Ma quanti film guardi?
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Ma quanti film guardi?
minimo 4 alla settimana ...comunque facciamo coming soon ...
baciami piccina
la sconosciuta
se riesco ci inserisco anche quello con norton che mi intriga parecchio...vediamo se ce la faccio...
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Denti
Regia: Gabriele Salvatores
Anno: 2000
Genere: Drammatico
Durata: 96 minuti
Cast: Sergio Rubini, Anita Caprioli, Tom Novembre, Anouk Grinberg, Fabrizio Bentivoglio, Paolo Villaggio, Claudio Ammendola
Trama: Antonio, un docente di filosofia all’università, ha sempre avuto problemi a nascondere i propri enormi denti ed ha sempre desiderato di romperli, soprattutto quando da piccolo se ne vergognava molto. Ormai adulto convive con una ragazza di nome Mara che durante un litigio glieli spacca quasi tutti. Inizia per lui una lunga odissea alla ricerca di un dentista che gli rimetta a posto la dentatura…
Commento: Mi accodo ai toni entusiastici della recensione dell’illustrissimo moderatore. Un film singolare, sottovalutato ma straordinario sul piano dell’inventiva in cui ci vengono risparmiate le ambientazioni dai toni pseudo-dark e la trama dalle tinte retoricamente drammatiche della delusione assoluta di “Quo Vadis Baby?” e che rimane secondo solo al capolavoro “Io non ho paura”. Tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Strarnone, denso di metafore e molto importante anche sul piano visivo, “Denti” è la storia di Antonio, interpretato da uno meraviglioso (ed a tratti esilarante con il suo “Sono stato a Sassari”) Sergio Rubini. I denti sono lo strumento con il quale noi mangiamo, e quindi ci sono indispensabili, ma anche con i quali noi aggrediamo: Antonio non è mai riuscito ad azzannare la realtà che gli era sempre ostile, ma in modo passivo ha sempre cercato di eliminare l’oggetto della sua vergogna invece di sfruttare le sue qualità e servirsene per difendersi. Partendo dalla curiosa premessa che “i ricordi si annidano negli angoli del nostro corpo” il passato riemerge passo dopo passo attraverso l’oggetto che per lui nel presente vuol dire dolore fisico (dopo che gli vengono rotti tutti i denti) ma che nel passato vuol dire ricordo doloroso di un’infanzia che in un certo modo ha voluto quasi dimenticare e che, comunque, lo riporta a quand’era bambino (bellissima anche se non significativa l’immagine dei denti del protagonista paragonati alle colonne di un antico tempio greco che sembrano mordere il cielo, il che conferma la derivazione da un romanzo). Qualche volta è quasi surreale, come ad esempio quando il passato coincide quasi col presente nelle frequenti visioni che ha il protagonista.
Il confine fra questi due tipi di dolore (fisico e “spirituale”) qua è molto labile, primo perché come già detto i denti e le gengive sono organi molto sensibili e poi perché appunto lo riportano ad un passato che fa male.
All’aspetto amaro del ricordo si aggiunge e si oppone quello nostalgico che identifica nella figura della madre, angelo custode, anche nelle fattezze, nei comportamenti e nelle caratteristiche, che lo guida alla ricerca di sé stesso e di quello che era e lo conforta, e nel personaggio dello Zio Nino (il grandissimo Fabrizio Bentivoglio), fascinoso marinaio dongiovanni con accento napoletano che lo inizia alla vita ed al rapporto con le donne: un rapporto che si rivelerà sempre difficile anche perché ostacolato da un bruttissimo ricordo dai tratti quasi horror-splatter e confermato dai suoi rapporti con Mara (Anita Caprioli) di cui è fortemente geloso (è proprio vero che “l’invidia è magra e pallida perché morde e non mangia”!), mentre la figura del padre è talmente assente che non assume neanche un valore negativo.
Terribile la presenza dei dentisti che assumono il connotato di sadici torturatori come in un qualche romanzo gotico di Poe o Stevenson che però aiutano il protagonista a riaprire i conti col passato e scansando la paura, superare il dolore fisico e quindi spirituale per mettere fine al suo tormento. Certe scene di gengive insanguinate e di Rubini in preda alle convulsioni da dolori acuti mi hanno fatto sentire quasi male…
Questo film anche se gira completamente intorno all’evoluzione del protagonista non stanca mai e non ha nessun momento di stasi né parti in cui l’attenzione cala, anzi è sostenuto dalla successione di fatti non rapida ma costante. In un’ora e mezza tranquilla porta pieni di interesse al rivelare il finale, nessuna ridondanza nei dialoghi, bellissime le voci fuori campo, persino la grafica iniziale e le musiche mi sono piaciute. La prova degli attori secondari è buona, forse si fa fatica a scrollarsi di dosso la comicità inconscia che genera in noi Paolo Villaggio (reduci dell’interpretazione del suo personaggio più famoso, ovvero Fantozzi), ad ogni modo la sua figura del Dr. Cagnano è inquietante davvero.
Voto: 8
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La sconosciuta
Regia: Giuseppe Tornatore
Anno: 2006
Genere: Drammatico / Giallo
Durata: 118 minuti
Cast: Xenia Rappoport, Claudia Gerini, Alessandro Haber, Pierfrancesco Favino, Piera Degli Esposti, Clara Dossena, Michele Placido, Angela Molina
Trama: Irena è una giovane prostituta ucraina arrivata in una città italiana in cerca di un nuovo futuro tormentata ancora dai fantasmi del suo passato. Trova lavoro come donna delle pulizie in un palazzo e riesce ad affittare un appartamento vicino. Ma si scopre ben presto sta indagando su qualcosa e punta subito gli occhi su una tranquilla famiglia che abita in quel palazzo, gli Adacher...
Commento: Tornatore ritorna sulle scene dopo anni di assenza e lo fa con la storia commovente ed attualissima di una donna ucraina alle prese con il suo riscatto personale, in cerca di un presente migliore, di un futuro senza più errori e di un passato che tenta di dimenticare. Comincio senza mezzi termini: finalmente un bel film italiano (e con il magnifico Nuovomondo di Crialese siamo già a 2 quest'anno!), un miraggio nel panorama cinematografico italiano che sta andando allo sfascio. La natura di giallo in questo film è conservata sempre e sotto il profilo film giallo è praticamente perfetto. Il passato ed il presente di Irena si snodano su due piani narrativi diversi ma paralleli e tutto si viene a scoprire lentamente, i colpi di scena non smettono fino all'ultimo (spesso avvengono stravolgimenti totali di quello che si credeva in precedenza) e la trama non conosce momenti di stasi narrativa ma i fatti si susseguono quasi senza soluzione di continuità. Tornatore non fa un film sulla prostituzione come credevo io, ma un film sulla storia di una prostituta, sicuramente più che verosimile (e forse anche reale) ma con diversi tratti un po' romanzati. Ad ogni modo il tema affrontato è più che attuale, pungente, scottante e reso con realisticità e crudezza, denso di scene forti e specialmente nei flashback costituito passaggi frenetici ed affannosi e dalle tinte sfocate che trafiggono il cuore di Irena come coltellate, subdole e sfuggenti. Nessuna volontà di far piangere, nessuna retorica, nessuna piagnucolosa compassione nella storia di Irena, pochissimi pianti, simbolo di non-passività: Tornatore, menomale, ci evita il piangersi addosso, quella drammaticità volta all'autocommiserazione che sarebbe stato molto facile attuare in questo genere di film.
Un passato doloroso ma fatto anche di rimorsi e di rimpianti ed un tocco di nostalgia - un presente fatto di verità inconfessate e di apparenze che vengono smascherate dalla dura realtà, fatto di ritorni alla sofferenza di un tempo e alla volontà di reagire e di combattere una volta per tutte il passato che ci vuole riprendere con sé ("Io forse ho chiuso i conti con il passato, ma il passato non ha chiuso i conti con me" frase peraltro scopiazzata volontariamente o meno da Magnolia...)
Il tutto farcito con la saggia ingenuità (ossimoro voluto...) di una bambina che ancora non ha trovato la forza di difendersi dalla realtà che, maligna, la schiaccia quando abbassa la guardia, alla quale Irena con la sua esperienza insegna a vivere, affinché non ripeta i suoi stessi errori.
La protagonista è bravissima e ci offre una figura di donna profonda e singolare, tutti gli altri attori se la cavano egregiamente (Favino forse è quello che meno mi ha entusiasmato), favoloso Placido e straordinaria Clara Dossena, per la prima volta sullo schermo ad interpretare la piccola Tea. Peccato per Margherita Buy che ha un ruolo veramente marginale. Per il resto non posso dire altro per non rovinare tutto il gusto del film che ha tutte le caratteristiche di un giallo con una suspence che non si vedeva da tempo.
Bellissimo il tema principale, non a caso è di Morricone... riporta un po' alla mente a livello ritmico il main theme de "Il padrino"... però ovviamente quello è opera del maestro Rota (Requiescat in pacem)
Ho visto anch'io La sconosciuta, e sebbene il mio giudizio non sia entuasiastico come quello di cui sopra, devo dire che almeno mi
Memorie di una Geisha
Un film fantastico secondo me, poetico, romantico, e con una fotografia e dei colori davvero eccezionali.
Chiyo, una piccola giapponese incantavole con degli azzurri da mozzare il fiato, figlia di pescatori poveri, viene comprata per lavorare in una okia, una casa d'appuntamenti dove le geishe esercitano la loro millenaria professione.
Qui, scatena la gelosia delle rivali ragazze che occupavano l'okia e viene sottoposta ad un duro e crudele apprendistato. Il suo riscatto, però, non tarderà ad arrivare... una volta cresciuta,la piccola Chiyo,imparerà le perfette arti della seduzione e delle buone maniere.
Una volta diventata geisha, sarà richiesta dagli uomini più potenti della terra. Lei vivrà questa nuova condizione con un unico scopo: trovare un uomo, l'uomo della sua vita,ke aveva visto una volta per caso quando ancora era una bambina.
Tutto questo col teatro della seconda guerra mondiale che deciderà, inserabilmente, il suo destino.
L'unica cosa che avrei evitato è l'inizio del film con gli attori che parlano giapponese... il regista ha spiegato che la scena così era perfetta e che ha voluto lasciarla originale (mentre io ci ho messo 20 minuti a capire che era proprio cosi e che non era il mio DVD ad esser difettoso... :rolleyes: :rolleyes: )
Bello davvero... lo consiglio vivamente a chi ancora non l'avesse visto!
Il giardino delle vergini suicide, di Sofia Coppola
Provincia del Michigan, anni '70. I coniugi Lisbon hanno cinque figlie di et
il giardino e memorie,due stupendi film ( il primo mi ha fatto conoscere la dunst futura spidey girl ) ...questo comunque e' il film dell'anno...ho scritto troppo e non lo leggera' nessuno ma dovevo esplodere le emozioni che mi ha caricato...
