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Underdog - Storia Di Un Vero Supereroe
(Underdog)
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Cast : Peter Dinklage, James Belushi, Patrick Warburton, Alex Neuberger, Taylor Momsen, John Slattery
Sceneggiatura : Adam Rifkin
regia : Frederik Du Chau
Durata 01:24:00
Data di uscita Venerdì 16 Maggio 2008
Generi Family, Fantasy
Distribuito da WALT DISNEY STUDIOS MOTION PICTURES, ITALIA (2008)
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Trama: Il cane poliziotto Shoeshine, di razza beagle, è davvero una frana completa nel suo mestiere. Cacciato con disonore dal corpo di vigilanza canino, viene rapito da un nano scienziato pazzo e dal suo assistente di poco cervello. Diventato una cavia per esperimenti, un incidente con delle sostanze chimiche lo trasforma in un supercane. Dopo la fuga dal laboratorio incontra un ragazzo con cui fa amicizia e che gli confeziona un mantello e un costume. Da qui parte la sua avventura per conquistare il cuore di una cagnetta e fermare i progetti folli di chi l'ha trasformato. "E'un uccello? E'un aereo?" ... "No, è Underdog!"
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Commento: Underdog in slang significa più o meno "Sicuramente sconfitti" (non stupitevi della poca attinenza con il letterale, dopotutto l'hot dog non è un cane bollente con carne canina, citazione dal film) come ci racconta Jack, il giovane amico dello stupefacente cane parlante protagonista di questa divertente pellicola per ragazzi (battuta migliore:"Sei tutto bau bau e distintivo"). Underdog è una serie animata di oltre quaranta anni fa (correva l'anno 1964) che Hanna e Barbera misero in onda per il piccolo schermo (in Italia divenne Ughetto, cane perfetto). Si narravano le gesta di un beagle che prese i superpoteri per colpa (merito?) degli esperimenti di uno scienziato pazzo di nome Barsinister (l'attore nano Peter Dinklage, davvero bravo, noto per Nip/Tuck) e del suo tonto e grosso assistente. Nel film si narrano le origini di Underdog (il cui vero nome è Shoeshine, lustrascarpe), partendo dalla caotica fuga dal laboratorio in cui è finito, proseguendo con l'incontro con il suo amorevole padrone Jack che lo agghinderà per fare il supereroe (davvero divertente la carrellata dei costumi, fino ad arrivare al cane vampiro) e con il padre del ragazzo (James Belushi, che per il suo passato filmico è a suo agio da sempre con i cani, ricordiamo la serie Poliziotto a 4 zampe).
Underdog come un novello Superman (eroe pluricitato, anche per una scena nello spazio "Houston, abbiamo un ... beagle!") si crea uno slogan ("Niente paura, Underdog vi rassicura!"), ha un mantello, un costume, una "U" sul petto al posto della "S", si cambia in una cabina del telefono (ce ne sono ancora ai giorni d'oggi?) ma contrariamente all'uomo d'acciaio mentre è in azione recita le frasi in rima baciata.
Davvero divertente questo film per bambini che può piacere placidamente anche gli adulti (non i ragazzi, troppo tenero e troppo legato a una filosofia rigidamente Disney), prodotto dalla casa di Topolino che si diverte a citare ampiamente se stessa e i suoi capolavori. Partendo dalla Carica dei 101 con l'incontro a 4 nel parco (con la dolce cagnetta che si chiama Polly) e continuando con Lilli e il vagabondo citando la scena della polpetta negli spaghetti, il ristorante Tony e la città vista come un nido d'amore notturno, finendo con Oliver and company per via dei cani che ubbidiscono a Simon.
Il regista Frederik Du Chau (autore di vari lavori di animazione classica e di Striscia, una zebra alla riscossa) rimane fedelissimo alla filosofia dove in fondo anche il cattivo è un personaggio da amare (e dal lato attoriale anche il meglio caratterizzato, almeno per il settore umano) con la sua indole doverosamente grottesca e l'assistente pasticcione e sempliciotto (ricordavano anche i due goffi rapitori dei dalmata), ma rende il film (aiutato anche da degli effetto speciali davvero validi, i cani parlano con una naturalezza eccellente) gradevolissimo, scorrevole, senza mettere altro che quello che deve, azione, umorismo e un pizzico di romanticismo (anche teen ager con la storia tra Jack e Molly, la padrona della cagnetta di cui Underdog si innamora), perfetto mix nel quale i bimbi si riconoscono, divertono e i grandi accompagnatori o meno, che non guardano l'orologio attendendo al fine o prendono patetiche scuse per lasciare soli moglie e figli uscendo dalla sala.
Nell'originale la voce di Underdog è quella di Jason Lee, la voce italiana è di Pasquale Anselmo (doppiatore di Nicolas Cage) quella di Polly è di Amy Adams, di Selvaggia Quattrini la versione italica.
Da notare la scena finale davvero vertiginosa con quella corsa concentrica, i voli attraverso Capitol City (questa la città dove si svolge l'azione) ben fatti ed esilaranti come quando l'eroe canino si veste per errore da pesce (Unpescecane!").
In definitiva un bel film non animato per bambini ma anche la famiglia (escludendo i ragazzi più grandi come detto sopra), innocente ma non stupido, colorato, divertente e con delle belle battute che ne rafforzano la fantasia, legato ai classici del passato che omaggia con intelligenza, che propone personaggi tipo senza per questo scadere nella noia di un prodotto che vuol essere solo sicuro ma non sufficentemente coinvolgente. Krypto, il cane di Superman, sarebbe fiero di questo perdente in partenza solo nel nome.
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Certamente, forse
(Definitely, Maybe)
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Un film di Adam Brooks. Con Ryan Reynolds, Isla Fisher, Rachel Weisz, Derek Luke, Elizabeth Banks, Abigail Breslin. Genere Commedia, colore 112 minuti. - Produzione USA, Gran Bretagna, Francia 2008. - Distribuzione Universal Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 16 maggio 2008]
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Trama: Will si ritrova in procinto di divorziare, e una sera sollecitato dalla figlia Maya si mette a raccontare (inventando i nomi ma non le situazioni) di come lui e la moglie, mamma della piccola, si sono innamorati. New York, 1992, Will, dopo aver salutato la compagna Emily rimasta in provincia, era impegnato nella campagna per l'elezione di Bill Clinton a presidente. Lì incontra varie donne di cui rimane stregato in vari modi : mentre il filo del racconto procede sapremo chi di queste è veramente la mamma di Maya. Purtroppo aprire certi ricordi può anche essere doloroso ...
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Commento: Ryan Reynolds (Smokin'Aces) è il dolce Will, un uomo sull'orlo del divorzio con una figlia che gli vuole un grande bene (Abigail Breslin, la stessa bimba che recita con Jodie Foster in Alla ricerca dell'isola di Nim). Durante uno dei week end nei quali è il suo turno di tenere Maya, la piccola insiste perchè lui gli racconti dall'inizio come veramente ha incontrato la mamma, come si è innamorato di lei e perchè ora vogliono separarsi tutti e due. Riluttante all'inizio, Will diventa un fiume in piena e le dice ogni cosa per liberarsi del peso, rivelandogli solo alla fine chi delle tre donne del racconto è quella con cui si è sposato. I nomi sono alterati per non togliere la sorpresa, le situazioni esposte vere.
Film commedia dall'impianto narrativo leggermente diverso dal solito, costituito da corposi flash-back e con l'amore già avvenuto ma da individuare, si avvale di un ottimo cast presentando anche la bella e brava Rachel Weisz (attrice che ha iniziato a lavorare ne La mummia ma ha fatto anche dei film di maggior impegno come La cospirazione) e Kevin Kline (In & Out) che qui fa una parte di contorno, l'amante maturo e barbuto della estroversa Summer (la Weisz).
Il regista Adam brooks, autore nel 2001 di un film con Cameron Diaz dal titolo Verità apparente, vuole raccontarci oltre che degli amori contrastati di Will anche di un periodo politico ben preciso, di Sexy-gate e di come il proprio lavoro possa condizionare la vita, le scelte e anche ingannarci per lungo tempo.
Will nel 1992 lavora per la campagna elettorale di Bill Clinton (presente con un cammeo durante il jogging mattutino) partendo dai compiti più ingrati come portare il caffè o la carta igienica. Lui ha lasciato la fidanzata Emily (Elisabeth Banks) per un sogno nel quale crede ciecamente, poter contribuire al successo dell'uomo a cui dà ogni fiducia e speranza per il futuro, e in fondo questo futuro Clinton glielo costruisce inavvertitamente perchè Will lavorando per lui incontra la spumeggiante April (Isla Fisher) che gli fa vedere la vita secondo prospettive nuove. Poi lavorando per altri man mano che passano gli anni (e il racconto) si accorge che il presidente per cui ha fatto tanto nell'oscurità tradisce gli ideali di famiglia con la vicenda Lewinsky, si sporca e corrode in vicende davvero squallide per un uomo di tale importanza nel mondo. Il tutto immerso nella New York che corre senza nessuno spiraglio di poter rallentare, tipo di vita lontano per lui che arriva dal Winsconsin. Ma la vicenda politica, pur se ampiamente centralizzata dal racconto, è solo uno sfondo per le storie d'amore, per i sentimenti turbinanti e le sensazioni che tre donne completamente diverse forniscono. Tre donne le quali ognuna ha un profumo diverso che Will cerca di assaporare al massimo, traendo da ognuna qualcosa senza mai scegliere definitivamente. Alla fine sappiamo che una ne trova, dato che è nata la figlia, il problema è quanto possa stare con lei rinunciando alle altre due che lo attirano come sirene incessantemente.
Una commedia correttissima, senza nessuna vera spudoratezza, dai sentimenti marcati e dalle intenzioni davvero pure per conclamare l'amore vero (guarda caso impreziosito dal fatto che la cultura dei libri con uno stratagemma poco fantasioso, fa da tramite). Potrebbe far felice sicuramente un pubblico di signore in vena di sentimenti zuccherosi, non c'è un personaggio che a modo suo non sia romantico, le situazioni sono studiate a tavolino per sublimare suoni di violini al momento esatto (a questo proposito le musiche hanno degli ingressi davvero al cronometro) ma alla fine il troppo stroppia. Si gira intorno incessantemente a Clinton e i suoi disastri amorosi ("senza essere puro non vai da nessuna parte" ci dice il film) senza entrare in un vero contesto minimamente politico di approfondimento, Abigail Breslin fa la saccente quanto mai antipatica (a dieci anni e una fresca lezione di sessuologia a scuola ne sa più lei dei rapporti di coppia di un analista), una presenza della beby attrice contenuta nel minutaggio ma pedante, insopportabile a volte, e il finale è pacchiano, privo di logica vera e lascia straniti anzichè ammirati dalla sua inconsistenza.
Il messaggio è chiaro, qualunque donna scegli, anche quella sbagliata, se ti ha dato un figlio ha meritato di essere incontrata, perchè è tramite la prole che dai senso alla vita, peccato che per dircelo si vada incontro a delle situazioni noiose, ripetitive e poco divertenti (i duetti tira/molla con April non sanno di nulla).
Il reparto tecnico non si segnala di pregi, Reynolds tira alla lunga il fatto che è un bravo ragazzo altruista che prova tutte le donne che lo affascinano per non deluderle, e alla fine la correttezza che inizialmente era un pregio diventa una zavorra della quale il film non si libera.
In definitiva una commedia semideludente che poteva andare ben oltre che dei buoni sentimenti edulcorati, impantanatasi nel mezzo del racconto per la troppa voglia di seguire altro che non siano le direttive del rapporto uomo/donna e non saper minimamente bilanciare la cosa. Chi vuole emozioni di facile presa senza avere la minima pretesa si accomodi, gli altri lascino pure stare questo flash-back che parla del mondo femminile in maniera scialba.
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Ultimi della classe
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Un film di Luca Biglione. Con Andrea De Rosa, Giulia Elettra Gorietti, Marco Iannone, Clizia Fornasier, Sara Tommasi, Nathalie Rapti Gomez, Marco Messeri, Ludovico Fremont, Valentino Campitelli, Marco Battelli, Azzurra Mastrangelo, Giovanni Garofalo. Genere Commedia, colore 90 minuti. - Produzione Italia 2008. - Distribuzione 01 Distribution - [Uscita nelle sale venerdì 16 maggio 2008]
Trama: Michele è uno studente che di studiare proprio non ne ha voglia. Presosi una cotta per Federica, ragazza cool del gruppo ma che non lo nota minimamente, a una festa nella quale pensava di fare colpo rimedia una magra paurosa d'immagine. Michele si rifugia nel suo blog "Gli ultimi della classe" dove si descrive come un ragazzo pieno di successo e di grande fascino. Ma le cose vanno ancora peggio, a scuola rischia una nuova bocciatura e allora i genitori gli affiancano una insegnante di sostegno per lezioni private. Il ragazzo viene a sapere che nel passato la sua prof è stata la sexy ragazza di un calendario di nome "Miss Standing ovation" e per far girare la fortuna architetta un piano davvero singolare, studio in cambio di ...
