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Ps : i love you, non è mai troppo tardi per dirlo
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Regia: Richard LaGravenese
Sceneggiatura: Richard LaGravenese, Steven Rogers
Attori: Hilary Swank, Gerard Butler, Lisa Kudrow, Harry Connick Jr., Gina Gershon, Kathy Bates, Jeffrey Dean Morgan, Ryan Everett Canfield, Marcus Collins, Tony Devon
Produzione: Alcon Entertainment, Grosvenor Park Productions, Wendy Finerman Productions Distribuzione: 01 Distribution Paese: USA 2007 Uscita Cinema: 01/02/2008
Genere: Commedia, Drammatico
Trama: Holly ha recentemente perso l'amato marito Gerry, deceduto per un tumore al cervello. La tragedia l'ha resa una donna schiva e inconsolabile, che ha perso ogni voglia di proporsi e vivere con nuovi obbiettivi.
Mentre le amiche e la madre cercano in ogni modo di consolarla, il giorno del suo trentesimo compleanno arriva un pacco contentente una torta, una lettera e una registrazione vocale. Sono dei messaggi postumi di Gerry che ha preparato conscio della sua prossima dipartita per la moglie, che la invitano ad essere gioiosa e riprendersi seguendo le indicazioni che lui man mano le scriverà. Le lettere arrivano progressivamente ad una ad una indicando cose da fare e strade da percorrere e Holly sembra a poco a poco riprendersi. Ma ...
Commento: La splendida e brava Hilary Swank (doppio oscar protagonista per Boys don't cry e Million Dollar Baby) è l'interprete principale di questa commedia agrodolce piena di buoni sentimenti (anche troppi e da biglietto degli innamorati di Peynet a volte) che si dipana dopo una terribile perdita. Gerry e Holly vivono modestamente ma sono innamoratissimi, hanno dei progetti per la loro vita e vorrebbero trovare il modo di sbarcare il lunario avendo anche almeno un figlio. Ma se Cupido ha colpito alla grande, il destino bastardo e beffardo toglie da questo mondo Gerry per sempre. Holly non ne vuole sapere di una vita senza di lui, ma prima di morire il suo amore, prevedendone la grande crisi, le ha preparato delle lettere che le indicano come e che deve riprendersi.
Decisamente, traendolo dal libro di Cecelia Ahern, il regista Richard LaGravenese (che ha diretto il semisconosciuto Kiss nonostante avesse varie star come Holly Hunter nel cast e prossimamente dirigerà ancora la Swank nel prossimo Freedom Writers) inforna un film preconfezionato nel più zuccheroso dei modi, lo fa sgonfiare prima con la tragedia e lo lievita dopo con il sistema più romantico di sempre : quello delle lettere tra innamorati, la carta vergata a mano piena di grandi frasi d'amore che mai e poi mai verrà sostituita dalla tecnologia più spinta (volete mettere se Gerry avesse preparato mail e non questo tipo di comunicazione?).
Decisamente mettere in campo delle facce (e fisici) completamente e pienamente pregni di bellezza aiuta molto a far sognare gli animi teneri, ma quando si annacqua e si esagera nell'insipido la cosa risulta troppo artefatta, troppo fasulla e senza credibilità di riscontro. Si vede così con poca crdibilità la coppia perfetta ed invidiata per antonomasia, da subito il muscolare Butler (non a caso Re Leonida in 300) si mostra gentile e premuroso, la Swank esibisce una lingerie da urlo e tante buone intenzioni, le amiche sono vicine e pronte ad aiutare (Lisa Kudrow, famosa nel serial Friends per il ruolo di Phoebe, fa la semininfomane Denise, Gina Gershon, incredibile bellezza nella sua maturità, è l'amica sposata seria e riflessiva) e la madre (il premio oscar Kathy Bates), non esita a fare di tutto per togliere la figlia dal pantano emotivo/esistenziale. Tutti meccanismi magari oliati ad arte per far presa su un pubblico femminile o dal cuore tenero, ma che alla resa dei conti nel monotono (e abbastanza scontato) procedere delle lettere e della vicenda stanca, annoia e neppure i meravigliosi paesaggi d'Irlanda possono salvarci dal torpore che ci coglie.
Non ci sono stacchi emotivi validi, non si coglie (nonostante la bravura della protagonista) quell'ellissi del ritorno alla vita totalmente diversa dalla congiunzione con il limbo della disperazione.
Evidentemente il percorso lineare della vicenda non doveva e non voleva mai mettersi in discussione, si è cercato molto il raffinato ma anche il mieloso (discorsi che avrebbero fatto la gioia dell'orsetto goloso Winnie the Pooh se fosse stato in sala), per logica di continuazione e conclusione. Il messaggio ovviamente c'è, mai cedere e finchè c'è vita c'è speranza di riprendersi, ma è un messaggio da cioccolatini e non agrodolce di considerazione amara.
Il tema della comunicazione dopo la morte o di difformità temporale è già stato tracciato, molto simile nei meccanismi fu La casa sul lago del tempo con la coppia Bullock/Reeves, oppure il famosissimo Ghost, ma, anche se con intenzioni diverse, My Life con Michael Keaton, e questo film non aggiunge in fondo nulla di nuovo.
Gradevoli tutti gli attori decisamente, belle alcune battute ("Sei sposato?Sei Gay?Hai un lavoro?"), alcune situazioni (il karaoke sfrenato della Swank con danza) e piacevoli le canzoni che Butler o altri intonano (incredibilmente tutte con i sottotitoli), questa è in definitiva una buona commedia americana dei sentimenti, che parla e vive d'amore, che non può non far scendere la lacrimuccia, ma davvero troppo scontata e per pura scelta (può essere buona o cattiva a seconda della ricezione e il gusto personale) decide di vivere in un mondo suo tra le nuvole e non sulla terra. Paesaggi troppo stupendi, sentimenti troppo stupendi, parole troppo stupende, e il troppo a volte non va bene neppure con un indirizzo tanto marcato perchè se fatto in ottiche particolari lo fa sembrare inverosimile, troppo indotto a martellate e senza vera proposizione a pelle. Anche se davvero, ci duole ammetterlo, di fronte alle commedie sentimentali italiane siamo davvero su un altro pianeta di soddisfazione, sempre e comunque.
Da notare che il trailer ha una fotografia sgranata e ingiallita che nel film non c'è minimamente.
Ps:in fondo meglio sempre dei sentimenti edulcorati che la mancanza dei sentimenti, ma basta dosare lo zucchero e la pillola va giù ...
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Sogni e delitti
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Cast Colin Farrell, Ewan McGregor John Benfield, Clare Higgins, Andrew Howard, Sally Hawkins, Richard Lintern, Jennifer Higham, Lee Whitlock, Emily Gilchrist
Regia Woody Allen
Sceneggiatura Woody Allen
Durata 01:48:00
Data di uscita Venerdì 1 Febbraio 2008
Generi Drammatico, Poliziesco
Distribuito da FILMAURO (2008)
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Trama: Ian e Terry sono due fratelli che cercano di sbarcare il lunario in qualche maniera nella Londra di oggi. Purtroppo, pur non avendo a disposizione grandi capitali, hanno due terribili vizi : Ian quello delle donne belle e costose, Terry quello del gioco. Dopo aver contratto debiti per forti somme, sono disperati e apparentemente senza via d'uscita possibile. Chiedono aiuto al ricco zio venuto a trovarli, questi acconsente ad aiutarli, però prima c'è una richiesta davvero difficile da soddisfare prima di consegnare i soldi che servono ai due fratelli ...
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Commento: Woody Allen torna a dirigere un nuovo thriller londinese (sua nuova patria ormai dopo l'abbandono spirituale e artistico degli sfondi new-yorchesi) dopo gli ottimi Match-Point e Scoop. Qui non c'è la sua nuova musa Scarlett Johansson e Woody non recita, ma in compenso abbiamo una coppia di superstar ad interpretare il ruolo dei due fratelli nei guai finanziari. Terry (Colin Farrell, ha recitato anche per Malick ne "Il nuovo mondo") è un meccanico con il vizio del gioco pesante, Ian (Ewan McGregor, famoso Obi-Wan Kenobi della saga di Star Wars) ha l'abitudine di frequentare donne con abitudini costose che non può minimamente mantenere.
Passato il confine possibile dei debiti, l'unica soluzione sembra quella di accettare una proposta indecente dello zio che si trova nei guai. La cosa richiesta è tutt'altro che facile da eseguire, e provoca terribili ansie e problematiche per due persone divise tra onestà e i rischi di avere le spalle al muro dei creditori o di perdere la onerosa bella fidanzata.
Unica oasi di pace sembra essere la loro amata barca in cui spesso si ritirano a pensare.
Allen ormai ha sviluppato una predisposizione incredibile per il genere thriller di classe, dopo i tanti capolavori esistenziali del passato, e in questo Sogni e delitti (anche se il titolo originale "Cassandra's dream" ha molto più fascino) non abbandona il seminato così ben costruito con i due film del grande distacco dall'amata New York precedente.
Dopo un inizio teatrale dei titoli come si conviene al suo gusto (comunque anche i credits finali sono uguali come stile e musica), parte questa vicenda umana bipolare, dove dopo aver compiuto un atto tutt'altro che lecito per salvarsi, i due fratelli non riescono a trovare la pace interiore e sono pervasi da terribili sensi di colpa che si materializzano in incubi (da cui la motivazione del titolo). Qui il conflitto di classe ricorda un po' quello di Match Point dove l'arrivismo arrivava al parossismo per entrare in una determinata cerchia, qua invece abbiamo sia questo fattore (con Ian che vuole entrare nelle abitudini di un ceto sociale del tutto inarrivabile per lui) che quello della incoscienza, dove un tranquillo meccanico felicemente sposato con una dolce compagna viene rovinato dal vizio del gioco, dell'alcool e del fumo. Siamo di fronte al solito lavoro di bilancino perfetto, con Allen che giostra sapientemente le emozioni sorretto dalla coppia di attori in maniera splendida. Sopratutto da Farrell, davvero bravo, con il personaggio più difficile da trasporre, pieno di vizi e tic nervosi (non abbandona mai la sigaretta, cinema davvero di controtendenza questo, sempre buio e corrucciato, con la barba perennemente incolta), e oltretutto molto più umano del fratello e con sentimenti più genuini, dato che i suoi guai derivano non dall'apparire a tutti i costi ma quanto più dall'incoscienza di giocare ogni volta il tutto per tutto. Purtroppo, ci duole dirlo, questo bel lavoro artistico/tecnico di Allen (sempre perfette le scelte di inquadrature e location, con l'ennesimo scorcio sberleffo del Tower Bridge e del palazzo "proiettile" a lato, sinonimo di nuovi scenari, e messaggio verso coloro che a suo dire non l'hanno mai capito veramente, comunicando che lui sa immortalare bene sia New York tanto quanto Londra), pur essendo comunque molto valido, non ha il fascino e la penetrazione emozionale degli altri suoi lavori, dove Match Point, sopratutto, e Scoop, riuscivano a dare un colpo noir intenso senza mollare mai la presa. Qua alcuni punti sono un po' ripetitivi, c'è un certo autocompiacimento a filmare scene uguali (l'andirivieni delle jaguar, i messaggi verso l'inadeguatezza del reggere delle posizioni sociali, alcuni confronti tra i due fratelli) e a limitarsi a proseguire il racconto senza brusche ellissi di variazione (tranne che nell'inevitabile centro e nel finale). Quel che ne viene fuori nel complesso sembra una trasposizione Hitchcokiana delle tragedie greche (ampiamente citate nel film), che per il suo svolgersi lento e progressivo (per meglio evidenziare il lato umano contrastato della storia) potrebbe annoiare qualche spettatore che magari sperava in un lavoro con diverse prospettive rispetto a quelle presentate, dove il lato noir/thriller in fondo è solo un sussulto rispetto ai ragionamenti sui sensi di colpa e alle scelte morali (che in Match Point erano condensati nello splendido finale). Probabilmente la voglia di produrre che da sempre contraddistingue Allen (uno dei più prolifici grandi autori dell'ultimo trentennio) lo ha portato a filmare comunque partendo da una idea isolata e non da una completa genesi dell'affresco narrativo. In definitiva un film comunque valido, troppo ben fatto con la solita classe per mancarne l'appuntamento, con valide recitazioni, anche se non aggiunge nulla a quanto detto o visto nel passato sia dell'occhialuto regista o del cinema in generale. Provaci ancora Woody! Noi saremo comunque qua ad attenderti perchè il fascino della tua arte e dei tuoi lavori è impagabile.
