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sono due film diversi apocalypto e the passion , si possono vedere senza nessun problema in qualunque ordine vuoi per capirne le uniformita' stilistiche o una continuazione del viaggio autoriale di Gibson.per le rece non mollare mai zazza , piu' le fai piu' il film ti intriga perche' esponi e liberi considerazioni che senza scriverle non ti sarebbero mai venute in mente compiutamente .Paradossale ? no, conseguenza della liberazione di quanto visto.
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Rocky Balboa
Titolo originale:
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Azione, drammatico
Durata: 102 minuti
Regia: Sylvester Stallone
Cast: Sylvester Stallone, Burt Young, Milo Ventimiglia, Geraldine Hughes
Distribuzione: 20th Century Fox
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Trama : ---- Rocky ormai completamente assorbito dal suo ristorante sembra destinato a proseguire una vita tranquilla lontano da ogni sussulto invecchiando nella soddisfazione di un figlio realizzato nel suo lavoro.Ma mentre il lento fiume corre tranquillo , una simulazione al computer da un risultato incredibile : se rocky tornasse sul ring batterebbe l'attuale campione del mondo dei pesi massimi. In cerca di credibilita' per il loro inarrestabile campione , i manager cercano di organizzare a Las Vegas un incontro da sogno per pura esibizione e beneficenza tra il vecchio eroe e il giovane sulla cresta dell'onda. Intanto il fiume dei ricordi smuove l'animo di rocky...
Commento ---- ( senza spoiler ) ed ecco arrivare il sesto episodio di una saga che sembrava aver esaurito , dopo un quarto capitolo solo eccessi e un quinto del tutto anonimo , ogni vena creativa di racconto.In effetti Mr.Sly questo capitolo lo ha chiamato solo con il nome dell'eroe per renderlo piu' una celebrazione che una prosecuzione , e il sapore della celebrazione percorre tutto il film dato che per un ora abbondante assistiamo a ricordi , citazioni ( " io ti spiezzo in due " , il dipinto nel ristorante con l'incontro finto tra Rocky e Creed del terzo episodio e mille altre cose) , pianti e facce assorte su quello che fu e non sara' piu'. Purtroppo questo sapore celebrativo rende l'operazione una sorta di dja vu monotono e ripetitivo per chi conosce benissimo la saga ( certe cose sono impresse a marchio di fuoco , come il famoso titolo tema sonoro e la corsa sulla scalinata , la tuta grigia , i consigli del defunto manager e le difficili giornate di allenamento al freddo per combattere con ivan drago ) , e mentre le facce sconsolate e qualche lacrimuccia invadono lo schermo si attende con ansia il combattimento con il campione in carica.
E li vediamo quanto sia bravo Stallone a mettere in scena un combattimento di boxe : tutto e' in totale metamorfosi con lo spirito del combattimento , sangue che sprizza , coraggio che fluisce e mitici commenti da parte dello speaker :
- benvenuti nel mondo di rocky !
- questo colpo l'avranno sentito anche i suoi antenati nell'oltretomba
- piu' che un esibizione e' un esecuzione
e ci abbandoniamo in questa scena lunga e bellissima coinvolgendo i nostri sentori senza problemi , donando a Rocky una credibilita' e un trasporto del tutto privo di vero senso della logica visto che certe cose le abbiamo viste da tempo e per lungo tempo.Ma in fondo possiamo vedere un film fregandocene di quanto ci dice l'intelletto e ascoltando solo il cuore.E tra l'altro visto che non e' il risultato del combattimento quello che conta , sly riesce anche a creare un finale del tutto credibile, non scontato e pacchiano .Non siamo di fronte al crepuscolo macilento e putrescente dell'eroe ormai vecchio e in pensione , ma alla scoperta della propria capacita' di poter dire qualcosa ancora nonostante sia piu' vicina la fine che l'inizio.
grazie Sly , nonostante la lunga preparazione sonnolenta e del tutto anonima ,un plot decisamente di sola celebrazione, introducendo un personaggio femminile privo di fascino e doppiato malissimo ( veramente un anno nero per i doppiatori italiani questo...mentre massimo corvo ee' bravissimo a rifare Amendola ) ci hai regalato un finale di grande risveglio , di forza fisica e di rispetto verso un eroe che non pensavamo piu' di vedere .