Commento: C'era una volta l'avvenente Edwige Fenech che riempiva le sale cinematografiche con le dottoresse e le professoresse sexy licenziose, personaggi sempre uguali ma che avevano un suo fascino tutto particolare in quanto comunque il pubblico poteva cercare momenti di divertente (anche se greve) ilarità mista a quel pizzico di peccaminoso che i mezzi tecnologici del tempo non potevano concedere, se una persona voleva vedere della bella carne femminile in visione senza cadere nello squallore masturbatorio dei cine-x cercava il v.m.14 della simpatica attrice e colleghe (ora l'intelligente Edwige si è trasformata in una sapiente produttrice). Oggi con l'avvento di internet e dell'home video più disparato prodotti simili non esistono più, e sono stati sostituiti da film come questo Ultimi della classe (brutto come gli altri del filone Notte prima degli esami, cioè tanto, e bello alla stessa maniera, cioè poco) che ha una insegnante insipida come poche in una bellezza del tutto anonima come quella di Sara Tommasi, manco capace di esibirsi a dovere e mostrarsi almeno il possibile, non diciamo in un nude look integrale, ma sopratutto che di "Standing Ovation" (ogni riferimento/ammiccamento alle parti basse maschili è del tutto voluto), nome d'arte di quando prima di prof era ragazza calendario, non ha nulla.
Almeno c'è in questa ripresa davvero poco onorevole uan cosa onesta, nascosto nella camera di Stiff, (ma che nomi assurdi gli danno, Moccia ha indirettamente colpito ancora), il compagno super rimorchiatore amico di Michele, potrete notare un poster omaggio della Soldatessa alle grandi manovre con la Fenech appeso al muro coperto da altre cose.
La trama ci racconta di Michele (Andrea De Rosa, il cazzaro di notte prima degli esami, personaggio di cui credo mai più si libererà), uno studente che fa una figuraccia dopo l'altra e si rifugia nel proprio blog denominato "Ultimi della classe" dove racconta romanzandole, e ribaltandole in positivo, le sue sfortune come amante e come persona.
Il giochetto sembra funzionare, ma la situazione peggiora: a scuola va sempre peggio (altro che ripetente, a furia di stare con Brizzi gli esami per lui davvero non finiscono mai) e i genitori, sempre assenti nei suoi confronti e interessati solo al ballo latino-americano, gli affibbiano due professori di sostegno, di cui uno è l'avvenente supplente di latino della scuola. Scoperto il suo piccolo segreto (lei era una sexy calendarietta) Michele le propone un patto ben preciso : lui studia, mentre lei si spoglierà per lui e i suoi meriti scolastici. Incredibilmente, per dei validi motivi personali, lei accetta. A quel punto Michele elabora un altro piano : filmarla di nascosto per metterla nel blog e risalire nella considerazione degli amici. Purtroppo, molti problemi sono dietro l'angolo.
Luca Biglione (sceneggiatore de l'Allenatore nel pallone 2) cerca volonterosamente di mettere in questa sciocca commediola, per nulla sexy nonostante l'ispirazione, un po'di tutto facendo un minestrone sgradevole di stili (televisivi) e situazioni. Chi si aspetta un piccante incontro tra lo studente e la prof sarà deluso in quanto tutto questo avviene con una correttezza esemplare, privo di visualità eccitante (solo una breve scena in lingerie castissima), fanno molto di più le studentesse che si concedono licenziosamente senza troppi problemi, si parla di buoni sentimenti con l'amica sempre presente nel bisogno ma che si vede solo come una sorella, la madre di lei che incontra un idraulico tatuato e motorizzato di cui si innamora genuinamente per sfuggire a un matrimonio fallito, i genitori assenti, gli amici cazzari e sempre pronti alla battuta, ma di buon cuore, i professori legati ai testi e al programma senza alcun interesse per i loro studenti, internet, il calcetto e la lezioncina oziosa che in fondo quello fatto in passato non basta per giudicare una persona ma bisogna capirla per i suoi lati buoni.
Di fatto la filosofia presentata la vedrete nella ragazza che tutti si sono portati a letto che ha lati nascosti di psicologia e bontà (in una scena dove assiste una vecchietta raggiungiamo il culmine), in Michele che decide che se fanno i bastardi gli altri non deve farlo anche lui e deve smetterla di etichettare le ragazze come delle coppe gelato da dieci euro oppure da 1,30.
C'è tempo anche per il solitario deluso, amareggaito e misterioso, che legge sempre al bar (Ludovico Fremont, quello dei Cesaroni televisivi), personaggio strampalato messo tanto per allungare il brodo.
Un frullato non omogeneo preso e servito freddo, che ha delle battute scontate ("anche Einstein è stato bocciato!") e alla fine non fa per nulla ridere, non è licenzioso nella protagonista imbalsamata, personaggi vuoti, i sentimenti sono scontati e telefonati (glielo può dire qualcuno che ormai il tempo delle mele è finito da tempo?) e oltretutto continua un filone che era già alla frutta sin dai primi passi. Non capiamo proprio come si voglia grattare il fondo del barile per guadagnare soldi da un pubblico di facili gusti e nessuna pretesa quando il barile non c'è mai stato, prodotti simili (una volta di più fatti con il sostegno dei beni culturali, ma stiamo scherzando?) sono tanto uguali quanto poco coraggiosi, perchè almeno le squallide teen commedie Usa hanno il pregio di ridersi addosso senza problemi, di essere esagerate nel loro minuscolo esistere, qui si vuole esprimere anche un tono serio e concettuale, che però risulta del tutto vuoto in quanto senza nessuna fondamenta, violentando una volta di più indirettamente la musica di Venditti.
De Rosa è meno granitico di Vaporidis, ma è una cosa che si disperde davvero nel nulla.
In definitiva un film che sapete benissimo come trattare, anche per una serata all'insegna dello spasso estremo a cervello spento (vedetevi Superhero piuttosto, se avete queste intenzioni), evitare con cura.
Gli ultimi della classe sono dietro nei banchi, attenti che per loro è facile prendervi per i fondelli o peggio ...
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The Hitcher
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Un film di Dave Meyers. Con Sean Bean, Sophia Bush, Zachary Knighton, Neal McDonough. Genere Horror, colore 84 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Medusa - [Uscita nelle sale venerdì 30 maggio 2008]
Trama: John Ryder è un pazzo psicopatico che attende sulle strade incauti automobilisti per soddisfare la sua sete di sangue e violenza. Durante una sera di pioggia, due fidanzati, Grace e Jim, quasi lo investono.
Pieni di sensi di colpa per non essersi fermati subito, inconsapevoli di chi sia veramente, lo accolgono sull'auto successivamente in una stazione di servizio. Ma di lì a poco la vera natura del serial killer viene allo scoperto. E' l'inizio di un lungo interminabile incubo per la coppia di giovani, sopratutto perchè la polizia addebita a loro le vittime di Ryder ...
Commento: L'industria cinematografica americana di intrattenimento ormai non sa più dove pescare per sopperire alla cronica mancanza di idee e novità, in questo caso sono andati a riprendere un film del 1986 con Rutger Hauer nel ruolo del pazzo che tramite l'autostop adesca le sue vittime (da notare che il film ebbe anche un seguito visto da quasi nessuno). Anche stavolta gli sceneggiatori hanno dimostrato la loro genialità nella variazione base del film : il protagonista non è un ragazzo ma bensì la sua giovane fidanzata, Grace, una avvenente Sophia Bush (normalmente specializzata in serial televisivi) perennemente in minigonna e che dimostra maggiore forza e capacità reattiva del fidanzato Jim (un poco credibile Zachary Knighton, anche lui arriva dalla tv), che durante il film vediamo stralunato e dedito solo alla fuga senza mai reagire con il pazzo assassino alle costole.
La trama, per il resto, ricalca il film originale, Sean Bean (visto spesso in ruoli di cattivo) è impietosamente messo a confronto nel ricordo cinematografico con Rutger Hauer a fare il temibile autostoppista, John Ryder, che attende un passaggio per scatenare la sua ira omicida. In questo caso i due automobilisti, Jim e Grace, non hanno troppa voglia di entrare nel suo "wall of casualties" e gli danno filo da torcere, peccato che l'intento iniziale del killer poi si trasformi e diventi qualcosa d'altro, causando il fatto che ogni volta che la coppia sembra in salvo, si trova ad affrontare continuamente la minaccia. Una lepre dalle lunghe orecchie che mal gestisce la strada ci introduce alle atmosfere del film.
Il film è prodotto tra gli altri da Michael Bay, e la cosa si vede tutta in quanto i mezzi usati sia per gli inseguimenti che per le scene d'azione sono sicuramente adeguati, vedrete scontri rocamboleschi on the road, elicotteri e spari in corsa.
Dopo un inizio che poteva davvero sconfortare (musica allegra e scenette adolescenziali) parte praticamente subito l'azione e la fotografia inizia a oscurarsi e sporcarsi, i luoghi diventano desertici e poco rassicuranti nella loro solitudine (la coppia di fidanzatini sta andando da delle amiche di lei nel New Mexico) e il tasso di splatter si alza progressivamente (ci sono delle scene non propriamente per stomaci candidi) per diventare un autentico mattatoio durante i suoi 84 minuti, senza risparmiare nessuno, dove le fronti sono bersagli privilegiati.
Film di questo tipo fanno subito dubitare di poter essere retti senza cadere nella noia dato che sanno molto di deja vu e certe scene sono di una banalità disarmante (l'incontro con il commesso nella stazione di servizio e le fasi dei colloqui con la polizia), ma riconoscendo i limiti del film da subito (e l'assoluta disparità di confronto con l'originale), intelligentemente il regista Dave Meyers (autore sopratutto di videoclip) lascia perdere di intensificare le parti di approfondimento (presenti nel primo film con il dualismo vittima/carnefice) e si dedica soprattutto all’azione, dove una sorta di sadica gioia nel procurare morte, si trasforma in una ossessione di trasformazione (capirete vedendolo che significa) e la cosa permette di aumentare il tasso di adrenalina, arrivando a una sorpresa impensabile e a far si che tutti coloro che si trovano a contatto con i due fuggitivi si trovino in pericolo, allargando con il bacino delle vittime anche lo spettro d’azione dell’assassino e delle possibilità di sorpresa.
Non possiamo certo parlare di thriller on the road di qualità (come era l‘originale) dato che solo Bean è minimamente credibile, (il quarto protagonista è un poliziotto, interpretato da Neal McDonough, davvero poco caratterizzato) il finale è a dir poco terribile, ma il ritmo tenuto sempre alto, un sottofondo di assoluta inadeguata capacità da parte di tutti di fermare Ryder, non ultime delle belle scene sotto la pioggia, ce lo fanno gustare come un passabile divertimento di poche pretese che passa presto e neppure lascia troppo sporco il water dopo aver tirato lo sciacquone per liberare il cervello e dedicarci a film di ben altra importanza. In questo tipo di pellicole con protagonisti giovanili e che cercano di portare al cinema sopratutto i ragazzi, se ci pensiamo, la cosa non è davvero del tutto becera e disprezzabile, per chi interessa poi la produzione non dispensa di fare delle scene in cui la Bush si mostra in scena con accattivanti mutandine.
Dovremmo chiedere le tante citazioni del grande Alfred Hitchcock, campate assolutamente per aria nella trama, a cosa sono dovute (la doccia e il motel per Psyco e delle scene de Gli Uccelli che Grace vede in dvd), speriamo che il fantasioso produttore Michael Bay non dica che è dovuto al fatto che le lettere iniziali del titolo del film e del cognome del maestro collimano.
Qualcuno potrebbe anche vedere un po’ di Tarantino e Death Proof, negli scontri, con una bella automobile iniziale gioia dei collezionisti e attira donne definita “trappola per tope”, ma di sicuro sappiamo usciti dalla sala che abbiamo assistito a un film che se fosse finito cinque minuti prima sarebbe stato meglio (vedere per credere, e quella citazione da Se7en proprio non gira per nulla)
In definitiva un film limitato al momento della visione, che riprende un buon film degli anni 80, che però nonostante le premesse di poca fantasia riesce ad essere il minimo sindacale accattivante per le buone scene d’azione e d’inseguimento, possiede una valida dose di splatter e il respiro, per quanto minimo, del fascino “On the road“. Certo, se avete altro da fare vi consigliamo di non lasciare stare a cuor leggero l’altro impegno per onorare questo.
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ragazzi prima della rece beccatevi il mio nuovo acquisto :
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ovviamente è un porta cd, tutte le sei stagioni più un dischetto supplettivo
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scatola per contenerla
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disco dei contenuti
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favolose 4 the movie !!!
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Sex and the City
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(Sex and the City: The Movie)
Un film di Michael Patrick King. Con Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Kristin Davis, Cynthia Nixon, Chris Noth, Candice Bergen, Jennifer Hudson, David Eigenberg, Evan Handler, Jason Lewis, Mario Cantone. Genere Commedia, colore 140 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione 01 Distribution - [Uscita nelle sale venerdì 30 maggio 2008]
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Trama: 4 donne NewYorchesi amiche da sempre hanno varie storie : Carrie forse sta per sposarsi, Charlotte ed Harry hanno avuto in adozione una bambina, Samantha (trasferitasi a Los Angeles) è un po' in crisi con Jarrod, Miranda vive una vita incolore a Brooklin con Steve e suo figlio. Dopo che un accadimento le ha portate a riunirsi, i contrasti, le difficoltà con i loro uomini e lo stress tornano ad essere l'argomento principale delle loro colazioni al coffee shop : ognuna dovrà cercare le risposte giuste per se stessa sapendo di poter sempre contare sulla ferrea amicizia delle altre, unica vera certezza all'interno delle loro vite. Oltre, naturalmente, ai vestiti griffati e alle loro Manolo Blahnik.