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Caos calmo
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Cast Nanni Moretti, Valeria Golino, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman, Hippolyte Girardot, Silvio Orlando, Manuela Morabito, Charles Berling, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak
Regia Antonio luigi Grimaldi
Sceneggiatura Nanni Moretti, Laura Paolucci, Francesco Piccolo
Durata 01:52:00
Data di uscita Venerdì 8 Febbraio 2008
Genere Drammatico
Distribuito da 01 DISTRIBUTION (2008)
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Trama: Pietro è un affermato top manager in una azienda che cura interessi televisivi. Mentre si sta rilassando sulla spiaggia con il fratello Carlo, due donne rischiano di annegare. Senza esitare i due compiono il salvataggio nonostante gli ampi consigli di non tentarci da parte degli altri bagnanti. Tornato a casa dopo l'impresa trova la moglie morta nel prato per colpa di un fulmineo malore. A quel punto decide di dedicare la sua vita alla figlia di 10 anni Claudia, decidendo di sedersi sulla panchina della scuola a meditare, tralasciando carriera e lavoro. La sua strana permanenza in quel luogo lo porterà a diventare confessore e conoscitore di svariati personaggi.
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Commento : Tratto dal libro best-seller di Sandro Veronesi. Nanni Moretti dopo l'antiberlusconiano Il Caimano, torna al cinema con una storia intimista e molto profonda, dove è attore e sceneggiatore, non come di solito anche regista. Dietro la macchina da presa troviamo Antonello Grimaldi, di derivazione televisiva con Distretto di polizia 2, bravissimo a sfruttare la grande fotografia autunnale di Alessandro Pesci e a cercare sempre inquadrature con le giuste angolazioni degli sguardi delle persone. La storia di questo manager televisivo eroe (salva due donne con l'aiuto del fratello all'inizio del film, per poi essere beffato dal destino trovando a casa la moglie morta subito dopo) viene raccontata con un occhio profondo per il dolore di non potersi liberare delle proprie ansie, necessità che ha ognuno di confrontarsi e poter dire serenamente una parola di conforto senza patemi a uno sconosciuto oppure a qualcuno che si ama che però ormai si sente lontano. Così un semplice saluto (come nel tenero gioco del telecomando che apre la macchina, oppure il sorriso verso la sconosciuta con il San Bernardo, una affascinante Kasia Smutniak) diventa necessità irrinunciabile, appuntamento inconsueto e semplice di piccola oasi di serenità. E così Pietro Paladini, che si distoglie quasi totalmente dalla carriera e dalla attività lavorativa (vi rimane a contatto solo per via degli incontri con i colleghi o per la segretaria che lo raggiunge al cellulare), per contemplare su una panchina e dare un senso diverso diverso alla sua vita, diventa il centro della comunicazione di tante persone, che finalmente possono fare riferimento a lui per quello che con gli altri non riescono a compiere, il poter sfogarsi con serenità. E lui raccoglie le ansie di Marta (Valeria Golino) cognata in crisi emotiva per via di una gravidanza che non può condividere con l'uomo che ama, quelle dei colleghi (francesi e italiani, compreso l'esistenzialista e umano Silvio Orlando, che ha una sua particolare idea della trinità), della donna che lui ha salvato, che si scopre essere una fedifraga passionale (Eleonora, una conturbante Isabella Ferrari), ma anche di un microcosmo infinito di personaggi laterali che culmina con l'apparizione del grande Roman Polanski. E tutto questo mulinare di situazioni è davvero un Caos apparentemente calmo, che poi dopo alla fine ribolle ed esplode di vita vissuta assorbendo patemi senza dare segno di reazioni, in una scena di sesso fortissima per i canoni del cinema a grande penetrazione (scusate il gioco di parole) nazionale, dove non c'è divieto se non un “consigliata la visione ai minori di dodici anni solo se accompagnati dai genitori”. La scena in questione (trattata dai media solo come fonte per dare linfa pubblicitaria al film, ma è molto valida anche all'interno della trama) è davvero forte, ai limiti del sadomaso, sorprendente nelle meccaniche di avvenimento pensando che ha Moretti come protagonista, ma completamente ideale per il film, avviene senza che te l'aspetti e apparentemente slegata dal contesto narrativo, completativa di uno stato d'animo che passa dal ricevere e dare senza reazione a una autentico scambio liberatorio di passione. E alla fine ancora una volta il padre si ritrova accanto alla figlia per poter ricominciare il suo corso umano, ma stavolta diverso nelle meccaniche in una sorta di valori compresi ed azioni meno utopiche. Film di chiara ispirazione Bergmaniana (impossibile non pensare Al posto delle fragole e alla sua filosofia meditativa con una trama simile), vede finalmente Moretti abbandonare le contestazioni politiche pure, per dedicarsi alla esistenzialità dell'uomo, in un ruolo in cui lui si cala perfettamente, coinvolgendo nella qualità di interpretazione Alessandro Gassman,
il fratello/zio di Claudia guascone e cazzeggiatore, ma che arriva a ragionare validamente sulle strade percorse da altri senza rinunciare al proprio stile di vita (la moda, la canna occasionale, i ritrovi mondani). Grimaldi ragiona e illustra per segni, un anello buttato in un tombino che consapevolizza le scelte, un cellulare che ricongiunge con il mondo che si è abbandonato, un piatto di pasta troppo ricco rispetto a uno stile di vita scarno, un invito per condividere il dolore, e alla fine tanta ipocrisia di chi era collega e si ricongiunge a Pietro per raggiungere un arrivismo che lui avrebbe a portata di mano e che non gli interessa più minimamente.
Un lavoro davvero validissimo, un film sentito ed umanamente splendido, un andirivieni di calme emozioni lucide e sentite che si immagazzinano fino ad esplodere ed implodere, una vera boccata d'ossigeno per un cinema italiano che quando mostra l'impegno e il disinteresse per i temi vacui si solidifica proponendo storie limpide, valide e multiformi.
La scena di sesso violento che vedrete non è lì solo per dare pubblicità (poi ovviamente viene usata dalla produzione come presentazione anche a fini di puro lucro), ma è perfettamente incastonata nel quadro generale, affresco di sentimenti, controllabili o meno, che vanno oltre le aride liste che il protagonista stila nella sua mente per dare ordine che nella società di oggi non può esistere.
In definitiva non perdetevelo assolutamente, sarebbe un vero peccato non assistere a questa sarabanda di emozioni calme e caotiche, che vede un cinema anticommerciale per la massa, nello svolgimento, guardare soprattutto all'etica dell'ìimportanza del singolo.
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30 giorni di buio
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Regia : David Slade
Cast Josh Hartnett, Ben Foster, Melissa George, Danny Huston, Craig Hall, Joel Tobeck, Mark Rendall, Elizabeth Hawthorne, Nathaniel Lees
Sceneggiatura Stuart Beattie
Durata 01:53:00
Data di uscita Venerdì 8 Febbraio 2008
Generi Thriller, Horror
Distribuito da MEDUSA (2008)
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Trama : la città di Barrow nell'Alaska sta preparandosi ad affrontare il terribile periodo di buio totale che durerà 30 giorni consecutivi. Mentre chi non vuole vivere questo terribile periodo di stasi della luce fugge, lo sceriffo rimane ad organizzare il tutto per i residenti. Improvvisamente uno sconosciuto arriva da una misteriosa nave nella cittadina portando con sé una terribile compagnia di mostruosi vampiri assetati di sangue. Senza il respiro del giorno, riuscirà il manipolo di eroi a resistere un mese intero alla terribile minaccia ?
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Commento: Sam “Spiderman” Raimi produce, coadiuvato dall'amico Robert Tapert, vecchia conoscenza dai tempi della Reinassance Pictures, questo originale, almeno nello spunto di base, 30 giorni di buio con un attacco di vampiri in atto (sembra l'assunto sfortunato di Pitch Black, tre soli che vanno in eclissi dopo tempo immemore in maniera ciclica proprio quando arrivi sul pianeta e guarda caso i nemici sono sensibili alla luce) film tratto dalla graphic novel americana di Steve Niles e Ben Templesmith edita dall'editore di fumetti Dark Horse.
Diretto da David Slade (praticamente un esordiente, di suo abbiamo solo Hard Candy del 2005), il film comincia davvero bene, (dopo la sigla iniziale suggestiva con le crepe del ghiaccio che sembrano arterie e vene) con le ambientazioni gelide e ghiacciate dell'Alaska a fare da sfondo all'arrivo della nave maledetta (i richiami vampireschi ovviamente si sprecano in questo caso), con il misterioso nuovo arrivato che vaga per la città con alle sue spalle il sole che sta minacciosamente calando. L'atmosfera è davvero cupa, si sente a pelle che sta arrivando qualcosa di terribile a minacciare la comunità infreddolita, e mentre si fa conoscenza dei vari eroi (Stella, interpretata da Melissa George, vista non molto tempo fa in Turistas, e lo sceriffo Eben Oleson, il Josh Hartnett di Black Hawk Down) si nota che la minaccia sta agendo in maniera subdola per isolare e rendere più debole la resistenza dei rimasti (il cui numero viene mostrato in un cartellone all'inizio del film).
Per incupire in tutto si è fatto un buon lavoro di fotografia che si scurisce e diventa bluastra quando appaiono le creature, mentre i giochi di controluce tra nebbie artiche e fondi bianchi sono davvero buoni per nascondere alla vista l'entità dei pericoli che man mano si presentano. Scoperta la minaccia, il manipolo di sopravvissuti si barrica in una soffitta, ma ovviamente non possono rimanere per un mese in quel luogo, e allora comincia una fuga per la sopravvivenza nei vari luoghi della città che abbiamo conosciuto prima, quando tutto era calmo.