The Departed - Il bene e il male
Titolo originale: The Departed
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Thriller
Durata: 149 minuti
Regia: Martin Scorsese
Cast: Leonardo DiCaprio, Matt Damon, Jack Nicholson, Martin Sheen
Distribuzione: Medusa Distribuzione
Produzione:
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Trama: chi e' Frank Costello ? Un boss di prima grandezza all'interno di una rete urbana di esistenze che sono e a volte non sono,di commercio illegale di droga e di riscossione del pizzo. Chi vuole smascherarlo per un traffico di microprocessori illegali ( che servono per l'elaborazione di missili nucleari che potrebbero far scoppiare una crisi mondiale) ,chi e' la spia inserita nella sua organizzazione e chi in quella della polizia ? E' solo spia vs spia , e' il traffico dei microprocessori, o sotto c'e' molto altro oltre che la caccia al vecchio boss...
Sunto del commento : una pellicola che definire film e' assolutamente riduttivo, un'opera di prima grandezza da parte di uno degli ultimi grandi cineasti che non ha paura di denunciare,lanciare accuse e muoversi contro ogni tipo di sistema corrotto e corrosivo. Un film al vetriolo che prosegue il discorso iniziato con Gangs of New York trasportando la filosofia dell'America costruita sul sangue a quella dell'America delle menzogne e dei segreti nascosti,discorso politico totalmente integrato in una logica filmica di scintillante fattura e per nulla pesante neppure per un secondo che appassiona denunciando senza tediare per un solo secondo anche lo spettatore giunto in sala per puro passatempo.
Un cast stellare dove primeggia l'immenso Jack e dove l'attore che sta diventando un pallino di Scorsese non sfigura per nulla. Intenso e coinvolto e' un Di Caprio veramente misurato e pregnante.
Un film che segna l'annata cinematografica che sarebbe un delitto perdere.
Osservazioni assolutamente spoilerose per rendere fisicamente esistenziale ogni minima sfaccettatura emotiva che questo capolavoro ha donato:( non leggere senza visione)
Scorsese ritorna e ci porta in un mondo che il cinema ha gia' descritto,analizzato e scrutato come quello dei boss della malavita,ma lo fa come al solito mettendo a disposizione la sua classe sopraffina spargendo a piene mani denuncia,accusa e portando alla gogna tanti aspetti piu' o meno nascosti che l'America vorrebbe soffocare,con uno stile che a piene mani semina per sperare di muovere le coscienze. Si osa chiamare i gloriosi vigili del fuoco ( simbolo glorioso dell'America) finocchi in senso assolutamente dispregiativo, si denunciano i preti pederasti senza nessun velo e chi dovrebbe essere piu' corrotto come il Boss Costello si puo' permettere di fare filosofia perche'dopotutto rimane il personaggio piu' onesto in quanto sincero nell'esporsi.
Tutti in questo film sanno i traffici di Costello, ma il vero problema e' dimostrarli.
Con questo assunto tutti mentono , nessuno e' quello che e' veramente, e bisogna parafrasare il concetto con le menzogne del governo, con il sangue che alberga nel suo palazzo e che dall'inizio alla fine questo stesso palazzo e' l'ombra lunga che avvolge tutto e che affascina un Matt Damon poliziotto in erba. Scorsese a piene mani tramite un immenso Jack Nicholson ( che alcune volte ruba delle espressioni a un altro mitico,Robert de Niro,ma con queste parti tutto puo' ricondurre a lui icona totale dell'argomento)getta addosso fango a istituzioni che sono tanto timorose del pericolo Nord coreano da sbandierarlo ai massimi sistemi mentre soffoca cio' che dentro e' marcio e mina la sua stessa esistenza, marciume donato da un retaggio di violenza che non si puo' ormai piu' ripulire.
E cosi' i preti pederasti devono temere piu' un boss della malavita esistenzialmente colto e conoscitore dei sistemi che il governo, la polizia anche quella pura e pulita doverosamente violenta per ribellarsi a tutto,( incarnata da un incanutito Martin Sheen ) ha le mani legate contro l'ottusita' del resto del corpo ( comandato da un Alec Baldwin quanto mai ingrassato) , e il povero infiltrato viene lasciato a se' quando non si sa' piu' come agire perche' qualunque azione atta a proteggerlo potrebbe sconvolgere un delicato modus vivendi totale.
Come chiunque voglia far uscire il marcio rimane isolato, punito e non solo metaforicamente cancellato. E mentre il marcio viene consolato con fanfare e funerali di prima classe l'unica speranza vera che abbiamo sono i CITTADINI . Sottolineato,vergato e corretto nella sua definizione base da un cineasta ai massimi livelli.
In mezzo a tutto questo splendore narrativo mai frustante nella comprensione e nella fruizione,abbiamo delle splendide interpretazioni ( purtroppo o per dovere le due graziose coprotagoniste rimangono in disparte relegando la femminilita' a solo parti di contorno )
corali , con anche un Matt Damon assolutamente in parte anche se chiamato a una recitazione sotto le righe rispetto ai due mattatori principali. Inseguimenti al cardiopalma in macchina e a piedi,sparatorie e regolamenti di conti , situazioni perfette sotto una camera da presa implacabile fanno di questa opera una imperdibile occasione di cinema seguendo ogni punto di vista e di esigenza o approccio di ogni spettatore.E mentre il sangue e i denti rosicchiatori della corruzione scorrono e agiscono all'ombra del palazzo noi ci alziamo dalla sala pieni di domande e di gratitudine per queste due ore e passa trascorse intensamente.
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La sconosciuta
Titolo originale:
Nazione e Anno: Italia, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 118 minuti
Regia: Giuseppe Tornatore
Cast: Claudia Gerini, Michele Placido, Margherita Buy, Alessandro Haber
Distribuzione: Medusa Distribuzione
Trama : una donna ucraina misteriosa e con un passato torbido suo malgrado sta osservando attentamente la famiglia Adacher , moglie marito e figlia, dal lato opposto della strada con chissa' quali misteriosi intenti. Oltretutto sembra nel ruolo di domestica e baby sitter altamente intenzionata a entrare direttamente nelle vite degli Adacher,orafa di professione lei e medico lui.
Scruta, osserva e analizza...ma cosa nasconde questa sconosciuta tanto misteriosa quanto pericolosa...cosa vuole dagli Adacher? oltretutto sembra che...
Sunto del commento per lettura veloce antispoilerSunto del commento per lettura veloce antispoiler : un Tornatore ispiratissimo dirige questo thriller-noir familiare dai risvolti umani intensissimi,pieni di pathos e senza freno nelle scene piu'crude. Omaggiando Sir Alfred assistiamo a una prova di regia ottima che si concede anche delle inquadrature tagliate orizzontalmente e verticalmente nella sua punta piu' autoriale. Si toccano temi terribili che squartano l'animo umano rivoltandolo come un calzino e si danno delle immagini che sono un pugno nello stomaco per lo spettatore. Una prova di assoluto livello che piacera' a chi ama il thriller a tinte fosche senza consolazione,bucando il genere per parlarci di tormenti esistenziali .
Cast bravissimo , oltre alla protagonista ,c'e'un Placido che recita tutto eccesso e pelato e una bimba bravissima a cogliere gli insegnamenti recitativi che gli sono stati dati sul set. Gerini coinvolta nel progetto con Favino,breve interpretazione di Margherita Buy .
Osservazioni:Tornatore ritorna ( scusate il gioco di parole) e come si disse un po' di tempo fa per un altro regista ormai un po' decaduto e' subito evento. Ho citato Dario Argento non a caso ma per fare il confronto tra le ambientazioni e gli omaggi di questo stupendo “ La sconosciuta” con il film omaggio del Dario nazionale “ti piace Hitchcock?” . Infatti nei due film ritroviamo i palazzi e le stesse finestre protagoniste mentre i dettami immortali del maestro regnano sul film sia per quanto riguarda l'ambiguita' del personaggio che entra nel microcosmo sia per quanto avviene nell'ottica dello scrutare. Ma Tornatore partendo da assunti base imprescindibili in un cinema di storia tanto lunga e cosi' non libera da ricordi e influenze, costruisce il film perfetto sulla disperazione dove l'unico vero barlume di speranza e' dato dal ricongiungimento, dalla speranza che un passato tanto doloroso non torni mai a tormentare te e chi ti sta attorno. Ma come una mina impazzita questo passato rende pericoloso te e chiunque viva con te , e l'unica scelta rimane l'annullamento e rimanere in disparte. Scrutando e vivendo quasi sperando che un giorno tanta effettivamente inutile vicinanza possa confluire nel tuo animo per renderlo meno ramingo e solitario.Speranza non reale perche' il mondo purtroppo fa tornare molto i brutti ricordi e poco i momenti lieti.
Un film perfetto, profondo,coinvolgente, quasi estremo perche' a ogni momento felice segue un flash back tremendo che ne rende l'esistenza quasi un paradosso , una infelice e illusoria parentesi che sconvolge ancora di piu' perche' nulla e' peggio dell'illusione tradita.
Di fianco a una bravissima protagonista troviamo una Gerini ( che si concede un veloce nudo ) coinvolta nella parte della madre, Favino fa il padre (interpretazione di contorno comunque) e Placido in una interpretazione tutta eccesso e schizofrenica ( pelato e sudato perennemente anche lui concede la visione del suo sedere stile Nick Curran ) rende un personaggio cattivissimo con una verve unica .Da elogio anche la bimba , bravissima , appare anche Alessandro Haber che fa il portiere , e la Buy nel finale brevemente. Non perdete questo stupendo thriller che si candida ad essere uno dei migliori film italiani dell'anno in una annata con tante belle prove artistiche da aprte del nostro bel paese .
Baciami piccina (2006)
Un film di Roberto Cimpanelli. Con Vincenzo Salemme, Neri Marcorè, Elena Russo, Marco Messeri, Augusto Zucchi, Mariella Valentini, Luigi Maria Burruano, Vittorio Amandola. Genere Commedia, colore, 111 minuti. Produzione Italia 2006.
Richiedi Baciami piccina in Dvd
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TRAMA: piena seconda guerra mondiale, Italia. Siamo nel periodo dove i partigiani stanno combattendo contro i nazi fascisti per ridare all'Italia la sua liberta' in attesa dell'arrivo degli alleati.
Umberto e' un carabiniere ligio al dovere ma un po' ingenuo e campagnolo , vive in una sperduta stazione dove l'eco della guerra e' lontano e un giorno gli viene commissionato di portare un truffatore , tal Nuvolini ( nome d'arte ) a un tribunale. Nel viaggio lo vuol seguire la dolce fidanzata desiderosa di fare esperienza e lasciare un po' il paesello ( si mette anche il vestito buono epr il viaggio ). I trasporti li lasciano ben presto a piedi e i tre incominciano un duro cammino per arrivare a destino nonostante intorno accadono cose ben piu' gravi e importanti...l'incontro con varia umanita' poi...
Sunto del commento per lettura veloce e antispoiler : un operina leggera con Salemme a fare da mattatore piu' per divertimento che per altro , l'insulso Marcore' e' meglio che torni in tv e ci rimanga , da vedere solo per nostalgia di vecchi abiti e mezzi d'epoca ( veramente incredibile la disponibilita' di questi rispetto al budget del film ) perche' il suo complesso filmico e' veramente povero e mai coinvolgente. Momenti di riflessione mischiati a dramma sono solo delle risibili punte di una trama assolutamente lineare e semplice. Oltretutto i nazisti sono tutt'altro che credibili e quasi cabarettistici anche quando non dovrebbero esserlo.
