L'ISTAT non misura mica solo l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai, contadini e analfabeti. Amico, te lo dico con spassionata curiosità: sei rimasto indietro. Tanto per farti un'idea, guarda qua.
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L'ISTAT non misura mica solo l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai, contadini e analfabeti. Amico, te lo dico con spassionata curiosità: sei rimasto indietro. Tanto per farti un'idea, guarda qua.
penso che la domanda sia mal posta... nel senso che ormai, per come sono fatti i sistemi attuali, la privacy è praticamente inesistente, almeno verso i soggetti commerciali tipo Google, Amazon ecc.
poi è chiaro che se uno non mette le proprie foto su qualche piattaforma tipo FB, almeno si salva, nel senso che la sua immagine non si disperde/diffonde in giro
Il cofondatore di Wikipedia: ‘Così ho cacciato Google, Facebook e Microsoft dalla mia vita’
Massimiliano Di Marco 31/3/2019 4:00:34 AM 18368
È possibile evitare di dare tantissimi dati personali a grandi aziende tecnologiche come Google, Microsoft o Facebook? Partendo da questo quesito il cofondatore di Wikipedia, Larry Sanger, ha deciso di portare avanti una “crociata” personale: “cacciare” dalla sua vita i giganti tecnologici, concentrandosi sulla privacy.
La maggior parte dei servizi di questi giganti della tecnologia condivide alcuni tratti comuni: sono di facile fruizione, sono gratuiti e sono incredibilmente popolari; gli utenti sono portati a usarli perché tanti altri li usano (magari colleghi di lavoro oppure amici e familiari), pur preferendo alternative che sposano la privacy o che, magari, garantiscono prestazioni migliori.
Per Sanger, la decisione di migliorare la propria vita digitale è passata soprattutto da due binari: i troppi dati personali concessi ai vari Google, Microsoft e Facebook e il loro passaggio da “mera moderazione per un oggettivo comportamento abusivo e la chiusura (ovvia) delle organizzazioni terroristiche, a iniziare a destreggiarsi con le censure di conservatori e liberali”.
Veniamo al dunque, allora: quali sono le alternative per una vita digitale che escluda i principali servizi? E che, più importante, garantiscono le stesse funzioni senza compromessi?
Eliminare Chrome e passare a Firefox (o Brave)
Cambiare browser è un’operazione semplice, ma rappresenta uno dei passaggi essenziali per iniziare a cambiare abitudini digitali. Così Sanger suggerisce di smettere di usare Chrome e invece sfruttare browser alternativi, ma estremamente validi come Firefox – la proposta di Mozilla – oppure Brave. Quest’ultimo è meno noto, ma è stato creato proprio da uno dei creatori di Firefox, Brendan Eich: blocca automaticamente ogni tracciante e i cookie di terze parti e cripta la connessione dell’utente.
Le ricerche online? Meglio usare DuckDuckGo
In questo caso si tratta di un compromesso: la quantità di dati che Google raccoglie gli garantisce un vantaggio rispetto ai concorrenti. Per salvaguardare la privacy, però, passare a un altro motore di ricerca è un ulteriore passaggio cruciale perché dalle nostre ricerche online possono essere raccolti tantissimi dati su come viviamo, cosa compriamo e cosa desideriamo.
Un motore di ricerca ideale è DuckDuckGo. Pur con un nome curioso, si tratta di una proposta valida che, pur non raccogliendo dati dell’utente, è molto migliorata negli anni e offre un’esperienza molto buona. Se proprio non riuscite a fare a meno di Chrome, sappiate che DuckDuckGo può essere aggiunto come motore di ricerca predefinito.
Mai più iscrizioni fatte con gli account social
Un altro problema della vita digitale riguarda la “persecuzione” dei traccianti dei social, in particolare di Facebook, che seguono l’utente anche quando non è concretamente sulle pagine della piattaforma. “Uno dei modi con il quale Facebook, LinkedIn e gli altri si insinuano nelle nostre vite digitali è offrendoci un modo facile di accedere ad altri siti” sottolinea Sanger. “Ma ciò rende più facile a loro tracciarci ovunque”.
Primo passaggio: creazione di nuovi account esterni ai social network usando e-mail e password; basta iscrizione con l’account di Facebook o di Twitter.
Secondo passaggio: installare un gestore delle password (come KeePass, gratuito) per creare un personale archivio. Così è possibile creare una password diversa per ciascun sito, ma senza l’onere di doverle ricordare tutte o di doverle salvare in chiaro in qualche nota: sono depositate in un archivio a sua volta protetto da una password.