Purtroppo dopo il buon inizio, il film si proroga in maniera banale e con delle scelte di sceneggiatura davvero stranianti, accomiatate da un ritmo blando dovuto all''imprudenza registica che a volte si perde nel descrivere cose inutili, con degli eroismi a volte addirittura ingiustificati e perdendo man mano lo smalto iniziale con il quale era partito. La tensione incomincia a perdersi, delle recitazioni non certo sublimi e delle caratterizzazioni poco convincenti (compresa quella di Danny Houston che fa Marlow, mentre Ben Foster fa lo straniero) fanno perdere il senso di disperazione e di impotenza di fronte a un nemico apparentemente insuperabile. Ci sono piccoli fasci di storia davvero ridicoli (la lampada, la conoscenza di nuovi superstiti messi lì solo per aumentare il numero della carne sacrificabile, alcune fughe improponibili e tentate), che ci fanno pensare che tutto sia lì solo per accumulare e non arricchire. Anche la grande svolta finale (appena vista, in versione contraria, in un film di recente successo di cui non vi possiamo dire il titolo per non rovinare la sorpresa) è davvero banale.
Per quanto riguarda il look dei vampiri (che non sono propriamente solo dei semplici succhiasangue palettabili nel cuore e allontanabili con l'aglio) siamo di fronte a una trasposizione dark di effetto scenico ma piuttosto fragile di credibilità, con una dentatura da squalo e non solo i canini sviluppati.
Comunque gli effettoni splatter (invero non molti) sono oltremodo buoni (i soldi di Zio Sam si vedono) , con la volontà di mantenere un valore crudo e quasi casereccio nelle mutilazioni (effettuate con asce e lame di vario genere) senza dimenticare la loro credibilità.
Un lavoro corretto come riprese, con la scelta di non far vedere in maniera completa i momenti di combattimento diretto uomo/creatura muovendo la telecamera all'impazzata, che però si mostra in discesa nelle sue accezzioni di paura/tensione/credibilità, perdendo man mano quello spunto di base buono che aveva.
Josh Hartnett ce la mette tutta per fare l'eroe a tutto tondo, ma non riesce minimamente a dominare la vicenda facendone solo parte, dove la sua influenza sul gruppo è praticamente inesistente in quanto si sceglie di vivere di continue diaspore per arrivare alla durata necessaria per distribuire il film.
In definitiva un horror movie che si distingue dalle innocue produzioni di genere, che colmano la programmazione degli europlex, per un buono spunto e una realizzazione tecnica efficace, ma che non riesce ad andare oltre a una fruizione di semplice trascorrimento di tempo in quanto la sua prosecuzione è molto meno affascinante del suo inizio.
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La guerra di Charlie Wilson
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(Charlie Wilson's War)
Cast Tom Hanks, Emily Blunt, Amy Adams, Shiri Appleby, Ned Beatty, Shaun Toub, Faran Tahir, Rizwan Manji, Ron Fassler, Rachel Nichols
Regia Mike Nichols
Sceneggiatura Aaron Sorkin
Durata 01:37:00
Data di uscita Venerdì 8 Febbraio 2008
Genere Drammatico
Distribuito da UNIVERSAL (2008)
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Trama: Il racconto, da un libro di George Crile, tratto dalla cronaca vera e segreta dell'imprenditore e deputato Charlie Wilson, che ricercò sovvenzioni in maniera sotterranea grazie a vari partner sul finire degli anni '80 la guerriglia afghana contro la Russia sovietica. Amante delle donne e delle cose belle, capace di circondarsi di un entourage fatto di sole affascinanti e capaci collaboratrici, Wilson e la sua partner commerciale Joanne Herring finirono con le loro azioni per sconfiggere il comunismo russo/sovietico in Afghanistan ma inconsapevolmente armarono anche i talebani e Osama Bin Laden.
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Commento: Il raffinato Mike Nichols (ricordiamo la sua bella regia ultima nel camerale Closer, dirigendo anche lì Julia Roberts) è il regista di questa ottima pellicola, cronaca vera di un fatto semi - segreto virato in chiave di commedia brillante, ma senza mai abbandonare il tono serio e completo di un racconto lucido e preciso di un fatto successo realmente davvero grave : l'armamento involontario dei Talebani e di Osama Bin laden per sconfiggere la Russia sovietica impegnata nella campagna di guerra in Afghanistan.
Mentre il governo Americano non poteva entrare direttamente sul campo ad intervenire per non rischiare la guerra nucleare contro l'allora altra grande potenza, scegliendo strategie indirette come il boicottaggio delle Olimpiadi, Charlie Wilson (Tom Hanks) sovvenzionò, aiutato dalla ricca texana Joanne Herring (una splendida Julia Roberts, capace di sfoderare, in cinta di 4 mesi e a 40 anni, un bikini da capogiro e una chioma argentata old style nella pettinatura) in maniera sotterranea l'acquisto di armi per un miliardo di dollari (con capitali americani, ebrei, sauditi e pakistani) destinati ai Mujaheddin, celando gli intenti affaristico/politico come grande impegno umanitario per difendere la popolazione inerme.
Uomo eccentrico e puro texano (bretelle, stivali da cow-boy e camicie in stile) Wilson aveva un entourage di sole splendide ragazze, capitanate dal suo braccio destro Bonnie (la bravissima Amy Adams, recentemente vista in Come d'Incanto) sempre fedelmente al suo fianco. Tra inganni ed intrighi, sarà determinante l'aiuto di Gust, un agente della cia in rotta di collisione con l'intelligence (interpretato da uno strepitoso Philip Seymour Hoffman, recitazione sopraffina ancora una volta). Questa parata di premi Oscar (Hanks, Roberts, Hoffmann) diretti da un regista come Nichols, garantisce un risultato di incredibile fascino, di perfetta congiunzione/confronto tra i palazzi dorati dei ricchi texani dai grandi ricevimenti, e le distese aride e brulle dove i poveri afghani stremati dalla guerra vivono faticosamente. Se partiamo dalla splendida Julia Roberts che esibisce vestiti firmati e d'alta moda, le segretarie di Wilson vestite sempre con sensuale puntiglio, in mezzo il trasandato ma risoluto agente Cia, e finiamo con i bambini mutilati dalle bombe inesplose o dalle mine, vediamo che l'affresco visivo/narrativo si compone di più strati, attraversa diverse situazioni per arrivare sempre al punto finale : ogni azione che in questo momento sembra perfetta, non importa se buona o cattiva, contiene in se il germe dell'errore o del danno per chi la compie (come nel racconto illustrato nel finale da Gust). E così contro il destino scandito da grandi frasi ("Combatti questa guerra e vincila Charlie, è in ballo qualsiasi cosa, compresa la tua virilità" oppure "per 5000 dollari ogni due anni hai il diritto di chiamarmi Charlie, per 10.000 puoi chiamarmi Betty Sue e ti pulirò le grondaie"e per finire"Metti una bella donna nella mano sinistra e una portaerei nella destra e vedrai cosa guardranno") nulla può la precisione, l'arrivismo puntiglioso e le grandi manovre.
Il film ha un ritmo strepitoso, non c'è un solo secondo di stanca o forzatura per tirare avanti, tutto fila via liscio e chiaro, le parole sono esplicate in maniera splendida e gli attori superano se stessi per inglobarsi perfettamente nella vicenda alla quale tengono molto. La Roberts appare sulla scena come una Dea imprimendo la sua immagine (bellissima la frase "Sgualdrine!" nel bar rivolta alle collaboratrici di Wilson che si aspettavano ben altro saluto), Hanks è uno spassoso gigione che vive tra belle donne e grandi palazzi lussuosi coltivando il suo obbiettivo, Hoffman un grandissimo agente senza peli sulla lingua, determinato in quanto avvezzo alle vicende sporche della politica. In definitiva scegliere uno spettacolo di questo tipo significa premiare un grande lavoro collettivo multistrato (regia, recitazione, sceneggiatura) che dona grande fascino ma anche molte riflessioni post visione, tutte splendidamente condensate nella scena iniziale dello stinger sparatoci in faccia. E' molto bello poter ragionare, discutere, riflettere, partendo da un film che non ha preteso una terribile attenzione a tutto (ma non va assolutamente visto come puro intrattenimento, non lo è per nulla) e nel contempo ci ha anche divertito brillantemente in alcuni punti del suo racconto. Sarebbe un vero peccato perdersi una simile occasione di intelligente riflessione per rifugiarsi in prodotti diversi solo perchè la realtà di quanto raccontato ci sembra tanto lontana.
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Asterix alle olimpiadi
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Cast Clovis Cornillac, Gérard Depardieu, Alain Delon, Franck Dubosc, Benoît Poelvoorde, José Garcia, Nathan Jones, Vanessa Hessler
Regia Thomas Langmann, Frederic Forestier
Sceneggiatura Olivier Dazat, Thomas Langmann
Durata 01:57:00
Data di uscita Venerdì 8 Febbraio 2008
Generi Avventura, Commedia, Fantasy
Distribuito da WARNER BROS. PICTURES ITALIA
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Trama: Il giovane gallo Alafolix, abitante dell'unico villaggio della sua patria che resiste all'invasione romana, si innamora perdutamente di irina, una principessa greca che condivide e ricambia la sua passione. Peccato che anche il crudele Bruto, il figlio di Cesare, la voglia avere in sposa. Per risolvere la controversia il re greco decide di dare la figlia in sposa a chi vincerà le olimpiadi. Per aiutare l'amico a coronare il suo sogno d'amore Asterix e Obelix partono alla volta della Grecia, dove dovranno vedersela con gli intrighi e gli inganni di Bruto.
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Commento: Asterix è un fumetto di grande culto in Francia (non per niente sui titoli iniziali viene definito "Tratto dall'opera di Goscinny e Uderzo) che da noi in Italia è nel ricordo e nella simpatia sopratutto degli adolescenti degli anni 80, mentre la generazione successiva non ha potuto apprezzarlo a dovere vista la scomparsa del suo autore e una ridotta successiva produzione di Uderzo ( ovviamente anche il cambio dei tempi e una minore ingenuità di base ha contibuito a questo minore attecchimento d'interesse). Cinematograficamente parlando Asterix al cinema è stato protagonista di altri due film ( Asterix e Obelix contro Cesare, con Roberto Benigni e Missione Cleopatra con Monica Bellucci), e in tempi non troppo lontani ha avuto un ennesimo adattamento a cartonoi animati (Asterix e i vichinghi).
Il budget di questo film, tanto per restare in tema, è a dir poco faraonico. Grandissime scenografie degli scenari grechi contraddistinguono la produzione, nomi di grande richiamo appaiono in parti più o meno piccole (vediamo anche un cameo di Zinedine Zidane e di Tony Parker, il cestista marito di Eva Longoria) mentre ci sono anche degli otitmi effetti speciali per quanto riguarda il momento di usare i poteri derivanti dalla bevanda magica o per la forza intrinseca acquisita permanente di Obelix, caduto da piccolo nel pentolone della pozione.