Rocky!Rocky!Rocky! tatatatananananana...tata...tata...
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La ricerca della felicità
Titolo originale: The Pursuit of Happyness
Nazione e Anno: Usa, 2006
Genere: Drammatico
Durata: 117 minuti
Regia: Gabriele Muccino
Cast: Will Smith, Thandie Newton, Jaden Smith, Chandler Bolt
Distribuzione: Medusa Distribuzione
Trama---- 1981 - Chris Gardner sta disperatamente cercando di riparare a un investimento sbagliato , un acquisto di un improbabile macchina scanner portatile poi da rivendere , mentre la moglie lavora con doppi turni per sbarcare il lunario.La gestione del piccolo Christopher e' difficilissima e si cerca di sopperire alle difficolta' in tutti i modi possibili.
Mentre la situazione precipita in un baratro sempre peggiore per lo sfortunato Chris sembra apririsi uno spiraglio di difficile gestione...
Sunto del commento ---- Muccino se ne va in America e racconta una storia Americana , o meglio una storia ambientata in America che sembra essere un plot da Spike Lee.Ma mentre il grande regista Americano ne avrebbe fatto una vigorosa denuncia e una aperta e demolente bilancia di valori , Il nostrano regista delle grida e degli urli ci propina una passionevole carrellata di lacrimevoli stereotipi , con situazioni sempre piu' difficili da concepire in quanto nella corsa al buco nero verso la caduta si dimentica ogni logica di trama e di conseguenzialita' di situazione.E mentre Chris e Christoper si trovano sempre peggio anche lo spettatore si gioca le due ore di durata in una noia morale , con il saliscendi del succedersi che srotola la sua ellissi nella vasca del miele e delle frasi fatte ( " sei un bravo papa' " e " non permettere a nessuno di toglierti un sogno" ) che in italia sarebbero state urlate e qui invece vengono piante.
Un film di una pochezza e di una piattezza immane ,con personaggi del tutto fuori da ogni contesto che accettano il protagonista con situazioni del tutto risibili, giocato sul sicuro e senza nessun volo pindarico di fantasia.
Bandiere Usa e Capitan America sono presenti a ricordare la gratitudine del Gabriele , che ha avuto un incasso stellare con questo film dei buoni sentimenti mal mostrati e rozzamente orchestrati.
Che Muccino resti in italia , almeno non facciamo brutte figure con gli americani...le sue grida sono piu' convincenti dei suoi pianti fasulli.
Osservazioni estese ( non leggere senza visione ) ---- ... e cosi' ecco che colui che ha dato vigore al cinema italiano con due film se non altro convincenti , anche se non perfetti , e ha fatto scoprire Accorsi e la Mezzogiorno ( tra l'altro da un po' assenti dal grande schermo paragonato al serrato numero di film fatti dopo l'ultimo bacio ) se ne va in America , fortunatamente senza l'insostenibile fratello Silvio , a dirigere uno degli attori piu' amati del pubblico locale il man in black Will Smith ( in versione baffuta ) .
Muccino sceglie la strada del ricreare le situazioni del 1981 omaggiando all'inizio ,e riproponendo , la scena delll'arrivo in citta' dell'ingenuo cow-boy Voight di " Un uomo da marciapiede " ( il barbone per terra, la gente non curante e lo stupore solo suo ) , tappezzando poi la citta' di manifesti del cinema del periodo ( abbiamo anche un taxi con la locandina di Toro Scatenato ) e con oggetti culto del momento ( il summa sta nel cubo di rubik ) .
Questo spalmare oggetti e significati per dirti ( oh, ricorda , ho detto 1981-82 ) dopo un po' risulta fastidioso e monotono , anche perche' mentre le locandine potrebbero solleticare il divertimento del cinefilo altre cose come le pubblicita' americane del tempo sono per noi un oggetto del mistero sconosciuto.( tranne quella del coppertone con la celebre bambina che viene tirata per le mutandine da un cagnolino , ripresa anche nella locandina di un film italiano).
