Non è nemmeno quello, ma per la terza e ultima volta, torniamo in topic.
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Non è nemmeno quello, ma per la terza e ultima volta, torniamo in topic.
Secondo me non si può fare una distinzione tra uomini e donne.
Ma tra persone.
Conosco uomini che piangono pure davanti ad un film .
E io piango difficilmente. Molto difficilmente.
Non credo dipenda dalla sensibilità.
Che poi sensibilità per cosa?
[QUOTE=RudeMood;1226763]Secondo me non si pu
Dipende dal modo di essere, non
E ci credo che non le trovi da un' altra parte (anche se non è completamente vero anzi non lo è), in Sicilia e in altre isole alcune donne vengono anche pagate per disperarsi davanti al morto al funerale :asd: (chiangirmorti mi sa si chiamano in siciliano, una specie di prefiche in pratica) E' una scelta scenografica. Sapevi? In inglese si chiamano mourners. Ma anche in altri posti tipo l'Albania e la Romania c'è una tradizione simile. Ovviamente non sto generalizzando ma in alcuni casi è così ed è
un' antica tradizione (scusate l'ot)
Sorvolando il luogo comune, in quanto siamo nel 2010 e non nei secoli scorsi, sulle vedove siciliane o i modi di sceneggiare il lutto in Sicilia, Albania e Romania, ho letto con interesse il topic e desidero esporre il mio parere.
Trovo realista l'analisi psicologica che fa Orihime del mondo emotivo del maschio tipico, nel senso di più facilmente riscontrabile nella realtà.
Senza, ovviamente, generalizzare e massificare.
Ma comunemente si dice che le eccezioni confermano la regola.
Sul fattore educazione e le sue implicazioni sul controllo emotivo, vorrei scrivere poche osservazioni.
Al bambino che piange i genitori dicono: "smettila e fai l'ometto". In casi più estremi, come testimonia pdor figlio di kmer, può seguire uno scappelloto se il bimbo continua a frignare.
Diverso comportamento viene adottato dai genitori, se a piangere è una bambina; in tal caso ci si preoccupa di consolarla.
Il maschio piange poco o nulla o solo nell'intimità per una formazione-deformazione educativa.
Però, non bisogna tralasciare la componente biologica e genetica.
Dal punto di vista biologico, il nostro cervello è estremamente plastico, per cui si forgia entrando in relazione con l'ambiente, per questa ragione, alla fine, il cervello maschile e femminile differiscono per funzionalità.
Il cervello femminile sviluppa un tipo di comunicazione più verbale ed intuitiva riguardo le emozioni e i sentimenti.
Il cervello maschile sviluppa maggiori attitudini nel campo della logica e dell'orientamento spazio-temporale.
Per la componente genetica che ci fa essere unici, ciascuno di noi, femmina o maschio che sia, reagisce all'ambiente a proprio modo. Per cui due figli maschi reagiscono in modo diverso allo stesso stile educativo. Per esempio: uno riconosce con più prontezza le proprie emozioni e le manifesta, l'altro, tarda a riconoscerle o se lo fa, riesce a tenerle sotto controllo.
Oggi lo stile educativo è, in molti casi, simile sia per le femmine che per i maschi, per cui si assiste ad un accenno di inversione di tendenza: le femmine si mascolizzano ed i maschi si femminilizzano. E' un modo di dire che io non condivido molto, per cui direi che le distanze culturali tendono ad accorciarsi tra i due sessi. I risultati si vedranno con maggiore evidenza tra qualche decennio.
Oggi il maschio-macho vive una sua dimensione emotiva poco invidiabile, in quanto, necessita di uno spazio in cui non serve controllare le emozioni, per non diventare una pentola a pressione con la valvola chiusa, ma questo comporta un doversi "sciogliere", "scoprirsi emotivamente". a spese della sua immagine come punto di riferimento forte, tranquillizzante, protettivo, soprattutto, in famiglia e sul lavoro.