In questo terzo capitolo, oltre al confermato e immancabile Gerard Depardieu che fa Obelix, troviamo a interpretare Asterix invece di Christian Clavier la new entry Clovis Cornillac (Una Lunga Domenica Di Passioni), la nuova bellona di turno è Vanessa Hessler (doppiata malissimo e che ha dichiarato di non aver mai letto Asterix prima di avere la parte) mentre il grande protagonista, quello che ruba la scena a tutti e domina il film è Benoît Poelvoorde (iniziò la carriera con l'incredibile film per stomaci duri Il cameraman e l'assassino).
Poelvoorde (Bruto) non è minimamente intimorito di avere al suo fianco degli autentici mostri sacri come Alain Delon (davvero carismatico il suo Cesare, vanesio ed egocentrico dietro i suoi meravigliosi occhi azzurri) e si impadronisce della scena in maniera autoritaria, ordisce complotti contro tutti e si inventa trappole degne di Willie Coyote per detronizzare uccidendolo l'augusto padre. Faccette, smorfie, battute a raffica, Poelvoorde è la molla di ogni trama, il veicolo su cui tutto si poggia. Senza la sua interpretazione così multiforme, usufruire di questo film sarebbe stato davvero meno valido. Come attori italiani abbiamo Paolo e Luca (quelli di Camera caffè, componenti di un trio di giudici altamente corruttibili) mentre il cast viene completato dall'incredibile apparizione di Michael Schumacher e Jean Todt, che fanno parte della scena altamente spettacolare (omaggio chiaro a Ben Hur) delle bighe. L'ex campione tedesco guida una biga chiaramente rossa, si diverte un sacco a mimare un pit-stop e alla fine viene consacrato dal tabellone che lo dichiara "Per sempre il migliore". Per quanto riguarda le similitudini fumetto/film il racconto varia (e di parecchio) ovviamente "Asterix alle olimpiadi" edito nel 1976 ma prende anche spunto da Asterix e il falcetto d'oro. Inserendo come sempre delle novità e delle cose moderne in chiave antica (come i tabelloni delle posizioni della gara delle bighe, il commentatore simil brasiliano, i camei ad hoc per illustrare le invenzioni sportive apparentemente folli del capogiudice fino ad arrivare a una spada laser) la narrazione assume un tono di simpatia e di scorrevolezza maggiore (hanno comunque abbandonato il piccione Sms per tornare a Telegrafix), aiutata dalla simpatia di tutti i personaggi candidi e teneri anche in una cattiveria di base (i nemici romani sono sempre da operetta). Davvero un opera visivamente poderosa comunque, che parte con dei bellissimi paesaggi collinari pieni di intense tonalità di verde ripresi dall'alto, per poi esplodere letteralmente in parchi, anfiteatri e arene di grande suggestione. I quasi 80 milioni spesi si vedono davvero tutti, i costumi sono sfavillanti e l'impianto scenico brilla per grandezza. Come qualunque regista francese anche Frederic Forestier (che ha girato nel 2003 Le Boulet sempre con Poelvoorde) avrà avuto i polsi che tremavano quando ha iniziato a girare le scene (ricordiamo che in patria Asterix è un mito intoccabile), ma ben coadiuvato da Thomas Langmann (sceneggiatore e interprete del film sopra citato), ha saputo mantenere la mano ferma, riuscendo a dare un film pieno di ritmo, trovate efficaci, battute a iosa e personaggi diversi e vari (abbiamo anche l'ex Wrestler Humungus, il gigantesco boxeur che combatte con Alafolix) oltre a qualche citazione intelligente e interessante (la preparazione della biga come se fosse l'amata Ferrari da parte di Schumi è davvero azzeccata).
In definitiva un film davvero divertente, gigantesco nella costruzione, che varia la storia del fumetto ma lo rispetta completamente nelle caratteristiche morfologiche di base donandoci un intrattenimento sincero e genuino, educato e movimentato, ideale corroborazione da rilassamento in sala.
Chi ha amato il fumetto amerà anche questa terza versione cinematografica, chi non lo conosce potrà assistere a uno spettacolo comprensibile in quanto non serve praticamente nessun background per poterlo vedere con tranquillità.
Complimento alla Warner che l'ha distribuito, e grazie al grande Alain delon per averci deliziato con una interpretazione gigiona e autoironica. Ave!
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Non c'è più niente da fare
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Non c'è più niente da fare
Bobby Solo
Non c'è più niente da fare
è stato bello sognare
un grande amore sincero
ed un felice futuro
da vivere insieme per sempre con te
La vita ci ha regalato,
qualcosa da ricordare
il nostro amore sincero
ed un felice futuro
qualcosa che il tempo
non cambierà mai.
E domani forse troverai quello che vuoi
e domani forse ciò che voglio troverò
ma so già
che fra noi
niente mai cambierà
basta solo che ti ricordi che anche se...
Non c'è più niente da fare
e' stato bello sognare
la vita ci ha regalato
dei lunghi giorni felici
qualcosa che il tempo non cambierà mai.
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Cast Rocco Papaleo, Alba Rohrwacher, Paolo Ruffini, Isabella Cecchi, Valeria Valeri, Raffaele Pisu, Andrea Buscemi, Lucia Poli, Carlo Monni, Cristiano Militello
Regia Emanuele Barresi
Sceneggiatura Emanuele Barresi, Francesco Bruni
Durata 01:34:00
Data di uscita Venerdì 8 Febbraio 2008
Genere Commedia
Distribuito da EAGLE PICTURES (2008)
Trama: una sgangherata compagnia teatrale non professionista, chiamata profeticamente i Perseveranti, si barcamena tra mille difficoltà per gestire una commedia dentro un teatro in cui sono in affitto a 50 euro al mese. Tutte persone di estrazione sociale diversa, vivono una vita monotona e grigia la cui unica consolazione è la recitazione serale. Avvicinandosi la nuova rappresenatzione il clima è euforico, ma il padrone del teatro dove recitano e fanno le prove decide di non concedergli più il locale per darlo a una molto più remunerativa banca.
Disperati, i perseveranti si barricano nel teatro decisi a portare a termine il loro lavoro. Ma ...
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Commento: Emanuele Barresi (alla prima sceneggiatura e regia dopo un passato di attore) dirige questo film teatral camerale con un intento ben preciso : dare un piccolo segnale di speranza ed avvertimento perchè non vengano dimenticate le piccole compagnie teatrali amamtoriali che con mille difficoltà sopravvivono più per il grande impegno di persone comuni dopolavoranti che per l'interesse di enti o associazioni comunali. Un tentativo davvero encomiabile nelle intenzioni (come sottolineano le note alla fine del film) ma davvero film poco riuscito, se non nullo a conti fatti.
Questa vicenda di persone che vivono grigie e infelici della loro vita di fatto ha il fiato corto, si dipana in maniera poco interessante e non ha davvero una sua dimensione di esistenza valida. Partendo da un inizio con i titoli in stile Woody Allen, con i titoli in bianco su nero, che adeguano all'idea di un lavoro teatrale, molte volte poi negli esterni si sceglie la tecnica, sempre Alleniana, di far entrare le persone in un locale dove poi non li segue la camera ad accompagnarli, non facendoci capire cosa succede. Lavoro straniante che serve per un thriller piuttosto che una simile commedia nella commedia (con tanti riferimenti a Rumori fuori scena). Il gruppo di persone eterogeneo con tanti problemi muove i suoi passi in maniera solo schizzata e senza veri ritratti di tormento o sofferenza di essere in una tale situazione, come l'impiegata della Coop (Alba Rohrwacher, al cinema questa settimana anche con Moretti in Caos calmo) che disperatamente non trova l'amore, il direttore di scena che lavora al mercato del pesce e si incatena per impedire che gli addetti lavorino a trasformare il teatro in banca, i due vecchietti arzilli (Raffaelle Pisu e Valeria Valeri, quest'ultima simaptica nella sua arzilla sapienza e passione) che passano le giornate in attesa solo delle prove serali, ormai unica consolazione di una vita al termine e di una terza età grigia, l'avvocato (Rocco Papaleo, appena visto nell'ultimo Pieraccioni) che passa di letto in letto per non pensare a un matrimonio fallito, il manovratore delle luci Ivan (Paolo Ruffini, visto in vari cinepanettoni) che alla fine è quello più serio e sereno. E tutti ad intermittenza intonano la canzone di Bobby Solo "Non c'è più niente da fare" per ribadire la propria disperazione. Il ritratto di un gruppo di dopolavoristi che Barresi vorrebbe indicare come esempio di sacrificio per il teatro povero e tanto appassionato dell'italica penisola (la vicenda si svolge a Livorno), però si muove inconsistente davanti ai nostri occhi, e difatti la vicenda è soporifera come poche fino alla rappresentazione povera della Cavalleria Rusticana, avvenuta nonostante e comunque rispetto agli ostacoli. Il momento in cui i personaggi parlano e battibeccano dietro le quinte (ricordando appunto Rumori fuori Scena) ha una sua simpatia di fondo, ci si intenerisce di fronte a quei visi che non afferranno quel poco di felicità che hanno bisogno per sistemare le loro vite qualunque, ma è davvero poco per giustificare i soldi spesi e capire le buone intenzioni di fondo.
Certo, è noncinema di base ma teatro ripreso dalla camera, amatoriale di valore, che vuole sfruttare un mezzo popolare di massa per coltivare una idea e un amore di genere.
Barresi manda a picco il suo lavoro perdendosi dietro a una serie di vicende sparse e singole dei personaggi per tirare le fila in fondo riuniendo il gruppo, ma avrebbe fatto meglio a concentrarsi a dare magari meno sottotrame e qualcosa di più interessante, valido e performante da seguire.
Il cinema italiano di serie B, per mezzi e capacità, cerca una volta tanto di impegnarsi per dare un messaggio e un segno di amore per l'arte senza secondi fini, purtroppo in maniera davvero inconcludente e incapace (gli unici segni d'arte vera sono le magliette di Ivan e i manifestini delle varie opere appese).
Non serve a nulla però dare messaggi che sono volantini dilatandoli a pellicola, frammistando inutili noiose vicende in attesa della rappresentazione, in definitiva annoiando senza nessuna speranza il pubblico in sala.
Della serie, non c'è niente da fare, l'impegno senza idee non basta.