Assistiamo come tipico di Muccino alla estremizzazione del tutto , d'altronde la sua esteriore capacita' di pregiare il film di emozioni indotte e 'un magma di colpi di maglio che qua non puo' far apparire , non puo' trascendere in urla e grida , non puo' far correre i personaggi in citta' urlando la loro disperazione.Dovendo interiorizzare crea situazioni di una banalita' assurda , creando ganci e strizzate d'occhio agli americani , dove si parla di grandi sogni davanti a un pallone di basket e di scoperta di uomini validi in uno stadio di baseball.
Assistiamo incolpevoli alle situazioni piu' inconcepibili ( elencarle tutte e' impossibile ) dove ci vuol far credere che una madre e moglie affettuosa lavoratrice soda ( thandie newton ) abbandoni il figlio dopo averlo voluto con se all'inizio , che un uomo con giacca e cravatta entri in un ricovero per barboni ( tra l'altro in mostra e in fila belli posizionati ad arte senza nessuna credibilita' , fortuna che il Mucc ha tolto il direttore di scena con i numeri delle comparse...), che nel campo dei brooker ci siano persone che accettano e capiscono con il sorriso le situazioni piu' strambe.Gli scanner poi prima non se ne vende uno e dopo vanno via a grappoli.I soldi non ci sono e le multe si pagano lo stesso.La cosa piu' grossa comunque e' il furto dello scanner dell'hippie , dove Chris lascia uno scanner e la voce fuori campo ti avverte " Si assurdo , ma lui e' ingenuo ".Qualcuno dice che e' una storia vera ? romanzarla cosi' e' facile ma decisamente delittuoso verso la logica e lo spettatore.
Tutto in ordine e nulla a posto sembra dire questo lacrimevole e spudorato film di ingannevole trama , dove un padre preferisce coinvolgere il figlio in situazioni a dir poco spiacevoli piuttosto che saperlo al sicuro con la madre , cosparso di stelle e strisce al vento dove il simbolo e' Capitan America vilmente abbandonato in uno dei rari momenti di rabbia
del protagonista , quasi a simboleggiare che bisogna sempre credere e mai lasciare sogni e ideali.
Un film costruito per piangere , che non potra' far altro che accontentare chi vuol commuoversi con facili stili , dove campeggia un Will Smith dalla lacrima facile che si porta dietro il suo vero figlio per posti e citta'.
Che Muccino resti in italia a gridare , perche' far piangere e' un arte e non un inganno , un emozione che porta verso l'occhio e la mente le lacrime mentre lui sa portare solo lacrime di noia.
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Milano calibro 9 (1972) di Fernando Di Leo con Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Frank Wolff, Luigi Pistilli, Ivo Garrani, Philippe Leroy, Lionel Stander, Mario Novelli e Giuseppe Castellano.
Tratto da Scerbanenco un cast di tutto rispetto per uno dei capostipiti del poliziesco all'italiana degli anni 70, prima della degenerazione nel "poliziottesco".
Pur essendo evidente la povertà dei mezzi impiegati in questo poliziesco come in tanti altri la trama regge e la bravura del regista (uno dei più prolifici del genere) riesce a creare una certa suspance.
Interessante anche il contrasto ideologico tra il commissario all'antica e il suo vice che ha una visione molto più progressista delle funzioni della Polizia, contrasto molto in sintonia con i tempi in cui il film fu realizzato.
Per i milanesi, interessanti gli scorci della città 35 anni fa che fanno da sfondo alle numerosissime scene girate in esterno.
Lo show della Bouchet al night club è stato blobbato spesso.
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[QUOTE=mat612000;547800]Milano calibro 9 (1972) di Fernando Di Leo con Gastone Moschin, Barbara Bouchet, Mario Adorf, Frank Wolff, Luigi Pistilli, Ivo Garrani, Philippe Leroy, Lionel Stander, Mario Novelli e Giuseppe Castellano.
Tratto da Scerbanenco un cast di tutto rispetto per uno dei capostipiti del poliziesco all'italiana degli anni 70, prima della degenerazione nel "poliziottesco".