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Commento: Tornano le quarantenni ex-single d'assalto Carrie Bradshaw, Charlotte York, Miranda Hobbes, Samantha Jones, le protagoniste della serie televisiva Sex and the City trasmessa in sei stagioni fino al 2004 dalla rete televisiva HBO.
Il viaggio riparte quattro anni dopo da quando ci si era lasciati alla fine della serie tv : Charlotte ed Harry vivono felici con la loro bimba adottiva, Carrie e Big (di cui finalmente conosceremo il nome vero per intero) stanno per prendere una grande importantissima decisione dopo una lunga convivenza, Samantha dopo aver calmato i bollenti spiriti e la voglia di essere libertinamente emancipata per amore di Jarrod, ora si trova in crisi per colpa di Dante, il suo vicino dalla prorompente vita sessuale, Miranda e Steve sono in profonda crisi per colpa di lui che gli ha confessato una colpa e dello stress che governa le loro indaffarate vite. Un grave problema occorso a Carrie le riunisce tutte di nuovo, le ragazze ritrovano la loro amicizia e la voglia di portare vestiti griffati, di avere dei momenti tutti per loro slegati dalle vite sentimentali che gli procurano problemi. Ma ovviamente questo non può bastare, sicuramente sapere di avere una spalla amica su cui piangere è un conforto non da poco.
La serie si concluse con diverse sottotrame irrisolte, dovute alla chiusura non prevista inizialmente ma provocata da ampi dissapori tra la produttrice e protagonista Sarah jessica Parker (Carrie) con Kim Cattrall (Samantha) che pretendeva ben altro trattamento economico e visibilità per lei e il suo personaggio in quanto a suo dire la spudorata vita sessuale della quaranticinquenne Signorina Jones era la vera molla del successo della serie.
Probabilmente le quattro attrici (che avevano tutte un passato cinematografico o televisivo più o meno importante, la Cattrall lavorò addirittura con Carpenter al fianco di Kurt Russel ne Grosso guaio a Chinatown) all'apice del successo credevano di poter fare qualunque lavoro anche in assolo. E mentre la Parker si perdeva in commediole di nessun conto, le altre praticamente scomparivano. intanto le fan e i fan (incredibile il numero di uomini che si appassionarono a questa serie al femminile) chiedevano a gran voce di chiudere le trame lasciate in sospeso in qualche maniera. Darren Star (creatore della serie tv e che aveva tratto ispirazione da un libro di Candice Busnell), Michael Patrick King e la Parker decisero che era il momento giusto per produrre questo fastosissimo movie, unico vero possibile ritorno sulle scene in grande stile, che ha la sua punta di diamante negli accessori (la borsetta Torre Eiffel è davvero un orpello incredibile), nei vestiti (ci sono cambi d'abito praticamente in ogni scena, sia che siano di famosi marchi per il passeggio e la sera, o semplicemente dei comodi casalinghi) e nell'ambientazione glamour che passa di negozio in negozio facendoci sognare con delle spiagge messicane incantevoli e un resort da favola. Quindi, reperiti i soldi necessari per farlo e stabilita la pax con la Cattrall, ecco che arriva questo film, che possiamo a tutti gli effetti considerare una puntata extralarge o per meglio dire cinque-sei puntate del serial (un quarto di stagione, più o meno).
Per cercare di mettere a loro agio i nuovi spettatori c'è un piccolo riassunto dei fatti salienti della serie (o per meglio dire degli uomini importanti che sono passati in rapporto con le quattro), partono i titoli e scorrono i negozi, i vestiti e gli ambienti della città più in, tanto per fugare subito qualuqnue dubbio sull'integrità e prosecuzione di quanto è stato prima.
Interessante notare che nelle prime inquadrature vediamo quattro giovani ventenni che somigliano incredibilmente alle quarantenni (una anche più ...) e che si atteggiano proprio come loro, una sorta di passaggio di consegne ideale e completo di uno stile iniziato, ammirato, proseguito che non morirà mai. Carrie vede, e sorride.
Nel lavoro su grande schermo il lavoro psicologico migliore è stato fatto sulla coppia Miranda-Carrie, che incarnano la vera amicizia con i piccoli ma importanti segreti, che si ritrovano nei momenti difficili (Charlotte è esclusa nella pellicola da ogni sofferenza, il suo Harry è calvo ma perfetto e la bimba adottiva adorabile) e che hanno, come del resto nel serial, i migliori battibecchi, secchi, decisi e pungenti.
Samantha ritrova se stessa e la sua voglia di libertà con le tante domande che si fa sul rapporto ormai spento (sopratutto a letto, vedendo l'attore Jason Lewis sembra davvero difficile comunque pensarlo) con Jarrod, troppo impegnato nel lavoro e che la trascura dal lato "kamasutra" (eticamente è tenero ed affettuoso ma ovviamente con un tizzone di sesso come Sam la cosa non basta). Un valido gioco della natura che riesplode dentro, dell'essere autotarpatasi le ali e che non può continuare a vivere contro solo per ringraziamento di un atto d'amore passato (Jarrod le stette vicino durante la chemioterapia della sesta serie). Autentico inno all'amicizia, quella vera forte e solida, anche il movie riesce a contrapporre validamente uomini problematici a donne solo di facciata di grande carisma e sicurezza, che forse solo la loro troppa certezza di essere sempre nel giusto sia quando parlano o scrivono (Carrie cura uan rubrica di successo su un giornale, denominata Sex and the City che da quindi il nome alla serie), mina per costruire un rapporto che non ammette errori. I punti di contatto con le season sono tantissimi : il tradimento non viene perdonato nonostante fondamentalmente il sesso per loro è un argomento come gli altri, si discute di peni, culi e deviazioni sessuali tranquillamente davanti a cappuccino e brioches, i vestiti non sono degli orpelli visuali ma l'essenza dell'esistere (vesti come sei) e tutto quello che accade è una bomba interna da raccontare alle amiche prima che ci esploda dentro (tranne i piccoli peccatucci interni al gruppo, quelli decantano un attimo sperando di non doverli raccontare, poi i sensi di colpa li portano all'esterno).
Il mondo gay modaiolo, quello con più punti di contatto con le quattro dato che ha le caratteristiche di avere degli uomini con il gusto femminile, è rappresentato da Stanford, l'amico di Carrie, e lo stilista amico di Charlotte.
interessante new entry la dolce segretaria di Carrie, interpretata dall'apprezzata premio Oscar per Dreamgirls Jennifer Hudson. Giovane rampante, dona una vera carica di filosofia positiva e fa vedere alla sua datrice di lavoro altre spigolature della vita incarnate in un gioiello il cui valore va ben oltre ai carati.
Amore, amicizia e accanite : le tre A ci sono in pieno nel movie, e chi ha adorato la serie si seppellirà di gioia nel vedere questo film sul grande schermo (come direbbe Samantha "bagneranno la poltroncina").
Il problema di questo film, catalogabile filmicamente come una gradevolissima commedia, è solo uno ma fondamentale : chi non ha visto la serie, nonostante il piccolo riassunto d'inizio, non ne prende appieno il profumo, non ne gode le gesta a dovere e non ne assapora il senso. Lo spettatore occasionale dice "Bei vestiti!" ma in fondo non capisce alcuni discorsi, non si ritrova nei ragionamenti in maniera compiuta e si perde alcuni passi radicati nel passato (come quello sul letto che parla delle rotture di Big, che nella serie tv non ha mai avuto un nome diverso, in quanto incarna il sogno d'uomo di Carrie, la persona che ti rimane nel sangue e nessun uomo perfetto sostituisce).
Possiamo tranquillamente sconsigliarne la visione asciutta e priva di background, anche se una lettura un po'approfondita sul net potrebbe anche bastare, in quanto alla fine, d'accordo l'abbandonarsi al visuale delle griffe, ma non capirne il senso totalmente sarebbe un peccato, dato che la serie e la sua appendice filmica sono per una donna il viale del sogno e del sentimento non edulcorato, per un uomo l'ingresso per mano nei tic e nelle particolarità femminili. Tecnicamente corretto nella fotografia solare e nelle inquadrature ineccepibili, che scandagliano a perfezione guardaroba e case, non manca di presentare delle scene hot come da etichetta ma si limta un po' nelle frasi ad effetto ("se facessimo pompini tutto il giorno domineremmo il mondo!"), un po' per la presenza della bimba di Charlotte e il concentrarsi sulle emozioni ha tolto spazio ai discorsi a quattro in cui uscivano questi sexy-aforismi.
In definitiva un film colorato, decisamente supergriffato e metodico nel ricostruire le situazioni del serial tv a cui è legatissimo, che i fan adoreranno, per cui si sconsiglia la visione solitaria, che ricrea il grande valore dell'amicizia, atto d'amore per New York e la sua gioia di rivivere, che ci fa vedere quattro donne a volte in preda a una crisi di nervi, a volte ridere assieme (una delle scene più belle del film) in un altalena di emozioni, sesso e glamour, in una coriacea lotta per combattere le delusioni e superarle senza perdere la dignità. Sono donne vere, per cui a volte fanno delle grandi stupidaggini per seguire l'impeto dell'istinto. Tutte queste parole per dirne solo 4 come le protagoniste: Sex and the city.
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Charlie Bartlett
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Un film di Jon Poll. Con Anton Yelchin, Robert Downey Jr., Hope Davis, Kat Dennings, Tyler Hilton, Mark Rendall, Dylan Taylor, Megan Park, Jake Epstein, Jonathan Malen, Derek McGrath, Stephen Young. Genere Commedia, colore 98 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione DNC - [Uscita nelle sale venerdì 30 maggio 2008]
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Trama: Charlie è un rampollo di ricca famiglia che ha un grosso difetto : pur essendo intelligente ed un ottimo studente, gli piace voler stupire a tutti i costi anche ricorrendo alle truffe. Dopo l'ennesima impresa negativa compiuta (la falsificazione delle patenti) viene esplulso dalla scuola esclusiva in cui studia, e costretto a frequentarne una statale. L'incontro con i nuovi compagni sarà traumatico, ma Charlie ha mille risorse per uscire dai guai inventando nuovi incredibili stratagemmi, come al solito senza badare a quanto siano leciti. Ma l'arcigno preside, il padre della sua fidanzata, fa di tutto per impedirgli il successo dei suoi traffici. Fino a quando ...
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Commento: Robert Downey Junior è balzato all'attenzione degli spettatori per essere il protagonista del film targato Marvel Iron Man, ma intanto ha trovato il modo di apparire anche in questa commedia scolastico adolescenziale leggermente diversa dai soliti canoni e clichè. In questo film di Jon Poll (opera prima) fa il preside pieno di problemi personali, rimasto da solo con la figlia (Kat Dennings) che studia anch'essa nella scuola, faticando a governare delle classi con persone difficili da gestire e dove i bulli spadroneggiano picchiando i più deboli.
La situazione sembra ingestibile, ma un giorno arriva l'esuberante Charlie Bartlett, interpretato da Anton Yelchin, giovane ma davvero bravo che ricorderete essere presente in Alpha Dog, ricco, intelligente, bravo studioso e pieno di proposte per migliorare a modo suo l'andamento generale della scuola.
Dopo che ha subito il battesimo del fuoco destianto alle matricole da parte del bullo conclamato, Charlie elabora un raffinato piano : diventare lo psicologo degli studenti, gli procura le medicine e da le esatte diagnosi grazie al suo psicanalista privato. Il piano riesce e diventa una specie di idolo per tutti, ma non ha fatto i conti con il fatto che non tutti hanno bisogno solo di medicine, ma anche di vere attenzioni e di essere ascoltati sul serio e non per ricavare profitto. L'incontro tra il preside e Charlie non può essere altro che conflittuale, con la madre un po' schizzata (Hope Davis, brava e bella attrice da ricordare a fianco di Nicholson in A proposito di Schmidt) che per via di problemi misteriosi con il marito è continuamente in terapia.
I soldi non fanno la felicità sembra dirci il film, in quanto questi sono l'ultimo dei problemi di Charlie e del preside, uno ne ha a bizzeffe e l'altro è benestante, dato che con essi non si compra altro che cose materiali ma non il vero rispetto e l'essenza dell'amore. Susan, la figlia del reggente della scuola, non si innamora di Charlie per la sua casa magnifica e la sua limousine, e così accade per i vari protagonisti che si trovano un pugno di mosche morali in ogni caso vadano gi affari.
In questa commedia non è presente il lato licenzioso sensuale che di solito esplode per attirare facili spettatori (limitato a una veloce corsa a seno nudo di due studentesse) ci si concentra piuttosto sui rapporti interpersonali e le difficoltà di emergere senza calpestare o far del male a nessuno.