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Parlami d'amore
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Cast Carolina Crescentini, Andrea Renzi, Max Mazzotta, Geraldine Chaplin, Giorgio Colangeli, Silvio Muccino, Aitana Sánchez-gijón
Regia Gabriele Muccino, Silvio Muccino
Sceneggiatura Gabriele Muccino, Silvio Muccino, Elena Majoni
Durata 01:55:00
Data di uscita Giovedì 14 Febbraio 2008
Generi Drammatico, Commedia
Distribuito da 01 DISTRIBUTION (2008)
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Trama: Sasha è un fuoriuscito da una comunità per tossicodipendenti, dove era stato inserito fin da piccolo per il fatto di essere figlio di due drogati. Imparato il lavoro di rivitalizzatore del legno, a 25 anni vuole emanciparsi e coronare un sogno d'amore incontrando la figlia del ricco patron Riccardo, Benedetta, della quale si era infatuato vedendola durante le numerose visite della ragazza a Borgo Fiorito, dove Sasha stesso si adoperava per aiutare gli altri ragazzi ad uscire dal tunnel della dipendenza. Ma durante il viaggio in macchina per recarsi al suo nuovo lavoro nella villa del patron, un incidente con la quarantenne Nicole sarà veicolo e portatore di nuove prospettive inaspettate di vita, sopratutto perchè Benedetta rivela segreti davvero inaspettati ...
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Commento: Incredibile ma vero, Silvio Muccino, il ragazzo interprete di vari film del fratello Gabriele, che sbiascicava pesantemente frasi prima di recarsi dal logopedista, regista di videoclip musicali e sceneggiatore di piccolo rango, decide di cercare una fase creativa più matura, si auto impone uno stop recitativo di due anni (ultima presenza al fianco di Carlo Verdone ne Il mio miglior nemico), scrive un libro a quattro mani con Carla Vangelista, da cui ora trae il suo primo lungometraggio da regista/sceneggiatore (anche se pesantemente aiutato con una co-regia). Donandosi un look più selvaggio con capelli lunghi e barba incolta, Muccino Junior racconta la storia di Sasha, un ragazzo uscito da una comunità per tossicodipendenti, che incontra a causa di un incidente stradale, Nicole, una donna quarantenne con un passato burrascoso in amore e che ora è sposata con un uomo a cui non dà nessuna ammirazione. Sasha ha un obbiettivo, conquistare Benedetta, la figlia ricca e bella di Riccardo, il patron della comunità di Borgo Fiorito. E chiede a Nicole di dargli consigli per riuscire nell’impresa galante, peccato che la viziosa ereditiera si dimostra ben diversa da come lui la credeva.
L’ambizioso neo regista si circonda di seri professionisti per cercare di dare una immagine colta del suo romanzo, gestendo la scena solo colmandola di citazioni più o meno occulte (abbiamo in primis Eyes Wide Shut, poi Il portiere di notte, Arancia meccanica e altre citazioni, tra cui quella davvero poco autorevole del Cartaio dove Muccino era attore) e dimenticando completamente di dare interesse alla vicenda. Si nota una cura particolare nella illuminazione degli ambienti di cui Sasha deve rivitalizzare le parti in legno (lavoro probabilmente imparato in comunità), come se fossero degli interni da set teatrale, ma purtroppo i figuranti si muovono come delle parodie di icone sparpagliate sulla scena senza troppo senso a vari livelli, partendo dal boss di provincia, alla ribelle e ai suoi compari annoiati che sembrano partoriti da delle controfigure di personaggi di esperti giocatori di poker. Muccino vuole mostrare il suo lato colto, non quello della vicenda, e questa cosa infastidisce particolarmente senza dare nessun valore al lavoro finale.
Ci sono troppe incongruenze forzate, il rapporto con la donna matura avviene e si sviluppa senza senso, misuriamo le nostre aspettative di racconto con delle banalità evidenti, dove le scene eversive dedicate alle iconografie partorite dai costumi non lasciano il segno, il personaggio della Crescentini (Benedetta), commercialmente dipinto come se fosse la dark lady più hot dell’ultimo decennio, è minimale e vuoto di ogni personalità (veniva da Notte prima degli esami ed era meglio che rimaneva confinata in quell’ambito), la cagnetta Oliva l’unica a recitare a dovere, insieme a una parziale relativa prova della Gijon, e il duo di amanti diversi (ancora una volta al centro di un film italiano il rapporto ambiguo tra due generazioni, genialmente presentato come se si fosse scoperta l’acqua calda) fa ridere nei colloqui al cellulare, è imbarazzante nelle lezioni di galanteria (tenendo anche conto che si deve conquistare una cocainomane viziosa tutt’altro che moralmente integra che di queste cose se ne frega bellamente, come evidenziato nella scena in cui ascoltano la musica, celestiale per Nicole e una lagna per Benedetta) chiudendo con la poco credibile capacità da supereroe di Sasha di giocare al poker, rimanendo flemmatico e perfetto in ogni occasione fino a che capisce che il suo sogno d’amore è una follia e allora perde ogni freddezza rischiando il tutto per tutto.
L'approfondimento del discorso della dipendenza da droghe, e la sua tragedia (Sasha non è drogato ma è stato abbandonato dai genitori tossicodipendenti) è affidato all'amico che compare all'improvviso chiedendo ad un ex-disperato di colmare la sua disperazione, peccato che anche questo aspetto sia inserito a forza solo per muovere la vicenda del poker e non per reale voglia di esprimere concettualità.
Si vuole dare anche una idea di libertà proponendo L'atalante di Vigo che scorre in tv, per poi riprendere una location spiaggistica-marina di contemplazione, ma anche questo risulta un banale esercizio di statico omaggio e non da sensazioni particolari a chi la vede.
Si parla d’amore con Nicole, (interpretata con viso emaciato e fondamentalmente triste dalla italo spagnola Aitana Sanchez Gijon, che però qui fa la francese, vista precedentemente in L’uomo senza sonno e in Io non ho paura) analizzando in maniera precisa ogni possibile risposta e comportamento di Benedetta, per poi non utilizzare nulla di quanto detto come se fosse più importante vedersi a parlarne che applicarle. Di fatto Muccino segue il cinema delle urla del fratello, agitando le mani davanti al viso e dando aria ai polmoni in ogni momento sia che serva o non serva (la scena del bar è eloquente) per dare vigore al tutto, ma a furia di vedere aria fritta assommata a delle scene visivamente corrette come visualità (pregio assolutamente innegabile) il tutto risulta noioso, prevedibile, assolutamente incapace di dare vere concrete sensazioni di coinvolgimento.
In definitiva un film che è un gradino superiore a quanto prodotto e visto negli ultimi mesi dal cinema italiano sull’argomento (l’amore), anche e soprattutto per via di una correttezza realizzativa di base, ma che purtroppo non riesce a rendere credibili i suoi personaggi e a dargli il giusto spessore per far muovere la narrazione in maniera interessante, limitandosi a stereotipi veramente nulli. La buona volontà di fare un film corretto e valido va riconosciuta, magari con il tempo Silvio Muccino saprà essere meno autonarcisista nel farci vedere quanto bel cinema ama, per cercare di realizzare un lavoro che dimostri quanto può aver imparato dai grandi del passato a scuola di cinema, e non solo una vuota voglia di riportare, come se per dipingere una camera ci limitassimo a tappezzarla di poster.
Così è solo l'ennesima banale storia di sopravvivenza ad un amore contrastato, che non farà da esempio per evitare altri moccia film, non riuscendo a capire perchè è un lavoro di interesse culturale artistico nazionale.
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There Will Be Blood (Ci sarà del sangue) aka Il petroliere
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REGIA
Paul Thomas Anderson
SCENEGGIATURA
Paul Thomas Anderson
DISTRIBUZIONE Buena Vista
PROTAGONISTI
Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Dillon Freasier, Ciarán Hinds, Barry Del Sherman, Kevin J. O'Connor
Paul F. Tompkins, Sydney McCallister
Durata : 158 minuti
genere: drammatico
nazione Usa - data di uscita 15.02.2008
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Trama: Daniel Plainview ha un terribile fiuto per trovare l'oro nero. Siamo in california a cavallo tra la fine del milleottocento e l'inizio del novecento, e grazie a un avviso avuto da un contadino, scopre un giacimento gigantesco di petrolio venuto in superficie dopo un terremoto. Con il figlio adottivo al seguito, Daniel parte per sfruttarlo completamente, ma il suo arrivismo e il suo sfrenato cinismo lo porteranno a scontrarsi con un predicatore della chiesa locale, e oltretutto i primi incidenti non tardano ad arrivare durante i lavori di trivellazione. Uno di questi, particolarmente grave, sembra segnare la fine di un sogno, ma Daniel è tutt'altro un uomo che si arrende davanti alle difficoltà ...
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Commento: Daniel Day Lewis, il grandioso protagonista de L'ultimo dei Mohicani e di Gangs of New York, premio Oscar per "Il mio piede sinistro" (anche qui ha una gamba protagonista, ma è menomata invece che attiva ed è la destra) prende letteralmente in pugno questo film dalle forti premesse e dalla realizzazione ineccepibile come stile, ma fiacco per ritmo di narrazione degli avvenimenti, sta in scena praticamente ovunque, e come un novello John Wayne disegna al contrario (buono per cattivo) e in maniera uguale un personaggio carismatico, totalitario, cinico e vigoroso che domina e riempie i paesaggi. Sembra che l'arrivista Daniel Plainview sia il vero regista del film, non il pur bravo, e raro nel produrre, Paul Thomas Anderson (divenuto famoso con l'ottimo Magnolia e assente dal 2002 dopo Ubriaco d'amore con Adam Sandler), dato che tutto il film dipende da lui, gli altri personaggi sono solo pedine di poco conto (compreso il personaggio del predicatore, interpretato da un valido Paul Dano che fa anche un altra parte) facilmente manovrabili.
La storia è molto semplice (e qui sta il difetto del film e che non giustifica la sua durata monstre), un uomo, Daniel appunto, cinico ed arrivista oltre ogni limite (lo vedrete nel film fino a che punto si spinge) ha un autentica incredibile naturale capacità di scoprire giacimenti petroliferi, e lui stesso si autodefinisce"Cacciatore di petrolio". Un giorno per merito di una soffiata interessata, ne scopre uno colossale ("Un oceano di petrolio") e sbaragliando ogni possibile ostacolo, con qualunque mezzo, decide di metterci le mani addosso a tutti i costi, accompagnato nell'impresa dal figlio adottivo, che ha perso il padre biologico quando era infante, morto in un incidente sul lavoro proprio mentre estraeva il prezioso liquido con Daniel. Solo l'invasato predicatore della chiesa locale sembra dargli qualche grattacapo, ma il cercatore di petrolio non è tipo da scendere a compromessi.
Davvero interessanti da vedere gli immensi paesaggi, notevoli le scene degli uomini coperti di oro nero estratto dalla melma a prezzo di fatiche incredibili, ma purtroppo il film gira parecchio su se stesso, stenta a decollare diluendosi in tante cose molte volte inadatte, e affida la sua sopravvivenza all'interpretazione (assoluta e da Oscar) del suo protagonista, che con i sorrisi beffardi, le cattiverie gratuite e le ciniche mete, ci fa dimenticare che la pellicola in alcuni punti ci sta raccontando poco o niente. Se analizziamo concretamente il racconto ci sarebbe lo spunto per farlo reggere al massimo 110 minuti, non si approfondisce nulla (le sofferenze dei lavoratori/estrattori anche se raccontate sono accantonate velocemente concentrandosi solo sul singolo, e sempre e solo su Daniel) e viene dato uno spaccato molto modesto della società del tempo. La parte migliore risulta essere quella del finale, venti minuti circa, dove il Daniel Day Lewis Show raggiunge l'apice di onnipotenza, un autentico OMF, one man film, ricordando Al Pacino nell'immortale discorso dell'Avvocato del diavolo. Vengono i brividi di fronte a tanta bravura interpretativa, tanta forza e sanguigna espressività, e il significato del bel titolo americano (Ci sarà del sangue, quello italiano preferisce ricordare il titolo del libro da cui è tratto il film,"Oil!") esplicato con efficacia sparata in faccia allo spettatore senza pietà.