OsservazioniOsservazioni : Salemme ha voglia un po' di divertirsi e propone questo progetto che vorrebbe essere un nostalgico revival dei tempi , un po' scanzonato in una cornice drammatica, e per potersi concentrare su una recitazione teatrale chiama un giovane regista a eseguire i compiti affiancandosi un attore ( troppo buoni...) come Marcore' e una simpatica ragazza dolce e campagnol pulita per rendere la cosa piu' adeguata possibile a finalita'...quali? Questo film , che va comunque visto benevolmente come un lavoro tra amici volonterosi, alla fine difetta non tanto per il tono quanto piu' perche' non e' ne carne ne pesce , il contesto storico e' solo una scusa per dare una drammacita' che non si sente minimamente tanto e' edulcorata da una risibile messa in scena che tocca vertici di ilarita' involontaria nell'apparire dei nazisti.
Salemme fa il gigione divertente,abbiamo una ottima carrellata di vetture d'epoca ( probabilmente una facile disponibilita' di meravigliose auto e pullman , oltre che un treno del tempo,ha convinto la produzione di realizzare quanto si e' visto)ma e' veramente troppo poco e la noia regna sovrana,come quel finale bucolico biciclettaro quasi irridente verso un destino terribile ,oltretutto gia' incombente e minaccioso,e' addirittura uno dei piu' grandi fuori luogo degli ultimi tempi.
Che dire ? Nelle sale e' gia' sparito, in molte non e' neppure arrivato, stavolta non dobbiamo rammaricarci come in altri casi ben piu' meritevoli ...
Raramente certe volte la miopia distributiva ha un suo perche', e il fatto di produrre film tanto piccoli a volte confonde intasando soltanto.
DOWN IN THE VALLEY
Anno di uscita:
2005
Durata:
125 minuti
Nazione
USA
Genere
Drammatico / Romantico / Western
Regia
David Jacobson
Sceneggiatura
David Jacobson
Fotografia:
Enrique Chediak
Colonna Sonora
Peter Salett
Produzione:
Element Films / Class 5 Films
Distribuzione:
CDI
Protagonisti:
Edward Norton ... Harlan
Evan Rachel Wood... Tobe
David Morse... Wade
Bruce Dern... Charlie
Rory Culkin... Lonnie
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TramaHarlan e' un ragazzo perennemente spaesato nello sguardo e apparentemente privo di particolari eccessi emozionali .Cappello e stivaloni sembra perennemente invasato dall'idea di essere un vero cowboy.Quanto trova la giovane e bella October i due si innamorano follemente,e tutto sembra andare da sogno se non fosse che il padre di October si intromette nel rapporto osteggiandolo perche' non si fida dell'instabilita' di lui .Sconclusionato e troppo lontano dalla realta' per articolare vere reazioni ponderate , harlan lascia che in se comandi lo spirito libero del cowboy coinvolgendo anche il fratellino di October... Lonnie chiamato "ramoscello" tanto sparuto e bisognoso di compagnia.Un fatto terribile accade e ...
Osservazioni antispoiler per lettura veloce del commento: un film che dura troppo per quello che ha da dire,per gran parte della sua durata scontato e mieloso , oltre che assolutamente anonimo .Poi a un certo punto( molto e troppo tardi ) il film prende corpo e ci dona un finale di buona levatura,con qualche spunto valido, purtroppo reso fradicio dal bagno di qualunquita' che abbiamo dovuto assistere prima .Norton senza sforzo recita perennemente Gump style dando un ritratto del cowboy solitario e fuori dal tempo del tutto privo di qualunque fascino.Un film che nelle sale passera' del tutto inosservato, lasciate che lo sia senza troppa pena.
Osservazioni: che senso puo' avere far durare 125 minuti un film che consuma la sua forza solo nell'ultimo comparto finale di circa mezz'ora? Forse il regista puo' dire di aver voluto approfondire concetti che dovevano esplodere e che se non cotti abbastanza non avrebbero avuto il fragoroso effetto necessario.Niente di tutto questo...ci dobbiamo invece semplicemente tritare il nostro ben piu' utile tempo con una carrellata di situazione prive di mordente ( la giovane carina e che trova il cowboy libero e senza catene, il padre reduce di guerra duro e dispotico,situazioni da teen consumate e consunte, il fratellino tenero e assolutamente in balia del mondo ) che passano nella noia piu' assoluta.Eppure i temi possibili erano vari ( le armi trattate come un pericoloso revival dei tempi che non sono piu',lo spirito di liberta' e la voglia di rivincita seguendo un proprio istinto ) ma il regista ci passa sopra come un rullo e dopo la pausa conoscitiva balneare e il frettoloso abbandonare del posto di lavoro (...io non ho padroni...) si perde in un mare di situazioni da Orange County dove c'e' l'ombra del solito padre ottuso che interviene nel dare dettami ovviamente non seguiti in nome dell'amore cieco ed eterno.Sembra che siamo di fronte all'ennesima versione di amore difficile traumatico con dei genitori ottusi e retrogradi in mezzo, stiamo per alzarci stufi della visione ormai divenuta insopportabile,quando qualcosa accade.
Il film si sveglia e li' ci mostra quel che il regista voleva dire, la fuga per la liberta'in sella al destriero, il rinnegare i tempi e contrapporre civilta' e passato.Con l'aiuto della scenografia di una ghost town mischiamo passato e presente , realta' e fantasia, il tutto lasciandoci increduli per un momento che un film con un simile trascorso possa lievitare cosi'.Sembra di assistere a un duello all'Ok corral,ci sono dei giochi fotografici nella nebbia di buona fattura, e il dualismo uomo-cavallo contro macchina si interseca con il apesaggio continuamente alla ricerca di uan stabilita' tra progresso costruttivo edilizio e campagna .Un buon comparto finale senza dubbio, ma troppo lontano dalla sua origine iniziale per poter essere abbastanza.Bisognava svegliare prima un Norton che a furia di non esserci con le espressioni era finito per scomparire fino al luccichio finale.Partecipa Rory Culkin , fratello del molto piu' celebre interprete di mamma ho eprso l'aereo,nella aprte del fratello indifeso.Se avete voglia di film che sbocciano molto tardi questo fa per voi , fioritura comunque tutt'altro che di pieno appagamento e molto tardiva rispetto alla sua coltivazione.
coming soon ...babel, un altro fantastico film !!!!
Babel
Titolo originale:
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 135 minuti
Regia: Alejandro González Iñárritu
Cast: Cate Blanchett, Brad Pitt, Gael García Bernal, Mahima Chaudhry
Distribuzione: 01 Distribuzione
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Trama:quattro storie,tre continenti ,diverse estrazioni sociali,tutto il mondo in un semplice caso e una logica ferrea del caso.In Marocco assistiamo alla vacanza di due coniugi , nello stesso paese due bambini governano un gregge di pecore e hanno un fucile per difenderlo dagli sciacalli, in giappone una ragazza sordomuta e' in cerca di personalita'e tra messico e America abbiamo una governante che deve accudire due bimbi e deve andare al matrimonio del figlio...cosa lega queste storie apparentemente tanto lontane ? Quale e' la Babele di sensazioni,di emozioni e di parole che ci divide e ci unisce apparentemente senza senso ? Non ci capiamo forse nel linguaggio ma nulla al mondo anche se lontano rimane nel creato senza toccarci...
Sunto del commento per lettura veloce antispoilerun film stupendo, girato con una tecnica asciutta, diretta e semplice che prosegue e continua il discorso tanto caro a Inarritu del caso e del percorso delle emozioni e dell'anima.Un montaggio stupefacente ci accompagna in questo viaggio dove Pitt e Blanchett sono al servizio di parti tutt'altro che da star system ma coinvolgenti, umane e quindi pregnanti.Abbiamo una sezione giapponese che ricorda lo stile di Kitano tanto il regista ,che per me ha un talento multiforme, riesce a camaleontizzarsi nel gusto orientale.
Rendere omaggio a questo Babel vuol dire calarsi nelle emozioni di una vita dove nulla e' scontato , nulla e' di poco perche' basta un attimo per sconvolgere il tutto, e come la ragazza sordomuta vorremmo urlare il nostro disagio ma non possiamo farlo con le parole perche' non ci escono quelle giuste e dobbiamo denudarci per mostrare cio'che si puo' vedere senza avere una torre di Babele a confondere.Una poesia mai ipocrita,totalmente coinvolgente la cui lunghezza e' solo il procrastinare di un piacere infinito per un cantore che parla a tutti.
Osservazioniun film con una carica emotiva di grandissimo impatto, segnato dalla contrapposizione di tantissimi elementi ( poverta',paesaggio aspro,disperazione di vario tipo e paesaggi urbani e moderni ) sia emotivi che posizionali.Inarritu continua il suo percorso personale delle emozioni e del caso disegnando un affresco di proporzioni globali ,utilizzando al meglio ogni possibile realta' narrativa che la posizione della azione gli permette.
I paesaggi del Marocco sono quindi usati per raccontare storie di poverta' ma di grande valore umano ( vediamo tutti gli abitanti del piccolo paesino prodigarsi per la Blanchett ferita nonostante sia una americana mentre i compagni turisti del pullmann sono gretti ed egoisti) ,storie di persone che nonostante la ricchezza non riescono a trovare la loro personale stabilita' ( la ragazza sordomuta ) , storie di bambini cresciuti troppo in fretta che si sentono grandi con un fucile in mano, e storie di persone che non possono stare li' dove sono ma rimangono arrampicate alla loro condizione disperatamente perche' ormai quella e' al loro nuova realta',ma ogni piccola variazione e' una voragine che puo' condannare 16 anni di lavoro serio e amoroso.
Il caso, un semplice proiettile che squarcia carni ed esistenze, ci fa capire che siamo tutti troppo caduchi e instabili per avere certezze visto che alla minima difficolta' una parola non capita puo' essere solo l'inizio del crollo della nostra personale torre.E mentre il film scorre e piu' volte si ferma nei momenti topici per riprendere in momenti apparentemente banali, capiamo che non esistono veri momenti topici nella nostra vita, perche' ogni secondo vissuto e ogni parola spesa puo' essere fondante per il nostro futuro e per quello di chiunque al mondo non solo i nostri cari e quelli che ci stanno vicino.
Con un coltello infuocato il regista apre e chiude ferite , indipendentemente dal successo di quanto succeso la cosa potra' fare del male,ma un dolore momentaneo,perche' alla fine dalle cose piu' terribili possiamo torvare delle consolazioni,come capita alla coppia Pitt-blanchett che con la terribile esperienza del proiettile vagante avranno cancellato la loro insanabile frattura per via del figlio morto.E feriti e barcollanti potranno cominciare a camminare...cosi' pure la ragazza sordomuta che nuda abbraccia il padre ora puo' mostrarsi come se stessa senza falsita' o pruriginose voglie per placare la sua instabilita'.Ma di contro non sempre e' cosi'...la governante messicana paga caro la sua pur comprensibile scelta e il bambino marocchino vede distrutto il suo futuro e messe a nudo le sue sconce voglie con la sorella per il troppo innalzarsi del suo orgoglio che si sente potente con un fucile in mano.Pari pari il destino accontenta e distrugge ,sana e resuscita.
Un esercizio di stile potente e asciutto, sorretto da una fotografia e un montaggio validissimi , recitato benissimo da tutti ( oltretutto senza avere un personaggio accentrante ma un caleidoscopio pieno ) che coinvolge in maniera totale i nostri animi.Questo film al di la' dei simbolici 21 grammi pesa quintali, ma non su noi come una costrizione ma come un messaggio di riempimento per la nostra anima.Poesia allo stato puro vi chiede solo del tempo e pochi euro ampiamente ripagati perche' quello che vi da' non ha prezzo.
Jarhead (2005) di Sam Mendes con Jake Gyllenhaal, Scott MacDonald,Peter Sarsgaard, Jamie Foxx, Lo Ming, Lucas Black, Kevin Foster, Brian Geraghty, Damion Poitier.
Spunti per realizzare un film un po' meno noioso ce n'erano parecchi, anche i mezzi messi a disposizione potevano regalare allo spettatore qualcosa di un po' meno prevedibile e privo d'emozioni.
Jake Gyllenhaal nel suo ruolo di jarhead è a suo agio e manifesta anche fisicamente il disagio dato più che dalla guerra dall'assurdità delle regole militari, dalla vita ripetitiva e vuota dell'elite delle forze armate: i marines.
Spettacolari le scene notturne dell'incendio dei pozzi petroliferi e del conseguente fall out di petrolio sul deserto trasformato in una poltiglia nera e maleodorande.
I nipoti e i figli dei marines che combatterono e morirono in Corea e Viet Nam raggiungono il fronte su aerei di linea con le hostess che distribuiscono noccioline, il sergente istruttore urla in faccia alle reclute le stesse identiche frasi che urlava l'indimenticabile sgt. Hartman di Full Metal Jacket, la preghiera "Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti ma questo è il mio..." è la stessa e ora come allora le reclute la recitano.
Nei film precedenti però si capiva il contesto in cui il lavaggio del cervello delle reclute era inserito: i soldati dovevano trasformarsi in killers.
Probabilmente nella jungla del Viet Nam avrebbero dovuto combattere a distanza ravvicinata i loro nemici, forse affrontare dei corpo a corpo.
I jarhead della prima guerra del golfo, invece, rimangono mesi nel deserto senza sparare un colpo, eppure tutta l'immensa macchina bellica fatta di sprechi e appalti miliardari si muove inesorabile, vien da pensare istintivamente all'Iraq ed al deciso passo indietro verso scenari più simili alla jungla che a quelli del nostro film.
Le premesse per realizzare un film avvincente c'erano e sicuramente l'autore le ha evitate di proposito limitando il suo orizzonte descrittivo a tante piccole storie personali dei vari jarhead.
Nessuno dei personaggi trasmette un minimo di consapevolezza del proprio ruolo nella storia, è una denuncia dell'ignoranza in cui sono volutamente tenuti?
Non sembra.
Sembra piuttosto la passiva rappresentazione di una generazione con pochi ideali e idee inquadrata sotto le armi e spedita in un deserto che sembra tanto quello dei tartari di Buzzati.
Le poche scene belliche sono scarsamente efficaci e il montaggio e la fotografia tipo video clip spingono a percepire tali avvenimenti come astratti e avulsi dalla realtà.
I dialoghi inverosimili tra i vari personaggi nei momenti più concitati fanno il resto e rendono l'insieme molto inverosimile (difetto imperdonabile per un film di genere bellico).
Concludendo: buona ispirazione, attori all'altezza, buoni mezzi a disposizione ma mancanza di un filo conduttore chiaro.
TRAMA : jarhead e' la testa di barattolo , cioe' la testa vuota dei marines che si autocriticano.....questa e' la storia di uno di essi che si prepara per la prima guerra in irak prima nelle severe caserme americane e poi nella logorante attesa nel deserto del 15.01.1991 ......il percorso vitale sara' veramente pregno di insegnamenti.....
OSSERVAZIONI: un film sulla guerra in irak ( la prima ) e' un frullato cinematografico di tanti altri film ( mitici) come full metal jacket,apocalypse now,il cacciatore.l'inizio riprende la caserma dove zio stanley ha girato fmj , e il film e' incentrato sulla gloria del colpo solo, singolo e preciso ( filosofia del cacciatore).bisogna dire che nel film i capolavori sopracitati sono ampiamente mostrati da mendes,senza voler attingere al loro immaginario collettivo ingannando lo spettatore non preparato che pensa a chissa' che genio del regista che li usa ( la cosa e' molto piu' frequente di quanto si pensi...) : fatte queste premesse bisogna dire che il film non e' malaccio, macho al punto giusto e senza troppa morale, i marines vengono indottrinati ma la loro indole verso l'uccisione e' sincera e voluta, come e' in fondo nella realta',consapevoli di essere macchine di morte e la cosa peggiore che gli puo' capitare e' che qualcuno gli impedisca di uccidere il nemico.Tutti i protagonisti sono sincopati,violenti e folli ( x natura o per situazione ).iL film e' ideologicamente diviso in 2 parti , come in fmj una nella caserma e una nel campo da ( non ) combattimento,e la migliore e ' sicuramente quella nel deserto perche' piu' diversificata nelle situazioni, con un lavoro sulla psiche dei personaggi piu' stratificato.Belle le situazioni notturne, dove in fondo il lavoro di distruzione degli aerei non gli permette il combattimento tanto agognato ma crea delle situazioni oniriche ,con paesaggi desertici illuminati e uomini infangati e coperti di nero del petrolio che brucia ( la terra sanguina....) .Un film che non denuncia e non critica nulla in fondo,rimane un po' a se' perche' il pensiero dei protagonisti e' solo di rassegnazione e consapevolezza di essere marines,giusto o sbagliato che sia.
Il suo grosso difetto e' non la mancata o presente denuncia di fatti o misfatti,ma quanto piu' la stiratezza delle situazioni che molte volte si ripetono ( la tiritera che essere marines e' essere nella merda a vita e' presentissima, con gabinetti sempre presenti e latrine dovunque ) , la troppa citazione che alla fine puo' infastidire ( l'inizio e' identico a fmj ) e la paradossalita' di alcune situazioni.( che senso ha scavare buche nel petrolio? possibile che la compagnia prosegua l'occupazione del deserto solo in otto ?si puo' cucinare dei wurstel sulle casse di ........ ?) .La regia e' comunque ottima e il regista di american beauty si conferma talentuoso.un bloopers e una curiosita': sono inquadrati dei pc con schermi ultrapiatti flat ( nel 90 non c'erano) e viene utilizzato per una parte cameo lo strepitoso padre marine foille di american beauty.Per una serata di dismpegno va bene, oltre per me non arriva a pungere la coscienza......
La gang del bosco
Titolo originale: Over the Hedge
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Animazione
Durata: 83 minuti
Regia: Tim Johnson,Karey Kirkpatrick
Cast: (voci originali) Bruce Willis, Garry Shandling, Steve Carell, Nick Nolte
Distribuzione: United International Pictures
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Trama: dopo il letargo una piccola comunita' di foraggeri si risveglia in primavera e trova una spiacevole sorpresa ,una sorta di muro vegetale che racchiude il loro territorio forestale.Terrorizzati dall'idea di non poter raccogliere abbastanza cibo per l'inverno, si ingegnano in ogni modo per trivare una soluzione, ma i metodi razionali della saggia tartaruga vengono sconvolti dall'arrivo di un procione che ha piu' attrezzi di james bond in una sacca con la capienza delle tasche di eta beta.Oltretutto il procione ha delle serie difficolta' personali per cui la piccola comunita' di simpatici animaletti potrebbe essere una soluzione a un problema...molto peloso e molto unghiuto.E mentre la lotta per il cibo arriva a livelli totali, gli umani ovviamente non stanno a guardare...
Sunto del commento: un film d'animazione (ormai e' inutile dire in cg perche'sono tutti cosi') divertentissimo e coinvolgente,con una storia intelligente che si concede anche di frapporre il concetto consumo del cibo con l'ossessione per il nutrimento che i piccoli roditori hanno.In fondo non siamo un po' tutti dei foraggeri ?
I personaggi sono tratteggiati con grande logica e omogenei nel gruppo dotandoli ognuno di varie doti che possano far progredire la storia con invenzioni varie.Macchinari e situazioni degni di topolino e macchia nera con citazioni ad eta beta costellano un film che non annoia neppure per un secondo e raramente cade nel deja vu pesante .
Ritmo sempre alto per un film dove colori,venature e resa scenica del mantello degli animali sono perfette.Purtroppo hanno citato i videogiochi e il film ha l'unica pecca nell'uitlizzare uno stratagemma ormai consunto e ridicolo. Per piccini, grandi e fan delle tuberine...doppiaggio italiano senza star ma con i soliti grandi nostri doppiatori ( luca ward in testa,non so se poi volete considerare pupo una star...)
Osservazioni un po' spoileroseinutile dirlo la dreamworks quando ha una idea la sviluppa in maniera perfetta, mai banale e assolutamente coinvolgente.Senza raggiungere i livelli stellari di Shrek e Madagascar propone ora questo ottimo " Over the edge" diventato in italiano " La gang del bosco" , dove un piccolo gruppo di teneri foraggeri viene a contatto con un procione che per salvare la pelle dopo aver distrutto la scorta di cibo di un orso deve a tutti i costi ingegnarsi per recuperarla in una settimana.La personalita' di Rj ( citazione contraria a dallas ?) e' devastante , molto impetuosa e totalmente diversa da quella della tartaruga Verne che ha sempre condotto la famigliola con criteri molto cauti per non guastare mai un sistema di riserva del cibo consolidato.La siepe che viene costruita per delimitare la foresta, quasi una sorta di riserva indiana , pone problemi di vario tipo , ma sopratutto quello di andare oltre ai propri limiti,superare gli ostacoli e non arrendersi mai davanti agli imprevisti ( cosa che il titolo originale proponeva splendidamente ).
Questa contrapposizione di caratteri e la convivenza forzata in questa sorta di prigione verde scatena situazioni di piena ilarita' ma anche di ricerca del carattere e di riflessione, dell'importanza di avere una famiglia e di vivere con gli altri e a volte per gli altri. Tenerezza e determinazione sono rese meno pesanti e giustamente equilibrate da invenzioni divertentissime,che la borsa infinita di Rj tira fuori ricordando Eta Beta e James Bond,inserendo poi gli umani nel contesto senza una vera cattiveria di base ma che agiscono ( poi esagerando perche' passano il limite ) solo indispettiti dal comportamento rubarolo e inquinante di una perfettopoli sognata dalla locatrice di case e organizzatrice di ricevimenti .Gli autori poi hanno esagerato al parossismo certe situazioni coinvolgendo anche il mondo intero in botti,lanci e rumori,rendendo il tutto ancora piu' spumeggiante.
L'animazione raggiunge il suo massimo nel pulviscolo che ogni tanto si scatena nel polverone del film ( quella delle patatine e' stupenda ) e nel mantello degli animaletti , dove anche il minimo pelo si muove coerentemente in maniera fluente e morbida.Non raggiunge i livelli stellari di Cars per quanto riguarda illuminazione e dettagli , ma siamo di fronte a un lavoro egregio e stilisticamente adeguato al film( come era stato per madagascar).
Doppiaggio italiano affidato a professionisti consolidati e non a star ( spicca solo pupo nel cast ) decisamente perfetto.( attendo il dvd per sentire la voce di willis e nolte ).
dedicato ai miei tre criceti , grazie ragazzi per tutta la tenerezza
i doppiatori
RJ l'orsetto lavatore Bruce Willis LUCA WARD
HAMMY lo scoiattolo Steve Carell PUPO (ENZO GHINAZZI)
VERNE la tartaruga Garry Shandlig FRANCO MANNELLA
OZZIE l'opossum William Shatner LUIGI LA MONICA
PENNY la porcospina Catherine O'Hara GRAZIELLA POLESINANTI
LOU il porcospino Eugene Levy GEROLAMO ALCHIERI
STELLA la puzzola Wanda Sykes CRISTINA NOCI
HEATHER, figlia di Ozzie Avril Lavigne DOMITILLA D'AMICO
VINCENT l'orso Nick Nolte CLAUDIO FATTORETTO
SPARTACO (DWAYNE) il Disinfestatore Thomas Haden Church MAURIZIO MATTIOLI
TIGER il gatto Omid Djalili
GLADYS Allison Janney LAURA ROMANO
BUCKY Sami Kirkpatrick
SPIKE Shane Baumel
PENNINA Shane Baumel ANGELICA BOLOGNESI
SEGHETTO idem ALEX POLIDORI
CHIODINO idem RUGGERO VALLI
The Exorcism of Emily Rose (2005) di Scott Derrickson, con Laura Linney, Tom Wilkinson, Campbell Scott, Jennifer Carpenter, Colm Feore, Joshua Close, Duncan Fraser e JR Bourne.
Film passato quasi inosservato nelle sale ma che meritava sicuramente di più.
Basato su fatti realmente accaduti non è, infatti, un film "di genere" come potrebbe far pensare il titolo.
C'è qualche attimo nel film in cui tornano alla mente altri ben più terrorizzanti esorcismi però il film prende solo spunto da tale evento soprannaturale senza indugiare su particolari raccapriccianti che magari avrebbero dato più notorietà al film.
E' un opera molto equilibrata e bisogna dare atto al regista di aver messo in scena una storia che risulta molto credibile nonostante i fatti narrati siano tutt'altro che credibili.
L'attenzione dello spettatore è portata sul confronto dialettico che avviene tra le ragioni della fede e le ragioni della razionalità, e quale miglior scenario per rappresentare tale confronto che un trial: il processo accusatorio nordamericano in cui le due parti (accusa e difesa) perfettamente sullo stesso piano si confrontano a colpi di argomentazioni e prove portate direttamente all'attenzione della giuria - la vera protagonista del processo - a cui spetta il virdict, decidere o meno la colpevolezza dell'accusato.
Non ci sono colpi di scena come in tanti altri legal thriller più o meno di qualità, ma solo il confronto serrato tra le due parti con un interessante rovesciamento delle parti in cui l'uomo di fede deve rappresentare l'accusa e l'agnostica avvocata deve difendere l'uomo di fede.
C'è un piccolo colpo di scena finale ma niente di spettacolare, perfettamente in sintonia con la complessiva sobrietà del racconto.
Ottima l'interpretazione di Tom Wilkinson nella parte dell'esorcista.
L`ultima porta
Titolo originale: The Lazarus Child
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 95 minuti
Regia: Graham Theakston
Cast: Andy Garcia, Frances O`Connor, Angela Bassett, Harry Eden
Distribuzione: Eagle Pictures
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Trama:una strada , un bastone , una bimba in coma.Nei recessi della mente e' possibile scavare e trovare il sottile filo che ci unisce alla vita per rinforzarlo e riportare i nostri cari alla conoscenza e al ritorno tra noi ? Una coraggiosa dottoressa ci prova a ridare la figlia a un padre e una madre , ma il governo ....
Sunto del commento:un film di una noia mortale dove praticamente non succede nulla per un'ora dopo l'accadimento iniziale , quello che succede dopo e' scontato e prevedibile e senza nessuna possibilita' di riscattare l'inutile lunga preparazione .Evitare con cura.
Osservazioni: dietro all'accattivante trailer costruito benissimo si nasconde un film di una pochezza allucinante , costruito su un avvenimento iniziale e privo di ogni attrattiva perche' quello che segue e' fatto con un ritmo e un susseguirsi di cose totalmente anonime.Chi vede il prologo pensa di vedere un buon film thriller horror che mischia il sesto senso con the cell , pensando di appassionarsi con vicende taglienti come una lama di rasoio.Tutto disilluso e tutto perso...il film e'di una noia mortale e non succede praticamente nulla, tutto si limita a lunghi discorsi e pianti dei genitori con in mezzo la dottoressa che tenta di fare tutto contro il mondo(ma non fa nulla perche' alla fine parla e basta se non nell'ultimo quarto d'ora ).La cosa dei capelli del bambino e' allucinante poi...ma qui le cadute di tono e d'idea sono un continuo che sembra non aver fine.Senza parlare dell'abuso ormai cronico quando si parla di vite parallele/mondi al di la'/ recessi del tempo della fotografia slavata e resa flou stile " The dark".Un fiasco colossale per un film presentato benissimo ,indegno di ogni spesa di soldi e tempo.Garcia, Bassett e O'Connor incassano gratis il compenso di un film da evitare con ogni cura.
A casa nostra
Titolo originale:
Nazione e Anno: Italia, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 101 minuti
Regia: Francesca Comencini
Cast: Luca Zingaretti, Valeria Golino, Giuseppe Battiston, Laura Chiatti
Distribuzione: 01 Distribuzione
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Trama : Milano, varie storie di persone che teoricamente non hanno nulla in comune.L'intreccio della sorte ci dice che non si e' mai tanto lontani di quanto invece siamo vicini...un manovratore di soldi, una poliziotta della finanza, due ragazzi dal lavoro semplice, una starlette di belle speranze e bel corpo,una prostituta e sua sorella che incontrano un benzinaio dal passato oscuro...come si intreccia questo crash italiano e come converge l'imbuto situazionale
Sunto del commento:un film orrendo e assolutamente inutile, monotono ai massimi livelli che cavalca la trama dei film alla Crash e di Inarritu con le situazioni che sembrano totalmente slegate per poi convergere.Attori del tutto annoiati con una Golino piu' impegnata in seminudi soft che nella vera azione e nel vero partecipare , dialoghi al limite del delirio e un montaggio scandaloso ( che tra l'altro per film di tale genere sarebbe necessario un lavoro praticamente perfetto)fanno di questo film uno dei prodotti piu' perdibili della stagione.Immagini e scorci di Milano fotografati senza verve .Una noia mortale condita dal disagio situazionale di rimanere seduti fino alla fine del film.
Osservazioni:e cosi' la Crash mode( o meglio l'idea rubata che poi divenne moda con il film di Haggis) arriva in Italia,con una storia ambientata nella Milano da bere che ci presenta oltre agli scorci Milanesi tra cui spicca un Duomo incellofanato per lavori ( cosa di sempre visto che e' un cantiere perenne ) un po' di varia umanita' con i suoi problemi e le sue storie :Alberghi, palazzi dei soldi e strade con lucciole fanno la parte principale di questo variegato mosaico .Mosaico necessario perche' film con queste idee di ricongiunzione di storie necessitano della maggior possibile fauna in movimento e il piu' possibile distante tra loro, per dare in modo ancora maggiore l'impatto della distanza per stupire poi con il filo della cucitura.Ma queste operazioni necessiterebbero anche di un montaggio accuratissimo e calibrato nei minimi dettagli.Cosa che qui paradossalmente e' la cosa piu' deficitaria che esista...Tagli e congiunzioni sono orrendi con un coltellaccio da macellaio piu' che un bisturi,montando scene in maniera sconclusionata e imprecisa come quella del ricordo dell'eucarestia in confronto a una provocatoria fellatio inginocchiata.
Abbiamo cosi' una Golino che si aggira tra i letti molto meglio che tra le scene, uno Zingaretti con il freno a mano tirato che lavora annoiato , mentre i caratteristi cercano di dare tono al film senza minimamente riuscire ad alzarne il valore, complice e colpevole una regia anonima e una trama tutt'altro che di fascino per colpa della sua prevedibilita' e delle sue cose assolutamente prive di specificita' e valore proprio.Il personaggio del benzinaio ( attore visto gia' nella bestia nel cuore dell'altra Comencini ) diventa una sorta di angelo dalla faccia buona ma privo di spessore, la prostituta un carretto di dolore dalle ruote sgonfie,tutto cade nell'anonimo e non riuscendo ad emozionarci e a coinvolgerci i numerosi tagli e ritorni ( fatti tra l'altro malissimo come si diceva ) sono solo una sofferenza e non una sospensione dell'attesa per farci trovare pronti ad accogliere i destini.
L'inizio poi e' una catastrofe assoluta con quel dialogo in dialetto e l'errore macroscopico su chi ci ha buttato fuori dagli europei 2004 e non dai mondiali come detto ( e sbagliare sul calcio in Italia e' piu'scopribile che sbagliare il nome del papa) per ribadire un concetto di esterofilizzazione.Tutte le storie poi convergono alla fine,ma l'unica cosa che ci importa a quel punto e' la presenza dell'uscita piu' vicina.Una caduta di tono molto brutta per l'autrice del validissimo "Mobbing" con la Braschi,colpevole di scimmiottare senza dare l'anima e l'impatto a un film che per il suo incipt doveva essere ben altro a livello di lavoro corale.
Uomini & Donne
Titolo originale: Trust the Man
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Commedia
Durata: 103 minuti
Regia: Bart Freundlich
Cast: David Duchovny, Julianne Moore, Billy Crudup, Maggie Gyllenhaal
Distribuzione: Moviemax
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Trama: Due coppie stanno diversamente vivendo un momento di crisi,una sta arrovellandosi il pensiero con la possibilita' di avere un figlio ma lui e' totalmente strambo e dedito a una vita tutt'altro che coscienziosa, mentre l'altra ha un problema di sesso molto grave per l'eccessiva esuberanza del marito casalingo e che cura i bimbi.
Il percorso sembra essere irto di problemi per l'accavallarsi di situazioni che non fanno altro che distogliere e allontanare i coniugi/conviventi da una vera ottica familiare...e anche le sedute dallo psicologo sembrano non servire a nulla , e tutto sembra rovinato quando...
Sunto del commento : una commedia agrodolce dal sapore innocuo e senza troppo sale.Carine le due protagoniste nella parte ma con espressioni monofacciali o eccessivamente basate sullo sguardo (Gyllenhaal ) .Emozioni e sorprese sono veramente poche in un lavoro senza nessuna pretesa , che vede i suoi momenti migliori nelle riunioni di gruppo delle associazioni sesso dipendenti , che dopo un po' stanca per l'eccessivo gigionismo di Crudup e non approfondisce per nulla il concetto base del disagio di coppia.Un film dalla costruzione troppo flebile che presenta situazioni al limite del paradosso, e scene ultrascontate con un finale da dimenticare in fretta.Buono solo per una evasione quanto mai leggera in uan serata che abbiamo mal di testa.
Osservazioni: un filmetto che utilizza 4 attori ( e sopratutto due attrici molto brave e amate qui sdolcinate come non mai ,decisamente troppo ) di richiamo per storie di coppie in crisi .Un lavoro teatrale come concezione che non decolla quasi mai, che sulla base dell'assunto " non voglio crescere perche' posso morire" lascia la scena a un Crudup decisamente prima simpatico poi inutilmente gigione e invasivo,per riempire di situazioni la pellicola che pero' sono delle buffonate che delle vere amare constatazioni messe in berlina.Cosi' si vivacchia tra luoghi comuni quanto mai consunti,con le donne che la fanno da padrone perche' mature e in carriera e gli uomini a far la parte dei fessi sempre con un pensiero fallico in testa e in mano a farla da padrone.Luoghi comuni quanto mai odiosi senza una vera frontiera di vedere oltre.Il dialogo su king kong e il suo pene e' la consacrazione del fatto che il film si indirizzi verso la qualunquificazione da stupidita' piuttosto che la eversione da Peter Pan. Vediamo litigi sotto la neve,tradimenti con splendide mamme e solfe trite e ritrite di problemi esposti con una pacchianeria da sitcom.
Se e' una serata da animare con pellicola ammuffita questa agro-comedy ne rispetta pienamente i canoni, per un lavoro fatto con scarsa partecipazione da parte di tutti utilizzando i tempi liberi delle due impegnatissime protagoniste.
Nessun commento tecnico in quanto e' tutto anonimo.
Flags of our Fathers
Titolo originale:
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Bellico
Durata: 130 minuti
Regia: Clint Eastwood
Cast: Ryan Phillippe, Adam Beach, Jesse Bradford, Jamie Bell
Distribuzione: Warner Bros. Italia SpA
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Trama : la guerra nel pacifico e la battaglia di Iwo Jima ,le morti e le sofferenze frammiste alle difficolta' che l'America stava trovando a livello di morale nel riuscire a cogliere la vittoria contro i giapponesi .Ma la famosa foto della bandiera piantata da sei marines sul monte Suribachi , e' un falso , una costruzione artificiosa o il summa eroico di una gloriosa impresa ? E sopratutto , chi sono quei marines , sono ancora vivi , possono racocntare qualcosa oppure...e mentre ci si interroga sul giusto tributo da dare a una foto i soldati continuano a morire per la resistenza strenua dei soldati giapponesi ....
Sunto del commento:un film poderoso a livello di evocativita' , con delle bellissime scene di battaglia sull'isola solforosa e una fotografia bellissima per toni e adattamento alle scene.Si partecipa emozionati e coinvolti alla grande messa in scena della saga della bandiera contesa,i lati umani non vengono dimenticati e si narrano con i flashback le sofferenze e le bugie che stanno dietro all'evento che si sta verificando.Ma dietro alla grande messa in opera di questo lavoro di fascino visivo,purtroppo trascende una terribile contorsione nel voler a tutti i costi glorificare l'esercito americano separandolo dalle congiure di palazzo bieche e interessate , mostrando che il braccio duro e' fatto da uomini leali e coraggiosi mentre la mente si dedica a sfruttare dettagli per i propri fini , magari anche forzatamente giusti , ma senza mai ammettere nulla per non scarnire l'entusiasmo.Un film molto valido , che riprende nella costruzione la prima meta' di " Soldato ryan " ma che poteva essere di piu'e perfetto se non scadeva in eccessiva celebrazione.E' anche vero che si aspetta ora l'altra faccia della medaglia,con la versione "per "giapponesi, magari insieme il dittico si compensa nei valori ( sperando che non sia una controcelebrazione del volemose bene tanto ora siamo amici e i tempi sono diversi).
Non sono stato forse molto chiaro, ma questo e' un sunto per capire bene il mio pensiero dovrete leggere le spoilerosissime considerazioni complete piu' sotto...
Osservazioni totalmente spoilerose : Clint Eastwood ormai ci ha stupito e abituato a grandi prove registiche dopo averci lungamente affascinato come attore , e come un mago dal cilindro tira fuori la genesi della foto della bandiera di Iwo Jima , recuperando una pagina di storia bellica cruenta come non mai ( pensiamo solo all'utilizzo massiccio dei lanciafiamme per stanare i giapponesi ) e riprendendo e omaggiando il suo co-produttore nel "Soldato Ryan ".
Inutile soffermarci sulle scene belliche , che sono perfette per costruzione, splendidamente fotografate e cruenti come da reale consistenza storica, facilmente definibili e fruibili nella loro semplicita' lineare , quando piu' bisogna soffermarsi su quello che potrebbe essere lo spunto per poterle girare. Non e' un mistero che Spielberg giro' il soldato Ryan sopratutto per la prima mezz'ora , dove veniva mostrata come mai prima d'ora la crudezza della impresa bellica , lasciando il resto del film a una risibile trama e puro pretesto per il girato iniziale , qui Eastwood gira , con la solita maestria a cui ci ha abituati, il film per una motivazione inversa ,partendo dalla azione si va alla motivazione, prendendo i flash back come filo d'unione per spiegare cosa ci fosse veramente dietro la glorificazione fotografica di un gesto.Purtroppo l'uso dei flash back lunghi nel passato e' molto valido visivamente , con le scene belliche di massa corpose e affascinanti ( che pero' non aggiungono molto a quanto gia' visto di cinema sull'argomento ) mentre i flash back corti sono solo delle glorificazioni un po' tediose di eroismi individuali,che poco danno e poco aggiungono . Il passaggio tra la coscienza e la guerra dato dai tre soldati che non accettano la sperequazione , giustificata o meno, diventa una sorta di divisione tra una cultura fiera ( quella dei pellerosse , che non capendo bene il valore del denaro si fa distruggere dall'acqua di fuoco,l'alcool ) e una cultura accomodante , e furbescamente viene anch'essa divisa tra lo sfruttatore per niente eroe intruffolato e l'eroe medico vero , prendendo cliche' e modi di vedere un po' consunti.
Il dolore delle madri dopo diventa il dolore da sfruttare , la foto diventa il caso da montare per poi dimenticare al nuovo passaggio di un successivo serbatoio di soldi.E l'america dopo aver usato il sangue e l'immagine dei suoi eroi e' costretta a cercarne altri perche' sono uno spettacolo ormai senza audience.Un messaggio assolutamente devastante quindi , che mina l'eroismo di un gesto ( chi non aveva immaginato che quella bandiera fosse stata piantata subito dopo aver ucciso l'ultimo giapponese che difendeva il suribachi ?armati della adrenalina simboleggiavano la vittoria da iconizzare ),costruito a tavolino nella piu' assoluta tranquillita' relativa.
Un bel film senza dubbio , che perde qualche punto per il suo progenitore della normandia per deja vu scenico , poderoso nel messaggio ma discontinuo nel cucirlo a livello di trama , troppo pedantemente glorificante in alcuni punti ripetuti piu' per desiderio scenico che per vera necessita', ma nonostante tutto dimostra quanto questo cineasta abbia raggiunto una capacita' mediatica di poter trattare temi tanto delicati senza alcun problema.
A livello recitativo troviamo l'ex Billy Elliott e il fast and furios Paul walker ( che dopo Running e sopratutto questo alza decisamente il suo curriculum ) e nella parte del graduato coraggioso e leale abbiamo anche il tiratore infallibile de il soldato ryan che baciava la medaglietta prima di sparare.
Guardate poi alla fine le foto belliche sui titoli di coda e la microscena finale , ripercorrendo la storia si ripercorre anche il film.
LaCapaGira (2000) di Alessandro Piva con Dino Abbrescia, Gianni Giannotti, Mino Barbarese, Flamour Beu, Paolo Sassanelli, Mimmo Mancini e Dante Marmone.
Fame Chimica (2003) di Antonio Bocola e Paolo Vari con Mimmo Allanprese,Joel Bossi, Andrea Canesi, Teco Celio, Marco Foschi, Matteo Gianoli, Vito Gravante, Francesco Guida, Olga Olgiati, Luca Persico (Zulù), Roberto Sbaratto, Mauro Serio, Valeria Solarino.
Tratto unitariamente queste due opere perchè offrono uno spaccato di vita interessante di alcune realtà sociali di cui spesso (a sproposito) si parla ma che poco si vedono, soprattutto al cinema.
Della situazione sociale e di ordine pubblico a Bari vecchia ne veniamo a conoscenza solo quando in pochi giorni ci sono un po' troppi morti ammazzati anche tra i passanti, della Milano lontana da P.zza del Duomo, C.so Vittorio Emanuele e Via Montenapoleone ne sentiamo parlare solo quando c'è lo sgombero di qualche centro sociale o qualche incidente a sfondo razziale e razzista.
Del dilagare delle droghe manco più se ne parla.
Queste realtà "marginali" sono però in realtà composte da milioni di persone, verrebbe da dire che chi vive ai margini con un lavoro legale (ma precario) a Milano o con un lavoro illegale (anch'esso per sua definizione precario), siano la maggioranza delle persone che abitano la periferia milanese o i quartieri vecchi di Bari.
C'è però una differenza sostanziale: e la visione dei due film a poca distanza uno dall'altro la rende bene.
Gli zarri della Barona a Milano non muovono il culo manco a pagarli, rifiutano anche piccoli lavori occasionali e, salvo pochissime eccezioni sono probabilmente mantenuti dalle famiglie, i drop out di Bari sono, al contrario, "senza rete", il loro rifiuto dei valori della società ed il loro vivere ai margini nascono dalla pura e semplice necessità di sopravvivere, non certo da una scelta.
Bene o male a Milano, al contrario, pur nella periferia più abbandonata a se stessa è possibile ancora scegliere se passare la propria vita sulle panchine dei giardinetti o frequentare un centro sociale.
A Bari no.
Chi nasce per strada ci rimane.
Il confronto tra le due realtà e tra due Italie è evidente ed è espresso anche dalla scelta dei mezzi espressivi, dai dialoghi dei personaggi (azzeccatissima la scelta di Piva di far recitare in dialetto barese), Piva rende alla perfezione l'abbandono ed il degrado di un certo sud disperato, Bocola, al contrario, è in netta difficoltà a rendere gli aspetti più crudi e violenti della realtà anche se nel suo film ci sono molte più situazioni violente, rimane sempre una tonalità da videoclip che in certi momenti, sinceramente, infastidisce.
Anche i ragazzi del centro sociale, gli "alternativi" o "antagonisti" sono resi in modo stereotipato e manieristico, per non parlare della bella Solarino che impersona un certo tipo di ragazza (quella che è stata via e che torna ma se ne vuole andare a Londra), che pur essendo reale (ahimè) è la più tetra rappresentazione dell'omologazione ai valori ed ai messaggi "alternativi".
Temo che questa pesantezza dovuta all'abuso di personaggi standard non sia voluta, purtroppo il regista non voleva, secondo me, dare l'idea claustrofobica di una società imprigionata nell'apparire anche nei settori più ai margini e la presenza didascalica di Zulu Persico con i suoi predicozzi cantati dà il colpo di grazia alla credibilità complessiva dell'opera.
Dal canto suo la rappresentazione del meridione di Piva è più fantasiosa e agile, verrebbe da dire che c'è un insostenibile leggerezza nelle vicende narrate, più umanità e più intima partecipazione alla storia ed alle persone narrate.
Nella disperazione e nel degrado si salva una sufficiente dose d'umanità che forse a Milano si è persa anche a livello cinematografico.
Imperdibili due scene capolavoro: la lite al chiosco delle patatine e la moglie alla ricerca del marito nella sala giochi dei videopoker.
Bari batte Milano 2 a 0.
A seconda di quanti film ho visto dall'ultimo di cui ho fatto la recensione dovrei fare circa sedicimila recensioni... inizio con questo
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Anche libero va bene
Regia: Kim Rossi Stuart
Anno: 2006
Durata: 104 minuti
Genere: Drammatico
Cast: Kim Rossi Stuart, Barbora Bobulova, Alessandro Morace, Marta Nobili
Trama: Tommi è un ragazzino di 11 anni che vive insieme alla sorella ed al padre in un appartamento a Roma. La sua infanzia è molto difficoltosa soprattutto a causa della mancanza del sostegno dei genitori: una madre sempre assente ed incapace di assumersi le proprie responsabilità di genitrice, un padre disperato da una vita che gli è sempre più ostile.
Commento: Un film che, alla sua uscita ufficiale nelle sale, non è neanche stato trasmesso qua nei cinema di Sanremo e che esce a sorpresa solo adesso. Un meraviglioso spaccato di una famiglia italiana, regalatoci da un Rossi Stuart che stupisce come attore ma soprattutto come regista, mostrando una tecnica notevole anche se da esordiente. Lo svolgersi dei fatti e la stupenda recitazione di tutti non fanno altro che delineare sempre meglio i personaggi, sui quali si snoda l’intera pellicola, che arrivano ad acquistare uno spessore psicologico notevole: si scava profondamente dentro la psicologia di ogni singola figura, a scoprire i suoi lati nascosti, le cose non dette, i punti deboli, le paure inconscie. Ognuno di essi ha la propria funzione nell’evoluzione dell’infanzia di Tommaso: innanzitutto il padre, interpretato da un Rossi Stuart barbuto che forse sceglie questa soluzione per scrollarsi di dosso l’idea di ragazzino che ha assunto nel Pinocchio di Benigni ed assumere meglio il ruolo di adulto. Egli, reduce di tutto quello che ha passato arriva a prendersela col mondo intero, con una realtà che gli ha messo sempre i piedi in testa e lo ha ingannato, sia ora che in passato, ancora una volta, così arriva ad demonizzare chiunque cerchi di mettere in discussione le sue idee e vede tutto come l’ennesimo imbroglio, l’ennesimo sopruso; manifesta un’incontinenza nel trattenere l’emotività in generale, soprattutto la rabbia, che lo porta ad esasperare al massimo ogni sua reazione verso chi o cosa gli fa resistenza nel portare avanti il suo progetto, il suo tentativo di ricostruirsi una vita normale orgoglioso dei propri figli. I suoi raptus sono resi benissimo da un Rossi Stuart che si lascia scappare anche una bestemmia e che usa spesso le mani. E’ assolutamente incapace di controllarsi e ciò ne fa un personaggio molto umano e vero ma anche molto debole. Poi una madre assolutamente incapace di mantenere le promesse ed assumersi le proprie responsabilità di cui Tommaso addirittura si vergogna (qui si scende nella psicanalisi), la sorella perfettamente nella parte pedina per la sua iniziazione al sesso incominciata quasi per gioco e per lui termine di paragone in un rapporto amore-odio di una realisticità sconcertante, ed infine il protagonista in una situazione veramente difficile: 1° media, il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, i primi amori, i propri desideri, la brama del senso del potere che lo spinge ad arrampicarsi sul tetto ed osservare tutto e tutti dall’alto. I suoi ideali si fanno carne ed ecco apparire la classica famiglia “da film” che Tommi guarda con stupore e che vorrebbe fosse la sua; ad accompagnarlo nella sua avventura scolastica c’è un ragazzino silenzioso e sempre solo che non dice una parola durante tutto il film la cui funzione ancora non ho afferrato (avrebbero dovuto approfondire).
Il regista si sofferma, parallelamente alla descrizione dei personaggi, soprattutto ai rapporti fra di essi: in maniera speciale fra il figlio ed il padre, l’imposizione del proprio stile di vita, delle proprie abitudini e dei propri hobby è una realtà molto diffusa anche nel mondo reale e pochi padri ormai sono capaci di non bollare il proprio figlio come “perdente” perché vogliono avviarlo alla vita ed insegnargli a difendersi precocemente e come “traditore” perché vogliono trovare quel minimo di serenità che non trovano nell’ambiente familiare o perché non sono in grado di dare le soddisfazioni che il padre aveva anche benevolmente preteso.
Insomma, un ottima prova di cinema italiano di cui sono veramente contento.
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The Lost City
Titolo originale:
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 143 minuti
Regia: Andy Garcia
Cast: Andy Garcia, In
I figli degli uomini
Titolo originale: Children of Men
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico, thriller
Durata: 109 minuti
Regia: Alfonso Cuar
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Tu, io e Dupree
Titolo originale: You, me and Dupree
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Commedia
Durata: 108 minuti
Regia: Anthony e Joe Russo
Cast: Owen Wilson, Matt Dillon, Kate Hudson, Michael Douglas
Distribuzione: United International Pictures
TRAMA : cosa c'e' di meglio che essere soli , coppietta appena sposata nella propria casa confortevole e ben arredata ? Una cosa fantastica che due giovani stanno per assaporare.Purtroppo non hanno fatto i conti con la peggiore delle disgrazie , un tornado vivente fatto di follia e di esagerazione che per spirito di aiuto e amicizia ospitano nella loro casa .Che cos'e' ? un uccello ? Un aereo ? No...e' Dupree!
Sunto del commento per lettura veloce : Inutile star li' a dilungarsi troppo, un filmino buono per la domenica pomeriggio su italia uno in momenti dove e' difficile convivere con il proprio cervello. Battute trite e ritrite fanno da corollario a una vicenda totalmente anonima e senza nessun pregio se non un costume supersexy della Hudson.Spiace vedere Michael Douglas in queste particine anonime ( e tra l'altro dopo matrimonio impossibile e' gia' la seconda ) di suocero rompifeste e antigenero.Niente da dire se non che il film e' onesto e vi propone per il costo del biglietto quello che da' , poco o nulla senza illudere. Evitare senza problemi in cambio di un panino sicuramente piu' gustoso ricordando la sola frase del vostro essere , cioe' della (vostronome)tudine.
Osservazioni : in fondo non servono perche' gia' basta quello scritto sopra. Che dire di piu' ? Il film ha fatto incontrare la hudson con owen ( qui tra l'altro anche co produttore ) seguendo una moda ormai consolidata che vede attori e attrici lasciare il/la consorte per andare insieme alla co star del film. Questo Dupree poi e' la fiera dello scontato e del luogo comune che rasenta l'offesa per lo spettatore tanto si rischia di ritrovare situazioni viste gia' milioni di volte sul grande schermo , senza fantasia benche' minima. Abbiamo quindi il marito e la moglie perfettini contro l'amico esuberante , spaccone estremo ma in fondo di cuore buono che piace a tutti nonostante i disastri che combina perche' vitale. Suocero odioso e borioso, cerimonia di matrimonio in grande stile in luogo esotico , cornice di amici del tutto bagordo depressi e mescolando avrete un mix del tutto insapore.
Lo sbadiglio coglie nel momento dove dovrebbe esserci maggior divertimento e maggiore frenesia, portando lo spettatore a una comparazione dei soldi che avrebbe guadagnato se la sceneggiatura l'avrebbe fatta lui...e meglio.
Comunque inutile anche fare certe considerazioni , questi sono film dove cercare qualcosa e' a dir poco irritante proprio per la loro struttura ed esposizione ( piu' che onesta ).pero' insomma si pensava almeno di sorridere o avere qualche simpatica scenetta.
Douglas incartapecorito come non mai ormai non ci prova piu' neanche e si riduce a fare particine senza senso solo per apparire ogni tanto e non dimenticarsi di lui ( non capisco del resto a quel punto perche' non fare basic istinct 2 per scelta e poi partecipare a queste ciofeche assurde ).
attenzione pieno di spoiler...
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<i><b>Nuovomondo</b></i>
Regia: Emanuele Crialese
Anno: 2006
Genere: Drammatico
Durata: 112 minuti
Cast: Charlotte Gainsbourg, Vincenzo Amato, Aurora Quattrocchi, Francesco Casisa, Filippo Pucillo, Vincent Schiavelli
Trama inizi 900 , la povera gente della sicilia vive in estrema poverta' in bilico tra miseria e superstizione.Strani racconti dicono che dall'altra parte dell'oceano esista una sorta di nuovo mondo dove le carote sono giganti e sugli alberi crescano soldi.Con grande entusiasmo e dopo aver venduto i loro animali per comprarsi i vestiti buoni una famiglia si mette in viaggio e si imbarca per l'America.Speranze,gioie e dolori verranno messi alla prova durante il viaggio di trasferimento per arrivare alla meta agognata, mentre l'incontro con una affascinante donzella portera' anche la fiammella dell'amore.
Osservazioni un film poderoso giustamente premiato all'ultimo festival di venezia inventandosi una sorta di premio come film rivelazione .Diviso in tre comparti ben distinti ( la sicilia rurale , il viaggio in nave e l'arrivo sull'isola di ellis island ) e girato con tante scene felliniane d'origine ( il bagno nel latte una per tutte ) conferma in pieno tutto il talento di crialese dopo il suo film d'esordio " Respiro" ( con Valeria Golino ).A livello tecnico siamo di fronte a un regista che con delle prospettive dei corridoi decisamente perfette e delle angolazioni e movimenti di camera assolutamente da primato ci fornisce uno dei film emozionali piu' intensi che non si siano visti da qualche tempo.
Crialese, innamorato a fondo della sua terra di Sicilia,dona nel primo comparto un ritratto intenso e devoto alle tradizioni di inizio secolo con quel misto di esorcismo superstizione e credulona diceria.Colline sassose e prati incolti sono mostrati con colori efficaci e decisamente affascinanti in un ritratto pittorico di grandissimo gusto ( e con delle riprese dall'alto suggestive).Iniziamo a conoscere i nostri personaggi che si dirigono verso il nuovo mondo con il cambio dei vestiti " dobbiamo andare come dei principi".Tra l'altro il comparto siciliano e quello di avvicinamento alla nave e' l'unico in esterni o in ambienti larghi , il secondo infatti ha delle scene in esterno ma limitate al ponte della nave mentre il terzo e' tutto in ambienti chiusi.La combriccola poi arriva sullo scafo con uan scena che e' il summa di tutto il film : il distacco dal molo.Pregnante,efficace,superbo.Poi un fischio ricorda che non si deve guardare indietro ma solo avanti.Grande cinema questo momento , ma non da meno sono alcuni pezzi come il duetto con luce e la tempesta che non vediamo ma percepiamo negli interni della nave con i passeggeri sballottati dai flutti.
