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27 volte in bianco
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(27 Dresses)
Un film di Anne Fletcher. Con Katherine Heigl, James Marsden, Edward Burns, Judy Greer, Malin Akerman. Genere Commedia, colore 107 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione 20th Century Fox - [Uscita nelle sale venerdì 21 marzo 2008]
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Trama: Jane è una ragazza dolce e altruista che adora organizzare il matrimonio delle amiche e fare loro da prima damigella d'onore, senza ricevere compensi in denaro ma solo per la gioia di vedere le altre dire il fatidico "Si". Ma dopo 27 volte ella stessa sente il bisogno di compiere il grande passo, cercando il modo di dichiararsi al suo capo che ama in gran segreto. Ma proprio mentre sta per farlo, irrompe la prorompente sorella Tess con il suo carico di sensualità che gli mette i bastoni tra le ruote ...
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Commento: 27 volte in bianco (il tipo di colore nel titolo lo hanno aggiunto i poco fantasiosi distributori italiani dato che volevano giocare anche con il discorso di "Andare in bianco"), narra le vicende corrette e delicate di Jane (Katherine Heigl, che ha appena recitato in Molto Incinta, ma è più famosa per Grey's Anatomy) che vive di matrimoni degli altri organizzandoli alla perfezione (non per lavoro ma solo per diletto), il cui unico vero premio è quello di poter tenere il vestito da damigella d'onore della cerimonia, che essendo a tema vario ogni volta cambia. In mezzo alle battute sempre uguali delle spose ("Lo puoi accorciare e tenerlo come vestito per tutti i giorni"), lei si accorge che in fondo è il momento di conquistare il suo capo, amato in segreto (Edward Burns, qui sottoutilizzato ma è stato interprete al fianco di grandi come Hoffman e De Niro), peccato che il ritorno della bella e sensuale sorella Tess (Malin Akerman, recentemente vista come odiosa compagna di Ben Stiller ne Lo Spaccacuori) rovini ogni cosa. Ma come ogni buona commedia che si rispetti c'è sempre il dolce (e guarda caso bello) canotto di salvataggio, configurato in una persona che prima ignori e poi apprezzi man mano che quello le cose vanno sempre più male (in questo caso è James Marsden, il principe vanesio di Come d'incanto ma famosissimo per aver partecipato a una serie interminabile di telefilm).
Come si può intuire dalla trama, siamo di fronte a una delle tante solite commedie senza pretese e senza vere novità vuole condurci a passare del tempo in tranquillità magari toccando le corde emotive dei cuori più teneri, cavalcando l'onda della moda di inserire trame che circolano intorno a vestiti curiosi e sofisticati e con in mezzo i giornali che pubblicano poste del cuore o gossip matrimoniale (ogni riferimento a Sex and a City è puramente voluto). Diversamente dagli altri film di genere (come potrebbe essere il contemporaneo Tutti i numeri del sesso) questo è correttissimo (fin troppo), non usa minimamente l'elemento corpo femminile in visione (tranne un castissimo corpetto/lingerie della Akerman), non accenna se non brevemente neppure con la parola all'elemento letto (tranne in brevi isolate frasi dell'amica del cuore, ovviamente immancabile, interpretata da Judy Greer) e tutto vuole essere solo un elogio del vero amore, della sinerità da non tradire mai con il compagno/a, di essere felici per la felicità degli altri, essendo sempre e solo se stessi. Tutto si incanala blandamente tra situazioni ormai abusate (il barcone galleggiante con le luci alla sera, il padre/vedovo buono e comprensivo, la sfilata dei vestiti per rinengarli oppure amarli di nuovo) ma la correttezza di fondo lo rende piacevole e scorrevole, anche se il messaggio che la vendetta, fredda o calda, è sempre un piatto amaro, rischia di farlo diventare da frizzante a patetico.
La regista Anne Fletcher (attrice di film per famiglie e che ha diretto Step Up) e la sceneggiatrice del Diavolo veste Prada (Aline Brosh Mckenna) rimangono concentrate tutto il tempo a far indolenzire le mascelle della protagonista per i continui sorrisi di scena, anche gli elementi di disturbo, come la sorella, sono comunque visti con occhio simpatico e mai come dei veri cattivi di sentimento davvero aspro ma solo delle naturali evoluzioni del loro carattere che non sa essere davvero genuino e altruista. Ovviamente c'è anche più di una lezione da imparare confrontandosi con al tenera Jane, se la impareranno la saprete a visione eseguita.
In definitiva una commedia leggera debitoria di tante altre situazioni già viste, decisamente scontata negli esiti e prospettive, con il merito di non cadere mai nella tentazione di perdere il contorno di stile e glamour, che presenta personaggi belli e mai veramente irriverenti, vestiti eccentrici e colorati. Da non perdere solo per i fan della protagonista e a coloro che vogliono cullarsi a tutit i costi in emozioni forse davvero ingrate da far aderire alla possibile realtà, sapendo con i piedi per terra che certe cose avvengono solo al cinema (ma purtroppo il vero problema è che sono state già fatte e viste). Il divertimento leggero da accantonare subito dopo la visione per tutti gli altri è comunque assicurato, facendoci venire voglia tutti di diventare taxisti per assistere a rocamboleschi cambi d'abito.
Menzione d'onore per i titoli di coda, davvero geniali.
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Spiderwick - le cronache
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Regia: Mark Waters
Cast Nick Nolte, Joan Plowright, David Strathairn, Jordy Benattar, Freddie Highmore, Sarah Bolger
Sceneggiatura Karey Kirkpatrick, David Berenbaum, John Sayles
Durata 01:36:00
Data di uscita Venerdì 21 Marzo 2008
Generi Fantasy, Avventura
Distribuito da UNIVERSAL
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- VOCI DELLA VERSIONE ORIGINALE: MARTIN SHORT (THIMBLETACK), NICK NOLTE (MULGRATH), SETH ROGEN (HOGSQUEAL).
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Trama: Una madre con tre figli deve per lavoro recarsi in un altro paese, andando ad abitare in una grossa villa immersa nella campagna. Una sera uno dei figli maschi trova un libro misterioso in un baule, incuriosito lo apre, senza curarsi degli avvertimenti, scatenando la rinascita di una antica leggenda, che vuole che villa Spiderwick sia abitata da creature fantastiche. I tre fratelli avranno il loro bel daffare per tenere a bada coloro che vogliono impossessarsi dei segreti del libro e per risolvere alcuni misteri che erano stati lasciati in sospeso ...
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Commento: Continua la moda, a quanto pare molto remunerativa, di trasporre romanzi oppure libri illustrati (anche minori) al cinema. Stavolta la scelta è caduta su Le cronache di Spiderwick (notare il titolo al contrario adottato al cinema) scritta da Holly Black ed illustrata da Tony Di Terlizzi. Saga composta da 5 libri, narra le avventure di tre fratelli (due gemelli maschi e una sorella) che vengono a contatto con i misteri di villa Spiderwick, dove il vecchio tenutario aveva scoperto la presenza di un mondo fantastico ed, ovviamente, anche del suo lato oscuro, affidando la chiave di tutto ad un libro che non si può distruggere con il fuoco. Tornato alla luce il libro, ovviamente buoni e cattivi tornano a fronteggiarsi.
Diretto da Mark Waters (specializzato in commediole giovanilistiche, per esmpio con Lindsay Lohan in Mean Girls e Quel pazzo venerdì), il film è virato tutto all'ottica del ragionamento che "I bambini soltanto possono comprendere l'irreale" mentre agli adulti questa cosa viene non naturale e solo toccandola con mano (con l'ovvia eccezione del solito studioso che è avanti in quanto a grandangolo mentale, come Arthur Spiderwick, interpretato dal bravo David Strathairn, attore culto di George Clooney che lo ha diretto in Good Night and Good Luck). Come se fossero delle astrazioni piacevoli della nostra mente ed incubi preburali vengono miscelati tutti gli elementi del mondo fantasy resi ad agio della grande massa da Peter Jackson con la sua saga degli anelli, dove però la vicenda perde ogni valore di avventura "around" e si confina in una sorta di limbo/giardino, specchiando i confini dell'ingresso e dell'uscita in maniera riflettente, non facendoci più ben capire chi è in stato di assedio o prigionia. Di fatto introdurre pesantemente l'elemento ragazzi nel film (qui Freddie Highmore, lo stesso di La fabbrica di cioccolato e di La musica nel cuore, fa due parti, quelle dei gemelli Jared e Simon Grace) porta ovviamente a una sorta di conglobazione del possibile esserci in un futuro da eroi da parte dei giovani spettatori (ai quali è fondamentalmente rivolto) ma per gli spettatori meno verdi di età la cosa alla lunga risulta anche abbastanza fastidiosa, in quanto certe volte per renderceli troppo simpatici ce li fanno diventare troppo teneri e insopportabili nella loro genuina purezza (che belli i tempi delle vecchie pesti tutta azione dei Goonies), come le arti della saccente e spadaccina sorella (Sarah Bolger), oppure rendendo i personaggi di fantasia (nell'originale doppiati da Nick Nolte, che fa Mulgarath, oppure Martin Short che fa il bifacciale Thimbletack/Boggart, diventato in italiano Giangoccetto, personaggio che per le caratteristiche ricorda chi ha un tesoro da difendere come lui come il tolkeniano Gollum) privi di spessore e di grande impatto, pur se le connotazioni effettistiche nel rappresentarli sono medio/buone, ma purtroppo troppo debitorie della influenza Disney nel dargli del vero carisma (molte volte ripenserete a Taron e la pentola magica, chiedendoci anche perchè uno dei servi di Mulgarath è vestito proprio da pirata). L'azione non manca, le creature non tardano ad arrivare dopo l'imprudenza che scatena la lotta, ma il tutto tra ingurgitate di miele e gli occhioni sbarrati della madre incredula (Marie Louise Parker, appena vista in Jesse James con Brad Pitt) e strane armi a base di sale e pomodoro, rischia di diventare monotono proprio per il suo incedere non propriamente originale e le sue filosofie di belligeranza tra le parti affrontate senza quel pizzico di cattiveria che servirebbe anche in un film per ragazzi.
C'è grande attenzione anche a far calare l'atmosfera in logiche di visione dove la tecnologia è minima, si vede solo un pc dove la mamma inesperta lavora in ufficio mentre i ragazzi sono brevemente nel paese per incontrare Lucinda (Joan Plowright), e niente cellulari e diavolerie elettroniche, proprio per incontrare e sottolineare semplicità di composizione delle arti magiche (circoli di protezione e affini).