Un vero peccato che Anderson si sia fermato alla costruzione di un grande ritratto anzichè di un affresco (come fece molto meglio Scorsese sfruttando Lewis per un altro personaggio duro come quello del macellaio di Gangs of New York), abbia dedicato ogni sforzo in questo senso cedendo alla possibilità di essere meno unilaterale, diventando blandamente descrizionista dell'ambiente humus abitativo rispetto a quello personal descrittivo.
Si esce dalla sala con una sorta di malcontento occulto, quasi pensando a un bel film che non ci è piaciuto e per colpa (merito ovviamente) di un mostruoso attore non ci accorgiamo neppure del perchè. Il cinismo su cui si muove Daniel farebbe venire in mente le ultime guerre del petrolio moderne, con parallela diversità che lui non ha bisogno di scuse o blande motivazioni per la sua lotta al raggiungimento della ricchezza. E anche le motivazioni di certi comportamenti non sono minimamente celate ("i miei uomin i non vengono in chiesa perchè devono produrre quotidianamente e devono riposare, non possono perdere tempo con lei" si sente dire il predicatore), piuttosto portate con orgoglio quasi a bandiera di uno scopo di vita. Daniel non si è curato di una gamba spezzata per diventare ricco, figuriamoci se lo fa per il bene dell'anima, valore incorporeo che lui non riconosce minimamente, solidamente legato ai valori terreni del denaro da accumulare con frenesia (e per il quale si vende, ogni tipo di obbiettivo può valere un azione contraria a principi o dogmi "Abbiamo la tubazione!"). Il film poi fa vedere il rapporto con il figliastro come una sorta di doverosa scorta di buonismo, ma da quest'uomo totalitario nel proprio ci si deve aspettare di tutto e di più (e di fatto il primo pozzo lo dedica non a lui ma alla bambina che potrebbe essere di scorta e sostituzione mancando il bimbo per ogni possibile caso). Non possiamo dirvi il perchè per non togliervi la sorpresa di un passaggio chiave, ma anche questa cosa è tutta nell'insieme e nell'ottica di approfondire Daniel e mai di vedere come gli altri si rapportano a lui.
In definitiva un film fondato, costruito su e che vive unicamente per il grandioso protagonista/dominatore, eccessivamente lungo e con qualche passaggio inutile, che racconta in maniera priva di grandangolo una vicenda che poteva essere descritta come uno spaccato della società e non quella di un uomo, che alla fine non stanca solo e unicamente perchè Lewis la prende per mano e se la porta sulle spalle. E' una visione consigliata senza ombra di dubbio, la sua caratura tecnico filmica è molto valida, ma è un peccato perchè il tutto poteva essere raccontata molto meglio e senza tutte quelle inutili sbavature di racconto che ne hanno fatto un albero pieno di rami corti ed invisibili facendo risaltare soltanto il tronco solido e massiccio, dando un appagamento finale decisamente superiore a quanto Lewis, e in fondo non il film, ci ha dato.
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John Rambo
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Cast Sylvester Stallone, Julie Benz, Matthew Marsden, Reynaldo Gallegos, Jake La botz, Tim Kang, Paul Schulze, Ken Howard, Linden Ashby
Regia Sylvester Stallone
Sceneggiatura Art Monterastelli, Kevin Bernhardt, Kevin Lund, Sylvester Stallone, Jeb Stuart
Durata 01:33:00
Data di uscita Venerdì 22 Febbraio 2008
Generi Azione, Drammatico, Drammatico
Distribuito da WALT DISNEY STUDIOS MOTION PICTURES, ITALIA
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Trama: John Rambo ha deciso di escludersi dalla civiltà per restare da solo con i suoi sensi di colpa e recidere il suo passato violento di ex militare rifugiandosi nell'eremo della foresta Birmana. Purtroppo la guerra civile che c'è nel paese asiatico e i continui massacri non gli permettono di vivere completamente isolato, soprattutto perchè una spedizione medica umanitaria americana viene presa prigioniera dai crudeli militari locali che agiscono con mano spietata. A John non resta che cominciare per l'ennesima volta a flettere i muscoli per pacificare il suo animo inquieto entrando in guerra ...
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Commento: Sylvester “Sly” Stallone ormai ha ampiamente capito che la sua maturità anagrafica purtroppo non corrisponde a una nuova stagione recitativa (come invece accade per altri suoi colleghi ex-protagonisti di film d'azione, vedi Clint Eastwood e Tommy Lee Jones, a tutti i livelli ormai grandi artisti e autori completi in ogni senso, che stanno donando al cinema moderno delle autentiche perle) e allora continua a rifugiarsi nelle sue icone sicure, dove in fondo le parole sono già scritte da tempo e la recitazione un trascurabile ed inutile dettaglio.
Ma mentre Rocky Balboa poteva essere un decente tramonto di un campione nostalgico, questo John Rambo (notare la ripetizione dell'idea del titolo, con nome e cognome, per mettere a tutto tondo l'uomo e non il personaggio) è solo ed unicamente un lungo gioco al massacro di potente visualità (effetti davvero truculenti che giustificano il vm 14, con ossa e carni spappolate senza tregua) nascosto dietro un falso intento perbenista di denunciare una insostenibile situazione di oppressione in atto in Birmania. Lo stesso Sly ha sbandierato ai quattro venti di voler dare un messaggio forte di protesta e conoscenza attraverso il cinema di massa (e gli incredibili due cartelloni iniziali più le scene di repertorio potevano confermare questa ideologia almeno negli intenti), ma alla fine dei fatti è tutta aria fritta, dove i pensieri vengono velocemente accantonati e tutto parte presto e velocemente, in una gara a chi tira il colpo più forte.
La trama è di una semplicità disarmante, un gruppo di medici cattolici si avventura nella foresta Birmana a recare aiuti, ma la truce soldataglia massacra gli abitanti e prende prigionieri gli occidentali. E il povero John, dai sogni/ricordi atroci in bianco e nero del first blood, non può far altro che di malavoglia riprendere l'arco in mano (usato anche per pescare) e cercare di liberare il gruppo di volontari. Spalleggiato da dei mercenari, il massacro sotto la pioggia battente può iniziare.
Inutile fare i bacchettoni oppure le menti perbeniste che storcono il naso, di fronte a film simili l'impatto visuale è quello che conta, personaggi come Rambo dopo il primo interessante (e lontanissimo nel tempo) capitolo, non hanno davvero niente da dire oltre che la favola del pugno duro, quello che infastidisce è il voler mascherare con un fasullo impegno politico/etico scene totalmente fini a se stesse, che possono andar bene per chi vuole uno spettacolo di questo tipo, ma per carità lasciamo onestamente da parte ogni altra velleità, rendendo e giustificando il vacuo vedere solo per quello che vale, un cercato personale appagamento del gusto per l'amore dell'action movie massacro filmico, che di aderenza con la realtà ne ha solo perchè riporta scene violente senza approfondirle e in maniera ripetitiva, in fondo se c'erano intenti reali ne bastava uno di quadro per scuotere la coscienza e non una mostra. Di fatto chi vuol assistere a Sly che non si rassegna al decadimento dell'età avrà pane per i suoi denti, ci sono combattimenti nella giungla furiosi, teste staccate, giugulari strappate con le mani, una esplosione apocalittica (senza esagerare nella definizione) con un gusto splatter smaccato e prepotente, dove il sangue sprizza a fiotti. Tra l'altro ovviamente si parla molto poco, e in maniera scontata come poche, John è mono espressivo come sempre (e come piace ai suoi fan) e quando l'adrenalina dell'azione manca ci troviamo di fronte a una pellicola a dir poco sconfortante , dove addirittura il granitico protagonista sembra più Hulk che altro, e obbedisce solo perchè c'è la dolce dottoressa (interpretata da Julie Benz, bionda e che è il massimo del candore) che gli ha toccato il cuore, valore di obbedienza decisionale tanto quanto dovuto solo al suo ex comandante venuto a chiedergli di fermare la sua furia nel primo episodio (“Sono venuto a proteggere voi da lui e non lui da voi”). Una fiera delle banalità oltremodo ingloriosa e infausta, completata dall'irriverente citazione di Apocalypse Now con il viaggio in barca sul fiume (che poi di sentirlo chiamare barcaiolo dagli altri mercenari fa davvero ridere)
Regista, sceneggiatore, protagonista, Sly davvero non sa più che fare per tirare alla fine questo combat movie privo di ironia e vera logica di esistere (che belli i tempi dell'onesto “Commando”) se non quello di tornare sulla scena con l'unica seconda cosa che sa davvero fare per farsi amare dal pubblico moderno, visto che i lodevoli tentativi del passato di disaffrancarsi dalle due icone sono naufragati miseramente. Inutile propinarci campi pieni di morte per scuotere le nostre coscienze quando tutto il contorno è privo di spessore, non abbiamo personaggi a cui affezionarci ma solo della carne da cannone da mettere sulla scena, affidando tutto a quanto sangue esce e senza minimamente accennare alle motivazioni che hanno portato a questa sanguinosa situazione, perdendo ogni connotazione di plusvalore.
In definitiva un film grande e grosso più del suo protagonista, pieno zeppo all'inverosimile di ripetizioni e banalità, da vedere con lo stomaco forte per le sue scene splatter, che alla fine colpisce solo alla sensibilità di gusto degli animi deboli ma non certo alle nostre coscienze intellettive.
Può anche andare bene così per chi cerca questo tipo di spettacoli fini a se stessi, entri e sai che vedi, la realizzazione tecnica è buona (un plauso anche agli stunt in questo senso oltre che a Sylvester per aver messo in competizione il suo fisico a 62 anni) ma per favore Sly, se dovessi dare un seguito a questo John Rambo preoccupati solo di accontentare i tuoi fan e lascia stare ogni altro discorso, l'onestà di fondo avrebbe appagato molto di più che la sbandierata elemosina di predica per darsi un tono inesistente.
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Sweeney Todd - Il Diabolico Barbiere Di Fleet Street
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Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street
(Sweeney Todd: The Demon Barber of Fleet Street)
Un film di Tim Burton. Con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head. Genere Musical, colore 116 minuti. - Produzione USA, Gran Bretagna 2007. - Distribuzione Warner Bros Italia
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Trama: Benjamin Barker è un barbiere vive la sua vita felicemente con moglie e figlia adorate, ma un giudice di laide ambizioni medita di rompere l'idillio familiare per conquistare la dolce sposa. Con l'inganno allontana e rinchiude il marito accusandolo di frodi non commesse. Dopo anni il barbiere, completamente cambiato nei connotati e carico di odio, riesce a tornare a Londra da uomo libero e medita vendetta. Ad aiutarlo una locandiera in disgrazia, e le lame da barba, cesellate in argento, e gelosamente custodite negli anni. Purtroppo viene a sapere della morte della adorata moglie e che la figlia è reclusa dallo stesso uomo che l'ha rovinato in una camera. E' il momento che il timido barbiere sparisca, entra in scena il pericoloso e demoniaco Sweeney Todd!