Pur essendo evidente la povert
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Dejà Vu - Corsa contro il tempo
Titolo originale: Deja Vu
Regia: Tony Scott
Anno: 2006
Genere: Thriller / Fantascienza / Azione
Durata: 128 minuti
Trama: Doug Carlin, un agente dell'ATF, sta indagando su un attacco terroristico avvenuto su un battello a New Orleans, che ha provocato molte vittime. Attraverso una speciale porta spazio/temporale capirà che può sventare il disastro e salvare la vita di una donna a cui tiene particolarmente.
Commento [spoiler]: All'inizio pare un tranquillissimo thriller, senza passaggi che necessitino vera attenzione, il tutto sembra lineare e tutto sommato prevedibile, ma ad un tratto l'introduzione dell'elemento fantascientifico complica le cose. Ancora una volta ci si ritrova ad addentrarsi nei meandri scientifici dello spazio/tempo ed ancora una volta il cervello va in pappa. E’ stato così con la trilogia di Zemeckis anni fa ed avviene anche qua: il tutto viene spiegato da Adam Golberg che, come il suo personaggio strastereotipato giustamente prevede, è il classico scienziato, magari appena laureato, che diventa da subito un super genio e si destreggia attraverso le complicate teorie di Einstein con una facilità degna di Margherita Hack, spiegando in trenta secondi tutta la faccenda scientifica ad un Denzel Washington che, dopo alcune perplessità (se avesse capito tutto subito sarebbe stato troppo banale…) da buon super agente dell’FBI senza macchie e senza paura dopo pochi minuti sa già come agire. Ma gli spettatori, che sicuramente non fanno parte dell’ATF, rimangono attoniti, e non avendo subito capito decidono di continuare a concentrarsi sul film per cercare tutti i peli nell’uovo e le minime incongruenze. Comunque la sceneggiatura è molto accorta ed attenta a far coincidere tutto quanto così da soddisfare anche gli spettatori più attenti e pignoli. Come si prevedeva, il film non è neanche privo di macchinari stranissimi che funzionano per chissà quale legge fisica e sebbene sia principalmente un thriller, non mancano momenti di pura azione, ma tutto ciò non scade mai nel ridicolo o nel ridondante, tutte le situazioni si susseguono secondo un ordine prestabilito e non ci sono scene di incidenti, esplosioni e sparatorie che non siano necessarie alla comprensione ed al ricomponimento finale del puzzle. Rimane comunque una bella matassa da sbrogliare, che coinvolge ed appassiona, anche con l’introduzione del lato romantico nella missione del protagonista. Denzel incarna un personaggio che ho trovato molto simile a quello di Inside Man, determinato ma piuttosto alla buona, ironico e disinvolto, e come al solito pur recitando completamente al centro della scena eccelle dappertutto; Caviezel invece, buono nel ruolo del cattivo verso il quale si prova tutto sommato comprensione, mi ha ricordato un po’ il John Doe di Kevin Spacey, specie dopo aver ascoltato il discorso che fa a Denzel quando lo interroga. Cameo di Matt Craven nel ruolo di Larry Minuti.
Voto: 7
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Titolo originale: Eragon
Nazione: U.S.A.
Anno: 2006
Genere: Avventura, Fantastico
Regia: Stefen Fangmeier
Sito ufficiale: Eragon
Cast: Jeremy Irons, John Malkovich, Edward Speleers, Djimon Hounsou, Robert Carlyle, Alun Armstrong
Produzione: 20th Century Fox, Ingenious Film Partners
Distribuzione: 20th Century Fox
Data di uscita: 22 Dicenbre 2006 (cinema)
Trama:
Eragon é un giovane che insieme a Saphira, la sua amica dragonessa, vive nel mondo fantastico di Alagaësia, popolato da creature di ogni genere. Eragon é uno dei "Cavalieri dei Draghi", un esercito che ha il compito di liberare il mondo dalle creature malvagie. Il ragazzo adempirà al proprio compito con l'aiuto di un cantastorie e di una spada magica!