In definitiva un divertimento colorato e innocuo per i piccoli spettatori, un po' meno per i più grandi per la troppa tenerezza di fondo e poca originalità di composizione, dai buoni effetti speciali non ridondanti nella costruzione delle creature, che si vede leggera senza peso sia nel trascorrerla ma anche nel ricordarsela. Il periodo di uscita italiano è quello giusto, quello di Pasqua, per l'ennesima cineversione di un romanzo fantasy per ragazzi corretta e dignitosa.
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Questa notte è ancora nostra
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Questa notte è ancora nostra
Un film di Paolo Genovese, Luca Miniero. Con Nicolas Vaporidis, Massimiliano Bruno, Ilaria Spada, Valentina Izumi, Maurizio Mattioli, Franco Califano, Tiziana Cruciani, Francesco Pannofino. Genere Commedia, colore 98 minuti. - Produzione Italia 2007. - Distribuzione Buena Vista - [Uscita nelle sale mercoledì 19 marzo 2008]
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Trama: Massimo e Andrea lavorano nella impresa di pompe funebri del padre del primo, e hanno uan grande intensa passione per la musica, che sviluppano come componenti di un gruppo musicale chiamato "The Becks". Quando gli si prospetta l'occasione di incidere un cd eseguendo una canzone scritta dal padre morto di Andrea, gli viene comunicato che per renderla a dovere serve qualche cosa di esotico femminile per riempire la scena sul palco. I due si scatenano alla ricerca di uan cinese di bell'aspetto e che abbia anche una bella voce. Quando sembra che l'abbiano trovata, comincia una serie di problemi davvero insospettabile ...
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Commento: Il divetto di moda tanto caro alle teen Nicolas Vaporidis (dopo le prova di Come tu mi vuoi e Cemento Armato) torna a lavorare con il gruppo di Notte prima degli esami Fausto Brizzi e Marco Martani che sono presenti in cosceneggiatura, dove la produzione non esita di citare il film in oggetto sin dal logo dei caratteri del cartellone. Coprodotto nientepopodimeno che dalla Disney-Buena Vista, la pellicola narra le avventure grottesco/semiserie di due cassamortari romani, Massimo e Andrea (Vaporidis e Massimiliano Bruno, ), vestiti come una sorta di Blues Brothers, che per evadere dal grigiore del lavoro (è proprio il caso di dirlo) la sera si dedicano alla musica all'interno di una band amatoriale.
Alla proposta/obbligo di un produttore (Franco Califano, in una parte non himself dove è attorniato da belle donne razzialmente divise, in onore della sua proverbiale mania e ammirazione per i bei corpi femminili) di avere una donna di belle fattezze esotiche ("Il culo non canta ma conta!") per avere possibilità di vedere inciso il cd, i due cercano nella comunità cinese chi può essere idonea allo scopo. Ovvio che una volta trovata le cose non saranno facili.
Di facciata sembrerebbe che si possa parlare di un film di problemi di integrazione e scambio di culture razziali, ma la cosa rimane debolissima e altamente superficiale, i due registi Genovese & Miniero (autori di Incantesimo Napoletano) si dedicano spesso e volentieri durante lo scorrimento della pellicola di cose grevi e davvero inconsistenti che ruotano attorno ai funerali visti in film barzelletta (casse da morto per strada, parenti credibili come la felicità di un agnello a Pasqua, telefonini di ultima generazione che hanno campo solo parlando in faccia al morto) piuttosto che dare valore frizzante da commedia intelligente al lavoro completo. Il contorno è abbastanza inconcludente, con i parenti di Jing (la bella Valentina Izumi) parlano con la "elle" stile vecchio fumetto di Tex Willer visto che sono di vecchia generazione, anche se sono in Italia ormai da trenta e passa anni, mentre i figli parlano correttamente la nostra lingua madre, mentre il padre vedovo di Massimo, proprietario delle pompe funebri (Maurizio Mattioli) vive contrastando le abitudini dei cinesi ("Venti anni che sono qui e non ho seppellito nessuno dei loro morti!") a parole ma poi in gran segreto mangia soia e carbonara assieme.
Non mancano neppure le distinzioni di valore in mezzo alle due comunità, in modo da non elaborare in maniera politically incorrect il tutto, con il nonno cinese che propugna saggezza, le signore italiane che non capiscono una cippa di cultura cinese ("Non sono cristiani loro, sono di religione bonsai!") e gli immancabili buzzurri che si pigliano una dose di giusto e inaspettato karatè. Chiude il cerchio un potente padrino della comunità che, non si sa bene a che scopo, vuole fare un matrimonio concordato con la famiglia di Jing per sanare un loro debito.
Il tono della commedia non è greve oppure sboccato (niente nudi gratuiti, per fortuna o per sfortuna dei punti di vista), ma non è neppure interessante oppure veramente coinvolgente, tutto si dipana con piattezza, senza originalità e praticamente si dilata in brodo con battibecchi risibili ed equivoci di scarso valore.
Senza voler essere del tutto cattivi possiamo dire che le canzoni e la colonna sonora di Daniele Silvestri sono gradevoli, anche se non del tutto incastrate perfettamente con le immagini, i cammei di Pannofino (grande doppiatore che fa la parte di un ipocondriaco previdente che prenota oggi il suo funerale perchè domani può essere troppo tardi) e Califano gradevoli (la scena dello studio stile pop con telefono scarpa con tacchi rosso), ma Vaporidis con le sue espressioni rassegnate e le sue incavolature gratuite e non convincenti proprio non regge la scena, che si salva solo per gli interventi caciaroni che danno un po' di pepe.
Questo film con Notte prima degli esami non c'entra praticamente nulla, ma sarebbe bene che questo filone giovanile mostrasse la corda anche al botteghino e non solo per gli evidenti scarsi meriti artistici, in modo che gli autori si dirigano verso cose diverse e più interessanti. Tra l'altro la presenza degli sponsor è a dir poco spaventosa, e si cerca di inquadrarli in maniera sublimale in ogni maniera.
In definitiva un film estremamente povero nella sua globalità, che pecca in molti momenti, divertimento pre o post pizza da prendere con le molle e che può essere soddisfacente al minimo solo a seconda del gusto personale, privo di qualunque approfondimento sociologico e svolte originali. Speriamo che visti i numerosi tentativi e gli altrettanti risultati di poco pregio i produttori non facciano altri film del tipo solo per infilare a tutti i costi Vaporidis nella sceneggiatura.
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Colpo d'occhio
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Colpo d'occhio
Un film di Sergio Rubini. Con Riccardo Scamarcio, Sergio Rubini, Vittoria Puccini, Richard Sammel, Paola Barale, Emanuele Salce, Giancarlo Ratti, Giorgio Colangeli, Alexandra Prusa, Flavio Parenti. Genere Giallo, colore 110 minuti. - Produzione Italia 2008. - Distribuzione 01 Distribution - [Uscita nelle sale giovedì 20 marzo 2008]
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Trama: Adrian Scala è uno scultore rampante di belle speranze che senza troppi scrupoli ruba la giovane compagna di un critico d'arte rimonato, Pietro Lulli. Dopo la fuga dei due amanti e una tragica notizia, improvvisamente le strade dei tre si incrociano di nuovo, e quando sembra che il passato sia ormai definitivamente seppellito i suoi fantasmi riaffiorano violentemente. Adrian improvvisamente diventa un rinomato artista, ma ...
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Commento: Sergio Rubini torna alla regia (dopo La terra del 2006) e alla contemporanea recitazione nello stesso film, con un dramma thriller che sembra estrapolato dal nuovo corso londinese di Woody Allen. Similitudini alleniane davvero evidenti, con l'utilizzo di ridondanti musiche camerali (davvero poco azzeccate in alcune situazioni, in altre perfette), una notevole precisione nell'inquadrare ambienti ed interni, cercare di creare dei personaggi femminili di forte impatto emotivo sulla vicenda (peccato che la riesumata da chissà dove ex soubrette Paola Barale non valga nemmeno un unghia della Scarlett Johansson e la Rivombrosiana Vittoria Puccini sia decisamente sottotono per il ruolo sfaccettato, concedendosi a dei veloci nudi integrali). La trama è una sorta di occulta torbida vendetta dopo il torto, dove il bel scultore Adrian Scala (Scamarcio) vuole salire i gradini della fama a tutti i costi, conquistando Gloria (la Puccini), sentimentalmente riconoscente al ricco ed affermato critico d'arte Pietro Lulli (Rubini). Apparentemente sembra che passato del tempo a Lulli, dopo la fuga degli amanti ed essere stato tradito, non interessi più di Gloria, ma strani avvenimenti fanno presagire davvero il contrario.
Rubini è attentissimo ai particolari tanto quanto Allen : fa tornare dopo la notizia di una tragedia in scena un personaggio mostrando la macchia sulla piazza identica a quella di casa sua fatta quando era ancora presente, chiude il film con una iconografia che sembrava solo transitoria vista prima, mette l'arte al centro del film e ci gioca attorno con frasi sibilline di come alla fine importi di più quanto si guadagni con essa che di quanto si voglia dire al pubblico eseguendola. Ci mostra un dvd di Ordet, capolavoro di Carl Theodor Dreyer, come film supremo da salvare in caso di apocalisse e simbologia del potere divino sulle sorti dell'uomo, sempre che Dio voglia intervenire, riferendosi al fatto che esiste comunque un grande burattinaio che governa tutto e tutti a suo piacimento.
Rubini poi introduce l'importanza dei piccoli oggetti nel film (la collana, il modellino della palla con la mano dipinta e incisa sopra), delle cose semplici che per i vizi del fato possono essere determinanti (sempre come nel caso di Allen).
Tutto il film è pervaso da una sorta di senso dell'oppressione, dell'insicurezza della coppia in fuga dal passato, benissimo instillata nella vicenda da Rubini che mette progressivamente in giusta dose i nuovi elementi che cambiano lo scenario. Girato tra Lazio, Piemonte, Abruzzo e a Berlino, ha dalla sua la ricercata finezza di inquadrare benissimo gli ambienti ed i locali da suggestive prospettive che il luciferino Lulli sembra dominare.
Aspetti negativi del film sono il ritmo molto incostante, la vicenda a volte ristagna in leziosi sipari, la mancanza, come si diceva, di una vera affascinante protagonista femminile di peso e talento, un finale decisamente poco suggestivo e in fondo abbastanza telefonato nella soluzione.