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Commento: il grandioso accoppiamento artistico Tim Burton (regista) e Johnny Deep (attore), al sesto film assieme, ci regala un nuovo grande appassionante film, tratto dall'opera teatrale di Stephen Sondheim e Hugh Callingham Wheeler, basato sulla sete di vendetta per sanare un grande torto subito. Ma si sa, il sangue chiama sangue e la spirale di odio rischia di travolgere chi l'ha innescata con ben altre intenzioni.
Coadiuvato dalla moglie di Burton, Helena Bonham Carter (che aveva fatto coppia con lui anche ne La fabbrica di Cioccolato), Johnny Deep, bravo come sempre, costruisce un personaggio carismatico e controverso, che si trasforma nel diabolico Sweeney Todd dopo essere stato un timido barbiere amante della dolce famiglia (grandioso il contrasto a colori flou contro il gotico scuro successivo).
La vendetta è un piatto che va gustato freddo, ma quando si aspetta troppo probabilmente non si riesce più a dosare la resistenza all'appetito, per cui la mano fondamentalmente buona e misurata viene superata dalla cieca furia senza limiti. E i pasticci di Miss Lovett (“I peggiori e i più disgustosi di Londra”) possono solo essere i giusti armadi dove nascondere gli scheletri di un animo ormai totalmente perso, privo di riferimenti e di speranze.
Burton è grandioso, come sempre, nel dare alle scenografie una terribile tinta gotica scuro opprimente, in linea e conforme con l'animo del personaggio che cambia ed evolve, gioca meravigliosamente, assistito da una fotografia superba, con personaggi che sembrano danzare macabramente più che recitare (e la connotazione canora da musical aiuta in questa otica, ovviamente per chi non lo sapesse il film è in gran parte canoramente vocalizzato con brani in inglese e ben sottotitolati in italiano senza sbavature). Anche attori del tutto in parti anomale come Sacha Baron Cohen (che fa un barbiere ciarlatano italiano, tutti lo ricordano per i dissacranti e grottescamente scanzonati personaggi di Borat ed AliG) sono ampiamente credibili, Jamie Campbell Bower (Il marinaio amico del barbiere prima che diventasse il crudele Todd) e Alan Rickman (il bieco giudice Turpin, ricordiamolo per il Severus Piton di harry potter) con Timothy Spall (il fido e laido messo, presente anche lui nella saga di Harry Potter, in Il prigioniero di Azbakan) fanno da perfette spalle alla coppia di conviventi senza scrupoli, rendendo l'horror musical dal chilometrico titolo uno spettacolo appagante, interessantissimo per lo sviluppo di ogni lato tecnico che propone e coinvolgente come pochi.
Tra l'altro Burton non dimentica di inserire uno spezzone onirico e scostato da tutto il resto (il pic nic sul prato) dove si cerca il lato della famiglia ormai perduto (Figlia diventato figlio e moglie sostituita) cercando di dare una speranza e un obbiettivo diverso da quello di una vendetta diventata un peso ormai insopportabile e che tarda ad arrivare. Si rimane stupefatti di come Deep canti con tanta grazia un testo tanto cosparso di nere sfumature, di come il color fumo di Londra (quanta cenere cosparsa su questa città derivata da tutte le nostre scure ansie) faccia da perfetta culla alla vicenda .
E anche una semplice sedia da barbiere può coltivare insieme a una pulizia del viso di fondo e di architettura di costruzione il più oscuro dei volti.
Le due ore di intimal/horror passano con uan velocità inaudita, siamo compressi e folgorati da quanto vediamo, il tempo scorre all'indietro tanto quanto si riduce la purezza dell'animo del protagonista, sperando in continuazione di vederlo resistere per allungare il nostro piacere nel poter godere di tanta artistica inventiva al servizio di una opera teatrale.
Carne trita, pasticci maleodoranti pieni di scarafaggi, abiti puliti e sgargianti indossati da persone malate nell'animo, tutto ci parla di come l'apparire non è mai come l'essere, ogni cosa prende una via riducente e trasformante con la semplicità e il candore di un volo di farfalla in sottofondo di note
luccicanti d'oscuro.
In definitiva uno spettacolo sublime, una ennesima grande lettura che un visionario del nostro tempo non manca di dare, sorretto dal suo perfetto attore feticcio in forma strepitosa e che senza paura affronta anche la prova recitativa del canto, calato in una realtà di fantasia diventata oggettivamente reale e credibile. Non è decisamente uno spettacolo che può essere nelle corde e nel gradimento di tutti, il genere musical non è mai stato amatissimo nel nostro paese, ma veramente perdere questo lavoro per una mancanza di confortevolezza delle abitudini filmiche è privarsi di un segno che la magia del cinema può dare, come è un peccato preoccuparsi se racconta una storia venata di rosso senza andare oltre i suoi significati interiori dell'animo contrastato che lotta per un valore a cui dare il giusto peso. Certo che dopo questa esperienza non sarà facile sedersi dal barbiere con la stessa tranquillità, ma sicuramente è stato meraviglioso sedersi sulle poltrone del cinema
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Non è un paese per vecchi (No country for old men)
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Non è un paese per vecchi
(No Country for Old Men)
Un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly MacDonald, Garret Dillahunt, Tess Harper. Genere Thriller, colore 122 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Universal Pictures
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Trama: Llewelyn Moss è un onesto ex saldatore in pensione, amante della caccia e che vive tranquillo con la sua amata moglie. Un giorno si trova per caso di fronte a un regolamento di conti per via di una grossa consegna di eroina, dal quale scaturisce una strage che gli fa trovare una borsa con due milioni di dollari all'interno. Deciso a tenersi i soldi, anche se conscio dei pericoli, l'ex marine elabora un piano per poter occultare il tesoro. Ma non ha fatto i conti con un pazzo schizofrenico deciso anche lui a mettere le mani sul malloppo per assolvere al suo compito di killer ...
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Commento: Dal romanzo di Corman McCarthy. Grande attesa e probabile pioggia di Oscar per questo film dei fratelli Coen, i geniali cineasti che ci hanno dato autentiche perle del cinema come Il grande Lebowski oppure Arizona Junior, ma ci sono tanti altri film da loro girati che meriterebbero la citazione (non ultimo Mister Hula Hoop). Per questo noir/thriller/road movie ad alta tensione, hanno reclutato un trio di attori di grande spicco, una star ormai specializzata in ruoli intimisti e disillusi come Tommy Lee Jones che fa lo sceriffo esistenzialista(che con la Valle di Elah ha fornito una strepitosa interpretazione da Oscar), Josh Brolin (visto anche in Planet Terror) che fa il cacciatore onesto e buono d'animo che deve gestire l'occasione della vita, ma sopratutto lo strepitoso Javier Bardem (il grande protagonista di Mare dentro), Anton Chigurh, il lucido pazzoide che come un mastino è deciso a tutto pur di recuperare il grano e assolvere il suo compito.
Cinema di grandissima qualità questo dei Coen, come prevedibile i due fratelli abbinano grandi scenari aperti, scene thrilling di tensione, inventiva geniale e una spruzzata marcata di amarezza.
La trama ha il suo troncone principale in un lungo inseguimento tra due persone (Brolin e Bardem) che cercano di accaparrarsi il bottino ma sopratutto, nel caso del secondo, devono rispondere a una inesauribile sete di sangue e a un codice distorto e folle d'onore che prevede che il giudice della vita e della morte sia una moneta.
Armato di una bombola per sparare l'aria compressa utilizzata in ogni tipo di maniera, il personaggio dell'oscuro killer ("Il padre di tutte le carogne") è uno dei cattivi più luciferini e convincenti di tutti i tempi, arma totale e inarrestabile alla cui presenza le strade e gli alberghi si vuotano, nessun segno di vita oltre le sue vittime, la polizia non si vede praticamente mai al suo inseguimento diretto o in conflitto con lui, in zone dove si spara furiosamente nessun curioso mette il suo naso al di fuori delle finestre, come se fosse calata l'apocalisse o Satana direttamente.
Con occhi spenti ed espressione assente, Bardem tratteggia questo personaggio dalle poche parole e dalle morali folli in grande stile, donandoci una interpretazione a tutti i livelli perfetta nella sua semplice azione fisica (niente corse folli, niente sparatorie con balzi o salti da atleta).
Le scene sono gestite con grande maestria, si ha una impressione di oppressione totale come se le azioni del fuggiasco Moss siano sempre e solo delle brevi scappatoie, delle brevi soleggiate con la nera tempesta in arrivo, ma è anche vero che in fondo è l'unico avversario che il terribile antagonista rispetta.
Geniali nei loro manufatti artigianali sono anche le trovate di come il bottino viene nascosto o ritrovato, tecnologia statica in un valore di omaggio moderno (tra l'altro essendo ambientato nel 1980 non si vedono ovviamente cellulari o altre cose di questo tipo, è anche bello vedere le persone con i vecchi cari telefoni fissi in mano).
Il cinema dei Coen è un cinema di semplicità in una tecnica sopraffina, dove le cose avvengono nella maniera più inaspettata e straniante (vedi le armi usate, i conflitti a fuoco anomali e le indagini condotte dallo sceriffo quasi con apatica rassegnazione di un risultato fallace), donano allo spettatore una sorta di mancata tranquillità personale, anche perchè non c'è nessun dogma di cinema/sicurezza in ciò che vediamo, le istituzioni sono completamente assenti e sembra di essere in un far-west moderno dove i conti si regolano per le strade e la vita altrui presa con facilità.
Fotografia di grande impatto, trama a sezioni che si sviluppa in maniera perfetta, finale straniante e difficile che ci fa uscire dal cinema quasi insoddisfatti e incompleti, questa terra che non è un paese per vecchi (il titolo italiano una volta tanto è perfetto e corretto) ci fa capire che diventare anziani in un mondo tanto complesso e difficile non sarà davvero facile.
E' comunque cinema particolare e bisogna affrontarlo con la giusta preparazione di visione, ci sono lunghi momenti in cui la trama è statica, a volte i discorsi dello sceriffo sembrano delle chiacchere da saloon di vecchi annoiati e il finale multistrato è complesso, da interpretare post visione con la giusta filosofia di completamento di quanto abbiamo visto, e non è certo il pubblico di massa che può ritenerlo uno spettacolo di facile fruizione nonostante una durata non extralarge.