Charlie non deve rubare o ricorrere a sotterfugi per avere quello che vuole, gli basta chiedere, ma essendo una persona ambiziosa e tenace (il suo sogno ricorrente è di essere acclamato come una rock star) ostenta voglia di uscire dalle righe e dalle regole per stupire gli altri. I suoi comportamenti però sono un arma a doppio taglio : agendo di massa nel consigliare e consegnare anfetamine, xanax e prozac (divertenti le sedute finte dallo psicanalista mimando i sintomi che gli altri gli hanno detto per avere le medicine giuste), si ritrova a dover gestire la pericolosa mina dell'abuso di stupefacenti, chiaro riferimento alla generazione chimico-dipendente nelle discoteche o nelle occasioni speciali non esita ad usarle in modo improprio in quanto sembrano essere l'unica vera arma per divertirsi appieno (gli applausi e le strette di mano nei corridoi dopo le feste di gruppo).
Amara considerazione sopratutto perchè l'intelligenza di Charlie viene buttata alle ortiche, dato che il ragazzo aveva mille altri modi validi per emergere (nella scuola ci sono gruppi di studio d'arte e una sala ricreazione per libera espressione trasformata in ritrovo per spacci).
Riprendendo un tema lanciato nell'album dei Pink Floyd The Wall che chiedeva ai professori di lasciare liberi i ragazzi ("Hey teacher, leave those kids alone!") si condanna l'uso di mezzi di controllo eccessivi come le videocamere anche in locali che servono unicamente per il ritrovo, non è certo con simili metodi repressivi che si può educare limitando sul nascere ogni tipo di iniziativa, buona o cattiva che sia, ma parlando e discutendo senza bisogno di nessun altro mezzo che non quello di capire esattamente quanto ci dicono i ragazzi.
Molto bello il ritratto amaro e senza troppe speranze del preside fornito dal bravo Downey Jr (attore alla ribalta per il film citato ma sicurmente non scoperto adesso), sempre insicuro, mai sorridente e sempre sul filo della lama, che trova solo vacua consolazione nella bottiglia e relax facendo girare senza senso in tondo una barchetta radio comandata (un po' l'emblema del suo operato).
Non si ride di gusto perchè il fondo è più agro che dolce, le battute sono calibrate come le situazioni mai sguaiate (e bastava davvero poco per caderci dentro visto il tema e lo sfondo) e le varie espressioni di un Anton Yelchin davvero in palla (i suoi monologhi sono ottimi) lo rendono credibile, con dei temi presenti e discussi e non solo martellati a forza tanto per metterli, vacua facciata in un mare di altro.
Uscirete dalla sala senza rimpianti, avrete visto uno spettacolo decente, costruito con serietà nella sua leggerezza per renderlo appetibile, e ben diverso dalle solite commedie scolastiche inutili riempite di nulla e silicone.
Charlie e i ragazzi si siedono sul water per parlare, ma i loro discorsi che per la prima volta esteriorizzano le parole che non dicono a nessuno non sono certo escrementi, dato che l'importante è ascoltare senza giudicare ("io non ti giudico" si sente dire la cheer leader dalle facili abitudiini sessuali).
In definitiva un film valido ed interessante che va oltre il semplice leggero intrattenimento di gruppo, che si segue con piacere e senza nessun problema dato che esteriorizza molto i vari concetti con immagini dirette senza mai criptarlo, agile lettura di un angolazione di problema adolescenziale senza spreco di stupidaggini, parolacce e abusi vari di icone. Difficile davvero vedere un film americano a tema scolastico non di Gus Van Sant dove si parla così tanto, probabilmente le ottime lezioni di Modysson e altri oltreoceano hanno lasciato qualche tiepido seme.
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The Hitcher
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Un film di Dave Meyers. Con Sean Bean, Sophia Bush, Zachary Knighton, Neal McDonough. Genere Horror, colore 84 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Medusa - [Uscita nelle sale venerdì 30 maggio 2008]
Trama: John Ryder è un pazzo psicopatico che attende sulle strade incauti automobilisti per soddisfare la sua sete di sangue e violenza. Durante una sera di pioggia, due fidanzati, Grace e Jim, quasi lo investono.
Pieni di sensi di colpa per non essersi fermati subito, inconsapevoli di chi sia veramente, lo accolgono sull'auto successivamente in una stazione di servizio. Ma di lì a poco la vera natura del serial killer viene allo scoperto. E' l'inizio di un lungo interminabile incubo per la coppia di giovani, sopratutto perchè la polizia addebita a loro le vittime di Ryder ...
Commento: L'industria cinematografica americana di intrattenimento ormai non sa più dove pescare per sopperire alla cronica mancanza di idee e novità, in questo caso sono andati a riprendere un film del 1986 con Rutger Hauer nel ruolo del pazzo che tramite l'autostop adesca le sue vittime (da notare che il film ebbe anche un seguito visto da quasi nessuno). Anche stavolta gli sceneggiatori hanno dimostrato la loro genialità nella variazione base del film : il protagonista non è un ragazzo ma bensì la sua giovane fidanzata, Grace, una avvenente Sophia Bush (normalmente specializzata in serial televisivi) perennemente in minigonna e che dimostra maggiore forza e capacità reattiva del fidanzato Jim (un poco credibile Zachary Knighton, anche lui arriva dalla tv), che durante il film vediamo stralunato e dedito solo alla fuga senza mai reagire con il pazzo assassino alle costole.
La trama, per il resto, ricalca il film originale, Sean Bean (visto spesso in ruoli di cattivo) è impietosamente messo a confronto nel ricordo cinematografico con Rutger Hauer a fare il temibile autostoppista, John Ryder, che attende un passaggio per scatenare la sua ira omicida. In questo caso i due automobilisti, Jim e Grace, non hanno troppa voglia di entrare nel suo "wall of casualties" e gli danno filo da torcere, peccato che l'intento iniziale del killer poi si trasformi e diventi qualcosa d'altro, causando il fatto che ogni volta che la coppia sembra in salvo, si trova ad affrontare continuamente la minaccia. Una lepre dalle lunghe orecchie che mal gestisce la strada ci introduce alle atmosfere del film.
Il film è prodotto tra gli altri da Michael Bay, e la cosa si vede tutta in quanto i mezzi usati sia per gli inseguimenti che per le scene d'azione sono sicuramente adeguati, vedrete scontri rocamboleschi on the road, elicotteri e spari in corsa.
Dopo un inizio che poteva davvero sconfortare (musica allegra e scenette adolescenziali) parte praticamente subito l'azione e la fotografia inizia a oscurarsi e sporcarsi, i luoghi diventano desertici e poco rassicuranti nella loro solitudine (la coppia di fidanzatini sta andando da delle amiche di lei nel New Mexico) e il tasso di splatter si alza progressivamente (ci sono delle scene non propriamente per stomaci candidi) per diventare un autentico mattatoio durante i suoi 84 minuti, senza risparmiare nessuno, dove le fronti sono bersagli privilegiati.
Film di questo tipo fanno subito dubitare di poter essere retti senza cadere nella noia dato che sanno molto di deja vu e certe scene sono di una banalità disarmante (l'incontro con il commesso nella stazione di servizio e le fasi dei colloqui con la polizia), ma riconoscendo i limiti del film da subito (e l'assoluta disparità di confronto con l'originale), intelligentemente il regista Dave Meyers (autore sopratutto di videoclip) lascia perdere di intensificare le parti di approfondimento (presenti nel primo film con il dualismo vittima/carnefice) e si dedica soprattutto all’azione, dove una sorta di sadica gioia nel procurare morte, si trasforma in una ossessione di trasformazione (capirete vedendolo che significa) e la cosa permette di aumentare il tasso di adrenalina, arrivando a una sorpresa impensabile e a far si che tutti coloro che si trovano a contatto con i due fuggitivi si trovino in pericolo, allargando con il bacino delle vittime anche lo spettro d’azione dell’assassino e delle possibilità di sorpresa.
Non possiamo certo parlare di thriller on the road di qualità (come era l‘originale) dato che solo Bean è minimamente credibile, (il quarto protagonista è un poliziotto, interpretato da Neal McDonough, davvero poco caratterizzato) il finale è a dir poco terribile, ma il ritmo tenuto sempre alto, un sottofondo di assoluta inadeguata capacità da parte di tutti di fermare Ryder, non ultime delle belle scene sotto la pioggia, ce lo fanno gustare come un passabile divertimento di poche pretese che passa presto e neppure lascia troppo sporco il water dopo aver tirato lo sciacquone per liberare il cervello e dedicarci a film di ben altra importanza. In questo tipo di pellicole con protagonisti giovanili e che cercano di portare al cinema sopratutto i ragazzi, se ci pensiamo, la cosa non è davvero del tutto becera e disprezzabile, per chi interessa poi la produzione non dispensa di fare delle scene in cui la Bush si mostra in scena con accattivanti mutandine.
Dovremmo chiedere le tante citazioni del grande Alfred Hitchcock, campate assolutamente per aria nella trama, a cosa sono dovute (la doccia e il motel per Psyco e delle scene de Gli Uccelli che Grace vede in dvd), speriamo che il fantasioso produttore Michael Bay non dica che è dovuto al fatto che le lettere iniziali del titolo del film e del cognome del maestro collimano.
Qualcuno potrebbe anche vedere un po’ di Tarantino e Death Proof, negli scontri, con una bella automobile iniziale gioia dei collezionisti e attira donne definita “trappola per tope”, ma di sicuro sappiamo usciti dalla sala che abbiamo assistito a un film che se fosse finito cinque minuti prima sarebbe stato meglio (vedere per credere, e quella citazione da Se7en proprio non gira per nulla)
In definitiva un film limitato al momento della visione, che riprende un buon film degli anni 80, che però nonostante le premesse di poca fantasia riesce ad essere il minimo sindacale accattivante per le buone scene d’azione e d’inseguimento, possiede una valida dose di splatter e il respiro, per quanto minimo, del fascino “On the road“. Certo, se avete altro da fare vi consigliamo di non lasciare stare a cuor leggero l’altro impegno per onorare questo.
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Be Kind Rewind - Gli acchiappafilm
(Be Kind Rewind)
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Un film di Michel Gondry. Con Jack Black, Mos Def, Danny Glover, Mia Farrow, Melonie Diaz, Irv Gooch, Chandler Parker. Genere Commedia, colore 98 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Bim - [Uscita nelle sale venerdì 23 maggio 2008]
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Trama: Jerry è un meccanico un po' stordito che abita in un camper, che ha una terribile ossessione : essere colto da ipotetiche, a parer suo, radiazioni che provengono dalla vicina centrale elettrica. Una sera, accompagnato dall'amico Mike, si reca per sabotare l'impianto. Ma invece per la sua dabbenaggeni viene impregnato di campi magnetici, e quando si reca al negozio di videonoleggio questo suo status smagnetizza tutte le videocassette dell'amico. Per salvare il salvabile, i due decidono di fare degli short film artigianali dei grandi film del cinema per poi noleggiarli. L'idea piace, ma purtroppo ci sono anche altri problemi da risolvere come quello di dover mettere a norma l'antico negozio di vhs ...
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Commento: A Gondry (l'autore dell'Arte del sogno e Se mi lasci ti cancello) la fantasia non manca di sicuro. Pieno di nostalgia per le care vecchie videocassette (primo vero mezzo su larga scala di poter possedere e non solo vedere un lavoro cinematografico che si è amato, concetto basilare per gli appassionati) e con tanta voglia di omaggiare e citare pellicole del passato in una ottica povera ma esilarante (partendo dalla rivisitazione di Ghostbusters, tra l'altro, nel corpus principale e non nel remake, è presente un cammeo di Sigourney Weaver), si è messo dietro la macchina da presa e ha diretto questo divertente film, a metà strada tra le modalità di filmare tipiche di Ed Wood ("Buona la prima!Qualunque sia") e quelle dei suoi film precedenti (sopratutto l'Arte del sogno) che utilizzavano per gli effetti solo materiale di uso comune senza particolare massiccio utilizzo di sistemi tecnologici (morirete dal ridere nel vedere l'urina magnetica).
La trama : Jerry (Jack Black, come sempre simpaticissimo nella sua interpretazione tutta mossette) è un meccanico, Mike (Mos Def, ha recitato anche per Spike Lee) gestisce insieme al signor Fletcher (Danny Glover, indimenticabile in coppia con Mel Gibson negli Arma letale, strano che nel film non ci sia stata citazione tra i tanti anche per loro, almeno noi non l'abbiamo colta) un vecchio negozio di noleggio home video, ancorato fermamente al sistema delle vhs e per nulla intenzionato a cambiare formato.