Nota di merito parziale per l'interpretazione di Scamarcio, finalmente fuori dagli innocui ruoli adorati dalle teen, che dopo Mio fratello è figlio unico, cerca di dare nuova linfa vitale alla sua carriera recitativa per ora solo luminosa nel portafoglio. Il film comunque tutto sommato tiene bene, si fa vedere senza problemi particolari se non si hanno pretese impegnative da richiedere, anche se non è sicuramente l'opera di Rubini che vogliamo ricordare in assoluto.
in definitiva un film di stampo e derivazione profondamente Alleniana, che non riesce a convincere in pieno per una presenza scenica femminile non ben improntata, dalla successione di eventi un po' incostante e ripetitiva, ma la trama di fondo è affascinante per il sottobosco di perfidia e arrivismo che la permea, dimostrando la bravura di un attore/regista nostrano anche se qui non è alla sua prova migliore, che riesce a rendere quasi convincente un attore come il volonteroso Scamarcio in evidente voglia di togliersi di dosso i panni remunerativi ma scomodi da idolo delle teen che film precedenti gli hanno affibbiato.
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La volpe e la bambina
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Cast Ambra Angiolini (voce narrante)
Regia Luc Jacquet
Durata 01:30:00
Data di uscita Venerdì 21 Marzo 2008
Genere Documentario
Distribuito da LUCKY RED (2008)
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Trama: Una mattina una bambina che si reca solitamente nei boschi vicino a casa sua dopo la scuola, scorge una volpe che la incuriosisce. Appostatasi per studiarla e per averla come amica, tra i due a poco a poco nasce una sorta di rapporto di fiducia che porta la volpe a farsi trovare sempre più spesso e con minor diffidenza. Quando la bimba le salva la vita da un branco di lupi, il rapporto di fiducia con l'animale è totale. Nasce così una incredibile storia di rapporto uomo/animale immersa nella natura.
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Commento: Il cinema francese non è assolutamente nuovo ai docufilm con protagonisti assoluti gli animali e il loro mondo fantastico. Già in passato l'illustre Luc Besson ci regalò le meraviglie del mare (autentica sua passione) con Atlantis, mentre i registi Marie Perennou & Claude Nuridsany ci illustrarono i misteri del giardino e i suoi piccoli abitatori in Microcosmos.
Luc Jacquet stesso, non è nuovo a film di questo tipo, ci aveva già incantato con il racconto (narrato da Fiorello) della dura vita dei pinguini imperatore ne La marcia dei pinguini.
In questo La volpe e la Bambina gli animali non sono gli unici protagonisti del film, infatti anche l'elemento umano è presente sulla scena con la dolce e tenera Bertille Noel Bruneau, davvero brava e ben istruita a stare sulla scena, dai capelli rossi e lentiggini, che andando per i boschi, situati vicino alla sua casa immersa nel verde, incontra una volpe di cui subito si innamora e con cui cerca una dolce amicizia. A poco a poco tra i due esseri tanto diversi si instaura un rapporto di fiducia sempre più profondo, e mentre la bimba trascorre i suoi pomeriggi dopo scuola scoprendo man mano le insidie e le meraviglie del mondo animale, la volpe deve sopravvivere ai suoi predatori naturali e alla caccia dell'uomo. Alla fine ci sarà una importante lezione da trasmettere al proprio futuro.
Paesaggi incantevoli, magica interazione degli animali con la scena ripresi come se recitassero un copione che sanno leggere (qualche volta ci chiediamo veramente come sia possibile che avvenga), è inevitabile che il pensiero di ricongiunzione vada alla Disney (c'è anche la scena della volpe, novello Red dell'omonimo cartone, che guarda da lontano quasi gelosa la bimba che accarezza il suo cane), ma il film vive di vita propria passando attraverso le stagioni, inverno compreso, dove l'allontanamento dei componenti della strana coppia è inevitabile e ad elastico.
Quando scopriamo cha la bimba sconfigge la paura per aiutare la sua amica (questo possiamo dirlo, siamo di fronte a una ladyfox), vediamo che a quel punto i confini tra mondo animale e umano diventano labili, la piccola può vedere la tana e i nascondigli, intervenire nella vita sociale animale senza che la cosa sia un disturbo. Purtroppo quando il passo diventa troppo lungo e si vuole umanizzare eccessivamente il mondo animale, stravolgendone le basi nonostante la fiducia aquisita, la cosa perde il suo parametro e si rischia di passare a qualcosa di diverso e non idoneo.
La lezione del film è fondamentalmente questa soprascritta, senza farci vedere minimamente il mondo umano (tranne la bimba solo il dito di un cacciatore e nel finale brevemente un piccolo e la sua mamma) ma i due habitat dei protagonisti (la camera della bimba e la foresta), Jacquet ci indica la strada per il modo giusto in cui il rispetto e la curiosità per la natura possano vivere senza creare problemi.
Nel film è presente un prefinale che può lasciare straniti, ma necessario per puntualizzare i pericoli a cui si va incontro se mancano, come sentirete raccontato dalla bimba (con la voce di Ambra Angiolini, calda e morbida dall'inflessione pacata assolutamente idonea) i giusti parametri che si diceva sopra.
Non solo volpi nel film, ma anche orsi, lupi e un respiro puro di vita incontaminata perfettamente sottolineato dalle musiche e dai suoni, che completano la fase artistica in maniera perfetta.
In definitiva un film incantevole, genuino e con una piccola protagonista da ammirare per il suo vestito sempre uguale e il suo zainetto a spalla, che ci ricorda Pippi Calzelunghe e il suo amore per gli animali, realizzato con dolcezza e maestria da un perfetto conoscitore dell'argomento che lo rappresenta sullo schermo in maniera perfetta, lasciandoci il ricordo di una natura che ha preso vita di fronte ai nostri occhi con sentimento e non solo documentaristica. Un film di piccoli protagonisti (per età e dimensione) adattissimo a tutte le età.
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Un bacio romantico - My Blueberry Nights
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(My Blueberry Nights)
Un film di Wong Kar-wai. Con Norah Jones, Jude Law, David Strathairn, Natalie Portman, Rachel Weisz. Genere Sentimentale, colore 111 minuti. - Produzione Francia, Cina, Hong Kong 2007. - Distribuzione Bim - [Uscita nelle sale venerdì 28 marzo 2008]
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Trama : Lizzie ha appena troncato la relazione con il suo fidanzato, dopo aver scoperto che la tradiva. In cerca di conforto si reca nella pasticceria di Jeremy, un uomo tenero ed affettuoso. L'incontro tra i due sembra essere utile per entrambi, ma per Lizzie la voglia di scoprire altre storie ed altre persone è troppo forte e per lei comincia un giro itinerante per vari locali facendo la cameriera alla sera, in modo da guadagnare anche i soldi necessari per l'acquisto di una autovettura, che la porta a conoscere diverse anime tormentate, restando però sempre in contatto postale con Jeremy ...
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Commento: Il regista asiatico Wong Kar-wai (autore di pellicole ottime come In the mood for love e 2046) si cimenta con il suo primo film occidentale con attori americani (coprodotto però dalla Francia) dirigendo star del calibro di Jude Law, Natalie Portman e Rachel Weisz. Però nonostante questo trio di tutto rispetto la protagonista è un'esordiente (al cinema) di fama, la cantante Norah Jones, il cui personaggio funge da catalizzatore per gli eventi del film.
Riprendendo le tematiche a lui care del sentimento e della comunicazione contrastata, Kar-wai con il solito stile affascinante ci racconta delle storie diverse e separate, partendo da quella dell'incontro tra Lizzie e Jeremy nella pasticceria, sorta di osservatori del mondo con animo tenero e pacato (a dimostrazione il continuo armeggiare di lui con la telecamera del negozio a volte sfuocata a volte perfettamente regolata) che vedono storie di uomini e donne vivendo direttamente le loro emozioni, vicende disperate come quella della Weisz, ex moglie di un poliziotto che alla sera affoga la sua disperazione per la separazione nell'alcool, interpretato da David Strathairn, attore culto di George Clooney, per poi continuare con il racconto di una accanita giocatrice di poker (Natalie Portman) che gioca la sua vita continuamente sul filo del rischio economico e che ormai non crede più a nulla, neppure al padre in punto di morte.
Il tutto si chiude stupendamente con l'immagine che lo spettatore porterà a simbolo del film, l'inquadratura praticamente perfetta che si scolpisce nella mente per restarci a ricordo di quanto visto.
Privilegiando per la fotografia il caldo del rosso (il colore delle emozioni forti per antonomasia) siamo condotti per mano senza strattoni e in maniera dolce in questo percorso di storie metropolitane di grande impatto, dove la regia si differenzia continuamente, sottolineando i momenti diversi del vedere e del sentire, rallentando, velocizzando e cambiando le prospettive in maniera mai mono strutturata, utilizzando sempre il comparto fotografico alla perfezione per giochi di colore affascinanti. Quando l'intensa Norah Jones (davvero una bella sorpresa, ma anche gli esordienti sotto la direzione degli artisti prendono vigore) vede le vicende delle persone con cui viene a contatto, è come se il filtro dell'uomo che sta dietro la camera da presa sparisse, entrasse in lei e cogliesse gli attimi felici o meno degli altri per farli propri, bandito accettato dai protagonisti in maniera consapevole, in modo che quanto è stato preso possa essere portato a lezione per completare la propria storia. I rumori metropolitani affogano in una stupenda percezione sonora (la original sound track è veramente strepitosa), canzoni del momento portate a ricordo di una emozione da trasmettere.
Rispetto agli altri lavori precedenti del regista la trama è molto più lineare del solito, si svolge e si segue con meno tortuosità di racconto, probabilmente dovendo incontrare il gusto del pubblico occidentale si è fatto un lavoro in questo senso di limatura delle sfaccettature dei percorsi, ma le immagini e i simboli sono uguali e profondamente iconizzanti.
Come quando le parole nella pasticceria diventano la fusione del gelato sulla torta dei mirtilli (dialogo e comunicazione che si integrano), quando viene superato il bancone nella scena finale per simboleggiare il protagonismo ormai raggiunto con l'esperienza da vivere dopo l'osservazione, quando novelle Thelma e Louise si percorre la strada per giungere alla meta (morale e fisica) destinata viaggiando nella natura brulla e arida, quando i conti del passato ritornano in un biglietto a ricordarci che quanto viviamo non è mai veramente morto anche se nella vita odierna non sembra più entrare direttamente, mentre le lettere che spediamo ora ci collegano a quello che può essere il passato, il presente e il futuro, che una porta chiusa ci impedisca di progredire senza che delle chiavi lasciate su un bancone non è detto che possano aprire.
