Originariamente Scritto da
Arcobaleno
No, il premio della comunione con Dio è innanzitutto stare in sua compagnia. Quando è presente un inviato di Dio, stare in compagnia dell'inviato. Ma non finisce affatto qui, come sembri sostenere tu: il premio della comunione con Dio non possono essere né le malattie, né l'invecchiamento, né la morte, né l'infelicità per le ragioni precedenti o per altre ancora, come per esempio essere costretto a fare un lavoro che non ti piace.
Quindi, la speranza del credente va ben oltre ciò che affermi tu. Nessuno si fa ammazzare per sembrare una brava persona, ma perché il suo sacrificio estremo sia apprezzato innanzitutto da Dio.
No, il credente che mette in pratica gli insegnamenti divini aggiornati, non si limita a non rubare, non uccidere, non dire il falso, ecc., ma prende la propria croce e la porta, si sottopone a sacrifici e rinunce non gratuiti, ma per il bene del prossimo, che ne beneficia.
Ti faccio un esempio. E' in atto questa polemica con la dottoressa Fiammetta. Orbene, come è noto ho due fratelli maggiori entrambi sostenitori del sano egoismo. Grazie a questo, non solo si sono laureati in medicina, ma il maggiore ha ottenuto tre specializzazioni: psichiatria, neurologia ed è diventato pure psicanalista. Inoltre, superò gli esami sia per diventare aiuto primario, sia quelli per diventare primario.
Il tutto senza essere un genio, tant'è che al primo tentativo alla maturità venne respinto e a scuola ebbe le sue brave difficoltà, tant'è che venne iscritto a una scuola privata.
Probabilmente non divenne mai primario - in un ospedale importante è obiettivamente difficile -, ma aiuto primario sì; quanto all'altro fratello ottenne "solo" la specializzazione in ortopedia, perché quella gli interessava, e anch'egli superò gli esami per diventare aiuto primario e primario.
Lui pure non fu un genio, tant'è che non superò la maturità al primo tentativo e ebbe le sue difficoltà a scuola, tant'è che fu iscritto a una scuola privata.
Fu messo a capo della scuola per fisioterapisti a Milano.
C'è da dire che entrambi i miei fratelli furono mandati a scuola a 5 anni e mezzo, potendo i genitori scegliere se anticipare o posticipare l'inizio del percorso scolastico, causa la loro data di nascita.
Io, sostenitore dell'altruismo, presi la croce di curare mia madre, mia nonna vicina ai 90 anni e la gemella di mia madre, schizofrenica con alle spalle decine d'anni in ospedale psichiatrico e curata anche con elettroshock. Mio padre, nel frattempo, aveva smesso di mantenermi, anche su consiglio dei due fratelli invidiosi, perché io ero stato sempre con la mamma, mentre loro erano stati rinchiusi in un collegio per molti anni. Conclusione dovetti cercare lavoro per mantenermi, causa le limitatissime risorse finanziarie delle tre donne che avevo in casa, tutte con pensione minima o la sociale (zia malata).
C'è anche da dire che la pensione della nonna materna e della gemella di mia madre venivano ritirate dalla sorella minore di mia madre. Io sono convinto che costei trattenesse parte di quelle due pensioni, tant'è che non avanzava nulla per la mia eventuale sopravvivenza.
Quando per un periodo potei avere a disposizione interamente quelle due pensioni, immediatamente potei acquistare la nuova lavastoviglie, perché la prima si era guastata da tempo. Ero io a cucinare ed ero io ad amministrare il denaro.
Conclusione: dovetti abbandonare gli studi di medicina. Con un padre medico, che volle punirmi perché non sottoscrissi la sua relazione con l'assistente di poltrona, poi coronata da matrimonio, e con due fratelli medici, che vollero punirmi perché invidiosi.
Questo è quanto. Allora, il sano egoismo paga e l'altruismo no? Questa storia dice così, almeno dal punto di vista materiale, ma io sono convinto che se i miei fratelli mi avessero aiutato, magari regalando un po' del loro denaro alla madre sempre indigente - amministravo io il denaro perché lei non riusciva ad arrivare a fine settimana -, avrebbero potuto benissimo fare ugualmente carriera e io avrei potuto concludere gli studi. La controprova non c'è.