Fletcher un giorno, oppresso dai debiti che il negozio accumula e dalla minaccia di demolizione in quanto da tempo l'esercizio non è più a norma, si reca a visitare una grande catena di videonoleggio per vedere le nuove tecnologie e i sistemi di marketing odierni, avvertendo, senza essere capito da Mike (davvero esilarante la scena) di tenere ben lontano Jerry dal negozio perchè non faccia disastri. Disastri che arrivano presto, in quanto Jerry, ossessionato dall'idea che la centrale elettrica provochi pericolose radiazioni, cerca di sabotarla, ma facendolo maldestramente diventa una sorta di uomo magnetico. Stordito e stralunato giunge in negozio, provocando la smagnetizzazione di tutte le videocassette presenti. Un autentico disastro, al quale i due cercano di rimediare girando degli short filmini amatoriali ("Maroccando", con fantsia puerile, in italiano, sweded in lingua madre), versioni remake povere e alternative spacciandole inizialmente come se fossero il film vero alla vicina di casa, che noleggia abitualmente incaricata da Fletcher di vegliare sul negozio (una candida e ingenua Mia Farrow, con lo sguardo sempre perso in una sorta di incanto dei tempi passati e delle cose semplici). Poi la cosa funziona, piace, e allora girano su richiesta altre pellicole. Ma i soldi da trovare sono davvero tanti.
Per un appassionato di cinema è davvero uno spasso vedere la riedizione di Ghostbusters (il primo capitolo ovviamente, non il vacuo secondo lavoro) con i due protagonisti (Jack Black è a dir poco grandioso) che girano le scene alla loro maniera, dove la folla che urla è una fotografia, il gigantesco pupazzo dei fiocchi di cereali si incendia in mezzo a scatole di cartone con disegnate le finestre, la macchina ha il famoso emblema del fantasma che stinge, oppure di vedere Robocop con una armatura artigianale fatta di scarti di carrozzeria, poi gli omaggi si moltiplicano all'infinito per cui è impossibile ricordarli tutti (2001, King Kong tra gli altri) e quello più corposo su Rush Hour 2.
La gente comune fa da protagonista e comparsa per cui adora rivedersi facendo lievitare il numero dei noleggi, d'altronde è inevitabile che sia così, pensate solo a chi magari si sorbisce un filmino ben meno divertente di questi per poter magari riprendere nel ricordo una fugace apparizione, permettendo a Gondry di mostrare come i vecchi esercizi amatoriali, densi di grande umanità, vadano difesi ad oltranza di fronte alle impersonali catene di noleggio e vendita che non ti permettono di restare al loro interno se non per il tempo necessario di scegliere e poi di uscire.
Un po' anche spruzzata di Frank Capra style, l'operazione nostalgia ha al suo interno uno short completamente nuovo e non solo i remake, una sorta di biopic dedicato al jazzista Fats Waller (definito così per la sua mole, morto neppure quarantenne per via della sua estrema passione per le bevande a base di alcool) a cui il gestore del negozio è accanitamente devoto (è presente anche un grande graffito dedica all'artista sotto un ponte), dove un ventilatore fa vecchia la pellicola e il treno dei desideri e dei ricordi percorre la città, dei petardi sono le pallottole dei gangsters. Molto bella la scena dei tromboni multipli con quella composizione musical, fate attenzione perchè per vederla completamente realizzata dovete seguire anche i titoli di coda.
Buoni sentimenti, personaggi simpatici e genuina costruzione dell'immagine, un mix che non può non far sorridere ogni spettatore e far passare un sereno divertimento, purtroppo breve e limitato in quanto il film non dura moltissimo (98 minuti) ma intelligente, nostalgico e omaggiante senza essere per nulla pedante.
In definitiva un film simpatico, nostalgico, con personaggi candidi e sorretto da due buoni protagonisti che utilizza mezzi fondamentalmente poveri per visualizzare la riproposizione umoristica di grandi classici. Fondamentalmente se siete contro i buoni sentimenti probabilmente non vi piacerà moltissimo, ma lasciatevi incantare dalla sua genuinità perchè sorridere con gioia di questi tempi non è davvero semplice, e questo film lo concede senza minimamente ingannarci. E vi verrà una gran voglia di riprendere la vostra magari impolverata videocamera che l'età che è passata per filmare con l'ottica del fanciullo ha fermato in uno sgabuzzino, e di rimettere in moto il vostro consunto videolettore vhs.
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Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo
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(Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull)
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Un film di Steven Spielberg. Con Harrison Ford, Karen Allen, Cate Blanchett, Shia LaBeouf, John Hurt, Ray Winstone, Jim Broadbent. Genere Avventura, colore 125 minuti. - Produzione USA 2008. - Distribuzione Universal Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 23 maggio 2008]
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Trama: 1957, Stati Uniti, aerea esperimenti militari, deserto sud ovest. Una divisione militare del Kgb , comandata dall’affascinante Irina Spalko, è sulle tracce di un misterioso artefatto che raffigura un teschio fatto da una sostanza misteriosa che sembra di cristallo.
Il teschio pare abbia un potere incommensurabile, anche se il suo scopritore, il professor Oxley, l’unico che sa dove era stato trovato, è ridotto alla pazzia e non è molto d’aiuto. Dopo un incontro non proprio amichevole con Irina e le sue truppe, il dottor Jones detto Indiana, affascinato dalla storia di questo tesoro nascosto, è pronto a ripartire per una delle sue avventure da risolvere a colpi di frusta e cervello, aiutato da un compagno di viaggio davvero singolare …
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Commento: Il vero nome dell’avventura, da sempre, si chiama Indiana Jones. Lo sanno bene gli ultraquarantenni e oltre che nel 1981 assistettero al cinema a quel film unico e fondante che non prendeva nel titolo (unico della trilogia) il nome del suo protagonista : I predatori dell’arca perduta. Assistere a quella rocambolesca sequela di situazioni uniche (tra le altre la corsa con le corde sotto il camion e quella dello sparo contro il giannizzero armato di sciabola, entrarono nell’olimpo del mito) fu una specie di incanto che anche a distanza di 27 anni non si perde mai, mentre i suoi seguiti, pur splendidi di base, non raggiunsero i vertici di perfezione del capostipite (per quei quattro lettori vissuti ultimamente su Marte ricordiamo i titoli, Indiana Jones e il tempio maledetto e Indiana Jones e l’ultima crociata, in questo presente Sean Connery nella parte del padre del dottor Jones).
Oggi, finalmente, a distanza di quasi venti anni, possiamo smettere di consumare le polverose vhs, oppure i dvd della trilogia, e goderci questo nuovo coloratissimo attesissimo quarto capitolo delle avventure dell’archeologo più famoso del cinema.
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Ovviamente, anche stavolta, al centro del tutto un tesoro che cela un mistero : siamo nel 1957, America, i russi, capitanati dalla affascinante Irina Spalko (una splendida Cate Blanchett, spadaccina e in versione caschetto nero deliziosa e perfetta, non nel doppiaggio italiano che risulta un po’ fuori luogo con la solita parlata russa tipica dell‘iconografia sovietica della guerra fredda) cercano di rubare un misterioso manufatto a forma di teschio, fatto di cristallo, dal deposito supersegreto (ma davvero male difeso) degli americani (il magazzino che si vede alla fine del primo film, gustosissima la scena della cassa che si spacca mostrando l’arca perduta che viene non notata da tutti come se fosse una cosetta da nulla).
Dopo una esplosione nucleare inopinata con il dottor Jones che si salva a malapena (vedere per credere come!) comincia un lungo inseguimento in Amazzonia e America latina per conquistare l’artefatto e capire a cosa serve esattamente. L’affascinante Irina è una tosta e la lotta per vincere durissima. Per cercare di portare a casa la nuova avventura, Jones avrà bisogno dell’aiuto di un giovane rampante in giubbotto nero e di una vecchia tenera amicizia.
La premiata ditta Spielberg e Lucas non tralascia proprio nulla per divertirsi in questo ottimo quarto chapter di Indiana Jones : umorismo (anche nelle sabbie mobili la battuta è presente), azione sfrenata nella natura ostile (le scene di inseguimento nella foresta sono strepitose), enigmi più o meno affascinanti (le solite chiavi anomale che possono aprire porte ma anche dare il via a terribili trappole) e una grandeur di mezzi senza precedenti, arrivando a ricostruire una città fasulla e fantasma che viene utilizzata per testare esperimenti atomici, formiche fameliche, mezzi anomali (pure un razzo ad alta velocità) cascate strepitose e strutture grandiose che si aprono e si chiudono in maniera macchiavellica ma affascinanti per il movimento che compiono durante la loro trasformazione da chiuse in aperte. Il tutto, sottolineato dalle musiche immortali di John Williams che non perdono il minimo smalto del tempo durante lo svolgimento dell’azione pura.
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Il difetto, se difetto può essere, è che succedono cose davvero irreali e senza il limite logico del fisico (prime fra tutti la scena del frigorifero, ma anche l‘omaggio a Tarzan e la lotta spadaccina sulle jeep), ma il tutto è talmente affascinante che prendiamo tutto per buono senza problemi e pensiamo solo ad appassionarci all’incalzare dell’avventura.
In una scena abbiamo nel campus una manifestazione anti-soviet con un cartello emblematico del clima di quegli anni, “Meglio morti che sovietici”, simbolo di quanto Spielberg voglia farci sentire dentro all’epoca del racconto. E in questa ottica ecco arrivare una megacitazione a Il selvaggio con Marlon Brando (moto in stile e giubbotto nero di pelle per Shia LaBeouf, reduce dai Transformers prodotti da Spielberg, davvero bravo e senza nessun timore reverenziale di fronte all’inossidabile Harrison Ford che alla sua età si lancia come un ragazzino dentro al pericolo, anche se la serpento fobia al suo personaggio non gli è ancora passata), una citazione agli Happy Days e a Ritorno al futuro con una movimentata scena nel bar.
Spielberg si sa che, insieme a Lucas, quando riprende film di questo genere è come un ragazzino nel paese dei balocchi che non ha freno, e non ha nessun timore a lasciarsi guidare dalla frenesia di fare il tutto tralasciando i dettagli (in una scena vi domanderete “Ma come ci sono arrivati lassù in così poco tempo?”, ci sono arrivati e basta, deve proseguire l’avventura e non ho tempo per gli appesantimenti temporali, sembra rispondervi una vocina da fuori schermo) volendo girare la giostra alla massima velocità, e dato che i suoi numeri registici sono prelibati e di qualità (ci sono dei movimenti di camere e delle riprese incredibili), i 125 minuti del film scorrono come se nulla fosse, e vorremmo avere la quinta avventura già pronta da vedere. Abbiamo praticamente aspettato 20 anni per questa, speriamo che non dovremo attendere altrettanti per quella nuova.
Il cast (con un simpatico omaggio fotografico a Sean Connery che qui non poteva esserci, l‘età ormai è davvero troppa) è a dir poco perfetto, partendo da Harrison Ford, al gradito ritorno di Karen Allen nella parte di Marion (ricordate la sfida a base di alcolici del primo film?), a John Hurt nel ruolo del professore impazzito che ha trovato per primo il teschio, a Shia LaBeouf perfetta new entry dal pettine sempre presente (il richiamo a Grease è d’obbligo in questo).
Ma sopra a tutti sta Cate Blanchett, nel ruolo della determinata e cattivissima spadaccina russa, dotata di poteri paranormali che nel film praticamente non usa (chi scrive pensava che usasse questi per fermare la formichina birichina) affascinante, atletica e decisa a portare avanti la scoperta conquistandola lei a tutti i costi. Un ritratto coinvolto e coinvolgente di un grande avversario per Indy.
Il film per chi non ha visto gli altri è fruibile senza problemi, basta mettersi in poltrona e divertirsi, il fatto di perdere alcune citazioni più o meno evidenti non è assolutamente un problema per capire la storia assolutamente slegata dagli altri capitoli (sappiate che il cappello Indiana non lo perde mai, in uno dei capitoli precedenti ci fu una battuta su questo, come se fosse incollato alla testa e quando gli cade lo riprende in qualunque situazione sia, tra l‘altro proprio il cappello annuncia l‘ingresso di Harrison Ford e chiude il film).
In definitiva un film affascinante per le sue connotazioni del mistero (vedrete anche le famose linee di Nazca, che si vedono solo dal cielo tanto sono grandi), divertentissimo, movimentato e altisonante nelle situazioni, che non delude minimamente e riprende senza stancare un personaggio immortale, autentica icona dell’avventura che non teme il passare degli anni, per molti un vecchio amico ritrovato che si pensava ormai perduto, a cui intelligentemente si sono affiancati dei personaggi validi e ben caratterizzati da chi li interpreta.
E'solo un grande intrattenimento, ma che vorremmo non finisse mai unendo stupore a ironia, che non vorremmo finisse mai, perdonandogli tutto. Bentornato Indy, quanto cazzo ci sei mancato!
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Reservation Road
Un film di Terry George. Con Joaquin Phoenix, Elle Fanning, Jennifer Connelly, Sean Curley, Samuel Ryan Finn, Eddie Alderson, Mark Ruffalo. Genere Drammatico, colore 102 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione C.D.I. - [Uscita nelle sale venerdì 23 maggio 2008]
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Trama: Due uomini, due storie, un unico tragico destino. Ethan Learner è l'amorevole padre di due bambini, un maschio, Josh, e una femmina, Emma, felicemente sposato con una bella moglie. Dwight Arno invece ha la vita a pezzi, è divorziato senza speranza di riappacificazione (la moglie vive già con un altro uomo) e vede il figlio Lucas, appassionato di baseball e tifoso dei Red Sox, solo nei giorni assegnati dal tribunale.