Il ritmo ovviamente non è incalzante, per far cadenzare e penetrare a dovere le emozioni di ciò che vediamo non si può pretendere che un ottica di racconto calma e riflessiva, anche se il grande impatto visivo non ci fa per niente sentire la sua durata.
In definitiva il lavoro di un artista in trasferta che ci dona un grande ritratto emotivo, dall'intenso fascino visivo sempre in evoluzione, che usa i colori caldi e i particolari per emozionarci in maniera splendida e convincente, nel modo che tanti registi più vacui non riescono a raccontare, in un perfetto connubio di musica e di spirito osservativo/introspettivo che non può non affascinare chiunque voglia pensare di vivere al cinema veri sentimenti, con presente una prova d'attori che ha dato volto vero agli animi tormentati di città che brulicano di storie meritevoli di essere conosciute, indipendentemente dalla vita sempre in corsa che facciamo, in un ottica di disincanto mai veramente rassicurativa del racconto ma che ha sempre in se una fiammella di speranza o nuovi orizzonti da perseguire.
Il titolo italiano non ha merito a quello originale, che si riferisce alle torte di mirtilli lasciate intatte dai consumatori ma che comunque sono dense di sapore, gustate di notte insieme per viverne completamente il profumo.
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Tutta La Vita Davanti
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Cast Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini, Micaela Ramazzotti
Regia Paolo Virzì
Sceneggiatura Paolo Virzì, Francesco Bruni
Durata 01:29:00
Data di uscita Venerdì 28 Marzo 2008
Generi Commedia, Drammatico
Distribuito da MEDUSA
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Trama: Un giorno Marta, alla disperata ricerca di un lavoro dopo che il fidanzato si è recato in America, incontra una bambina che chiede di farle da baby sitter. Lei accetta e viene a sapere dalla madre che in un call-center stanno cercando personale. Quando entra in questa realtà lavorativa scopre un mondo di mobbing e di privazione della dignità, misto ad assurdi obblighi di comportamenti che dovrebbero esaltare il morale dei dipendenti . L'incontro con un sindacalista esperto in precariato sembrerebbe portare un po' di serenita, ma ...
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Commento: Paolo Virzì è uno dei classici registi che ha sempre voluto rimanere in un ottica di racconto molto particolare e personale, estroverso e spumeggiante, senza mai lavorare con trame accomodanti oppure sicure per la ricezione platonica del pubblico, sia dai tempi dell'esordio con Ovosodo sia proseguendo la carriera con i film successivi, come My name is Tanino oppure Caterina va in città).
Questo tutta la vita davanti narra la vicenda di Marta (Isabella Ragonese, ha esordito con Crialese in Nuovo Mondo), una ragazza che pur di lavorare accetta di entrare a far parte dello staff di una ditta che cerca di vendere un prodotto dalle dubbie qualità, con il ruolo di telefonista al call center per fissare gli appuntamenti dei venditori con casalinghe costrette ad accettare dopo telefonate raggiranti e ingannevoli.
Il luogo di lavoro è dominato dalla team leader Daniela (una Sabrina Ferilli in forma fisica a dir poco splendida), cinica e spudorata, che costringe le ragazze a delle umiliazioni morali inaccettabili oltre che a comportamenti del tutto assurdi (come il ballo iniziale della giornata per dare loro coraggio e fargli credere di compiere un lavoro strabiliante).
Con il tempo Marta vede le sue certezze svanire, i suoi compagni di università che non si sono laureati e hanno abbandonato gli studi (a differenza di lei che ha preso 110 e lode) avere dei lavori migliori del suo e ben remunerati. Senza cadere in disperazione cerca aiuto e appoggio in Giaggio Conforti (Valerio Mastandrea), sindacalista che si offre di aiutarla per rendere la situazione lavorativa meno opprimente. Ma nel mondo del lavoro pieno di invidia e di disperazione, queste cose non sono assolutamente facili.
Cavalcando l'onda emotiva sociale delle difficoltà di chi ha un lavoro precario, condannando implicitamente il passato governo Berlusconi fautore e creatore del precariato (comunque il lavoro migliore al cinema in questo tema, negli ultimi tempi, rimane il Vangelo secondo precario) Virzì realizza una sorta di pellicola onirica con qualche sogno (le coreografie dei balli immaginati da Marta al mattino) e realtà, dove tutti i comportamenti vengono espansi al culmine, ingrossati ed esponenziati per porli in evidenza. Alcuni personaggi che ruotano attorno alla trama vivono vite estreme votate alla realizzazione del necessario numero delle vendite, come Lucio2 (interpretato da uno schizoide Elio Germano, sempre più convincente), oppure si lasciano cogliere dalla disperazione come la poco responsabile Olga (Micaela Ramazzotti, dal bel corpo che non esita minimamente a mostrare), che nonostante abbia una figlia ha delle priorità e delle convinzioni di coerenza del tutto vanesie.
Abbiamo anche i grandi manager come Claudio (Massimo Ghini) che fa fare danze tribali ai suoi venditori senza preoccuparsi minimamente delle dignità morali perse in altri comportamenti.
Per poter essere godibile dal pubblico ovviamente Virzì ha premuto sull'accelleratore in tutti i momenti che poteva, andando in logiche di ragionamento davvero azzardate (come l'accostamento del programma trash televisivo il Grande fratello, continuamente citato ed adorato dalla protagonista, con i grandi filosofi del passato) e giocando sulla emozione della dolcezza della bimba tenuta come baby sitter e della voce delle povere ingenue donne anziane raggirate via telefono, Il tutto cadenzato dalla voce narrante di Laura Morante, mentre prende man mano corpo la fine delle illusioni e si forma il quadro scenico della giungla urbana della sopravvivenza.
Decisamente il sopra le righe qualche volta diventa anche troppo, si perde l'aderenza e la credibilità con la realtà per vivere veramente la tragedia del precariato (alcuni pianti e alcune reazioni sono fuori logica di misura, anche perchè maturate in un ottica che in fondo perdere quello non è propriamente da suicidio), così facendo si annacqua la denuncia ma si rende il tono piacevole e scorrevole (godibilissimi i siparietti con le cariatidi), di facile cognizione ed assorbimento, potendo unire divertimento nel presentare una storia dai contorni fondamentalmente pesanti e problematici della vita intera.
Dal punto di vista di Marta (bella e brava la Ragonese) tutti diventano dei nemici e delle persone da cui è bene diffidare, si perdono le fiducie, in quanto nessuno è più affidabile, la filosofia di pensiero degli antichi di cui lei è maestra conoscitrice diventa una consapevolezza per affinare il coltello della lotta, calpestando per non essere calpestate, arriviste al punto di dare il proprio corpo (ormai commercializzabile anch'esso) per piccole vendette private oppure per soldi nonostante ci sia una bambina che non vede l'ora di stare con te.
Non ci vengono certo raccontate cose nuove, tutto è già ampiamente stato sviluppato da altri lavori e gli scheletri che si tengono nell'armadio non certo affascinanti nel momento che vengono in pubblico (come quelli patetici della Ferilli, che nonostante le sue scarse abilità di recitazione qui è davvero in linea retta con la parte), ma come si diceva il misto di sogno e di esagerazione tiene viva l'attenzione al di là dei bei corpi e dei vestiti succinti che ogni tanto vengono presentati.
Alla fine la tanto desiderata carriera e le disperazioni si frammistano, si interscambiano, tutto si scolora e si amalgama in una sorta di pasticcio informe in cui si sono buttati troppi ingredienti nella forma di sottotrame, vero difetto del film.
In definitiva una pellicola godibile ma blandamente denunciante nell'ottica di coinvolgiomento emozionale per come si mostra anche se il messaggio è chiaro e diretto, valida per chi vuole avere una prospettiva non solo cognitivo/riflettente dello spinoso problema del precariato ma vuole anche sorridere amaro. Certo, maggiore coraggio, maggiore lucidità e meno frenesia avrebbero dato una pellicola di ben altri risultati e non solo genuini buoni intenti.
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Il cacciatore di Aquiloni
- The kite rider -
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Cast Khalid Abdalla, Homayon Ershadi, Shaun Toub, Saïd Taghmaoui
Regia Marc Forster
Sceneggiatura David Benioff
Durata 02:11:00
Data di uscita Venerdì 28 Marzo 2008
Genere Drammatico
Distribuito da FILMAURO (2008)
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Trama: Kabul, 1978. Due bambini, Amir, ricco figlio di un acceso anticomunista, e Hassan, hanno una innata capacità nel vincere le gare di aquiloni. Ma nella giornata che scandisce una loro grande vittoria, un fatto scabroso finisce per rompere la loro amicizia che sembrava inattaccabile. Vent'anni dopo Amir, emigrato con il padre in America per l'arrivo dei Russi nel 1979, riceve una misteriosa telefonata che gli chiede di tornare al più presto nel suo paese. Egli si reca senza esitare, ma nel paese comandato dai talebani con il pugno di ferro ciò che deve fare è tutt'altro che semplice ...
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Commento: Marc Foster ha diretto due film molto apprezzati e conosciuti come Neverland e Monster's ball, e sta lavorando niente popodimeno che alla regia del prossimo, targato nr.22, episodio di 007, e in questo straziante ritratto di un uomo pervaso dai dubbi e dai sensi di colpa tratto dal libro di Khaled Hosseini, apprezzato best seller internazionale, dimostra tutta la sua bravura e le sue capacità registiche, con suggestive inquadrature dall'alto di una Kabul (e di un Afghanistan) in procinto di subire eventi devastanti come l'invasione sovietica e la presa del potere successiva dei talebani. La trama narra di una amicizia finita male per colpa di atto vigliacco e di una decisione di non intervenire ancora più vigliacca se vogliamo, che per vent'anni sembra stare muta senza intersezioni, riallacciando i suoi fili solo quando sembrava ormai completamente seppellita.
I protagonisti sono due bambini di diversa estrazione sociale, Amir e Hassan, il primo ricco ereditiero, il secondo il figlio del suo fidato servo. Il ritorno a Kabul dell'ormai trentenne Amir, trasferitosi con il padre in America per sfuggire alla repressione sovietica, sarà traumatico e troverà una città irriconoscibile.
