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Canto
Ti vidi nel tuo giorno nuziale
e t'invase una vampata di rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
E il baleno che s'accese nei tuoi occhi
(quale ch'esso fosse per me),
fu quando alla Beltà di più conforme
potesse svelarsi alla mia vista dolente.
Fu quel rossore, credo, pudore di fanciulla –
e ben si comprende che così fosse.
Ma un più fiero incendio quel baleno
sollevò – ahimè! – nel petto di colui
che ti vide nel tuo giorno nuziale,
allorché ti sorprese quell'acceso rossore,
quantunque felicità ti brillasse d'intorno
e il mondo fosse tutto amore innanzi a te.
Edgar Allan Poe
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Elogio alla morte
(ndr in realtà è un elogio alla vita)
Se la morte fosse un vivere quieto,
un bel lasciarsi andare,
un'acqua purissima e delicata
o deliberazione di un ventre,
io mi sarei già uccisa.
Ma poiché la morte è muraglia,
dolore, ostinazione violenta,
io magicamente resisto.
Che tu mi copra di insulti,
di pedate, di baci, di abbandoni,
che tu mi lasci e poi ritorni senza un perché
o senza variare di senso
nel largo delle mie ginocchia,
a me non importa perché tu mi fai vivere,
perché mi ripari da quel gorgo
di inaudita dolcezza,
da quel miele tumefatto e impreciso
che è la morte di ogni poeta.
Alda Merini
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I RAGAZZI CHE SI AMANO
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
JACQUES PREVERT
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È una gran fortuna
È gran fortuna
non sapere esattamente
in che mondo si vive.
Bisognerebbe
esistere molto a lungo,
decisamente più a lungo
del mondo stesso.
Conoscere altri mondi,
non fosse che per un confronto.
Elevarsi al di sopra del corpo
che non sa fare nulla così bene
come limitare
e creare difficoltà.
Nell’interesse della ricerca,
chiarezza della visione
e di conclusioni definitive,
trascendere il tempo
dove ogni cosa corre e turbina.
Da questa prospettiva,
addio per sempre
particolari ed episodi!
Contare i giorni della settimana
dovrebbe sembrare
un’attività priva di senso,
imbucare una lettera
una stupida ragazzata
La scritta "non calpestare le aiuole"
Una scritta folle.
W. Szymborska
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Le tre parole più strane
Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.
Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.
Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualche cosa che non entra in alcun nulla.
(Wisława Szymborska)
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5 maggio
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
5 così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
10 orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
15 quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
20 e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrà.
25 Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
30 dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
35 del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
40 serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
45 la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
50 l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
55 E sparve, e i dì nell’ozio
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
60 e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
65 scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
70 narrar sé stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
75 chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
80 tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
85 Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo
e in più spirabil aere
90 pietosa il trasportò;
e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
95 dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
100 ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
105 il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.
ALESSANDRO MANZONI
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Ragazza in minigonna che legge la Bibbia davanti alla mia finestra
domenica. sto mangiando
un pompelmo. a ovest
nella chiesa russa ortodossa
è finita la funzione.
lei è bruna
d’origine orientale,
i grandi occhi castani si alzano e si abbassano
sulla bibbia, una piccola bibbia rossa
e nera, e mentre legge
le si muovono le gambe senza posa,
fa un lento ballo ritmico
leggendo la sua bibbia…
lunghi orecchini d’oro;
2 braccialetti d’oro su ogni polso,
ed è, immagino, un minivestito,
la stoffa le fascia il corpo,
quella stoffa è la più lieve delle abbronzature,
si torce di qua e di là,
giovani gambe lunghe calde al sole…
impossibile sfuggire alla sua esistenza
impossibile desiderare…
la mia radio suona musica sinfonica
che lei non può sentire
mai suoi movimenti coincidono esattamente
con i ritmi
della sinfonia…
è bruna, è bruna
e legge la parola di Dio.
io sono Dio.
Charles Bukowski
https://le-citazioni.it/media/author...s-bukowski.jpg
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La cremazione
Contro il sistema della cremazione
Protestano con ira i collitorti
I gesuiti ed i preti retrivi;
Noi non cremiam che i morti,
La Santa Inquisizione
Preferì sempre di cremare i vivi.