Una sera, preoccupato di fare tardi nel riportare il figlio, Dwight compie un terribile anche se involontario errore di guida : investe in un aerea di servizio Josh, uscito dalla macchina per liberare delle lucciole, e lo uccide. Terrorizzato fugge senza fermarsi. Ethan a quel punto vede la sua vita infranta e giura vendetta verso chi gli ha tolto una delle sue ragioni di vita. Ma anche la vita di Dwight eroso dal rimorso non è certo migliore. Giungerà prima il castigo privato o la giustizia?
Commento: Era tanto che non si vedeva un film sulla famiglia infranta per via di una perdita più o meno grave. Negli anni ottanta, complice film di culto come L'albero del male di Friedkin, lo stesso dell'Esorcista, il filone familiare con una minaccia all'interno del nucleo o un torto da riparare era florido (uno dei meglio riusciti fu Le mani sulla culla), la gente li guardava perchè erano ambiti vicini a loro, sentimentalmente se ne sentiva coinvolta. Le situazioni, gli oggetti e le persone erano vere, le paure riconosciute come possibili in ogni vita e non solo sullo schermo. Poi questi tipi di prodotti finirono sulla molto più vacua televisione in fiction che li snaturò in varia maniera producendo purtroppo solo intrattenimenti di poco conto, e il pubblico che voleva uscire dalle paure quotidiane e dal comune (forse ne vedeva già troppe di cose simili nella realtà) li snobbò decretando la fine di un sottogenere (il thriller familiare) mai veramente riconosciuto.
Questo Reservation Road (che indica la strada "prenotata" dal destino, in questo caso crudele) fa parte di questo filone familiare, che ha pochi protagonisti di norma in quanto tutto si svolge in zone ristrette e chiuse di una periferia in cui tutti si conoscono, i figuranti soffrono all'interno di mura che sono come prigioni perchè non trovano sfogo alle loro ansie. Pochi protagonisti magari, ma in questo caso davvero attori di buon livello.
Ethan (interpretato da Joaquin Phoenix, in versione barbuta e colta) è il professore buono e comprensivo, che ha costruito una famglia perfetta, sposato con la bella Grace (Jennifer Connelly, divenuta famosa come ragazza che comandava gli insetti in Phenomena di Argento) e padre di due figli perfetti, Josh ed Emma.
Dwight (Mark Ruffalo, lo avete visto anche in Zodiac) invece è un avvocato, ha una vita difficile perchè con un divorzio alle spalle non riesce a convivere a dovere con il figlio Lucas che vede solo nei fine settimana stabiliti. Una sera Lucas e Dwight fanno tardi alla partita di baseball della squadra di cui sono tifosi, i Red Sox, e per uan disattenzione di Dwight succede un terribile incidente : viene travolto e ucciso sul colpo Josh, il figlio di Ethan.
Dwight non si ferma perchè è terrorizzato dalle conseguenze del suo gesto, fugge via lasciando Ethan e Grace nella disperazione. Ma se Grace vuole provare a ricominciare dopo la tragedia, il marito è pervaso da una terribile sete di vendetta, che si acuisce quando la polizia brancola nel buio nel trovare il colpevole.
E le cose non vanno meglio neppure per Dwight, pervaso da terribili sensi di colpa che non lo lasciano stare. Poi a complicare le cose il fatto che il destino incrocia le vite e gli accadimenti quotidiani in maniera inaspettata.
Un film attualissimo ovviamente, con un tema scottante : come punire, sempre che lo si trovi, un pirata della strada? A quanto pare la soluzione sembra arrivare direttamente dall'interno di chi ha compiuto l'atto, la vera punizione sta nel terribile senso di colpa che pervade a posteriori, che ci punisce peggio di una prigione o di un tribunale. Dove la colpa è sempiterna e non solo limitata nel numero degli anni comminati a giudizio.
Purtroppo il film, oltre a mostrarci l'impotenza della polizia di fronte a queste cose e alla voglia di farsi giustizia da soli, è miope nel disegnare il tipo di pirata della strada, lo sceglie confortevole per la sua sceneggiatura in quanto Dwight è un uomo buono e non stava correndo ubriaco in auto, ha commesso unaterribile leggerezza e poi è fuggito per paura.
Ben diversa sarebbe stata la profondità di narrazione se al suo posto ci fosse stato un personaggio visibilmete negativo, un tossico oppure un malavitoso che fuggiva dalla polizia.
In uno dei più amari film italiani, Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli, con una vicenda lontana ma parametralmente simile a questa, vediamo consumarsi una vendetta che riteniamo giusta e consapevole, siamo totalmente dalla parte del padre tanto ingiustamente colpito, vediamo e scopriamo l'eruttare del dolore, qua sembra di doverci arroccare sulla difensiva, cerchiamo in un certo senso di capire come un atto tanto spregevole e vigliacco abbia delle giustificazioni reali dato che è stato fatto in maniera inconsapevole da un uomo non disprezzabile.
Quando si guida abbiamo in mano una potenziale arma di morte, quello fatto da Dwight è solo un colpo di pistola partito per caso dopo aver tolto la sicura, doppiamente colpevole in quanto normale persona e con il figlio sull'auto. In questa sorta di accondiscendenza il film ci tradisce, ci sconsola e si perde di profondità, relega le sensazioni a uno scavo psicologico inconsistente, ci mostra il dolore sui forum dei genitori con figli morti per "Hit and run".
Alla fine una scelta di sceneggiatura (il film si basa su una novella di John Burnham Schwartz) abbastanza banale condanna il film verso la mediocrità, dopo che per tutta la sua durata comunque ci ha interessati per il tema e abbiamo vissuto il dramma esistenziale opposto di chi ora ha un terribile vuoto nella vita e di chi lo ha provocato.
Il film si muove senza particolare frenesia, tutto è molto lento, come molto pacate sono le reazioni dei due genitori orfani del figlio (che era anche un bravo musicista, un ottimo scolaro e perfettamente a suo agio in famiglia) che contengono dentro di essi il dolore, non succede moltissimo e le intersezioni della sorpresa abbastanza prevedibili.
Bisogna pensare a quanto il regista Terry George (sceneggiatore di pellicole come "In nome del padre" e "The Boxeur" e autore del drammatico Hotel Rwanda) abbia voluto fare un film di denuncia per portare alla ribalta lo spinoso problema in una versione bifacciale, oppure doveva anche darci una pellicola valida da seguire come film vero e proprio e con un certo pathos di fondo. Se l'obbiettivo era il primo, operazione riuscita, anche per la buona prova di Phoenix, anonimi Ruffalo e la Connelly, per il secondo invece siamo molto lontani e parte del pubblico rimarrà delusa pensando che in fondo una simile vicenda poteva anche essere relegata a una fiction televisiva (e di fatto avrebbe avuto più spettatori).
In definitiva un film che elabora un tema assai spinoso in maniera erronea per essere sia denunciante che interessante, avrebbe dovuto diversificare meglio le situazioni e non limitarsi a intersecare in maniera vacua e prevedibile situazioni di contiguità familiare nella sua prosecuzione dopo la buona scena del fatto portante.
Un film che comunque ci fa pensare che abbiamo mentre siamo al volante, non solo la responsabilità sui passeggeri e su di noi, ma anche per tutti gli altri, anche se estranei, sono sulla strada. E non è certo un merito da poco.
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Sangue Pazzo
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Regia: Marco Tullio Giordana
Cast: Monica Bellucci, Alessio Boni, Luca Zingaretti, Tresy Taddei, Maurizio Donadoni
Anno di produzione: 2008
Durata: 150'
Tipologia: lungometraggio
Genere: drammatico/storico
Paese: Italia/Francia
Produzione: BI. BI. Film, Paradis Film, Orly Films; in collaborazione con Rai Cinema, Canal +
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Trama: 20 aprile 1945, 5 giorni prima della liberazione. Osvaldo Valenti, cocainomane attore di grande fama, e Luisa Ferida, anche lei attrice e sua amante senza particolari freni inibitori sessuali, vengono presi in ostaggio dai partigiani che li accusano di collaborazionismo con i fascisti e ne devono decidere le sorti. Inizia un lungo ricordo che ci mostra come i due divi dello schermo italiano siano arrivati a tale punto partendo dalla Roma del 1936 e gli anni del loro splendore sul grande schermo, quando recitavano davanti a folle ammirate e vivevano nella ricchezza.
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Commento: Durata extralarge per questo lavoro del bravo Marco Tullio Giordana, 150 minuti, mai comunque lungo quanto la sua opera più prestigiosa, La meglio gioventù (divisa in due parti al cinema in quanto dura quasi sei ore). Due ore e trenta minuti per raccontarci la storia di due amanti del periodo fascista, due famosi attori dell'era cosidetta dei "Telefoni bianchi", partendo dall'inizio in un lungo flash back e riavvolgendo la pellicola fino a ricongiungersi nella parte finale del film con la pizza completamente sistemata e pronta per una nuova proiezione (la stupenda sequenza iniziale e finale per le strade martoriate di una Milano post bellica con i due ragazzini indica proprio questo). Luisa Ferida (vero nome Luigia Manfrini Farnè) e Osvaldo Valenti furono tacciati dai partigiani di collaborazionismo fascista, dato che il loro cinema venne sostenuto dal partito di Mussolini e per vari motivi si trovarono sulla scena a contatto con degli esponenti a cui diedero il loro appoggio, senza mai però intervenire direttamente a colpire nessuna vita umana. Il 30 aprile 1945 ci fù un processo sommario a Milano che li giudicò.
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Non possiamo dirvi come andò (la fine se volete anticiparla la trovate cliccando in un sito di storia, Giordana è stato quanto mai rigoroso nel non stravolgerla) per non togliervi la sorpresa dato che il film non rivela subito la cosa. Il vero motivo della collaborazione ai fascisti (divenuta maggiormente presente dopo l'armistizio del 1943) stava nel fatto che Valenti era un cocainomane allo stato ormai irreversibile (in una scena del film intuirete che la Ferida sta praticandogli la masturbazione per lenirgli gli spasmi d'astinenza) e aveva bisogno continuamente di dosi, ormai introvabili in clima di guerra e reperibili solo conoscendo un crudele torturatore di partigiani come fu Koch, che operava in un ospedale dai dubbi intenti.
L'alleanza con il vero criminale era comunque limitata a una curiosità di filmare le vittime e una specie di soddisfazione nel fatto che ci fosse una donna che in tutto e per tutto era la controfigura di Luisa. Se Valenti era un drogato, la Ferida era una dissoluta che non esitava ad usare il sesso per i propri intenti, arrivando addirittura, per quei tempi, a sublimare la trasgressione con una storia lesbica. I due erano due famosi attori, cresciuta lei alla corte di Blasetti che la lanciò nel film Un'avventura di Salvator Rosa,dove tra l'altro incontrò il Valenti. Dovendo cercare in qualche modo di recitare e produrre film nel periodo bellico, dovettero andare al cinevillaggio di Venezia (come si vede nel film lei vinse anche un premio al Lido, che Osvaldo usa per tagliare la coca) gestito dai fascisti, per cui in sede di giudizio partigiano si attirarono ancora di più i sospetti. Valenti arrivò anche ad entrare nella X-mas divisione nel ruolo di un controllore di zona per salvaguardare se stesso e l'amante.
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Questa la storia, che il film di Giordana non varia nei suoi punti cardine. In più, a questa bella cronaca asciutta e composta, viene aggiunta solo una storia d'amore secondaria tra la Ferida e Golfiero (Alessio Boni), un regista indipendente che avversa il regime ed è costretto a scappare, dei figli che si perdono nella trama (uno è in gestione già avanzata nel giorno dell'annuncio, trionfale, della guerra, ma poi non ne viene più data menzione) ma il quadro d'insieme è perfettamente descritto con intento cronachistico preciso.
Il regista gioca d'iconografia quando ci fa vedere il vero contenuto delle pizze cinematografiche che i due amanti difendono strenuamente, cose che con l'amore per il cinema davvero contano nulla, tale e quale il destino della povera Irene (Tresy Taddei) con le perle che le sono state donate quasi che una maledizione possa cogliere chi distorce l'arte per il guadagno.
Bella anche la scena della scritta che scorre inneggiante al regime, una carrellata alfabetica in una città desolata e in rovina che dimostra, insieme ai cinegiornali deliberatamente trionfatori in un momento tutt'altro che sotto controllo, che alla fine dietro le grandi opere innegabilmente costruite c'è comunque una mano che non permette la voce contraria che si erge ad opposizione (la figura di Golfiero sintetizza proprio questo).
I due attori sono diametralmente valutabili nella recitazione : Zingaretti è coinvolto e istrione, riesce a fare la parte del guascone sempre pronto allo scherno in maniera perfetta, la Bellucci tanto per cambiare fa la donna che non ha molti freni sessuali (non la prostituta vera e propria come al solito), utilizza bene il suo corpo nel mostrarlo ma ancora una volta la sua capacità attoriale è veramente disarmante. Giordana ha pensato a lei per incarnare facilmente il personaggio ma non al fatto che avrebbe dovuto anche inscenarlo bene.
Indipentemente da questo fatto ampiamente prevedibile, il film si può consigliare tranquillamente per una visione interessante e valida, ideale per cineforum, per conoscere la storia di due persone nel loro tempo famose che devono giocare con il fuoco non per ideologia ("Osvaldo, tu non ne sai nulla di politica!") ma per colpa dei loro vizi.