Foster non cambia moltissimo del libro (introduce una scena d'azione per dare movimento decisamente poco affascinante rispetto a quello che avviene nel romanzo, e anticipa la figura di colui che farà da motore alla decisione di tornare a Kabul per meglio far comprendere allo spettatore alcune cose), ma mantiene intatto lo spirito che lo permea, quello della disillusione, dei troppi cambiamenti che avvengono (il ricco diventa povero, le sicurezze si sfaldano e le delusioni e le amarezze sono continue) e della incapacità di vivere con i sensi di colpa del passato.
Amir (Khalid Abdalla) vive la sua gioventù in amarezza e in controtendenza dei voleri del padre che ha trovato per entrambi la salvezza in America, si laurea senza nessuna gioia, cerca di scrivere faticosamente un libro tra la diffidenza dei parenti e conoscenti ("devi fare il dottore" gli dicono) e poi quando il libro viene ultimato e stampato, deve andare a riprendere i fili del suo passato. Una ironia del destino che ci insegna che i disegni più grandi sono quelli della solidarietà umana da attuare e non il successo economico da perseguire (la scena dell'orfanatrofio abbandonato a se stesso è a dir poco eccezionale in quanto a iconizzazione della necessità di aiutare), di fatto nella seconda parte del film si abbandonano gli agi e le certezze pur di correre a salvare l'onore sporcato nel tempo addietro.
Immagini dure e pesanti, che ci ricordano sotto quale regime si viveva (presente anche la scena della lapidazione di una donna fedifraga, con la privazione dell'identità del burka da indossare anche durante la sua esecuzione), che impediva ogni tipo di felicità e dimostrazone pubblica di colloquio. All'interno è nascosta una terribile verità sotterranea che uscirà in maniera devastante, dimostrando che la tanto decantata fedeltà ad Allah del regime con imposizione di comportamenti impossibili da seguire, nasconde verità scomode e atrocità indegne.
I contrapposti psicologici tra la prima e la seconda fase (innocenza e maturità) altissimi proprio per sottolinearli, come vediamo l'altalena di situazioni in cui vive la famiglia di Amir che passa dalla ricchezza e visibilità afghana all'appiattimento in quella americana, vivendo di lavoretti, mentre man mano si nota come il padre dia dignità alla propria vita eseguendo comportamenti che affossano sempre di più la dignità del figlio oppresso dal passato (la scena con il soldato russo è a dir poco eccezionale in quanto a emotività).
Preparatevi a una trama piena di sorprese inaspettate, per una delle trasposizioni di romanzo più riuscite degli ultimi tempi, riuscendo grazie a una grande prova di regia e a un integrazione ottimale degli ambienti a farci sentire nella zona dove si svolge ciò che vediamo.
In definitiva un film coinvolgente come pochi, potente, emozionante, che tratta gli inaspettati temi scabrosi (ovviamente per chi non ha letto il libro) in maniera perfetta calibrandosi tra le diverse realtà, tirando fuori tutti gli scheletri dall'armadio quando meno te lo aspetti, visione completa ed appagante per una serata di cinema impegnato che si segue senza nessun problema tanto è ben esplicata. E mentre i bambini ci guardano con i loro occhi privi della dignità della fanciullezza privata troppo presto dalle azioni nefande dei grandi, ci sentiamo tutti più poveri per non aver fatto niente per loro. Sono momenti in cui il cinema ci ricorda che le tragedie e gli incubi degli errori personali non finiscono scappando e trovando una nuova realtà di vita, ma continuano a tormentarci senza tregua finchè non le abbiamo riparate.
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Walk Hard - La storia di Dewey Cox
(Walk Hard: The Dewey Cox Story)
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Un film di Jake Kasdan. Con John C. Reilly, Jenna Fischer, Raymond J. Barry, Margo Martindale, Kristen Wiig, Chip Hormess, Conner Rayburn, Tim Meadows, Chris Parnell, Matt Besser, David Krumholtz, Nat Faxon, Jack Black, Jason Schwartzman, Paul Rudd, Eddie Vedder, Justin Long, Jackson Browne, Lyle Lovett, Jewel. Genere Commedia, colore 96 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Sony Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 28 marzo 2008]
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Trama: Dewey Cox da piccolo ha, per errore durante un gioco, tagliato in due con un machete il fratello. Questa colpa non viene minimamente perdonata dal padre, ma il fantasma del defunto fratello lo incoraggia a compiere una missione musicale, davvero un duro cammino, e di essere così grande per tutti e due : diventare una star del rock and roll. Inaspettatamente e nella sfiducia di tutti Dewey riesce nell'impresa, ma mentre arriva il successo giunge anche una pesante dipendenza da droghe e donne. Riuscirà lo spirito musicale che è in lui a ridargli la forza di ritrovare la dignità perduta ?
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Commento: Judd Apatow sta diventando una specie di folletto geniale nell'elaborare o produrre buone commedie parodistiche decisamente spudorate, così come è stato per Molto Incinta e Superbad. In questo Walk Hard si utilizzano i canoni resi famosi dai fratelli Wayans con la loro serie di Scary Movie, parodiando in questo caso i film a tema musicale, Walk the line in testa, già dal titolo e poi dalla conformazione visiva a cui assistiamo (un cantante con famiglia che diventa fedifrago per trovare l'anima musicale gemella).
La trama è ovviamente un pretesto per presentare canzoni (anche irriverenti) e situazioni parodistiche : Dewey Cox ha un fratello con cui gioca regolarmente, un giorno un tragico incidente lo taglia in due (letteralmente) e lui si trova pieno di sensi di colpa e una missione per espiare, diventare una rock star. Sposata e messa numerosamente in cinta una donna che fa di tutto per scoraggiarlo nella sua attività musicale, riesce a trovare i componenti per formare una band e incredibilmente con il brano Walk Hard scala le vette delle classifiche. Con i soldi arrivano vizi, droghe e dissolutezza, che Dewey fatica a respingere aiutato solo dal fantasma del fratello che lo incoraggia.
La commedia grottesco-biopic diretta da Jake Kasdan (figlio di Lawrence) è decisamente decente, il ritmo è divertente e scanzonato, la presa in giro spumeggiante e senza rallenty nella visione. Certo, in prodotti di questo tipo (che in Italia verrà totalmente ignorato, privo di fascino per lo spettatore nostrano perchè presenta anche cose non propriamente tipiche della commedia trash, come le divertentissime canzoni sexualsound fortunatamente totalmente sottotitolate) sono presenti esagerazioni di ogni tipo (vedrete giraffe in casa, cammelli in giardino e nugoli di figli fatti in serie manco fossimo nella casa del Senso della vita dei Monty Pithon, per finire con corpi divisi in due che parlano) e corpi nudi in serie, cosa che non è necessariamente un difetto (oltre a belle donne discinte anche un primo piano di genitali maschili in bella evidenza), ma di fondo regna una serietà realizzativa nel musicarlo fuori dal comune per il genere, una scelta dei vestiti azzeccata, oltretutto la trama si svolge come un lungo flash-back cadenzata da serissime date che ne cadenzano il tempo di riferimento. Non si ride greve come altre volte, ci si accomoda tranquilli a divertirsi consapevoli della totale presa in giro e della sua leggerezza, ma ci si appaga con gli obbiettivi perfettamente centrati, e il film va benissimo per un pre o dopo pizza disimpegnato senza che dobbiamo totalmente essere a cervello zero.
il protagonista, un divertito e disinvolto John C. Reilly (serissimo attore che ha lavorato anche con Scorsese) è un ingenuo che crede ciecamente nel suo dovere di onorare la musica a tutti i costi, e ci delizia con la sua semplicità umana per provocare ilarità di fronte alle sue risposte sconnesse e le sue giustificazioni assurde (le scenette nei bagni con l'offerta di droghe sempre più pesanti sono spassosissime). E mentre il padre continua a ripetere che è morto il figlio sbagliato, lui incontra i Beatles in una sorta di tempio del pensiero (uno di essi, Paul Mc Cartney, è Jack Black in un cammeo) e domina le folle con una musica definita da un simil esorcista "Del diavolo!", facendo ballare in maniera più o meno ortodossa donne, uomini e bambini.
Come si può leggere non si hanno novità a livello di idea o di trama (prendo una cosa, la esagero e la riempio di grosse contraddizioni magari un po'pepate) davvero potenziali, ma la simpatia di cui è pervaso ce lo fa rendere gradevole, passatempo innocuo ma scaltro neppure dei più beceri, privo di linguaggio coperto di parolacce gratuite.
In definitiva un film semplice, gradevole e simpatico, dalla conformazione già vista, con tutti i pregi e difetti del genere biopic che prende in giro, e con tecniche narrative già ampiamente usate, ma che si distingue per la sua colonna sonora estroversa e orecchiabile. C'è molto di meglio da vedere, ma se la serata è all'insegna del completo sedersi e disimpegno sorriderete senza doverlo fare per forza solo perchè avete pagato il biglietto.
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L'amore secondo Dan
(Dan in Real Life)
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Un film di Peter Hedges. Con Steve Carell, Juliette Binoche, Dane Cook, John Mahoney, Dianne Weist, Emily Blunt, Allison Pill, Brittany Robertson. Genere Commedia, colore 98 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Eagle Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 28 marzo 2008]
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Trama: Dan scrive per una rubrica consigli sentimentali, è vedovo e ha tre belle figlie. Chiuso nella sua solitudine e sconsolato per la morte della moglie, nega alla figlia mezzana il rapporto con un ragazzo e alla maggiore la guida dell'auto, andando d'accordo completamente solo con la minore. Quasi a sollievo delle sue difficoltà a relazionarsi, arriva una riunione familiare con i numerosi fratelli e sorelle dai genitori, in una casa immersa nel verde. Mentre è in un negozio per prendere dei libri, conosce una donna dolce e simpatica di si invaghisce subito. Corso a casa per dire a tutti dell'incontro, trova una brutta sorpresa con cui dovrà fare i conti dividendosi tra onestà e desiderio ...
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Commento: Peter Hedges (regista del film Schegge di April con Katie Holmes ma sopratutto autore del libro da cui è tratto il film Buon compleanno Mr.Grape con DI Caprio) confeziona questa commedia dolceamara, film supercorretto che parla di famiglia da rispettare anche se il prezzo da pagare è quello di rinunciare alla felicità non cogliendo l'amore che ti arriva improvviso.