Dobbiamo comunque rimarcare che il cinema necessita come il sangue (scusate l'ironica frase) di questi prodotti d'autore, in quanto ci possono far capire che ci sono sempre artisti che in nome di un racconto atipico possono donare iconografie da trasportare nel tempo e non facili panacee scaccianoia. Non abbiate paura del rispetto dei dogmi del facile cinema (per esempio il personaggio di Woody Harrelson arriva quasi come una mosca a disturbare il duello tra i due contendenti che combattono privi di qualunque regia occulta, mentre invece lui fa il fattorino sistema conti a comando), abbiamo bisogno di inventiva e prospettive atipiche per toglierci di dosso la patina di esistenze qualunque in sale buie.
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Un uomo qualunque
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Regia : Frank Cappello
Cast Christian Slater, Elisha Cuthbert, Sascha Knopf, Jamison Jones, Michael Deluise, David Wells, Frankie Thorn, William h. Macy
Durata 01:35:00
Data di uscita Venerdì 22 Febbraio 2008
Generi Commedia, Drammatico
Distribuito da ONE MOVIE (2008)
Trama: Bob Maconel è il classico impiegato oppresso dai suoi colleghi e dai suoi capi, che vive una vita del tutto anonima in una casa con dei pesci e un televisore sempre fuori sintonia. Ridotto ormai alla disperazione più totale e senza speranze, prepara una pistola con sei colpi per fare una strage in ufficio. Ma un suo collega lo precede nell'atto da lui preparato, d'istinto Maconel lo uccide salvando la vita ad altre persone. Diviene un eroe, la vita improvvisamente per lui cambia completamente, ma la sua disperazione di base lo attanaglia comunque anche in un diverso contesto. Riuscirà a sopravvivere a quanto ha inaspettatamente conquistato?
Commento: Christian Slater (visto l'ultima volta in Bobby del 2007) è Bob Maconel, un impiegato con calvizie incipienti, occhialoni e baffetti, perennemente oppresso dal suo capo ufficio, che non viene minimamente considerato da nessuno e che vive in una casa qualunque parlando con dei pesci e con il televisore perennemente fuori sintonia. Medita da tempo una strage collettiva per vendicarsi dei continui sorprusi morali in ufficio, ma il giorno che decide di farla davvero un suo collega lo precede: d'istinto si trova ad ucciderlo e per tutti diviene un eroe. Questa terribile vicenda di mobbing che sfocia nella vendicativa follia viene girata da Frank Cappello (unica prova precedente con Fino alla fine del 1996 con un allora sconosciuto Russell Crowe) con diversi stili, parte dall'onirico (con il dialogo con i pesci, i primi piani sugli occhi della folle preparazione del piano poi non verificatosi), poi si concede alla commedia sentimentale (l'incontro con la splendida Elisha Cuthbert, famosa per essere stata la figlia di Jack Bauer di 24, e la sicurezza economica della scalata sociale), per virare nella tragedia (la fine delle illusioni, testimoniata e iconizzata dal televisore che dopo aver finalmente trasmesso pulito ritorna ad essere fuori sintonia) che chiude il film.
Il problema delle esplosioni di follia a seguito di oppressioni mentali/spirituali o di insoddisfazioni, è stato ampiamente trattato anche in altri film (ricordiamo anche Un giorno di ordinaria follia con Michael Douglas), ma la novità di questo caso è che il protagonista vive la vicenda allo specchio (vede l'altro fare quello che doveva fare lui), ne riceve benefici diventando carnefice dei suoi progetti, realizza dei sogni impossibili smettendo le folli azioni (parlare con i pesci rossi pensando che gli rispondono) e si reintegra nella società con una posizione di singolo inserito e non isolato (con la vicina che dopo 5 anni che vive lì lo considera un nuovo inquilino). E in mezzo una tenera sezione con una storia d'amore dovuta al fatto che una delle vittime, non uccisa e rimasta paralizzata tranne che dal collo in su, si ritrova in carrozzella e lo riempie di un nuovo istinto : quello di avere una ragione precisa di vivere.
Il dramma è mostrato con grande forza (risultato sorretto da un Christian Slater ispirato e volonteroso), ci si mette terribilmente nei panni di questo povero impiegato oppresso e si parteggia per lui, peccato che la presenza della stupenda ma evanescente Elisha Cuthbert, qua in versione mora, su una sedia a rotelle sia del tutto fuori di credibilità. Inferno, paradiso, inferno, il film sembra dirci che non ci sono delle vere possibilità di grandi e improvvisi scalate sociali in un mondo che vive di compromessi (i riferimenti al sesso in ufficio per ricevere promozioni sono continue e totali) per chi stava alle soglie, non si sa gestire il successo e tutto avviene solo per covenienza/conseguenza e non per rispetto, ci si ritrova a dover vivere credendo in chimere perdendo la luce della realtà.
E il salto verso il basso delle origini è a quel punto tremendo, impattante e ormai senza paracadute.
Saltato fuori da dove meno te lo aspetti, questo dramma umano lascia il segno perchè tratteggia le ipocrisie e le disperazioni in maniera chiara, senza giri di parole e colpisce nel segno (bello anche il personaggio interpretato da William H. Macy, il capufficio amante che parla senza peli sulla lingua quando gli conviene e accomodante quando gli conviene) dando un ritratto della disperazione davvero efficace.
Un plauso a Slater per questo personaggio che vive di folli percezioni, ma davvero un pollice verso per aver scelto il casting femminile solo in base alla bellezza (necessaria e funzionale al senso della storia) ma senza guardare minimamente alla bravura.
Senza questa grossa pecca che ne abbassa la qualità, e un centro film poco convincente anche per colpa sua, questo straniante prodotto di bassa distribuzione sarebbe stato non solo una buona alternativa di visione ma anche una valida proposizione completa. Ci sono le emozioni che dona un grande protagonista, una storia straniante e straziata, dei buoni concetti ben iconizati. Direi che le zone di soddisfazioni siano ampiamente presenti.
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Jumper
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Un film di Doug Liman. Con Hayden Christensen, Jamie Bell, Diane Lane, Samuel L. Jackson, Michael Rooker, Rachel Bilson, Max Thieriot, AnnaSophia Robb. Genere Avventura, colore 88 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione 20th Century Fox
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Trama: David Rice ha uno strano potere, riesce a trasferirsi da un luogo all'altro solo pensando a dove andare dopo aver visto la località in una foto. All'inizio il suo potere sembra una fortuna, gli permette di visitare luoghi esotici senza spese e perdite di tempo, ma dopo poco il sogno finisce perchè lui non è l'unico al mondo con questo dono e oltretutto una setta di fanatici da loro la caccia senza lasciargli scampo. Riuscirà il giovane a non coinvolgere la sua fidanzata nei guai in cui si è cacciato e a fare ogni volta il salto giusto?
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Commento: Heroes, la serie tv dall'esito di ascolti poco confortanti in Italia, che presentava vari supereroi confrontarsi tra di loro per sopravvivere o primeggiare, comincia a far proseliti al cinema, ispirando questo figlio degenere che a tutti gli effetti potrebbe essere uno spin off apocrifo (cioè "la presenza di un eroe estratto da" come nel gergo dei comics di carta, al cinema uno spin off potrebbe essere il film di Wolverine oppure quello di SIlver Surfer) dato che il suo protagonista ha un potere che ricorda tantissimo quello di uno di loro (Hiro, che oltre che nello spazio si muoveva nel tempo). Partendo da questo spunto principale, il regista Doug Liman (non un perfetto sconosciuto, dato che ha diretto Mr & Mrs Smith e The Bourne Identity) prende uno dei divi giovanili bello, dalla faccia pultia e ben rasata come Hayden Christensen (L'Anakin della nuova saga di Star Wars), lo mette contro a uno degli attori più decaduti di Hollywood come S.L.Jackson (oramai banalizzatosi a mille a furia di fare particine inutili, qui è in versione capello bianco e barba nera), ci infila una spruzzata di esotico e di storico nei paesaggi, e lo banalizza all'infinito con una serie di situazioni tutte uguali prive di qualunque attrattiva.
La produzione ha dovuto litigare molto per fare le riprese in Italia ambientate nel Colosseo, e purtroppo la ragione del vile denaro ha avuto partita vinta anche contro la preservazione di scenario incolpelvole, di uno spettacolo squallido di uno dei più bei capolavori storici della città eterna.
La trama: un ragazzo scopre di essere un "Jumper" dotato del potere di saltare dove vuole solo immaginando il posto di arrivo visualizzandolo in una foto, fa la bella vita per un po'di tempo mangiando anche panini sulla testa della Sfinge e ascoltando musica proprio lì, rapina banche materializzandosi nel caveau e poi tornando a casa con il bottino (con doveroso onesto biglietto"poi li ritorno", in fondo David è un bravo figlio Usa e lo fa solo per sollazzo, se questi poteri li ha li deve usare, capiamolo, ma come li possa poi ridare non si sa visto che potrebbe farlo solo poi rubando a qualcun altro). Però la festa dura poco, ci sono anche i cattivoni, i cosidetti paladini comandati da un crudele capo che li stermina con una trovata particolare a cui sono sensibili (anche i Jumper hano la loro kriptonite). Le cose si fanno difficili, e il nostro tenero eroe (con squittante insopportabile fidanzata al seguito) deve allearsi con un altro Jumper, lui scostante e solitario, ma molto più scafato di lui.
Banalità oltre ogni limite (si usa il Jump anche per spostarsi di mezzo metro), noia mostruosa (si salta un sacco di volte senza senso solo per arrivare in luoghi diversi per presentare un catalogo turistico di ambienti), trama insipida con cattivi da buttare al macero, non avendo altre possibilità il film gioca sul gigantesco ad ogni passo (oltre a se stesso il jumper può portare anche degli oggetti nelle cicatrici delle porte spazio che lo mandano in ognidove) dove io ti tiro un sasso e tu mi tiri una montagna.
Ne deriva per lo spettatore una sequela di sbadigli più lunga di quella dei salti, le locazioni (si va pure in Cecenia) tanto diverse quanto strettamente inutili, protagonisti da prendere a sberle (Jackson in primis).
Ci si veste alla moda, si rapina vestito da rapinatore anche se non si usano chiavi o attrezzi (non siamo così stupidi da non capire che atto sta facendo per doversi dare tale iconografia), le porte chiuse si aprono solo perchè lui va dall'altra parte del cancello (come se ci fosse uan chiave dentro), e si fa tutto nel nome della gioia del brufoloso adolescente che attende l'uso inutile e poco spettacolare del potere.
Si citano i Marvel Team Up (cioè l'uso di due eroi diversi nella stessa avventura in maniera occasionale) non pensando che la qualità di questi fumetti era davvero pessima (non come quella di questo film comunque).
Alla fine l'unico salto che facciamo degno di questo nome è quello dalla sedia per uscire il più velocemente dalla sala appena si accendono le luci. In definitiva un film che può piacere solo a un pubblico di adolescenti in giornata senza pretese in cerca di divertimento facile e di bassa lega, ma è talemnte banale che anche loro si troveranno soddisfatti solo perchè i pop corn sono stati saltati a dovere senza bisogno dei Jumper. Il film ha comunque un pregio: dura solo 88 minuti. Non sprecate tempo anche se è poco.
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