Il periodo storico viene meglio focalizzato con degli inserti di repertorio in bianco e nero, e lo sfondo, senza perdere di vista la storia personale, è ben costruito.
In definitiva un buon film che degnamente rappresenta un periodo storico attraverso al storia di due persone, che non pesa nonostante la durata e che può fornire spunti di riflessione ben circostanziati.
Cinematograficamente strepitosa, come detto, l'apertura e la chiusura del film.
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La setta delle tenebre
(Rise)
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Un film di Sebastian Gutierrez. Con Lucy Liu, Michael Chiklis, Carla Gugino, James D'Arcy, Samaire Armstrong, Paul Cassell, Robert Forster, Zach Gilford, Margo Harshman, Marilyn Manson. Genere Horror, colore 94 minuti. - Produzione USA, Nuova Zelanda 2007. - Distribuzione Eagle Pictures - [Uscita nelle sale venerdì 23 maggio 2008]
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Trama: Sadie, una giornalista, si rende conto che dietro un gruppo dark c'è ben altro che un indirizzo tematico di vita, e incomincia ad indagare. La serie di atroci delitti, i corpi orribilmente straziati, indicano che i riti che compiono sono una terribile maledizione atavica alla quale Sadie stessa non riesce a rimanere estranea e ne viene pienamente coinvolta.
A quel punto la coraggiosa reporter deve decidere se porre fine a questa scia di orrore oppure saltare dall'altra parte della barricata. In ogni caso, il sangue dovrà scorrere ...
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Commento: Sta diventando davvero una pessima abitudine senza quella di voler introdurre a tutti i costi una attrice bella e famosa (magari con qualche piccola scena un po' osè) in film horror di valore praticamente nullo, che molte volte sono remake (il caso più vicino è quello di The Eye con Jessica Alba, ma anche stimate attrici come Hilary Swank ci caddero dentro malamente) buoni solo per teen ager di facile accondiscendenza e scarse voglie di provare veri brividi ma solo magari di portare l'amica al cinema sperando in qualche abbraccio dovuto alle scene pathos. In questo scarsissimo La setta delle tenebre (in originale Rise, cioè alzarsi, indicando la rinascita della protagonista per i motivi che leggerete dopo) si narrano le gesta di una giornalista che per nulla convinta della genuinità di un gruppo dark scoperto su internet, inizia delle indagini private che la portano a conoscere la vera motivazione dei terribili omicidi. Dietro al paravento abbiamo una sorta di vampiri anomali (la luce del giorno infastidisce ma non li polverizza), che la trasformano anch'essa in una creatura dannata e maledetta.
Ma il loro piano non funziona : risvegliatasi all'obitorio Sadie (Lucy Liu, la sua migliore interpetazione è stata sicuramente quella della capo Yakuza O-ren in Kill Bill di Tarantino, piccola presenza anche per una altra icona Quentiniana, Robert Foster il co-protagonista di Jackie Brown) diventa una di loro ma rimane schierata dall'altra parte della barricata, e medita vendetta aiutata da un alchimista che le confeziona una mini-balestra e delle frecce ad hoc per uccidere la schiera dei maledetti. Ma Sadie deve affrontare un altro problema : il nutrimento, che anche se è una vampira cosidetta buona, qualcosa deve mangiare e non può farlo solo con i nemici.
Un film che cerca di mischiare azione e orrore, con un pizzico di peccaminoso (ogni volta che Eve, una delle vampire della setta interpretata dalla avvenente Carla Gugino ormai lontana dagli stereotipi della mamma degli Spy kids, circuisce le vittime lo fa ammiccando sessualmente e quasi tutti i pasti vampirico/cannibali poi sono sul letto) ma che di fatto esaurisce la sua carica emotiva nella prima scena lesbo saffica e poi prosegue blandamente con un lungo flash-back senza fascino e con situazioni abusate (anche quella Halloween style della ragazza che si rifugia in un armadio da cui filtra la luce). Lucy Liu ce la mette tutta per reggere il personaggio, anche con delle scene in cui si propone in casti nude look, ma la sceneggiatura è davvero la fiera delle banalità. Già la cosa così come è messa sembra la versione povera e femminile di Blade, poi se mettiamo un servo thailandese o giù di lì, dei vampiri anomali belli ed affascinanti vestiti Gucci o Armani che vivono in ville gigantesche, un granitico commissario (interpretato da Michael Chiklis, lo stesso che fa la Cosa nei Fantastici 4 ed è il protagonista della serie The Shield) con alle spalle un grande dolore da vendicare, capiamo che in fondo il prodotto rimane nella norma delle pellicole abuliche di idee e che pensa che qualche piccola variazione sul tema, qualche bella ragazza e un po'di sangue sparso, possa soddisfare la platea con poco sforzo e chiudere il tutto.
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Sebastian Gutierrez, sceneggiatore di Gothika e Snakes on a Plane, non fa il minimo sforzo per dare qualche inquadratura interessante, qualche volo di fantasia nelle riprese, e rimane tanto scolastico ed accademico nel mostrare, che anche i meccanismi della paura pura che antecedono il fatto shock (presa, fuga, morte) sono banalissimi lasciandoci totalmente indifferenti e privi di brividi, penalizzati da una fotografia che non accentua il senso di scuro e maligno a dovere, limitandosi solo a virare leggermente verso il blu/azzurro secondo lo stile introdotto da Saw (che lo fece verso il verde).
La trovata della mini balestra non è sicuramente il massimo, sembra quasi che per allinearsi alla moda con cui sono vestiti i protagonisti si debba fare un'arma che stia nella pochette abbinata della signora, dato che poi viene usata senza che debba essere nascosta.
Gli effetti sanguinolenti sono in fondo nella norma, anche se per gli appassionati del genere sono solo piccoli stuzzichini in un mare di altro. Apparizione dell'icona Dark Marilyn Manson in una breve scena.
In definitiva un film morto nel suo nascere, poco coinvolgente e limitatamente splatter, che utilizza una attrice famosa solo per riempire con un nome altisonante il cartellone senza badare altro che a correre verso il finale nella maniera più facile possibile : un po' di sesso, qualche spruzzo di sangue, dei bei vestiti, una arma non convenzionale e tanta speranza di avere un pubblico di poche pretese che abbocchi per l'ennesima volta all'amo. Da film simili ormai non conviene apsettarsi nulla, fortunatamente finiranno anche le star che vorranno interpretarlo sperando che qualcuna, magari a corto di scritture, non voglia ricaderci.
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Il Divo
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Un film di Paolo Sorrentino. Con Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Piera Degli Esposti, Alberto Cracco, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giovanni Vettorazzo. Genere Drammatico, colore 110 minuti. - Produzione Italia 2008. - Distribuzione Lucky Red
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Trama: Una interpretazione feroce ed amara della vita di Giulio Andreotti, uomo politico oggi quasi novantenne, sette volte presidente del consiglio e che ha subito pesanti accuse di collusione con la mafia. Alla fine dei vari processi venne assolto dalle accuse. Fu chiamato in molti modi, uno di questi fu Divo Giulio, richiamando con esso la sua importanza nella scena politica italiana e il suo essere sempre al centro dell'attenzione durante la sua carriera, dove divenne famoso anche per le sue frasi taglienti ed ironiche.
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Commento: Film vincitore del Premio Speciale della Giuria al festival di Cannes. Finalmente arriva sui nostri grandi schermi (su quelli piccoli si spera arrivi a tempo debito) l'ultimo attesissimo film di Paolo Sorrentino, l'autore di ottimi film come Le conseguenze dell'amore e L'amico di famiglia con il suo attore feticcio Toni Servillo, strepitoso nel dare volto a un ritratto lucido, intenso e al tempo stesso amaro di un personaggio carismatico come Giulio Andreotti. Il film parte in maniera strepitosa, con un Andreotti che pratica
l'agopuntura per poter lenire i dolori da emicrania che tutti i pensieri e le preoccupazioni gli hanno procurato. Quasi a voler liberare ogni male raccontandolo, ecco che parte il film (con la stessa grafia dei titoli di Gomorra sia nell'apertura che nella chiusura, solo che nel film di Garrone è di colore rosa e in questo rossa) che ci narra di come il Divo Giulio (nomignolo datogli da Carmine Pecorelli) si debba scontrare con le accuse di collusione con la mafia mossegli da vari pentiti e riprese dai tribunali di Palermo e Perugia durante gli ultimi anni della sua vita politica. Andreotti, secondo il film, aveva intessuto attraverso il suo entourage, cosidetta la sua corrente (definita "cattiva corrente", che comprende anche influenti personaggi ecclesiastici), una fitta ragnatela di stratificati rapporti politico sociali per ottenere benefici di vario tipo. I sospetti che potesse avere dei forti interessi con cosa nostra furono alimentati dal fatto che due persone come il generale Dalla Chiesa e Mino Pecorelli furono barbaramente assassinati dopo aver in vari modi cercato di dimostrare questo teorema.
Con il solito modo asciutto e totalmente rigoroso (le inquadrature se possibile sono ancora più fisse e squadrate del solito) Sorrentino si concentra a mostrare la propria interpretazione del flusso degli eventi, con intelligenza mette anche delle scritte, in rosso, sullo schermo che dicono periodo e nome del personaggio, ce ne sono tantissimi citati, da Cirino Pomicino, Totò Riina, Giovanni Cossiga, Sindona e Calvi, ma anche Falcone e la sua barbara uccisione (favolosa la scena dell'auto che ricade simulando la dinamica dell'attentato avvenuto lungo l'autostrada). Non tutti sono a conoscenza di ogni cosa, per cui questo didascalico lavoro allarga la comprensione del bacino di spettatori. Ma il regista non fa solo questo : aiutato da un Servillo in stato di grazia (in un monologo disperato ad alta voce vi farà venire i brividi), scava nel personaggio e ce lo dona come un uomo accentratore, eroso dalla sete di potere ma metodico, che non rinuncia alla passeggiata notturna seguito a passo d'uomo dalla scorta. Si ferma assorto davanti a un macellaio (il mondo politico come una sorta di mattatoio) e sente Renato Zero in televisione che canta "I migliori anni della nostra vita" con l'unica persona di cui può veramente fidarsi, la moglie Livia interpretata da Anna Bonaiuto.
Oltre a questo toccante momento da segnalare la scena dell'arrivo in gruppo dei collaboratori, tutti in nero, che sembra l'arrivo delle Iene di Tarantino e che sembra più una banda mafiosa che un gruppo politico.
I movimenti di Servillo sono rigidi per via della famosa posizione china a gobba (sull'argomento sentirete anche la famosa battuta di Beppe Grillo "Non sapremo mai la verità su Andreotti, la sapremo quando morirà e gli toglieranno la scatola nera dalla gobba...") e ricalcano perfettamente quelli reali, aumentando la similitudine.
Il disegno si completa con la figura dei personaggi laterali a volte godibilissimi, a volte soggiogati dalla personalità di Andreotti, sopratutto con il personaggio di Cirino Pomicino (un Carlo Bucirosso che si muove quasi come un folletto), mettendo in scena anche scene grottesco stairiche come quella del ballo dei festeggiamenti iniziali.
Mettendoci nei panni di Andreotti, sicuramente il film è decisamente sopra le righe e la definizione da parte sua "Una mascalzonata" la possiamo capire benissimo, perchè è indiscutibile che una pellicola tanto ferocemente critica non è facile da digerire, sopratutto perchè davvero monodirezionale nel presentarsi, non aspettatevi cambi di direzione nel presentare da parte di Sorrentino la propria visione (a pollice verso sul Divo). L'inossidabile e granitico uomo politico non si muove dalle sue posizioni di un centimetro, ed ha il terribile rammarico di non essere mai diventato Presidente della Repubblica. Sui fotogrammi finali l'esito dei suoi processi con la scritta Il Divo che diventa sempre più grande e fagocita il tutto. Il paragone con Il caimano morettiano è d'obbligo, ma diversamente da quella pellicola su Berlusconi qui tutto è oscuro, sotteraneo e molto più graffiante per una serietà di fondo più marcata.
Facciamo notare l'inserimento delle musiche, molte volte inadatte e fracassone per dare ridondanza, maggiore rigore anche sonoro sarebbe stato gradito, mentre la fotografia quasi sempre oscura fa davvero un bel clima d'effetto.
In definitiva un film costruito benissimo, con un superbo interprete a dir poco eccezionale, calato negli anni che racconta con grande rigore filmico. Ha il difetto di essere assolutamente un film che non ha pietà o bidirezione nel raccontare calunnie, sospetti e macchinazioni possibili passate, ma incredibilmente consegna stupendamente la figura di un uomo comunque forte, intelligente e dominatore. E in fondo questo, a un sarcastico come Andreotti, non può essere sfuggito. Sorrentino si dimostra un grande cantore pieno di qualità, e gli artisti che si impegnano tanto per fornire un biopic tanto affascinante e storicamente corretto in date e situazioni (aderente alla realtà o meno nelle accuse è da vedere, ma questo è un altro discorso) hanno dalla loro l'eredità di grandi registi di denuncia e fortunatamente sanno riconciliarci con il cinema italiano.