Daniel (Steve Carrell, reduce dalla costruzione di un'arca nel film Un'impresa da Dio) è un vedovo con tre figlie a carico, deluso dal fatto di non riuscire a trovare una nuova compagna, che durante una gita di qualche giorno per recarsi dai genitori trova l'anima gemella in un negozio di libri, Marie (Juliette Binoche in forma fisica eccezionale) donna dolce e simpatica che sembra accettare la sua corte. Peccato che lei sia già impegnata sentimentalmente, e sopratutto lo sia con il fratello Mitch che gliela presenta guarda caso proprio nel week-end dai genitori.
A quel punto Dan deve decidersi se rispettare la famiglia o cogliere l'attimo rubando la donna che potrebbe essere quella giusta per riempire le sue vuote giornate.
Come si diceva, una commedia supercorretta che viene elaborata nel pieno rispetto delle convenzioni del buonismo, con i genitori che fanno le torte e danno i buoni consigli, le figlie con problemi adolescenziali comuni ma dolci e carine, il protagonista che vigila sulla famiglia e sceglie la donna perfetta (simpatica e con cultura oltre che fisicamente ben disposta), i cognati, le sorelle che fanno giochi di società tipici della grande famiglia patriarcale (il mimo o i giochi in giardino) il tutto avvolto in una magica cornice nel verde della natura che costeggia le spiagge di Rhode Island.
Tutto ampiamente funzionale per incantare un pubblico che vuole perderci la lacrimuccia facile e i buoni sentimenti, godendo di un film che più all'acqua di rose non si può. Carell è interprete perfetto nel dare volto a questo scrittore dalle grandi frasi e dal cuore deluso, incapace di liberare emozioni, ma la trama banalissima non si eleva per nulla, prosegue secondo una prevedibilità che definiremmo ironicamente incantevole, non c'è il minimo accenno ad uscire dai binari se non per un breve momento con l'arrivo del personaggio della bella Ruty (Emily Blunt, apprezzata nel ruolo della segretaria di Il diavolo veste Prada) che almeno con delle mosse sensuali colora brevemente un film opaco di vere emozioni, quando invece dovrebbe esserne pieno visto che parla di amore, affetto per le figlie e coerenze comportamentali. Il finale poi è totalmente prevedibile ma sopratutto corretto fino al parossismo, in modo che non ci sia spazio per il male per nessuno, e sui titoli di coda vorremmo aggiungere la parola banale tra i protagonisti.
in definitiva un film visto e stravisto, dolce e correttissimo, che i protagonisti rendono zuccheroso fino alla diabete (c'è una scena nel bowling dove si consuma il massimo del love me tender) appagando un pubblico di cuori teneri per una facilità di lettura veloce e commovente, ma che deluderà in pieno tutti gli altri spettatori che vorrebbero una commedia più corposa che ci possa far sorridere senza sentire nell'orecchio continuamente la parola deja-vu o la noia da troppo perbenismo.
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Non pensarci
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Non pensarci
Un film di Gianni Zanasi. Con Valerio Mastandrea, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Caterina Murino, Paolo Briguglia, Dino Abbrescia, Teco Celio, Gisella Burinato, Paolo Sassanelli, Luciano Scarpa, Natalino Balasso. Genere Commedia, colore 109 minuti. - Produzione Italia 2007. - Distribuzione 01 Distribution - [Uscita nelle sale venerdì 4 aprile 2008]
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Trama: un chitarrista rock decide di tornare in famiglia dopo quattro anni di assenza, sia perchè il suo disco non decolla e poi per il fatto di aver trovato la fidanzata nelle braccia di un altro uomo. Quando arriva dai suoi parenti a Rimini trova delle sorprese decisamente poco confortanti, con l'azienda di famiglia mal gestita dal fratello e i genitori all'oscuro di tutto, in più la sorella ha abbandonato l'università per dedicarsi ai delfini di un parco dei divertimenti. Inaspettatamente Stefano prende in mano come può le cose cercando di risolvere almeno i parte i guai finanziari, ma le troppe incomprensioni rischiano di rendere inutili i suoi sforzi ...
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Commento: Valerio Mastandrea (al cinema in questi giorni anche con il film di Virzì sul precariato Tutta la vita davanti) è uno degli attori italiani più interessanti del momento, e si cimenta in questo film che parla dei sogni disillusi di un musicista rock, Stefano, passato dal pianoforte alla chitarra, che torna in famiglia per mancanza di possibilità di proseguire il suo sogno musicale e per aver scoperto il tradimento della fidanzata con un altro musicista, avvenuto apparentemente senza nessun vero motivo. Quando torna in famiglia, il quadro complessivo è a dir poco sconfortante, il fratello Alberto (Giuseppe Battiston, prolificissimo attore nostrano interprete anche de La bestia nel cuore con la Mezzogiorno) che sta divorziando è in pieno dell'esaurimento nervoso, la sorella Michela (Anita Caprioli) si dedica ai delfini e interrompe gli studi, il padre infartuato vive giocando a golf mentre la madre si dedica all'ascetismo. A cercare di salvare l'azienda dei nardini, che produce frutta sciroppata, sarà proprio lui, la pecora nera e dimenticata, l'unico che cercherà in ogni modo di salvare il salvabile.
Gianni Zanasi (dal '99 non dirigeva un film) vira l'etichetta di pellicola musicale a cui si potrebbe pensare vedendo il cartellone, e gira il tutto come uno spaccato familiare in crisi dove il figliol prodigo inaspettatamente tornato scopre gli altarini nascosti, tralasciando completamente l'attività musicale come centro dell'attenzione per dedicarsi solo alle complicate vicissitudini del momento familiare. L'intervento di Stefano, che arriva sul tran tran (termine che in famiglia sembrano non conoscere, come dicono nel discorso a tavola tanto le loro vite segrete sono movimentate) di facciata della vita dei Nardini è all'inizio maldestro tanto quanto i suoi (pochi) fan musicali invasati che non prendono il suo collega che si butta nella platea antistante, rompe la zampa a un cagnolino per errore di foga e porta i nipotini a comportamenti un po' fuori dall'ordinario, ma poi la sua irruenza si lima e si stempera e sembra che solo lui possa salvare l'azienda di famiglia dal tracollo, parla con ricchi politici dal viso pulito ma del tutto inutili (Paolo Briguglia) tesi solo a far splendere la casa di opere e musica come i vecchi feudatari (critica velata e nascosta al mondo reale della politica), e sindacalisti che sono interessati a salvare gli stipendi dei dipendenti. In mezzo il padre che non sa nulla è investito come un ciclone dalle velleità di Stefano, e sembra paradossalemente che tutti gli sforzi che compie diano più fastidi che certezze, quasi che si stesse meglio prima quando lui era lontano a Roma e con la sua chitarra cullava sogni irrealizzabili.
Di fatto il fratello esaurito si perde in sogni folli con una improbabile squillo di alto borgo piena di buoni sentimenti (la splendida Caterina Murino, ex bond girl nell'ultimo Casino Royale), e sembra fregarsene di tutto, il padre perde la sua vacua tranquillità, la madre si sente in obbligo di confidare difficili segreti, per la sorella è un guastafeste che la distoglie dai delfini e le dice di dedicarsi anche a qualcosa di meno nobile ma più sicuro economicamente di cui lei proprio non vuole farsi parte, e alla fine in un discorso da bar è presente a un apparentemente futile consiglio ad un aspirante suicida (che si veste sempre come Keanu Reeves in Matrix). Il bello di tutto questo è che a Stefano queste cose erano estranee, lontane, e l'immagine finale come il prefinale, riconducono al fatto che in fondo gli interventi anche se volonterosi in una situazione oramai irrecuperabile sono quasi fastidiosi, per cui meglio affidarsi a braccia aperte a un volo libero senza certezze ma almeno spensierato, privo di pensieri troppo pesanti che provocano soltanto un accumulo di stress, come andrà andrà.
La commedia tragica è scorrevole e piacevole, ha delle iconografie di buon livello (la migliore è quella del contavelocità del bar, dove si sprona a superare i limti) e usa la colonna sonora in maniera adeguata, senza canzoni pedanti o riempitive, e il tutto fa passare quasi due ore di valido intrattenimento decisamente gustoso, senza essere mai volgare o sboccato, senza nudi gratuiti e mostrandoci come a volte la famiglia ormai consolidata abbia eretto un fortino sulle sue vite ormai regolate dai tempi sempre uguali senza bisogno che arrivi qualcuno ad interrompere sogni placidi. Alla fine altro che salvare aziende e il nome di famiglia (di fatto si cita la Toschi, azienda che produce frutta sciroppata) per dignità, ci sono scappatoie più comode senza nessuno che ci dica verità giuste ma scomode ("Michela è lesbica!").
In definitiva una piacevole e amara commedia sui sogni irrealizzati, recitata e realizzata con garbo, con delle morali non fastidiose e messe a casaccio, spuntata inaspettatamente da dove non te l'aspetti, da preferire senza indugio a commedie molto più vacue in programmazione in queste settimane.
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Cast Nicolas Cage, Julianne Moore, Paul Rae, Tory Kittles, Jessica Biel, Peter Falk, Jim Beaver, Sergej Trifunovic, Thomas Kretschmann, Enzo Cilenti
Regia Lee Tamahori
Sceneggiatura Jonathan Hensleigh, Paul Bernbaum, Gary Goldman
Durata 01:36:00
Data di uscita Venerdì 4 Aprile 2008
Generi Azione, Fantascienza, Thriller
Distribuito da MEDUSA (2008)
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Trama: Cris Johnson ha una incredibile capacità: mago illusionista di professione a Las Vegas, riesce a vedere due minuti avanti il suo futuro e tutto quello che lo può riguardare in questo lasso di tempo. Con questo sistema riesce a vincere ai tavoli da gioco e ad eludere le guardie prevedendo le loro mosse. Tutto sembra andare bene fino a quando il governo non si interessa di lui per risolvere un problema di terrorismo internazionale, oltretutto la misteriosa bella ragazza che lui sogna in continuazione prende vita non solo nel suo futuro ma anche nel suo presente ...
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Commento: Come è caduto in basso Lee Tamahori, dopo essere partito benissimo nel 1994 con l'interessante e sanguigno Once Were Warriors - Una Volta Erano Guerrieri, aveva girato un interessante Bond nel 2003 (La morte può attendere), poi si era perso con l'inutile seguito di XXX ed ora fa un nuovo tonfo con questo pessimo Next.
