ziyi (che ha recitato in La Tigre e il Dragone), ma non pensavo che una storia simile potesse capitarle».
Wang Teil è un’ingenua, perfetta per recitare la casta Wong. E’ difficile vedere che cosa spinga Lee a queste storie di amori impossibili: dopo tutto, lui e sua moglie Jane Lin sono felicemente sposati da 25 anni e hanno due figli. «Andiamo molto d’accordo - dice con un largo sorriso - ma adesso che ho passato la mia crisi della mezza età so che cosa ho perso nella vita. E’ per questo che nei miei due ultimi film ho inseguito l’amore romantico».
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L'hai scritta tu?
In questo 3d le recensioni le fanno gli utenti, caso mai non te ne fossi accorta...
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sicuro...????
COME...TUTTE quelle PRIMA della mia..di marsellus wallace????...mah...
mi quoto da "l'ultimo film che avete visto":
Lussuria: per chi pensa di trovarsi un "semi porno erotico".. tipo orchidea selvaggia... allora non vada!
Bellissimo film!
3 ore che passano anche troppo velocemente: una narrazione che prende.. trasporta... ti rende quasi parte dellla trama!!
Personaggi a noi sconosciuti, molto "genuini" nella parte seppure tragica che ognuno interpreta..in una Hong Kong, degli anni '40, sullo sfondo della resistenza cinese, un potente politico collaboraizonista dei giapponesi da eliminare .. ed una storia d'amore.. che nessuno, nemmeno la protagonista, si aspetta venga svelata!