Questo timore di "farsi vedere umano", se estremo, diventa, all'interno della relazione di coppia o delle relazioni interpersonali significative, fonte di incomprensioni, di equivoci, di gelosie, in sintesi, di grossi guai.
[QUOTE=claire;1227537]Sorvolando il luogo comune, in quanto siamo nel 2010 e non nei secoli scorsi, sulle vedove siciliane o i modi di sceneggiare il lutto in Sicilia, Albania e Romania, ho letto con interesse il topic e desidero esporre il mio parere.
Trovo realista l'analisi psicologica che fa Orihime del mondo emotivo del maschio tipico, nel senso di pi
[QUOTE=Rudra;1227434]E ci credo che non le trovi da un' altra parte (anche se non
E se si trattasse solo di uno sfogo come un altro?
Che so ... uno s'ingozza di merendine, un altro piange, un altro va a correre, un altro fuma due sigarette di fila, no?
Ci dev'essere sempre un dolore, una sofferenza ad accompagnare il pianto? E quelli che piangono per la contentezza? E quelli che non piangono, non soffrono?
E quelli che piangono e con la lagnanza ricattano?
Uno sfogo, un mezzo per togliersi di dosso qualcosa oppure per metterla addosso all'altro.
Ogni OT, per quanto possa apparire innocuo o banale, avvia sempre una discussione fuori posto e fuori luogo. ed inoltre è suscettibile di sfociare in un "incontro" dai toni carichi di pathos.
Per questa ragione mi astengo da ogni commento ed argomentazione fuori dal contesto del topic.
Faccio notare, inoltre, che la mia osservazione era inserita in un contesto di contenuti inerenti al tema del topic.
Non mi sono limitata ad inviare un post decisamente ed unicamente OT.
Trovo interessante il post di Bauxite, in quanto apre altre visuali sul pianto sia maschile che femminile.
Hai ragione si piange anche di gioia.
Il pianto è una delle tante possibili manifestazioni visibili e fisiologiche delle emozioni.
Riguardo al pianto che nasce da un dolore, a mio parere bisogna sapere distinguere il pianto liberatorio dal pianto "strumentale", cioè finalizzato ad ottenere qualcosa, o dal pianto "vittimistico", che vuol far sentire gli altri colpevoli.
C'è anche il pianto "rabbioso" di chi si sente impotente di fronte a determinate situazioni in cui pensa di essere attaccato.
La natura del pianto è legata alla psiche di ciascuno.
Una sana psiche ricorre, per allentare le tensioni da sofferenza, al pianto liberatorio, che, in genere, è abbandono, accettazione e non produce effetti dirompenti in se stessi e negli altri.
[QUOTE=claire;1227609]Riguardo al pianto che nasce da un dolore, a mio parere bisogna sapere distinguere il pianto liberatorio dal pianto "strumentale", cio
[QUOTE=Bauxite;1227615]Per sapere distinguere il pianto liberatorio da quello ricattatorio o vittimistico, c'
Anche a me non piace andare ot ma dato che hai iniziato il post con un tono polemico rispetto al mio post (anche se come hai detto giustamente tu poi sei rimasta in topic) gradirei, o meglio per dirla con toni più civili e umani, mi piacerebbe conoscerne le motivazioni. Davvero, lo dico per curiosità. Ma effettivamente andiamo troppo ot e Alys giustamente ci redarguirebbe.
Io fornivo semplicemente un' altra versione allo user che ha postato prima di me dell'immagine del dolore e del pianto che lui ha delle donne in Sicilia. Tutto qua.
E poi anche la regione dove abito io è soggetta a luoghi comuni, ed io con il mio modo di vivere obiettivamente sto fuori da quel luogo comune che gli viene affibbiato, ma allo stesso tempo ci sono altre realtà che vivono all'interno di quel luogo comune e che non posso negare. Perchè mai dovrei farlo?
Secondo me in questo caso chi elide completamente una parte del luogo comune si comporta nello stesso modo di chi lo partorisce.
La realtà è molto più complessa, e ha mille sfumature e sfacettature. Spero che ora si sia capito cosa volevo dire. Fine ot. (Alys scusa)