Commento:
Il libro del giovanissimo Christopher Paolini, da cui è ovviamente tratta la sceneggiatura del film della Fox, non è niente male: ottime vendite in tutto il mondo, critica concorde nel definirlo un ottimo libro, data anche la giovane età dello scrittore. "Eragon" è il frutto della passione di Paolini per la letteratura fantasy: un insieme di Signore degli Anelli, di Harry Potter, di Philip Pullman e di altri libri (e immagino anche videogiochi) fantasy: il tutto reso moderno dal messaggio di pace, di fratellanza, di incontro tra civiltà (che ermerge in particolare nel secondo libro, "Eldest").
Quindi: bel libro, che consiglierei a chi è alla ricerca di una lettura leggera ma coinvolgente. E il film? Ah beh...quello è un altro paio di maniche. Con ancora nell'aria il successo del Signore degli Anelli (milioni di incassi, innumerevoli oscar), la Fox ha fiutato l'affare e ha ha contatto Mr. Paolini per fare del suo libro un film: ma, mentre si può definire Paolini un giovane discepolo di Tolkien, allo stesso modo si può definire Eragon-The Movie un fratello povero (e zoppo) del Signore degli Anelli di Peter Jackson.
Per chi, come me, ha letto il libro, il film è una mazzata nello stomaco.
Il film è brevissimo, la parte centrale del libro è scomparsa del tutto: gli altri episodi sono stati riassunti brevemente ed incollati alla bell'e meglio. Il rapporto empatico tra il drago e il cavaliere è taciuto; il duro addestramento di Eragon è ridotto ad un paio di stoccate. L'ingresso nel mondo della magia è ridotto ad un paio di battute.
L'idea che mi sono fatto (il film come fratello povero del Signore degli Anelli) è emersa osservando gli effetti speciali (ben pochi, direi), le ambientazioni (un imponente città portuale è diventata, nel film, un misero villaggio di palafitte), il trucco (pacchiano) e i costumi: corazze e armi sembrano uscite da una bancarella rionale durante una fiera o da un film anni '60 su maciste e sansone. Pure la sala del trono di Galbatorix sembra uscita da una puntata dei Power Rangers. E che dire delle conciatura degli attori, ingellati o con effetti "a banana" alla Elvis? No comment.
E gli attori? Eragon, il giovane protagonista, è un mascellone ipervitaminizzato, molto più adatto per una puntata di OC nel ruolo del belloccio giocatore di football. Jeremy Irons è invece molto più credibile nel ruolo che ricopre, e recita in modo convincente, ma è l'unico in tutto il cast, e può fare ben poco putroppo. E Saphira, la draghessa? E' fatta con il computer, non gli si può addebitare molte colpe: inizialmente, assieme a mia sorella, mi chiedevo chi fosse la doppiatrice. Le possibilità erano Valeria Marini (brrr) o Asia Argento (brrrrr!): e invece no, la doppiatrice è Ilaria d'Amico! Spaventosa: voce sgredevole, per nulla sciolta, con una chiara cadenza meridionale che mi ha fatto più volte rabbrividire. E i tentativi di rendere Saphira piu "maliziosa" in certe situazioni mi facevano pentire di aver speso 7 euro per recarmi in quel di Cerro Maggiore.
Edit: mia sorella mi dice: "Paolo, hai dimenticato Angela-Joss Stone!!!". In effetti ha ragione: come mai un'anziana fattucchiera, simile a Maga Magò diventa una bionda vestita di paiettes, con tutta la mercanzia in bella vista?!?!
La battaglia finale, nel libro, si svolge nella "Città di Pietra" dei Nani: peccato che, come al solito, di pietra se ne veda ben poca: capanne di paglia e legno, in cui si svolgono scaramucce e bastonate che assomigliano ben poco ad una battaglia campale.
Ai bambini potrebbe piacere, FORSE. Ma perchè togliergli il piacere di una buona lettura?
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The Game
Regia: David Fincher
Anno: 1997
Genere: Thriller
Durata: 128 minuti
Cast: Micheal Douglas, Sean Penn, Deborah Kara Unger, James Rebhorn, Armin Mueller-Stahl, Tommy Flanagan
Trama: Nicholas Van Orton è uno spento uomo d'affari di mezza età. Per il suo compleanno, suo fratello, con lo scopo di farlo divertire un po', lo convince ad iscriversi in un club che organizza giochi di ruolo molto realistici. Ma tutto degenera in qualcosa che Nicholas non aveva previsto.