Antonio Ghislanzoni
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Pater noster
Padre nostro che sei cieli
Restaci pure
Quanto a noi resteremo sulla terra
Che a volte è cosi bella
Con tutti i suoi misteri di New York
Seguiti dai misteri di Parigi
Che valgon bene quello della Santa Trinità
Con il suo piccolo canale dell’Ourcq
E la sua grande muraglia Cinese
Il suo fiume di Morlaix
E le sue caramelle di Cambrai
Con il suo oceano Pacifico
E le sue vasche delle Tuileries
Con i suoi buoni bambini e i suoi cattivi soggetti
Con tutte le meravigliose meraviglie del mondo
Che se stanno sulla terra
Offerte a tutti quanti
Sparpagliate
Meravigliate anch’esse d’essere delle tali meraviglie
Tanto che non ardiscono confessarlo a se stesse
Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa
E con tutte le orribili sofferenze del mondo
Che son legione
Con i loro legionari
Con i loro reziari
Con i signori e padroni del mondo
Ciascun padrone con i suoi predicatori i suoi traditori
i suoi predatori
Con le stagioni
Con gli anni
Con le belle ragazze e i poveri coglioni
Con la paglia della miseria che marcisce nell’acciaio
dei cannoni
Jacques Prevert
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Noi siamo i figli dei padri ammalati:
aquile al tempo di mutar le piume,
svolazziam muti, attoniti, affamati,
sull'agonia di un nume.
Nebbia remota è lo splendor dell'arca,
e già all'idolo d'or torna l'umano,
e dal vertice sacro il patriarca
s'attende invano;
s'attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
e invan l'esausta vergine s'abbranca
ai lembi del Sudario...
Casto poeta che l 'Italia adora, (*)
vegliardo in sante visioni assorto,
tu puoi morir!... Degli antecristi è l'ora!
Cristo è rimorto !
O nemico lettor, canto la Noia,
l'eredità del dubbio e dell'ignoto,
il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boia, il tuo cielo,
e il tuo loto !
Canto litane di martire e d'empio;
canto gli amori dei sette peccati
che mi stanno nel cor, come in un tempio,
inginocchiati.
Canto le ebbrezze dei bagni d'azzurro,
e l'Ideale che annega nel fango...
Non irrider, fratello, al mio sussurro,
se qualche volta piango:
giacché più del mio pallido demone,
odio il minio e la maschera al pensiero,
giacché canto una misera canzone,
ma canto il vero!
Emilio Praga
* Manzoni
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Il canto dell'odio
poesie
Quando tu dormirai dimenticata
sotto la terra grassa
e la croce di Dio sarà piantata
ritta sulla tua cassa
quando ti coleran marcie le gote
entro i denti malfermi
e nelle occhiaie tue fetenti e vuote
brulicheranno i vermi,
per te quel sonno che per altri è pace
sarà strazio novello
e un rimorso verrà freddo, tenace,
a morderti il cervello.
Un rimorso acutissimo e atroce
verrà nella tua fossa
a dispetto di Dio, della sua croce,
a rosicchiarti l'ossa.
Io sarò quel rimorso.
Io te cercando
entro la notte cupa
lamia che fugge il dì, verrò latrando
come latra una lupa;
io con quest'ugne scaverò la terra
per te fatta letame
e il turpe legno schioderò che serra
la tua carogna infame.
Oh, come nel tuo core ancor vermiglio
sazierò l'odio antico,
oh, con che gioia affonderò l'artiglio
nel tuo ventre impudico!
Sul tuo putrido ventre accoccolato
io poserò in eterno,
spettro della vendetta e del peccato,
spavento dell'inferno:
ed all'orecchio tuo che fu sì bello
sussurrerò implacato
detti che bruceranno il tuo cervello
come un ferro infuocato.
Quando tu mi dirai: perché mi mordi
e di velen m'imbevi?
Io ti risponderò: non ti ricordi
che bei capelli avevi?
Non ti ricordi dei capelli biondi
che ti coprian le spalle
e degli occhi nerissimi, profondi,
pieni di fiamme gialle?
E delle audacie del tuo busto
e dell'opulenza dell'anca?
Non ti ricordi più com'eri bella,
provocatrice e bianca?
Ma non sei dunque tu che nudo il petto
agli occhi altrui porgesti
e, spumante Licisca, entro al tuo letto
passar la via facesti?
Ma non sei tu che agli ebbri ed ai soldati
spalancasti le braccia,
che discendesti a baci innominati
e a me ridesti in faccia?
Ed io t'amavo, ed io ti son caduto
pregando innanzi e, vedi,
quando tu mi guardavi, avrei voluto
morir sotto ai tuoi piedi.
Perché negare - a me che pur t'amavo -
uno sguardo gentile,
quando per te mi sarei fatto schiavo,
mi sarei fatto vile?
Perché m'hai detto no quando carponi
misericordia chiesi
e sulla strada intanto i tuoi lenoni
aspettavan gli inglesi?
Hai riso? Senti! Dal sepolcro cavo
questa tua rea carogna,
nuda la carne tua che tanto amavo
l'inchiodo sulla gogna,
e son la gogna i versi ov'io ti danno
al vituperio eterno,
a pene che rimpianger ti faranno
le pene dell'inferno.
Qui rimorir ti faccio, oh maledetta,
piano a colpi di spillo,
e la vergogna tua, la mia vendetta
tra gli occhi ti sigillo.
(Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti)
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Il Guerrini è estremo wow. La conoscevo comunque
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William Butler Yeats
Navigando verso Bisanzio
I.
Questo non è un paese per vecchi. I giovani
L’uno nelle braccia dell’altro, gli uccelli sugli alberi
– Quelle generazioni mortali – intenti al loro canto,
Le cascate ricche di salmoni, i mari gremiti di sgombri,
Pesce, carne, o volatile, per tutta l'estate non fanno che esaltare
Tutto ciò che è generato, che nasce, e che muore.
Presi da quella musica sensuale tutti trascurano
I monumenti dell’intelletto che non invecchia.
II.
Un uomo anziano non è che una cosa miserabile,
Una giacca stracciata su un bastone, a meno che
L’anima non batta le mani e canti, e canti più forte
Per ogni strappo nel suo abito mortale,
Né v’è altra scuola di canto se non lo studio
Dei monumenti della sua magnificenza;
E per questo io ho veleggiato sui mari e sono giunto
Alla sacra città di Bisanzio.
III.
O saggi che state nel fuoco sacro di Dio
Come nel mosaico dorato d’una parete,
Scendete dal sacro fuoco, discendete in una spirale,
E siate i maestri di canto della mia anima.
Consumate del tutto il mio cuore; malato di desiderio
E legato a un animale mortale,
Non sa quello che è; e accoglietemi
Nell’artificio dell'eternità.
IV.
Una volta fuori dalla natura non assumerò mai più
La mia forma corporea da una qualsiasi cosa naturale
Ma una forma quale creano gli orefici greci
Di oro battuto e di sfoglia d’oro
Per tener desto un Imperatore sonnolento;
Oppure posato su un ramo dorato a cantare
Ai signori e alle dame di Bisanzio
Di ciò che è passato, o che è, o che sarà.
Bisanzio
Si ritrae l’immagine spuria del giorno;
Le truppe dell’Imperatore a letto ubriache;
Si ritrae l’eco della notte, tema del nottambulo
Dopo un grande scampanio di cattedrale;
Una lucente cupola di stelle o di luna sdegna
Tutto ciò che è l’uomo,
Le sue mere complessità,
La rabbia e il pantano dell’indole umana.
Innanzi a me fluttua una figura, un’ombra o un uomo,
Più ombra che uomo, più figura che ombra;
Poiché Ade avvolto in fasce come una mummia
Può sbrogliare un sentiero intricato;
Una bocca senza saliva né respiro
Richiama bocche simili;
Salute al sovrumano;
Lo chiamo morte-in.vita e vita-in-morte.
Miracolo, uccello o dorato manufatto,
Più miracolo che uccello o manufatto,
Innestato al chiaro di stelle sul ramo dorato,
Può cantare come i galli dell’Ade,
O, amareggiato dalla luna, gridar disprezzo
– In gloria dell’immutabile metallo –
Al comune uccello o petalo
Ed ogni complessità o pantano o sangue.
A mezzanotte sul selciato dell’Imperatore sfavillano fiamme
Non alimentate da fascina, né appiccate da acciarino,
Né disturbate dai venti, fiamme generate da fiamma,
Dove gli spiriti generati dal sangue vengono
E tutte le complessità della rabbia se ne vanno,
Muoiono danzando,
Un’agonia di estasi,
Un’agonia di fiamma che non brucerebbe una manica.
Cavalcare pantano e sangue del delfino,
Spirito dopo Spirito! I maniscalchi fendono l’onda.
L’aurea mascalcia dell’Imperatore!
I marmi della sala da ballo
Fendono la rabbia amara delle complessità,
Quelle immagini che ancora
Partoriscono fresche immagini,
Quel mare tormentato di delfini e gong.
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Ad una in Paradiso
Eri per me quel tutto, amore,
per cui si struggeva la mia anima -
una verde isola nel mare, amore,
una fonte limpida, un'ara
di magici frutti e fiori adornata:
e tutti erano miei quei fiori.
Ah, sogno splendido e breve!
Stellata speranza, appena apparsa
e subito sopraffatta!
Una voce del Futuro mi grida
"Avanti, avanti!" - ma è sul Passato
(oscuro golfo!) che la mia anima aleggia
tacita, immobile, sgomenta!
Perché mai più oh, mai più per me
risplenderà quella luce di Vita!
Mai più - mai piu - mai più -
(è quel che il mare ripete
alle sabbie del lido) - mai più
rifiorirà un albero percosso dal fulmine,
né potrà più elevarsi un'aquila ferita.
Vivo, trasognato, giorni estatici,
e tutte le mie notturne visioni
mi riportano ai tuoi grigi occhi di luce,
laddove tu stessa ti porti e risplendi,
oh, in quali eteree danze,
lungo rivi che scorrono perenni.
Edgar Allan Poe
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Il giardino di Proserpina
Qua, dove il mondo non è che languore,
dove ogni affanno in una rissa affonda
di esausti venti ed ogni onda muore
in sogno che in incerto sogno esonda,
io crescere guardo il verde dei campi
per chi seminando o mietendo stampi
qua le orme, senza che il sole avvampi,
di correnti una plaga sonnibonda.
Sono stanco di lacrime e di risa,
stanco di chi che sia in riso o in pianto,
come degli uomini, cui il fato ha arriso,
che gettan seme per averne tanto.
Sono stanco dei giorni e delle ore,
di gemma in boccio o di sterile fiore,
di sogni e desideri e di vigore,
di tutto a cui il letargo non fa manto.
Qua la vita ha la morte per amica,
lungi da occhi e orecchi umido vento
insieme al flutto cereo si affatica,
spiriti vanno in frale bastimento
alla deriva e ignorano la forza
che li spinge: ogni onda qua si smorza,
ogni cosa che cresce non fa scorza…
Vanno dove non sanno, senza vento.
Qua cespuglio non cresce né brughiera,
né la vigna né l’erica fiorisce,
ma Proserpina ha verdi vigne a schiera,
il papavero in boccio si avvilisce,
coltre di giunchi flessuosa, grigia,
dove foglia non spunta e arrossa, stigia,
se non questa dalla quale ella pigia
ai morti un morto vino, che sfinisce.
Pallidi, senza numero né nome,
per i campi mai di spighe fecondi
vanno e tra loro chinano le chiome e
si accasciano in sonno, finché non sgrondi
un albore, e com’è senza compagna
un’anima negl’inferi, ristagna
fra nubi e brume una luce terragna
nella foschia, con raggi vagabondi.
Se di sette tu avessi anche il vigore,
pur le soglie varcherai della morte,
né con ali ti desterai al chiarore
dei cieli, né tormenti avrai per sorte;
anche se la bellezza hai di una rosa,
svanirà come nube sfarsi acquosa,
anche se un amore con te riposa,
nessun bene alla fine resta forte.
Pallida, oltre il portico e il portale,
d’inerti foglie incoronata, siede
colei che coglie ogni cosa mortale
con fredde mani immortali, e non cede;
più soavi ha le labbra di languore
che non son quelle offerte per amore,
che la teme, per chi le rende onore
e in tempi e in luoghi vari ebbe egli sede.
Ella attende chiunque e mai non serra
la sua maestà a chi è nato, ch’ella attende;
la sua madre dimentica, la Terra,
la spiga che si erge e il frutto che pende,
la rondine e il seme che a primavera
volano a lei, dove non è foriera
di canti mai l’estate e sempre è sera,
dove, vi fosse, ogni fiore si arrende.
Là se ne vanno gli amori appassiti,
quei vecchi amori con le ali pesanti,
là tutti gli anni che sono finiti,
ogni cosa che il disastro ha davanti;
morti sogni di giorni abbandonati,
boccioli dalla neve castigati,
fogliami dai venti ai boschi strappati,
di verdi fasti rossi stracci erranti.
Del dolore non siamo mai sicuri
e sicuri nemmeno della gioia;
i dì presenti non saran futuri;
delle umane lusinghe il tempo ha noia;
e l’amore, irritabile e ormai fiacco,
sospira senza rimpianti un distacco,
con occhi smemorati di ogni scacco
piange, e si chiede perché presto muoia.
Da un amore eccessivo per la vita,
da speranze e timori liberati,
con un rapido grazie dipartita
prendiamo dagli Dei, noti o ignorati,
perché vita non c’è che sempre duri,
perché i morti non tornan perituri,
perché anche il fiume che di più perduri
scioglie al mare i meandri suoi spossati.
Allora più né stella né più aurora
ci desterà, né di luce il cangiare,
né il rumorio d’acque croscianti, allora,
né altro mai da vedere o da ascoltare;
foglie non più a primavera o d’inverno,
né di giorni e di notti il gioco alterno;
solo un sopore eterno, in un eterno
non luogo, straniero, crepuscolare.
Algernon Charles Swinburne
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Vitae summa brevis spem nos vetat incohare longam
Il pianto e il riso, non a lungo durano.
L’amore, la passione e l’odio:
credo non in noi si trovino
dopo che varcato sia il passo
I giorni del vino e delle rose, non a lungo durano.
Da un sogno sfocato
emerge a tratti il nostro sentiero
Poi riaffonda in un sogno.
Ernest Dowson
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Pensiero, io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero, dove hai le radici?
Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei cosi ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e cosi possa perderti
nell’antro della follia.
Alda Merini
-
-
-
Solo il viandante
che ha peregrinato nel suo infinito mondo interiore
potrà accostarsi all’Anima,
scoprendo che per anni
altro non ha fatto che cercare Lei,
poiché Lei è dietro e dentro ogni cosa.
I viaggi, si fanno per cercare l'Anima
e le persone si amano in quanto simboli di Anima.
(Carl Gustav Jung)
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A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
D'aver sofferto altrettanto
EMILY DICKINSON
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
D'aver sofferto altrettanto
EMILY DICKINSON
Ho postato la stessa poesia senza aver letto questa...
-
Se non avessi visto il sole
avrei potuto sopportare l'ombra,
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio.
Emily Dickinson
Chi è amato non conosce morte,
perché l'amore è immortalità,
o meglio, è sostanza divina.
Chi ama non conosce morte,
perché l'amore fa rinascere la vita
nella divinità.
Idem
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Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
Giuseppe Ungaretti
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È tutto così semplice,
sì, era così semplice,
è tale l'evidenza
che quasi non ci credo.
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi.
Patrizia Cavalli
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Quando si ride
ci si lascia andare, si è nudi,
ci si scopre.
Quando uno ride
vedi un po' la sua anima.
E poi quando si ride
ci si muove, ci si scuote.
Ci si scuote come un albero
e si lascia per terra le cose che gli altri possono vedere e magari cogliere.
Gli avari e coloro che non hanno niente da offrire, infatti, non ridono.
ROBERTO BENIGNI
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Io desidero te, soltanto te
il mio cuore lo ripete senza fine.
Sono falsi e vuoti i desideri
che continuamente mi distolgono da te.
Come la notte nell’oscurità
cela il desiderio della luce,
così nella profondità
dalla mia inconscienza risuona questo grido:
”io desidero te, soltanto te”.
Come la tempesta cerca fine
nella pace, anche se lotta
contro la pace con tutta la sua furia,
così la mia ribellione
lotta contro il tuo amore eppura grida:
”io desidero te, soltanto te”.
TAGORE
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I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
(Khalil Gibran)
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Se potessi rivederti fra un anno
farei tanti gomitoli dei mesi.
Se l'attesa fosse di secoli
li conterei sulla mano.
E se sapessi che finita questa vita
la mia e la tua proseguiranno insieme,
getterei la mia come inutile scorza
e sceglierei con te l'eternità.
EMILY DICKINSON