Stop a Gmail, ma non sarà facile
Anche Sanger ha dovuto riconoscere che una delle operazioni di “pulizia digitale” che ha operato è stata particolarmente ostica: smettere di usare Gmail. In primis, perché ciò significa chiudere la casella di posta elettronica e quindi cambiare l’indirizzo email al quale può essere contattato. “Lo volevo fare da un po’, ma la quantità di ore che servono (e che ci sono volute) per fare i cambiamenti necessari è stata spaventosa” racconta il co-fondatore di Wikipedia.
Esistono vari servizi che permettono di creare una email acquistando un dominio, a prezzi bassi (al massimo 6-7 dollari al mese), come BlueHost Plys, Zoho, InMotion Hosting e Rackspace Email. Questa operazione, però, può diventare tecnica perché implica maneggiare con servizi di hosting e DNS. Come per browser e motore di ricerca, però, è una delle più essenziali per uscire dal vortice delle grandi aziende di tecnologia.
Passare a Linux
Questo è probabilmente il consiglio di Sanger più difficile da attuare. Non tanto perché usare Linux come sistema operativo sia difficile di per sé, ma per le implicazioni nelle abitudini quotidiane (specialmente professionali) dell’uso di Windows o macOS. “Linux – spiega Sanger – è generalmente più sicuro, dà all’utente più controllo e, cosa più importante, non ha dietro di sé una gigantesca corporazione multinazionale che vuole prendere e vendere le tue informazioni”.
Sanger consiglia Ubuntu, la distribuzione basata su Linux di Canonical e una delle più diffuse. In questo caso, però, bisogna tenere da conto che Linux non supporta i programmi di Adobe (come Photoshop e Premiere Pro), il che potrebbe essere un limite per molti professionisti perché le alternative libere (come Gimp) non riescono a tenere il passo, almeno per chi ne fa un uso professionale. La soluzione, in quest’ultimo caso di assoluta necessità, è l’uso di un ambiente virtuale dove installare Windows e i programmi mancanti su Linux.
Niente più archiviazione sul cloud
L’abitudine ad archiviare tutto su cloud (foto di compleanni, documenti di lavoro, fogli di calcolo con le spese mensili) è ormai talmente radicata che spesso viene dimenticato che si tratta, in soldoni, di inviare i propri file a un computer di un’azienda, che li archivia e ci permette di accedervi da remoto tramite una connessione cellulare o Wi-Fi. “Potreste non realizzare cosa è possibile fare oggi senza il cloud” dice Sanger. Un’opzione è Resilio Sync, che permette di trasferire file su reti crittografate.
I più esperti, invece, potrebbero pensare di passare a un sistema NAS, una sorta di server privato dove archiviare i propri file e al quale accedere da ovunque ci si trovi. Un personalissimo spazio di archiviazione cloud, ma senza nessun intermediario.
Via dai social media. O almeno provarci
L’invasione dei social network nelle vite di tutti i giorni è ovvia e la soluzione per cacciarli è altrettanto scontata: chiudere gli account. Persino Sanger, però, ha dovuto riconoscere che “sono troppo importanti per la mia carriera” e così è passato a un approccio meno drastico, tentando di “creare un set di regole da seguire per me stesso – così che non venga risucchiato”.
Per esempio iniziare a fruire dei vari contenuti online direttamente da chi li crea e non per mezzo dei social network. “Sarai probabilmente più informato se smetti di usare i social media per restare aggiornato con le notizie” secondo Sanger. Le email possono rappresentare il mezzo per portare avanti conversazioni migliori e più approfondite rispetto alle discussioni, spesso frenetiche e confusionarie, su Facebook e Twitter; le fotografie possono essere condivise attraverso sistemi di messaggistica privata (come Telegram) così che gli amici possano vederli. Sanger “salva” Twitter, ma con il compromesso di usarlo unicamente per condividere il frutto del suo lavoro e di quello dei suoi colleghi; basta aggiornamenti privati, “mi piace” e retweet di altri post.
Se usi un iPhone, lascia stare iCloud
Il sistema operativo iOS ha meno problemi di privacy e raccolta dati rispetto ad Android, ma ciò non significa che gli utenti iPhone non possano migliorare la situazione. Per esempio, secondo Sanger, smettendo di caricare i propri file su iCloud, lo spazio di archiviazione cloud di Apple. Per sincronizzare contatti, calendari e gli altri file, si può usare la sincronizzazione Wi-Fi conn iTunes.
https://it.businessinsider.com/il-co...alla-mia-vita/
Devo dire che alcune cose le ho sempre fatte, tipo non accedere ai siti tramite i social e non usare mai il cloud... cambiare gmail mi atterrisce invece.