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NOTTURNO
Quando la terra � d'ombre ricoverta,
E soffia 'l vento, e in su le arene estreme
L'onda va e vien che mormorando geme,
E appar la luna tra le nubi incerta;
Torno dove la spiaggia � pi� deserta
Solingo a ragionar con la mia speme,
E del mio cor che sanguinando geme
Ad or ad or palpo la piaga aperta.
Lasso! me stesso in me pi� non discerno,
E languono i miei d� come viola
Nascente ch'abbia tempestata il verno;
Ch� va lungi da me colei che sola
Far potea sul mio labbro il riso eterno:
Luce degli occhi miei, chi mi t'invola?
U.Foscolo
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L'albatros
Io ero un uccello
dal bianco ventre gentile,
qualcuno mi ha tagliato la gola
per riderci sopra,
non so.
Io ero un albatro grande
e volteggiavo sui mari.
Qualcuno ha fermato il mio viaggio,
senza nessuna carit� di suono.
Ma anche distesa per terra
io canto ora per te
le mie canzoni d'amore.
Alda Merini
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All�Italia
Chi conosce la terra dove il cielo
d�indicibile azzurro si colora?
dove tranquillo il mar con l�onda sfiora
rovine del passato?
dove l�alloro eterno ed il cipresso
crescon superbi? dove il gran Torquato
cant�? dove anche adesso
ne la notte profonda
i canti suoi va ripetendo l�onda?
la terra ove dipinse Raffaello,
dove gli ultimi marmi
anim� di Canova lo scalpello
e Byron rude martire ne� carmi
dolore, amore effuse e imprecazione?
Italia, terra magica, gioconda
terra d�ispirazione!
-Puskin
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Non solo il fuoco
Ahi, s�, ricordo,
ahi, i tuoi occhi chiusi
come pieni dentro di luce nera,
tutto il tuo corpo come una mano aperta,
come un grappolo bianco della luna,
e l'estasi,
quando un fulmine ci uccide,
quando un pugnale ci ferisce nelle radici
e una luce ci spezza la chioma,
e quando
di nuovo
torniamo alla vita,
come uscissimo dall'oceano,
come tornassimo feriti
dal naufragio
tra le pietre e l'alghe rosse.
Ahi, vita mia,
non solo il fuoco tra noi arde,
ma tutta la vita,
la semplice storia,
l'amore semplice
di una donna e d'un uomo
uguali a tutti gli altri.
-- Pablo Neruda
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LA MIA SERA
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'� un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo s� tenero e vivo.
L�, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E', quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno pi� nera
fu quella che vedo pi� rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, s� piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
N� io ... che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don ... Don ... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
l�, voci di tenebra azzurra ...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era ...
sentivo mia madre ... poi nulla ...
sul far della sera.
-G.Pascoli
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L'assiuolo
Dov'era la luna? ch� il cielo
notava in un'alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggi�;
veniva una voce dai campi: chi� . . .
Le stelle lucevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com'eco d'un grido che fu.
Sonava lontano il singulto: chi� . . .
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d'argento
(tintinni a invisibili porte che forse non s'aprono pi�? . . .);
e c'era quel pianto di morte. . .
chi� . . .
G.PASCOLI
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IL PASSERO SOLITARIO
D'in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finch� non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
S� ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:
Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e cos� trapassi
Dell'anno e di tua vita il pi� bel fiore.
Oim�, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella et� dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede alla sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.
Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La giovent� del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed � mirata, e in cor s'allegra.
Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata giovent� vien meno.
Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura � frutto
Ogni vostra vaghezza.
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia v�to il mondo, e il d� futuro
Del d� presente pi� noioso e tetro,
Che parr� di tal voglia?
Che di quest'anni miei? che di me stesso?
Ahi pentirornmi, e spesso,
Ma sconsolato, volgerommi indietro.
-G.Leopardi
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L'INFINITO
Sempre caro mi fu quest'?ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell?'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di l� da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l?eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Cos� tra questa
immensit� s'?annega il pensier mio;
e il naufragar m?� dolce in questo mare.
G.Leopardi
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I PASTORI
Settembre, andiamo. � tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde � come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natia
rimanga n� cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh'esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento � l'aria.
Il sole imbionda s� la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.
Ah perch� non son io c� miei pastori?
-- Gabriele D'Annunzio
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Tre fiammiferi accesi
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
-- Jacques Pr�vert
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AMO TUTTO CIO' CHE E' STATO.
Amo tutto ci� che � stato,
tutto quello che non � pi�,
il dolore che ormai non mi duole,
l�antica e erronea fede,
l�ieri che ha lasciato dolore,
quello che ha lasciato allegria
solo perch� � stato, � volato
e oggi � gi� un altro giorno.
-Pessoa
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Xenia
Dicono che la mia
sia una poesia d'inappartenenza.
Ma s'era tua era di qualcuno:
di te che non sei pi� forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia pi� veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non � diverso dalla stasi,
che il vuoto � il pieno e il sereno
� la pi� diffusa delle nubi.
Cos� meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi d� riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
-- Eugenio Montale
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Voglio che tu sappia
Una cosa.
Tu sai com�� questa cosa:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l�impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ci� che esiste
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m�attendono.
Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesser� d�amarti poco a poco.
"Se d�improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
ch� gi� ti avr� dimenticata"
Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
Che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi sulla riva
del cuore in cui ho le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell�ora,
lever� in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne n� si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finch� tu vivrai star� tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.
(Pablo Neruda, Se tu mi dimentichi)
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LA NOTTE(1� cantore)
Trista � la notte, tenebria s�aduna,
tingesi il cielo di color di morte:
qui non si vede n� stella n� luna,
che metta il capo fuor delle sue porte.
Torbido � �l lago, e minaccia fortuna;
odo il vento nel bosco a ruggir forte:
gi� dalla balza va scorrendo il rio
con roco lamentevol mormorio.
Su quell�alber col�, sopra quel tufo,
che copre quella pietra sepolcrale,
il lungo-urlante ed inamabil gufo
l�aer funesta col canto ferale.
Ve� ve�:
fosca forma la piaggia adombra:
quella � un�ombra:
striscia, sibila, vola via.
Per questa via
tosto passar dovr� persona morta:
quella meteora de� suoi passi � scorta.
Il can dalla capanna ulula e freme,
il cervo geme � sul musco del monte,
l�arborea fronte � il vento gli percote;
spesso ei si scuote � e si ricorca spesso.
Entro d�un fesso � il cavriol s�acquatta,
tra l�ale appiatta � il francolin la testa.
Teme tempesta � ogni uccello, ogni belva,
ciascun s�inselva � e sbucar non ardisce;
solo stridisce � entro una nube ascoso
gufo odioso;
e la volpe col� da quella pianta
brulla di fronde
con orrid�urli a� suoi strilli risponde.
Palpitante, ansante, tremante
il peregrin
va per sterpi, per bronchi, per spine,
per rovine,
ch� ha smarrito il suo cammin.
Palude di qua,
dirupi di l�,
teme i sassi, teme le grotte,
teme l�ombre della notte,
lungo il ruscello incespicando,
brancolando,
ei strascina l�incerto suo pi�.
Fiaccasi or questa or quella pianta,
il sasso rotola, il ramo si schianta,
l�aride lappole strascica il vento;
eco un�ombra, la veggo, la sento:
trema di tutto, n� sa di che.
Notte pregna di nembi e di venti,
notte gravida d�urli e spaventi!
L�ombre mi volano a fronte e a tergo:
aprimi, amico, il tuo notturno albergo.
-Ossian