[QUOTE=evalorn]Certo...in quel caso, e in molti altri, si pu
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[QUOTE=evalorn]Certo...in quel caso, e in molti altri, si pu
Credo che più che atto d'amore per la vita sia un atto di rifiuto della realtà, contrapposta ad un'idea di vita completamente diversa dal vissuto. In pratica si idealizza la vita, rifiutando il grigiore circostante. Magari sentendosi l'elemento stonato.
sono d'accordo karina, era questo che cercavo di dire... avevo specificato che amore era un termine arbitrario, solo per riprendere le parole della domanda iniziale di Xil...Citazione:
Originariamente Scritto da karina
Anch'io volevo soffermarmi sul post di dani86: autodeterminare la fine delle proprie esperienze. Secondo me si tratta di una conquista concettuale molto importante, che riscatta la coscienza, la consapevolezza di sè e del mondo esterno, dall'assolutezza naturalistica dell'istinto all'autoconservazione,è appunto un' evoluzione che va oltre l'istinto.
Vorrei soffermarmi adesso sull'illusione e sulla speranza: nel 3d, per molti, la vita è un dono che và amato incodizionatamente, sia che sia piacevole, sia che si soffra, nella speranza di un futuro migliore, nella speranza che le cose, nel caso in cui si soffre, possano un giorno cambiare.
E se fosse proprio questa speranza a fregarci? Non è comune a tutti gli uomini proiettare le proprie speranze nel futuro, e così illudendosi?
La consapevolezza della morte costante e sempre viglile, nella sua tremenda verità, non può che portare a una lucida depressione della volontà e del desiderio, a un'inazione paralizzante e mortifera. Magari non troverete un riscontro nella realtà, ma semplicemente perché non sappiamo quando la morte potrebbe coglierci: pensate, ad esempio, al "Muro" di Sartre, il racconto dell'anarchico spagnolo che trascorre la notte in carcere in attesa dell'alba, quando sarà fucilato. Adesso, non me lo ricordo molto bene, l'ho letto anni fa... mi pare che fossero in tre ad attendere l'esecuzione, e che i loro comportamenti comprovassero questa depressione della volontà.
Come rimedio all'incombente previsione della morte, noi abbiamo la speranza: cieca, il più delle volte, in quanto induce una temporanea cecità, un allentamento della vigilanza della ragione e un obnubilamento della coscienza.
La speranza, che in un'esistenza a termine crea una prospettiva illusoria di senso e innesca un desiderio di vita che alimenta la stessa vita, coincide con l'imprevidenza, la provvisoria ignoranza del proprio destino.
La speranza e l'illusione non ci hanno salvato dalla morte, ma dall'idea della morte e l'attività ha dato un senso e una dignità alla nostra esistenza.
La speranza e l'attività sono antidoti effimeri alla mortalità che ne sospendono momentaneamente gli effetti annichilenti e riscattano la vita degli uomini a una dimensione artistica, ploitica, sociale e quant'altro, alla costruzione intenzionale di un senso.
Per Leopardi, la ricerca di senso è un tema fondamentale in quasi tutte le sue opere; vi riporto un passo della Operette morali, tratto dal "dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez":
"Quando altro frutto non ci venga da questa navigazione, a me pare che ella ci sia profittevolissima in quanto che per un tempo essa ci tiene liberi dalla noia, ci fa cara la vita, ci fa pregevoli molte cose che altrimenti non avremmo in considerazione."
E' Colombo che parla ed enuclea i temi fondamentali di questa Operetta: il rapporto tra la piccolezza e lo smarrimento dell'uomo nell'universo e l'utilità dell' azione per vincere l'insensatezza della vita, il cosidetto tedium vitae.
Insomma, l'uomo si costruisce intenzionalmete un senso con la sua attività e si riduce unilateralmente a questa attività: ha bisiogno di recitare una parte per sentirsi esistere.
Trovo li tuo post interessante Agatone e ricco di diversi spunti dai quali partire...purtroppo, non riesco ad organizzare i miei pensieri stamane... però a presto!