Commento: Della pentalogia di Fincher, anche se non ho visto ancora Alien 3, penso sia il meno autoriale, il timbro registico che tanto contraddistingueva film come Seven e Fight Club qua non è lampante, comunque con questo film dimostra di sapersi destreggiare dappertutto e di rendere coinvolgente anche un thriller dopo tutto tranquillo L'idea di base è molto originale, non dico geniale perchè mi aspettavo di trovare significati diversi dietro a questo misterioso "gioco", una specie di sogno in cui tutto sembra assurdo (il che ricorda vagamente - e forse ha ispirato - The truman show: Douglas e Carrey interpretano due personaggi non troppo diversi, ognuno cerca di sfuggire ad una realtà che non capisce), insomma significati che lo avrebbero reso più interessante (o semplicemente diverso) concettualmente. I significati del gioco e chi o che cosa gli sta dietro e lo governa sono alla base del fatto che il finale non ha soddisfatto appieno tutti (chi lo ha visto capirà), sebbene non presenti forzature e sia perfettamente concatenato con lo svolgersi degli eventi – e benché non fosse facile trovarne uno che fosse per tutti i gusti - , ma a chi l’epilogo di questa vicenda è piaciuto lo troverà uno dei più belli della storia del cinema. The Game resta comunque un thriller movimentato ed intrigante, che coinvolge fino alla fine. Tuttavia non sono assenti alcune facilonerie e passaggi poco credibili, si notano facilmente, ma il ritmo incalzante, i costanti colpi di scena ed una buona dose d'azione li pongono quasi in secondo piano. Mi brucia dire che Douglas non mi è piaciuto, come già accaduto in altri film, insomma il suo personaggio, piuttosto distaccato, ricco, in perenne giacca e cravatta, nella propria torre d'avorio, quasi cinico, è adattissimo alla sua mascella tirata ed alla sua faccia imperturbabile, però ci calca troppo la mano, ed il passaggio caratteriale non si nota molto; e reduci di un’interpretazione magnifica come quella di Un giorno di ordinaria follia delude e non poco, ricordando la sua interpretazione nell’odioso remake del 1998 di Delitto Perfetto. Penn viene poco sfruttato, appare in poche scene, normali tutti gli altri (Rebhorn e la Kara Unger) cammeo di Tommy Flanagan (il futuro Cicero, servo di Russell Crowe nel Gladiatore) nel ruolo del guidatore del taxi.
Voto: 7½
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Per chi, come me, ha letto il libro, il film è una mazzata nello stomaco. ( hristo )
...ti assicuro che lo e'stato anche per me che non ho letto il libro...ottime recensioni ragazzi , grazie zazza per il ritorno nei meandri di the game e del mio amato fincher !
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Citazione:
Originariamente Scritto da Marsellus
sono due film diversi apocalypto e the passion , si possono vedere senza nessun problema in qualunque ordine vuoi per capirne le uniformita' stilistiche o una continuazione del viaggio autoriale di Gibson
Ora che l'ho visto me ne sono reso conto, comunque un gran polverone per un film tutto sommato semplice
Citazione:
Originariamente Scritto da Marsellus
per le rece non mollare mai zazza
No no non mollo, il problema è trovare il tempo per elaborare il tutto... perchè inizialmente butto giù tutto quello che mi viene in mente, poi il problema è trovare il tempo per mettere tutto in ordine...
Confermo anche io, non ho letto il libro ma il film è talmente brutto che non c'è bisogno di aver letto il libro per rendersene conto...