Film, dalla strada al cinema già percorsa, di un uomo che vede nel futuro (Nicolas Cage, qui in versione superlegnosa al suo peggio e oltretutto in alcuni punti uomo multiplo, una tortura per chi lo odia), peccato che possa avere solo due minuti di preveggenza, tranne che per quanto riguarda una misteriosa donna che vede in continuazione, e soltanto per quello che riguarda la sua vita (in pratica non prevede nulla di quello che non lo riguarda). Vive di espedienti insieme a un vecchio compare (un incanutito e patetico Peter Falk) in una rimessa d'auto, anticipando le mosse delle guardie che lo catturerebbero se non sapesse come agiscono, e facendo l'illusionista in un locale di Las Vegas. Un giorno una affascinante detective dell'FBI (Julianne Moore, unico vero motivo di vedere il film la sua sempre incantevole e arcigna presenza) lo studia e decide di usarlo contro una terribile minaccia terroristica, sfruttando la preveggenza.
Decisamente la fretta di farlo (probabilmente il cast, compresa la bella Jessica Biel qui in versione dolce fidanzatina del destino, aveva ben altri lavori in testa e questo lo ha infilato per paghetta) ha nuociuto parecchio a Tamahori, dato che la trama, già di per se piena di insidie come tutte quelle che parlano di paradossi temporali, viene sviluppata come un compitino di prima elementare senza nessuna vera inventiva, piena di cose davvero poco convincenti (una per tutte, perchè davanti a una televisione il suo potere si espande oltre i due minuti, a comando, solo perchè ci sono dei fissa palpebre?), azione farraginosa, inseguimenti davvero privi di emozione e le uniche scene ridondanti (quelle nel cottage in montagna), sono veramente indegne dei soldi spesi per farle. Oltretutto il finale rinnega ogni dettame che il film ha imposto lasciandoci praticamente di stucco, quasi che dopo la noia sia subentrata anche la facile spiegazione degna dei fumetti primi anni novecento di Little Nemo che tutto può accadere nonostante.
Si procede anche con siparietti commedia (quella nel bar stile Tarantino del suo Pulp Fiction) davvero noioso, dove il giochino del vedo due minuti avanti per cui so viene espanso ad elastico. Cage fa le solite facce attonite, qualche corsetta mentre tutto vola e lui fa rewind e forward mentali in continuazione, la Biel si diletta ad essere la brava ragazza che ha il destino dei bimbi a cuore, la Moore sa che è tanto brava che esserci già basta, si cita Kubrick in maniera più o meno velata (oltre che quella evidente di Arancia Meccanica anche il Dottor Stranamore, sia per il discorso della bomba che per delle veloci immagini in televisione) e carne da cannone in mezzo (poliziotti comparsa e cattivi terroristi super tecnologici e dai delitti che lasciano gli scenari del crimine pulitissimi) gioca a buoni e cattivi nelle sparatorie alla camomilla più placide degli ultimi tempi, tanto con Cage uomo multiplo prevedi tutto la vittoria è sicura.
Bonariamente si potrebbe pensare a un divertimento da aprte degli autori, ma dovrebbero pensare anche che il divertimento non dovrebbe essere solo loro, ma pensare anche a noi che gli abbiamo dato fiducia entrando al cinema giocando tempo (per fortuna poco, 96 minuti) e soldi traditi.
A un certo punto tra preveggenze stiracchiate nel calcolo del tempo delle forbice del potere (quanti secondi mancano? quanti minuti?) si perde la bussola, e il regista che capisce il fatto ci propina sempre soluzioni comode cadendo nella noia più totale.
In definitiva un film brutto e noioso, poco coinvolgente, che se avessimo avuto il potere del protagonista avremmo evitato con gioia.
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The Eye
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Cast Jessica Alba, Parker Posey, Alessandro Nivola, Rachel Ticotin, Chloe Moretz, Tamlyn Tomita, Francois Chau, Karen Austin, Obba Babatunde', Rade Serbedzija
Sceneggiatura Sebastian Gutierrez
Durata 01:38:00
Data di uscita Venerdì 4 Aprile 2008
Generi Thriller, Drammatico, Horror
Distribuito da MEDIAFILM
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Trama: Sidney è una ragazza di Los Angeles, rimasta cieca giocando con dei petardi con la sorella, che ha un talento innato per suonare il violino. Un giorno gli viene comunicato che sono disponibili per lei delle cornee per effettuare un trapianto che potrebbe ridargli la vista. Piena di ansia e nel contempo di felicità, si sottopone all'operazione. Ma dopo aver riacquistato il senso perduto, vede apparirgli degli spettri minacciosi che vogliono dirgli qualcosa e nel contempo minacciarla. Sidney a quel punto deve scoprire che cosa hanno di particolare gli occhi ereditati e a chi appartenevano ...
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Commento: Sin da quando nel 2002 vidi "The Eye" dei Fratelli Pang (dopo ne seguirono altri due film, con ancora loro come registi) la domanda che mi feci subito era questa "Ma se è giusto che i fantasmi siano visti dagli occhi maledetti, come mai vengono anche sentiti?", e mi chiedevo se un giorno gli americani avessero fatto la storia nella loro versione USA di un film horror orientale (cosa inevitabile come in altri casi tipo The Ring e Dark Water, ma anche The Grudge) magari davano una spiegazione a questa domanda. Invece come sempre, senza molta fantasia, si è pensato, con un attesa più lunga del solito, a innestare la star woman (qui Jessica Alba, la donna invisibile dei Fantastici 4, là non visibile e che qua non vede) nella oriental story e basta. Cambiano i luoghi (Messico e Los Angeles) ma non il resto, dove non si capisce bene il senso della riproposizione di una serie che sembra ormai già aver esaurito la sua forza anche nel paese d'origine.
La trama riguarda una dolce musicista cieca che suona il violino, a cui vengono innestati degli occhi appartenuti a una misteriosa donna donatrice. Dopo il primo momento di euforia per l'operazione ben riuscita, purtroppo si apre per Sidney un autentico incubo in cui appaiono spettri di ogni tipo a tormentarla. Risalire alle origini della donatrice è l'unico modo di sapere che cosa fare per uscirne.
Rispetto all'originale le variazioni come si vede sono minimali (in fondo solo il fatto buonista che succede nell'incidente finale, che non possiamo rivelare per ovvi motivi di sorpresa per lo spettatore), tanto che le eguaglianze vanno a finire anche in regia con una coppia a dirigere il film (David Moreau e Xavier Palud, che fecero il ben più povero ma molto più interessante Them, qui in vena di soldi facili) e tutto si perde nel nulla del remake di nessuna utilità.
Di fatto le apparizioni spettrali non sono fatte male, ma l'impatto di sorpresa è molto rarefatto, anche la scena dell'ascensore non colpisce tanto quanto come ebbe nel 2002 l'effetto sobbalzo, forse l'ambientazione americano-occidentale per un certo tipo di storie è davvero liquefante delle sorprese, che vedono la loro esatta collocazione per agire appieno sul nostro subconscio solo se ambientate in terra natia (come dimenticare poi Storie di fantasmi cinesi, davvero valido, dove anche lì era presente il suono di un attrezzo musicale, un liuto, dava il via alla vicenda). Anche per chi non ha visto il film da cui è tratto il remake (diremmo anche fotocopia con bella gnocca, tanto per usare un francesismo spero permesso) non c'è davvero molto di cui spaventarsi, le situazioni sono troppo consolidate e non nuove rispetto a sei anni fa per stupire, e nonostante la Alba provi ad impegnarsi è credibile nella fase come cieca solo nel momento che dorme.
I registi hanno inserito degli orientali come attori per interpretare diversi personaggi secondari per dare ambientazione, ma la cosa non aiuta davvero molto. L'effetto finale è comunque gradevole ed è l'unico ridondante di massa del film.
In definitiva un remake/fotocopia del tutto inutile, assolutamente inutile per chi ha visto il film del 2002, che si sviluppa su canoni già visti per impostare il ladrocinio di idee e stili senza profondere il minimo impegno artistico di nuova versione, sperando come sempre che il pubblico dimentichi in fretta e non riconduca per forza. Di fatto questo testimonia solo la scarsità di idee imperante nel cinema horror sopratutto, e non certo un omaggio oppure una riscoperta.
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Gone baby Gone
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Cast Casey Affleck, Michelle Monaghan, Morgan Freeman, Ed Harris, Amy Ryan, Mark Wahlberg, Amy Madigan, John Ashton, Mark Margolis, Matthew Maher
Regia Ben Affleck
Sceneggiatura Ben Affleck
Durata 01:54:00
Data di uscita Venerdì 4 Aprile 2008
Genere Drammatico
Distribuito da WALT DISNEY STUDIOS MOTION PICTURES, ITALIA
Trama: Una bambina di 4 anni, Amanda, viene rapita misteriosamente, le condizioni in cui versa la famiglia non sono agiate per cui non si può pensare ad una richiesta di riscatto, e spunta l'ombra terribile del sospetto che dietro a tutto questo ci sia un pedofilo. Chiamati a fare le indagini per ritrovare la bimba, Patrick e Angela si troveranno di fronte un tragico sottobosco di situazioni difficile da gestire e inaspettato ...
Commento: Ben Affleck (l'interprete del Marvelliano Daredevil, la cui unica valida performance è riconducibile a HollywoodLand, per il quale vinse la coppa Volpi come miglior interprete al festival di Venezia) non è mai stato un grande attore, e negli ultimi tempi dopo la grandiosa interpretazione in L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford la critica internazionale elogiò in una volta sola in maggiore maniera, più di lui in tutta la sua carriera, il fratello Casey, capace di recitare alla pari senza nessuna paura di fronte a un mostro sacro come Brad Pitt. Intelligentemente, dovendo trasporre il romanzo omonimo di Dennis Lehane (in italiano lo trovate come La casa buia), lo stesso che ha scritto Mystic River da cui è tratto il bel film di Clint Eastwood, ha pensato di dedicarsi solo alla regia, reclutando il fratello di belle speranze e due star del calibro di Ed Harris e Morgan Freeman. La trama del film è tragica, e può ricordare da vicino l'episodio di cronaca con protagonista la piccola scomparsa mentre era in vacanza con i genitori, Madeleine McCann, ma, come viene ricordato nel film, non solo, visto che per la pedofilia, oppure per altri motivi, i bimbi scomparsi, sopratutto nelle zone disagiate della città, sono molti e di alcuni non si viene a sapere più nulla.