Avevo scritto un post lunghissimo, si è cancellato, vabbè. Tenterò di riassumerlo in "due parole".
Non considerate il sucidio un atto egoistico o vigliacco.
Per chi sta bene, per chi ha una famiglia decente e comprensiva e amici buoni e disponibili, star male viene difficile, pensare al sucidio è impossibile. Ma basta guardarsi intorno cinque secondi per capire che c'è gente per il quale lo star bene non è che un qualcosa che capita eccezionalmente. E guardate, salvo casi particolari quali masochisti e depressi cronici, alla gente non piace star male. Non è bello come sembra star male. Prima di arrivare al suicidio, si provano tutte le strade percorribili per cercare di stare un minimo bene. Il suicidio non è che la dimostrazione che non si riesce a star bene. Non si getta la spugna per vigliaccheria o pigrizia nei confronti della vita, ma perche veramente non si vedono altre strade, luci in fondo al tunnel, chiamatele come volete. Perchè la luce in fondo al tunnel non c'è sempre, al contrario di quello che possiate pensare.
Dare dell'egoista a uno suicida mi sembra un atto di infamia. C'è gente che lotta per vivere, bene. E io? Io devo vivere una vita di merda, devo continuare a star male e a trascinare pesi dai quali non mi libero[non "non riesco a liberarmi", "non mi libero" e basta.] solamente perchè rischio di offendere qualcuno? No, non è concepibile. Non è egoismo. C'è una linea che divide l'egoismo dal pensare a sè stessi, e lo suicidio nella maggior parte dei casi[Quelli che ho riscontrato io, nella mia personale esperienza] è pensare a sè stessi. Inoltre nessuno di noi è Gesù Cristo, nessuno di noi sceglierebbe di soffrire una vita intera solamente per non offendere o per non provocare il dolore della perdita a qualcun altro. Per suicidarsi ci vuole molta forza, una forza che solo una disperazione nera può dare.
Voi potete dire, c'è un sacco di gente che sta male, non si suicidano mica tutti. E' vero. Infatti io [sempre nella mia personale esperienza di osservazione, mi son scordato di dirlo, tutto questo post non vuole essere niente di assoluto, son solo conclusioni a cui sono arrivato guardando ciò che ho intorno] ho notato tre tipi di reazione:
1) Lo suicidio.
2) La paura dello sucidarsi, quindi in qualche modo si cerca di andare avanti e continuare a soffrire.
3) L'appoggiarsi a qualcosa. Il che equivale a crearsela, una luce alla fine del tunnel. C'è chi si appoggia a qualcuno, un amico o un amante, perchè non vedendo una seria utilità nella sua vita decide di dedicarla a qualcun altro. Ma è rischioso, si può diventare ossessionati dalla persona, e inoltre le persone vanno e vengono. C'è chi si appoggia alla religione, perchè deve poter credere che tutto questo abbia un senso, un senso che la religione offre. E' un senso non provato ed illusorio, ma almeno è un senso. C'è chi si dà a una "sana" dipendenza: alcool, droghe, sigarette, fate voi. Oltre agli evidenti rischi di salute fisica, si rischia anche di diventare maniaci ossessivo-compulsivi.
Insomma, non è un gran bell'affare. Ma i punti due e tre hanno il loro lato positivo. Continuando, in un modo o nell'altro, a vivere, prima o poi qualcosa di bello arriva[Esperienza personale in arrivo, si, questo sono io]. La persona amata supponiamo. Che può tirarti fuori dalla dipendenza in cui ti sei messo. Che riesce veramente a farti capire che ti vuole bene, che non c'è bisogno di un senso, di vivere e basta, etc. etc.
Perchè, altra cosa che ho riscontrato, la maggior parte delle persone che stanno male, stanno male per una forma mentis. Ho notato infatti che sono quasi sempre persone più intelligenti della media, persone che cercano sempre di andare al di là delle cose e di capirne il vero significato. Persone insoddisfatte per natura, perchè non riescono ad accontentarsi, nè a vivere qualche secondo smettendo di pensare.