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Vesna va veloce (1996) di Carlo Mazzacurati con Tereza Zajickova, Antonio Albanese, Silvio Orlando, Ivano Marescotti, Stefano Accorsi, Antonio Catania, Roberto Citran, Andrea Karnasov
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Titolo Originale: BOBBY
Regia: Emilio Estevez
Interpreti: William H. Macy, Ashton Kutcher, Helen Hunt, Demi Moore, Anthony Hopkins, Heather Graham, Sharon Stone, Laurence Fishburne, Harry Belafonte
Durata: h 2.00
Nazionalità: USA 2006
Genere: drammatico
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TRAMA : un albergo di lusso , il giorno delle primarie della California del 1968 , dove il candidato Bob Kennedy terra' una conferenza stampa serale per celebrare la sua probabile vittoria nello scrutinio dello Stato. Tra attesa e tensione dei suoi sostenitori per il risultato , veniamo a conoscenza nell'arco della giornata di storie personali di alcuni dipendenti dello staff alberghiero e di quello di Kennedy , paure , tensioni e piccoli problemi personali faranno da corollario a una giornata che entrera' tristemente nella storia...
Osservazioni : Davvero bello questo film di Emilio Estevez , figlio del qui presente Martin Sheen , dove politica e graffiante critica alla guerra del Vietnam si assommano a storie qualunque di normali cittadini , sia che siano dei Messicani che lavorano nelle cucine dell'albergo che delle alcolizzate e nevrotiche donne di successo. Un tappeto di stelle di giovani e vecchie star sono presenti al servizio di questo film celebrazione ( si segnala anche Anthony Hopkins qui in veste di produttore oltre che attore ) che utilizza la tecnica del documentario inserendo nella vicenda normale spezzoni di dichiarazioni di Kennedy , in maniera sublime in quanto lo sfortunato candidato alla Presidenza non appare mai rappresentato da un attore ma con la sua voce originale , sottotitolato e in televisione in filmati di repertorio. E quando brevemente si innesta nella vicenda dell'albergo , vengono inserite immagini di repertorio montate intervallando e innestandosi nel flusso di recitazione degli attori come se fossero nella vicenda storica. Un lavoro di montaggio egregio a dir poco, che in film di questo tipo con un cast di proporzioni cosi' vaste e di storie frammentate e' necessario e fondante per una resa filmica di valore riferita al tipo di storia.
Estevez usa la vicenda di Bob Kennedy per criticare la guerra in Vietnam , le folli spese per sostenerla e i sacrifici umani necessari per combatterla.
Nessuno dei protagonisti vede il Nam come una causa ideale e nobile, tutti ne rifuggono se possono e usano qualunque mezzo per riuscire a non entrare in quell'inferno. Memorabile la scena dell'apertura dell'armadio con la finestra sui bombardamenti , dove il viaggio-trip si trasforma in un ritorno agli albori della necessità umana basilare del vivere ( la lettiera del gatto che diventa una sorta di humus intellettivo per l'uomo nudo e primordiale ) alla riscoperta di valori perduti che solo liberandosi delle pastoie del mondo moderno sono capibili e riconoscibili.
Ogni protagonista vive un disagio piccolo o grande, sia che sia un umile cameriere con la passione del baseball( vero sogno e rifugio degli americani del tempo, citato poi realmente da Kennedy nel suo discorso finale ) oppure una ricca cantante , o una estetista in crisi tradita dal marito ( Demi Moore e Sharon Stone nell'ordine sono bravissime ), simboleggiando la speranza per il nuovo possibile futuro. La chiave di lettura che usa Estevez per il suo film e' dato dal discorso delle scarpe , dove Helen Hunt ,dopo una difficile scelta delle calzature adatte , dice chiaramente che “ Camminare con le scarpe nuove e' difficoltoso “ e il marito Martin Sheen le risponde “ Si, ma sono bellissime”.Scarpe che poi dopo la tragedia cadono dai piedi , scarpe che nell'ultima foto celebrazione dei titoli di coda non ci sono con un giovane Bob scalzo che sulla spiaggia guarda mare e orizzonte. Le nuove scarpe non esisteranno più con il filo della vita di Bobby interrotto.
Un bel lavoro veramente,che commemora e non enfatizza, propone vari temi interessanti con una regia onesta che sapendo e riconoscendo i propri limiti sceglie una costruzione limitata nei luoghi della vicenda per meglio gestire il tutto ( il film si svolge quasi interamente nell'albergo),con il grande pregio di riuscire a non far cozzare ma convivere tante star bilanciando sapientemente ruoli e presenze.
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Regia di Giovanni Veronesi con Claudio Bisio, Carlo Verdone, Sergio Rubini, Monica Bellucci
Genere: commedia
Sito ufficiale: Manuale d'Amore 2 - dal 19 gennaio al cinema
Durata: 120 minuti
Anno: 2006
Trama : 4 storie , con un cronista radiofonico a fare da giunzione per i vari episodi , dove il tema centrale è l'amore e le sue derivazioni , con i problemi che possono sorgere in rapporti e situazioni non convenzionali.
Nel primo episodio una affascinante fisioterapista non limita il suo rapporto con il malato alle sole cure , nel secondo una coppia di coniugi entra in crisi perchè non riesce ad avere figli , poi una coppia di gay alle prese con le difficoltà del farsi accettare dal padre di uno,infine un uomo maturo con prole si perde per una affascinante giovane spagnola.
Osservazioni : torna il film ad episodi a tema , cinematografia persa di un tempo ,dove i personaggi non si incontrano e solo un flebile filo(qui rappresentato dal radiocronista Bisio)unisce le varie vicende. Come ovvio in questo tipo di operazioni c'è il meglio e il peggio nei vari comparti, dove gli antipodi della bruttura stanno nella story-line tra la Bellucci e Scamarcio e quelli del valido in quello di Verdone.
Il primo episodio e' di una sciattezza incredibile , con approfondimenti psicologici degni di un compitino dell'asilo e che oltretutto ha il solo fine di unire due belli in una scena finale che la promozione pubblicitaria vuole far passare per leggendaria invece e' del tutto anonima e senza nessun particolare pregio (cose viste e riviste in altre occasioni). Tutto senza altro scopo che l'elogio della durezza e del fatto che manca poter accedere alle necessita' di base per poter sentirsi uomini, con ingresso di prostitute in ospedale e sentimento di pentimento e pena finale.
Il secondo parte dalla scena finale del primo e ci racconta di due coniugi in crisi perchè non riescono ad avere figli. Qui la Bobulova esegue una bella prova recitativa di isterismi ed eccessi ,ma il tutto risulta monotono in quanto dopo un po' il giochetto stanca,la soluzione finale con citazione di Da Vinci e' ridicola,e il fatto che i protagonisti parlino allo spettatore una trovata di nessun arricchimento del flusso narrativo(quello che dicono e' già stato capito e sottolinearlo non serve).
Nel terzo episodio assistiamo alla fiera dei luoghi comuni e delle frasi ad effetto , con Albanese e Rubini che fanno i gay come ai tempi di Tognazzi e Serrault,incuranti di nuove prospettive e valori
con pacchiani personaggi di contorno,soli e unici veri amici e persone a cui affidarsi. Risibile e di nessun significato pratico.
Nel quarto finalmente qualcosa si muove,un Verdone con una vita tranquilla e famiglia si innamora perdutamente di una bella ragazza spagnola(affascinante e che concede alla visione le sue grazie più' della Bellucci).La vicenda si snoda semplicemente ma con garbo,ha una bella scena in vasca-piscina notturna con degli effluvi di ombre e luci,e ci sono dei momenti di piccolo raccoglimento spirituale a due che sono significativi. La gag del lavandino poi e' stupenda e ben congegnata. Con un messaggio finale preciso(condivisibile o meno) ben delineato e esplicato,cosa che gli altri episodi ne sono privi.
Viene il sospetto che Veronesi non riuscendo a fare un film completo ne fa 4 diversi corti , peccato che la somma del quasi niente rimane sempre il poco.
Da evitare a cuor leggero in quanto non è abbastanza per divertire e come puro passatempo , non abbastanza per riflessione (i toni dolciamari ne vorrebbero fare un film con qualche significato e non solo la commediola di passaggio), forse abbastanza per chiedere tre-quarti come rimborso del costo del biglietto...
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Titolo Originale: ROCKY BALBOA
Regia: Sylvester Stallone
Interpreti: Sylvester Stallone, Burt Young, Milo Ventimiglia, