Originariamente Scritto da
axeUgene
leggi attentamente: non è affatto questo che scrive Paolo; non sono resi ostinati per un qualche loro comportamento, ma per decisione autonoma di Dio, che si serve delle persone, come del faraone, le fa sorgere per i suoi piani, le forma e destina come i vasi; tutta la Romani batte su questo punto;
non ho postulato io un dio creatore e onnisciente; mi sto limitando a considerare le conseguenze logiche di quella postulazione;
ma questo non cambia il senso della domanda che ponevo:
cosa cambia al credente genuino l'idea di essere strumento nelle mani di Dio ? nulla, si può lo stesso desiderare di compiere il bene e ritenere questa una grazia divina, da vivere con gioia, no ?
però cambia molto se quel credente in effetti non vive con gioia quella condizione - non puoi dare gioia gli altri se non l'hai dentro di te, diceva Paolo - e allora deve avere il conforto di ritenersi meritevole per ciò che in effetti vive come un sacrificio, e specularmente guardare nel piatto degli immeritevoli e "peccatori";
è un sentimento che abbiamo provato tutti, sin da bambini, stretti tra il precetto dei genitori di non correre rischi e il desiderio di esplorare; magari un bambino più pauroso di salire sull'albero di fichi, si schermava dietro alla sua obbedienza alla mamma, ma invidiava i compagni più intraprendenti, ma disobbedienti, cattivi ! è umano, ma il più delle volte non ha troppo a che vedere col volere di Dio; anche perché Dio ha dato braccia e gambe, e la pianta di fico;
da adulti si continua con altri "alberi", e si cerca lo stesso conforto; ma chiamare in causa "Dio", spesso - non sempre, beninteso ! - è nominarLo invano, una bestemmia.