Passiamo ad altri casi. E' vero, ci sono anche altri tipi di suicidio. Sinceramente, quelli che li inscenano e lo fanno solamente per attirare l'attenzione li impalerei uno ad uno. Quelli che lo fanno "per incolpare qualcun altro" sono evidentemente malati ché non si rendono conto di quel che fanno.
Ma c'è anche ci pecca di ingenuità, se così si può dire. Altra esperienza personale.
Ho conosciuto un tizio. Era profondamente romantico, non uno che scrive poesie e porta i fiori e fa serenate, ma una persona che credeva fermamente al vero Amore e cose del genere. E aveva trovato una persona che amava, e che lo ricambiava, e si è convinto che quello fosse il suo vero amore. Quando lei l'ha lasciata, non ha retto, e si è suicidato. Per convinzione, succede anche per quello. Quando crolla una convinzione forte, non reggi. Immaginate di rivelare in maniera inconfutabile al più fervido credente che Dio non esiste. Come pensate possa reagire? O negherà l'evidenza, impazzendo, o si suiciderà.
Tutto questo per dire cosa? Non dico che il sucidio sia giusto o meno, ma ritenere coloro che si sucidano egoisti e vigliacchi è un insulto. E parlo da persona che ci è passata e che ha visto almeno una decina di altri casi.
Personalmente credo che il suicidio non vada proprio giudicato. Al massimo bisognerebbe cercare di comprenderlo (anche se è un'impresa vana), per ricostruire il filo di una vita che se ne è andata.
Il suicidio andrebbe rispettato a mio avviso, che non vuol dire condiviso o osannato. E' una decisione altrui estrema, molto personale, incomprensibile... che va presa per quello che è, senza trasferirci su il proprio vissuto, la propria angoscia o proiezioni.
Forse la linea che divide un suicida da una persona 'normale'
[QUOTE] Se cos
[QUOTE=evalorn][...]
In questo caso non devi interpretare le parole amore o romanticismo come indicatori di uno stato d'animo comunemente decifrabile come positivo... cio
Era la continuazione di quello che avevo scritto nello stesso post.Citazione:
Me lo spiegheresti?
Uno 'stare bene' privo di intenzioni costruttive.. nel senso di non sentire nulla di sbagliato, dal momento che, una volta giunti alla decisione di uccidersi, si arriva ad avere pieno controllo della propria vita...
Io ho provato l'esperienza in prima persona, e mi è andata davvero di lusso, come io stesso nn avrei mai potuto immaginare per come ho attuato il tutto... ma sono davvero contento di come sia andata. Sono pienamente d'accordo con Heltir: vi assicuro ke anke dopo, ovvero anke adesso, con il senno di poi nn riesco a giudicare il mio atto come vile ed egoista, neanke nell'ipotesi ke avesse avuto esito funesto. Provo piuttosto grande pena per me stesso: penso a me stesso prima e vorrei buttarmi nel ricordo e aiutarmi, quasi ad evitare ciò ke è stato e ritornare nel passato; ma è bene che sia andata così. Il suicidio è un atto meditato a lungo (o almeno nel mio caso) con il quale si spera di porre fine dfinitiva alla disparità ke percepisci in modo schiacciante verso le vite degli altri, altri ke hanno ciò ke a te manca. Sei convinto ke in confronto alla tua vita qualsiasi altro stato sia desideralbile, perfino quello del nulla eterno di Foscolo che è un non-stato. E nonostante lo stato di rigidità immediatamente precedente il momento ke può essere fatale, giuto prima pensi (ho pensato): vediamo finalmente cosa c'è dopo la morte.
In definitiva l'odio e l'amore sono due lati della stessa medaglia; il suicidio sarebbe odio per la vita propria e amore per la vita altrui, amore ke poi si configura come amore per qualsiasi cosa ke nn sia la tua vita.
In parole povere ti raccordi al discorso di Agatone, e cioè che il suicidio sia un atto di amore per la vita che vorremmo e non abbiamo :)
s
L'idea del suicidio
Spero che questa discussione sia ancora aperta...
Credo che il suicidio sia la conseguenza di un terribile dolore interiore che impedisce di vedere altre soluzione oltre a quella via d'uscita che