La piccina scomparsa in questo caso è una biondina di 4 anni, Amanda, con madre che si dedica all'alcool e sniffa droghe. la zia, disperata, recluta due investigatori, Patrick (casey Affleck) e Angela (Michelle Monaghan, vista insieme a Ben Stiller ne Lo spaccacuori), che si buttano nella vicenda con sentimento senza pensare solo al pagamento della prestazione della ricerca. Via via che il pessimismo di non riuscire a trovare viva la piccola pervade la coppia, l'indagine porta alla ribalta numerosi risvolti tragici, inaspettati, che il potere costituito cerca di nascondere in ogni modo.
Ben Affleck dirige il tutto sempre con un occhio particolare per cercare di indirizzare il film riempiendolo di chiaroscuri, in modo da far risaltare la cappa tragica che lo deve pervadere, riprendendo le strade dei sobborghi di Boston come un calderone inadeguato per ospitare l'innocenza e il gioco dei bambini. I personaggi sono tratteggiati benissimo, spacciatori, drogati, papponi, pedofili e prostitute non sono mai dei macchiettistici mini boss di quartiere oppure delle pallide icone poco credibili, ma dei consapevoli uomini e donne che vivono portati dalle loro maleodoranti pulsioni interne che non sanno frenare e dalla voglia di denaro facile per arrichirsi, corrosi da un ambiente che non permette a loro modo di vedere altre possibilità. Lo sporco si respira appieno, e quando i due assi (Freeman e Harris) vengono calati sullo schermo, giunge anche il respiro del potere che dovendo combattere questo humus stratificato di violenza e orrore, si cannibalizza la genuinità e viene contaminato dal marcio, con metodi brutali di azione e stategie tutt'altro che morali. Rimangono puri solo i due detective, la coppia che non accetta compromessi, e il sorriso amaro di Angela è il mostrare la difficoltà degli sforzi di Patrick che sembra ogni volta cozzare contro un muro di gomma, purtroppo non solo contro quello del crimine.
Casey Affleck è bravissimo a fronteggiare senza nessun timore reverenziale le due vecchie star come se fosse un consumato interprete sulle scene da anni, il discorso finale con Freeman ne è un esempio tanto quanto quello sul tetto con Harris. Nel film c'è spazio anche per l'azione (sparatorie notturne, agguati e appostamenti) e per le sorprese (la trama si muove davvero in maniera inaspettata e sorprendente negli scambi di traiettoria), ma non per la facile moratoria, in quanto il finale può venire interpretato in maniera diversa a seconda della propria sensibilità, speranzoso oppure malinconico, lasciando allo spettatore la voglia o meno di chiudere l'arco narrativo con un retrogusto di amarezza senza speranza anche agendo nel giusto, oppure se vederla come una scappatoia impossibile dall'humus tanto deteriorato che però porta con se il seme di un nuovo corso migliore.
In definitiva un gran bel film, figlio della lezione di Mystic River sopratutto nei chiaroscuri di fotografia, ma che si muove in maniera del tutto personale, coinvolgendo, emozionando, riempiendo le iconografie sporche dei personaggi in maniera perfetta, senza mai perdersi in paludosi discorsi di facile moratoria, che merita ogni attenzione nel seguirlo, premiando un attore che ha voluto migliorarsi in altro ruolo, e mettendo alla luce le capacità di chi di fronte all'arte consolidata del palcoscenico assorbe le lezioni e si misura senza temere.
Nelle sale italiane purtroppo rimarrà ben poco e con scarsa penetrazione, la fretta imposta di vederlo verrà premiata con la soddisfazione di uscire magari storditi per l'incredulità ma anche pregni di emozioni.
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Amore bugie & calcetto
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Cast Claudio Bisio, Angela Finocchiaro, Claudia Pandolfi, Filippo Nigro, Giuseppe Battiston, Chiara Mastalli, Pietro Sermonti, Max Mazzotta
Regia Luca Lucini
Sceneggiatura Fabio Bonifacci
Durata 01:55:00
Data di uscita Venerdì 4 Aprile 2008
Genere Commedia
Distribuito da WARNER BROS. PICTURES ITALIA (2008)
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Trama: Per un gruppo di sette amici legati tra loro per diversi motivi (parentela, amicizia o lavoro) il calcetto amatoriale a 5 è l'unico modo per scaricare le ansie e le tensioni della settimana. Quando al più anziano di loro viene diagnosticato di non poter più doparsi, in quanto a rischio infarto, per aumentare le prestazioni sessuali e quelle sportive, la squadra sembra cadere nello sconforto e pare non poter più arrivare al traguardo di vincere il campionato per giocare una partita con vecchie glorie del calcio come premio. Ma i pensieri sono anche ben altri, perchè la vita sembra voler riservare a tutti dure prove diverse da quelle della legge del fare goal ...
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Commento: Luca Lucini (dopo aver diretto il prenditutto teen 3 mt sopra il cielo e L'uomo perfetto, ambedue con Scamarcio protagonista) migliora le proprie prestazioni con una commedia a sfondo pallonaro amatoriale sceneggiata da Fabio Bonifacci. Di fatto questo Amore bugie & calcetto,l'abc della vita moderna, (parafrasando il titolo di Sesso,bugie e videotape del 1989) racconta di 7 amici che vivono delle vite contrastate, chi, come Piero (Andrea de Rosa, interprete brizziano di Notte prima degli esami) si ritrova con la fidanzata in cinta di un figlio non suo ma di Adam, il portiere della squadra, altri come Lele (Filippo Nigro) è in profonda crisi con la moglie (Claudia Pandolfi) per la difficile gestione dei due figli e per la mancanza di sesso, oppure come Vittorio (Bisio) che deve fronteggiare la calata di un gruppo di francesi (fortuita coincidenza del ricordo della vicenda Alitalia di questi tempi) che vorrebbe acquistare la sua azienda di macchinette per il caffè (che sponsorizza la squadra di calcetto) a prezzo di saldo. Tra l'altro Vittorio è un sessuomane indisciplinato che si dopa per giocare, divorziato (l'ex moglie è la Finocchiaro), prende viagra per stare con una ragazza di 30 anni più giovane di lui, per cui i problemi dell'azienda e del calcetto passano in secondo piano dato che rischia un infarto. Il calcetto è l’unica valvola di sfogo per tutti, che si ritrovano sul campo da gioco per scaricare la tensione e per poter ritrovarsi assieme a gioire nonostante tutti i problemi incrociati e paralleli che hanno.
Una commedia dolce amara che Lucini dirige con mano felice, raggranellando sullo sfondo del campo da gioco pulsioni e tensioni della vita moderna disparate, utilizzando la voce narrante del Mina (il giornalistico Battiston, al cinema in questi giorni accanto a Mastandrea in Non pensarci) durante le partite, per raccontare gli effetti di quanto succede fuori che diminuiscono o aumentano le prestazioni, molto più del doping che uno di essi utilizza. Sette uomini che corrono dietro a un pallone per cercare una risposta nella vita, una panacea di soluzione dei problemi valida alla fine solo sperare di dimenticare almeno per un breve periodo.
Le vicende comunque sono mostrate ottimamente, Bisio è bravo a fare il cinquantenne che non ha morale, a catalizzare l’attenzione, e vista la grande rosa di problemi mostrati (il divorzio, la paternità non voluta, la famiglia) si poteva cadere nel facile, il patetico o il consolatorio vacuo. Invece senza calare di ritmo si alternano bene (buono il lavoro di struttura in questo senso) le partite alle vicende, non si danno risposte universali ma giuste speranze, come si fa tra compagni di squadra che si danno coraggio nei momenti difficili. La Pandolfi fa davvero un bel personaggio, quello della mamma in crisi di identità, che mette controvoglia vestiti sadomaso che la stringono in una sorta di privazione della spontaneità (“accidenti a questi lacci!“) e cerca in tutti i modi di riprendere il rapporto con il marito senza mai voler affondare come hanno fatto gli altri uomini o donne sposati del film, mentre la Finocchiaro è godibilissima nelle sue espressioni sarcastiche e nelle sue parole taglienti al poco serio ex marito Bisio. In pratica non si sorride per divertimento, ma è piacevole vedere le situazioni paradossali di questi calciatori in preda a una crisi di nervi che sembrano ingarbugliarsi sempre più, in una commedia agrodolce che non si perde in parolacce, in nudi gratuiti e in situazioni placebo abusate per portare a termine il compitino da svolgere, divertendo ma al contempo facendoci pensare in un ottica credibile, possibile e aderente alla realtà. Chi dopotutto non va a calcetto (come a tennis o pallacanestro) per cercare di giocare un campionato diverso da quello della vita, dove si possono avere nuove chances di vittoria che possono dare un impulso dove serve veramente e dove non si può e non si deve perdere.
Lucidamente il mondo di questi uomini è il nostro possibile mondo, gonfiato magari perché siamo al cinema e dobbiamo anche aggiungere elementi che magari non sono poi tantio consueti nella vita, buona o cattiva di tutti i giorni, ma il film è pieno di belle frasi (“Dov’è la crisi? Cerchi un posto per le vacanze ed è tutto pieno!”) al vetriolo che vogliono anche essere le nostre chiacchiere dopo partitella o del bar dove discutiamo, facendoci sentire il film gustosamente nostro e non solo monotonamente nostro delle cose della routine, perché si sa che la vita di tutti i giorni raccontata come è sarebbe l’inutile visione di immagini che non sono interessanti da rivedere.
E ha ragione il Mina quando si appare magari brevemente nella dura partita della vita, dando il colpo duro, decisivo che cambia il risultato dell’esistenza facendoci sentire grandi anche se per poco.
Corriamo, corriamo, per tutto il giorno dietro alle cose da fare, l’importante è che alla fine degli sforzi abbiamo i risultati che cercavamo, superando i problemi e i dispiaceri alternandoli e dolcificandoli con le gioie, come i bicchieri dei due coniugi alla fine riuniti dicono che una squadra coesa è talmente forte da raggiungere ogni obbiettivo, e quando si sfalda e si perde la fiducia tanto vale arrendersi.
In definitiva un film a base pallonara che sfocia intelligentemente nel sociale, raccontandoci i problemi di un nucleo di persone più o meno qualunque tutti diversi, buon ritratto della vita moderna che non si ferma mai piena di logorii.
Si sorride ma sopratutto si riflette, senza patetici incontri di immagini vacue per lo spettatore, dote non comune del cinema italiano di questi tempi, che sa raccontare decentemente una storia, finalmente senza doverci mettere per forza inutili iperbole di situazioni.
Partecipano in cammei diverse vecchie glorie del calcio italiano, come Schillaci e Tacconi.
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