Il terzo comparto e' quello degli esami , dove vengono fatte delle scelte e si esaminano sia fisicamente che psichicamente i nuovi arrivati. Esami fisici deprimenti e umilianti uniti a elementari test che provano la mancanza di istruzione ci dimostrano la fierezza con cui gli emigranti rispondono , unico momento di disunione dopo la grande compattezza per le traversie del viaggio.Ma comunque nonostante tutto , tranne che un caso che preferisce rimanere legato alle proprie tradizioni ( la nonna ) gli esuli sono felici della loro scelta , affascinati da un luogo che il regista non ci fa mai vedere ma ci mostra solo attraverso le loro sensazioni , come questo film di occhi e di visi piu' che di azioni filologicamente costruisce.Il bagno finale nel latte e' comunque la dimostrazione che siamo di fronte a una consapevole accettazione dei limiti ma una piena soddisfazione del traguardo.
Grande la Gainsburg ma bravissimi tutti , per un film poetico ed emozionante girato con una tecnica sopraffina e immagini splendide , che colpiscono al cuore e per cui tiferemo nella corsa agli oscar per il miglior film straniero.
Unico appunto le due canzoni presenti , una nella scena della doccia e l'altra nel bagno di latte finale, non propiamente adatte a coniugare sonoro con immagine.nota a margine : film sottotitolato per rendere capibile il dialetto siciliano.
Il vento che accarezza l`erba
Titolo originale: The Wind That Shakes the Barley
Nazione e Anno: Gran Bretagna, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 124 minuti
Regia: Ken Loach
Cast: Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham, Gerard Kearney
Distribuzione: Bim Distribuzione
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TRAMA: 1920 , l'Irlanda e' sotto la dominazione inglese e cerca faticosamente di liberarsi dal giogo oppressivo con una rivolta prima sotterranea che poi nelle speranze possa estendersi a una lotta di popolo grazie all'esempio coraggioso dei rivoltosi. Il sangue non tarda a scorrere insieme alle controreazioni dell'esercito inglese che fa di tutto , giungendo anche alla tortura , pur di arrivare ai capi della rivolta. I risultati della guerra di liberazione avranno esiti del tutto inaspettati per i protagonisti della rivolta...
Sunto del commento per lettura veloce : un bel film , da vedere eventualmente con “ Michael Collins “ ( interprete Liam Neeson ) per approfondire l'argomento, di grande impatto emozionale girato con uno stile preciso e asciutto , senza fronzoli come nello stile di Loach. Due sezioni compongono questo film ( il prima e dopo ) fornendo i due volti di una stessa lotta in maniera impeccabile. Consigliatissimo per godere di un opera lontano da ridondanti ed epiche battaglie ( non ci sono mai grossi eserciti a confronto ma gruppi di combattenti contro esercito ) , impreziosito da una fotografia delle colline irlandesi veramente stupenda. Da non perdere , nonostante una interpretazione non eccelsa del poco espressivo cast , per il suo stile decisamente impattante su un argomento cosi' complesso.
Osservazioni : La palma d'oro del festival di Cannes 2006 arriva con un ritardo imperdonabile nelle nostre sale, speriamo che il pubblico lo premi con il giusto tributo. Il film ha uno stile secco e vigoroso , non eccede in fronzoli inutili , a cui del resto Loach raramente o mai si concede , e nonostante probabilmente un budget non faraonico ( chi si aspetta grandi scontri urbani o nelle colline tra diversi schieramenti rimarra' deluso, le lotte sono microscontri tra gruppi ) riesce ad avere un grande impatto per come mostra la lotta e il sangue che scorre senza nessuna pieta' attraverso situazioni di confronto tra oppressori e oppressi .Stupendi a tale proposito le scene iniziali dove anche l'identita' diventa un diritto da sbandierare con orgoglio, diritto che non si puo' avere in quanto la prima cosa che deve fare un governo oppressore e' sradicare le tradizioni per poter poi innestare le proprie. Concetto che viene poi ribadito con il tradimento del giovane soldato
dove il luogo di nascita determina una ideologia non strappabile con la forza e appioppando una divisa che non si sente propria. Immagini come si diceva senza alcuna inutile ridondanza , ma che si avvalgono di una fotografia strepitosa per quanto riguarda le colorazioni di verde , e in alcuni punti addirittura il sole sembra dare una connotazione di grassetto luminescente alle sagome in controluce veramente affascinante. Poi la bravura di Loach sta nel dividere splendidamente i due comparti del film , quelli che riguardano il prima e dopo oppressione , quelli che approfondiscono il tema dove in fondo se non si ha una vera vittoria ma solo illusori placebi vestiti da accordi che sembrano calmare gli animi ma non risolvono veramente il problema non si arriva a nulla.
Questi stati d'animo sono miscelati benissimo e nei discorsi dei combattenti risuona sia il vero cuore e il pensiero per la vera vittoria mancata , sia la grande voglia di sola dimostrazione di un obbiettivo senza poi alla fine risolvere nulla se non di facciata. Loach ci pone poi di fronte l'intransigenza del dovere cieco , del folle perseguire e mantenimento di un obbiettivo quando la frittata viene rivoltata completamente , quando la lotta fratricida assume connotati indegni per amici e fratelli che insanguinano loro stessi un suolo tanto amato. Decisamente questo e' piu' bufera che vento , queste sono sberle piu' che carezze , il lato duro di una lotta che poesia non ne ha alcuna. Veramente un bel film che arriva all'obbiettivo del suo racconto, dove la lotta di un popolo e' una vera conquista quando raggiunta la liberta' scacciando l'oppressione poi si trova una unione vera.
Deplorevole il doppiaggio italiano non tanto per le inflessioni ma quanto piu' per l'utilizzo continuo ed esagerato di stranianti parolacce fuori luogo per collocazione storica.
Il cast purtroppo poteva rendere ancora meglio il lavoro di loach , ma molte volte la recitazione eccede in grinta e smorfie senza coinvolgere completamente lo spettatore. Cillian Murphy , dopo il disastroso lavoro con Craven , non riesce a bucare un personaggio che doveva avere una rappresentazione scenica piu' completa dato che era perno confronto razionale e profondamente rappresentante delle due situazioni confronti che i comparti del film propongono
Marie Antoinette
Titolo originale:
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 123 minuti
Regia: Sofia Coppola
Cast: Kirsten Dunst, Jason Schwartzman, Rip Torn, Judy Davis
Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
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Trama Francia , 1770 , Maria Antonietta d'Austria viene promessa sposa al figlio del re di Francia luigi XV.
Giovanissimi , sposatisi solo per motivi politici e di unione dei casati , i due non riusciranno per lungo tempo , circa sette anni , a consumare il matrimonio imposto mentre la giovane futura regina si trova in bilico tra noia, insoddisfazione e frustrazione per i continui rifiuti del marito nel possederla.A complicare il tutto ci si mettono le continue pressioni di palazzo che la portano alla confusione data anche la sua giovane eta' e inesperienza.Oltretutto...
Sunto del commento: un film in costume di grande fascino , realizzato con maestria da una figlia d'arte e coprodotto dal padre , che coniuga in maniera mirabile tutti gli elementi della possibile sontuosa vita di palazzo di una regina del tempo : noia,insoddisfazione, frustazione, peso delle responsabilita' e degli obbiettivi mancati per colpe non sue.Fotografia ottima, costumi eccezionali e locations da sogno completano una trama che sembrerebbe lineare ma alla fine riesce a chiudere il cerchio in maniera emozionante .Una grande Dunst riesce a convivere con una Asia Argento che ha una parte ritagliata per le sue peculiarita' di oscura femme fatal , e il colpo di genio e' che ci sono delle musiche rock che non estraniano ma convincono.Da vedere incantati ma anche emozionati.
Osservazioni sin dalla prima inquadratura capiamo che il film vertera' sul binomio lusso / noia e lo stupendo sguardo in camera da presa della regina ci parla anche di furberia e malizia.Un inizio colorato di rosa per una storia tutta al femminile dove la giovinezza strappata per ragioni politiche e di capitale rende poi pericoloso investire di poteri decisionali chi ha avuto strappato e snaturato una parte del ciclo vitale.Vizi, lussi e sperperi poi diventano necessari quando ci sono disponibili capitali conquistati senza fatica e la noia regna sovrana e le giornate sono monotone e ripetitive.La coppola questa cosa ce la mostra in maniera a dir poco perfetta , dandoci con immagini sontuose e costumi bellissimi un ritratto di bambina-donna-madre di grande impatto, aiutata da una dunst in grande spolvero che con sorrisi , moine e espressioni fa benissimo calare nel personaggio e nella intensita' del procedere degli anni e del cambiare delle abitudini e della maturita'.
Accanto alla Dunst i personaggi maschili si riducono a dei pallidi comprimari , con il delfino/marito goffo e assolutamente acerbo che ne ignora le grazie per lungo tempo fino a convincersi che fare l'amore e' come aprire un chiavistello per cui esegue il " compito " ( infatti e' appassionato di serrature,lucchetti e ingranaggi) , con il re che e' ammaliato da una Asia Argento quanto mai conturbante nella parte della contessa Dubarry , e tutta la corte che reclama l'erede maschio solo una fastidiosa moltitudine di persone che esegue meccanicamente doveri di etichetta senza pensare a quanto sono assurdi.Ci perdiamo nei vestiti , ci crogioliamo negli ambienti di Versailles, ci schieriamo dalla parte di questa principessa tanto attaccata al dovere familiare e di palazzo da accettare di fare l'amore solo per puri scopi di eredita' del potere.
Tra l'altro il film non abbandona mai il ceto sociale dal quale parte,ci fa vedere solo lussi e ricchezze senza mai percorrere il cammino del declino sociale verso una vita diversa ( imprimere cosi' bene il concetto della monotonia ha avuto la sua forza anche in questo ) , senza quindi mai fornire alla protagonista un vero parametro per la ricerca del suo equilibrio di ricerca.
il film che a un certo punto sembra essere lineare ,bello quanto si vuole ma in fondo con il rischio di ripetitivita'al momento giusto vira , entra nel campo della responsabilita' data senza opportuna preparazione , e da li' si mettono in evidenza gli aspetti delle conoscenze e notizie date ad hoc al popolo.La regina e' vero che spreca ,ma la vera bancarotta viene data dalle errate campagne militari che dissanguano il paese e portano il popolo alla rivolta.Motivazioni di colpe non sue, o almeno non del tutto sue, che vengono rafforzate da voci di stile gossip che la dipingono come una menefreghista e di facili costumi ( " io non avrei mai detto la frase - dategli delle brioches - in risposta al popolo che chiede pane ), quasi che in fondo la moda dello screditare con il pettegolezzo tanto di moda oggi fosse una profonda abitudine dei tempi andati. Un gran bel film che emoziona e stupisce, diretto molto bene , e che riesce in maniera incredibile e assolutamente mai pensata , come validita' di logica di coniugare in alcuni punti musiche rockeggianti cosi' fuori da quel tempo,senza straniare ma addirittura a renderle calzanti in apragone al visto-sentito. Dopo il giardino delle vergini suicide e lost in translation a Sofia Coppola e' stato dato in mano un lavoro costoso e ridondante , che lei ha saputo gestire in maniera perfetta , andando a fondo nella personalita' di una donna cresciuta troppo presto in un contesto sfarzoso,emozionandoci,divertendoci e anche stupendoci.