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Tropa de Elite - Gli squadroni della morte
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(Tropa de Elite)
Un film di José Padilha. Con Wagner Moura, Caio Junqueira, Maria Ribeiro, André Ramiro, Fernanda Machado, Milhem Cortaz. Genere Azione, colore 115 minuti. - Produzione Brasile, Argentina 2007. - Distribuzione Mikado - [Uscita nelle sale venerdì 6 giugno 2008]
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Trama : Il bope è lo squadrone speciale d'assalto della polizia brasiliana, che viene chiamato ad agire contro i trafficanti delle favelas nelle condizioni di maggior pericolo e difficoltà. Uomini determinati e decisi, costruiti dopo un addestramento durissimo, hanno consacrato la loro vita al battaglione, e ne escono soltanto quando le condizioni di famiglia mutano : cioè quando gli nasce un figlio e non se la sentono più di rischiare la vita ogni giorno, ma prima devono trovare e formare un valido sostituto. Nel 1997, prima della visita del Papa, il capitano delle truppe d'elite Roberto Nascimento ci racconta la sua storia ...
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Commento: Davvero strano il destino di questo film di Josè Padilha (aveva diretto solo un film dal titolo Bus 174 ma è al primo vero esordio significativo), che in Brasile parecchi avevano visto molto prima di uscire al cinema, colpa di alcuni addetti ai lavori che avevano divulgato copie pirata. Quando poi fu presentato al festival di Berlino scorso, la sorpresa fu ancora maggiore in quanto gli fù assegnato l'Orso d'oro.
Tropa de Elite (in italia gli hanno messo il sottotitolo Gli squadroni della morte che potrebbe far pensare a una sorta di appendice del potere governativo per eliminare i nemici politici, ma invece è una divisione speciale della polizia brasiliana di Rio de Janerio e l'unica priva di corruzione, anche se utilizza metodi brutali) racconta la storia, narrata da lui in prima persona, del capitano Nascimento (Wagner Moura) che sta per avere un figlio dalla compagna Rosana, e decide di abbandonare la squadra speciale. Per farlo però deve prima compiere un ultima azione (catturare un piccolo boss di quartiere, Bayano, che spaccia droga nelle favelas) e istruire a sua immagine e somiglianza un altro soldato per sostituirlo.
Mentre la lotta ai trafficanti è resa ancora più difficile dalla corruzione di alcuni poliziotti della normale divisione, che oltre a lasciar andare alcuni traffici ne prendono anche il controllo, Nascimento si trova in mano anche un autentico problema di sicurezza perchè il Papa Giovanni Paolo II (il film si svolge nel 1997) decide di visitare e risiedere nella zona vicina alle favelas, cosa pericolosissima che richiede un coordinamento particolare per controllare un territorio tanto esplosivo e tormentato. Intanto i candidati alla sua sostituzione sono due : Neto Gouveia (interpretato da Caio Junqueira) e André Matias (André Ramiro) due giovani poliziotti idealisti, il primo impulsivo e l'altro riflessivo, delusi dal comportamento dei loro colleghi.
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Padilha utilizza la tecnica della camera a mano per introdurci in maniera più determinata nell'azione, sporcando la fotografia e utilizza la voce del capitano come narratore e sottofondo dell'esplicazione del suo pensiero, costruendo un film forte e cruento nelle immagini (le scene di tortura e le sparatorie nelle povere strade a cui il battaglione non si sottrae dal compiere sono del tutto esplicite) e criticando anche le decisioni del Papa di voler a tutti i costi esponenziare un rischio già alto venendo a visitare una zona tanto critica.
La polizia agisce in un clima di assoluto stallo con i trafficanti, sembra sia impossibile riuscire ad esercitare la legge per natura e per costrizione, e chi si esenta dall'essere corrotto ed è idealista viene minacciato e costretto ai margini (come la scena della cucina dimostra). Il regista affida ai discorsi di Matias la sua personale protesta, che mostra cme non bisogna fare di un erba un fascio, la polizia ha la corruzione in sè ma non è del tutto sporca, il popolo è informato con superficialità, e i ricchi spinellati e piccoli spacciatori sono i primi ipocriti ad alimentare i narcotraffici e poi a fare i moralisti per i comportamenti delle forze dell'ordine. L'unica soluzione sembra la lotta dura e pura, usando mezzi ancora peggiori di quelli dei criminali ma efficaci. Il capitano Nascimento lo crede fermamente, non ne può più di questa altalena tra dovere e giustizia che lo strazia (dolore calmato con le pillole) ma essendo di principi totalitari decide di chiudere la partita solo dopo che il suo seme sia diventato pianta, per poi uscire definitivamente dalla scena diretta dell'anticrimine. Un messaggio decisamente feroce ma alquanto deciso, senza mezzi termini come è tutto lo spirito del film che colpisce direttamente senza mai indecisioni, schierandosi dalla parte della giustizia condannando una parte del suo bracico armato ed esaltando l'altro. Per mostrare ancora meglio quanto sia duro essere del Bope c'è una parte di addestramento significativa, dove si cerca di epurare ogni cellula indegna con la forza precorrendo la filosofia successiva del modo in cui essa va applicata in strada (ci sono ampie inquadrature delle case fatiscenti e dei vicoli delle favelas ad iconizzarne la povertà). Il fine giustifica i mezzi qualunque essi siano, anche se a volte la misisone diventa cieca e si esagera tanto che anche alcuni componenti della truppa di elite non resistono e fanno dietro front.
E'un buon film di denuncia senza particolari giri di parole, ma decisamente ci sembra sopravvalutato per meritare encomi particolari dato che di film che trattano il tema così se ne sono già visti e questo si disperde parecchio nel flettere i muscoli (come ambientazioni consigliamo l'ottimo City of God di Fernando Meirelles), condensando le frasi esplicative ed allungando l'azione (e qualche volta in maniera ripetitiva, come le torture con la busta tutte uguali). L'intervento massiccio dei Weinstein in produzione potrebbe aver condizionato la gestione del film per renderlo più appetibile, preferiamo dare il beneplacito dell'autore imperfetto al regista per un tentativo almeno d'effetto senza particolari storture di fondo. Gli attori (praticamente tutti degli sconosciuti per noi) reggono bene la scena nella parte di vittime o carnefici.
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In definitiva un film di denuncia di grande impatto visivo per le violente scene d'azione e tortura, che ci mostra la realtà nuda e cruda senza romanzature troppo sopra le righe, ma che data l'ottima ambientazione poteva anche fornire un prodotto finale più profondo e magari fornire anche qualche altro spunto di lettura che coinvolgesse meglio la realtà sociale e del perchè nelle favelas gli spacciatori a vari livelli non sembrano avere altra possibilità di attività di commercio. Sentiamo di consigliarlo tranquillamente perchè rappresenta un modo di fare cinema duro e spietato che non può non coinvolgere. La camera a mano (non in visuale diretta stile Rec o Cloverfield) dopo un inizio frenetico segue i personaggi con maggior calma, per cui chi teme questo tipo di riprese non abbia motivo di preoccuparsi.
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Quando tutto cambia
(Then She Found Me)
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Un film di Helen Hunt. Con Helen Hunt, Colin Firth, Bette Midler, Matthew Broderick, Ben Shenkman, Lynn Cohen, John Benjamin Hickey, Salman Rushdie. Genere Commedia, colore 100 minuti. - Produzione USA 2007. - Distribuzione Medusa - [Uscita nelle sale venerdì 6 giugno 2008]
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Trama: April è una insegnante oggi quarantenne che sin dalla più tenera età è stata abbandonata dalla madre ed accolta con gioia da una famiglia ebraica. Sposatasi con un amico di infanzia, cerca di avere un figlio ma la coppia non vi riesce. Dopo essere stata lasciata dal marito che non regge la pressione psicologica, April trova conforto nel padre divorziato di uno dei suoi alunni, tutto sembra volgere al meglio per una nuova relazione più solida e duratura, ma come un ciclone spunta la madre biologica di April. L'insegnante tra l'altro deve anche affrontare altri problemi ...
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Commento: Helen Hunt scrive, dirige, co-sceneggia, recita e produce questa commedia sui generis che narra di buoni sentimenti, di persone che ritornano e di uomini che vengono parametrati nel giudizio. Il titolo italiano vuole riportare al ricordo un film che rimarrà ben più famoso di questo, quel Qualcosa è cambiato del 1997 che vide sempre la Hunt al fianco di un istrione come Nicholson, coppia che vinse l'Oscar negli attori protagonisti, mentre il titolo originale Then She Found Me ("Poi lei mi trovò") riguarda il punto centrale della storia e delle adozioni, che possiamo tranquillamente rivelare nel sunto della trama in quanto si scopre subito nel film. April (la Hunt), ha quaranta anni, fa l'insegnante, è stata adottata da una famiglia ebraica e ha sposato Ben (Matthew Broderick, fu un tempo il ragazzino di Wargames giochi di guerra) un eterno Peter Pan terrorizzato dagli impegni familiari e dalla voglia di lei di avere un bambino. Lui gli dice che vuole una vita diversa e vuole andare via, fanno per l'ultima volta l'amore e poi lei cade in uno stato di profonda frustazione. Ma April può far tutto tranne che rilassarsi : muore la mamma adottiva, arriva la madre biologica Bernice (Bette Midler, ve la ricorderete per alcune belle commedie anni '80 come Per favore ammazzatemi mia moglie e Affari d'oro) e incontra il padre di uno dei suoi piccoli alunni, Frank (Colin Firth) uomo divorziato ma serio e deciso del tutto diverso da suo marito.
E le sorprese non finiscono qui, perchè la vita riserva altre cose più o meno gradite.
Dalla lettura della trama sembrerebbe che il vortice continuo di sorprese possa riservare una commedia spumeggiante di grande ritmo, sostenuta da dei buoni caratteristi che regalano simpatia e divertimento dando qualche buono spunto morale. Purtroppo la voglia di tenerezza a tutti i costi deprime lo spirito del film e lo rende monotono, le cose avvengono e la vita della protagonista subisce variazioni, ma il tutto è affrontato all'acqua di rose e i tic nervosi di una raggrinzita Hunt non bastano per ricondurci a una coinvolgente e validante distrazione della serenità, come del resto le reazioni ogni volta che succede qualcosa non hanno neppure quella carica emotiva doverosa per imprimere forza e dare movimento alla storia. La morale del film è che tutto cambia per rimanere uguale, e nulla nella trama la sconforta questa teoria : qualcosa cambia come vedrete nel finale, una convinzione viene tradita e modificata ma è davvero un accadimento blando. Se il marito Ben è un inaffidabile eterno ragazzino (sottolineato da un cappellino con visiera che riconduce iconograficamente all'essere teen) anche April è una debole, non sa prendere una decisione come si deve e sono gli eventi (negativi e positvi) che la portano avanti e non la sua forza morale. Mentre la madre biologica è realizzata e determinata anche se ha compiuto un atto indegno anni prima lasciandola, lei si nasconde dietro la sua scarna posizione sociale (nella scena più bella del film lei arriva nel bagno di un lussuoso ristorante e lascia una piccola mancia rispetto a quelle consistenti delle ricche signore dicendo "Sono un insegnante"), si nasconde pure ai piccoli figli del suo possibile nuovo compagno e continua a chiedersi se è colpa sua di qualcosa.
Un clima inutilmente deprimente per un film di tale genere, senza voli di fantasia, che non esalta la visione da parte dello spettatore e che conduce nel torpore, e lei davvero non è l'immagine dell'araba fenice che rinasce dalle sue ceneri (come il logo di produzione del film potrebbe indurre) facendo perdere al suo personaggio ogni fascino.
Tra l'altro la Hunt si preoccupa tantissimo di apparire il più possibile (in maniera pudica) senza vesti, quasi che abbia tanta voglia di mostrare se stessa e comunque una giovinezza che le sue rughe tradiscono.
La commedia non decolla (Bette Midler poi è lontana dai ruoli tutte mossette che faceva ai tempi d'oro con gli Zucker, è compassata e molto intimista nei ragionamenti), i personaggi latitano (Colin Firth non fa altro che dire "I miei figli, i miei figli!" e poi praticamente non fa nulla per prendere con decisione April) e l'introspezione talmente mielosa da risultare monotona e priva di fascino.
Aggiungete qualche visita ginecologica con padri vari e incontri a tavola familiari con rito ebraico e il quadro compassato del qualunque è completo
Curiosa la presenza nel cast dello scrittore Salman Rushdie, quello tacciato di blasfemia e condannato a morte da Khomeini nell'88 per via dei versetti satanici, sfuggito alla condanna solo per essersi rifugiato in Inghilterra.
In definitiva un film dalle variazioni molteplici di poca penetrazione emotiva e ritmo di racconto blando, tradito dalla sua factotum Helen Hunt che si mette al centro del racconto quasi più per mostrarsi come persona che personaggio, che può piacere ai cuori molto teneri in voglia di cioccolato fuso di qualità non certo eccelsa, dato che i sentimenti li mette in campo ma non li fa giocare a dovere. Se volete andare per vedere una spumeggiante commedia magari invogliati dal cast, evitatelo perchè è tutt'altro.
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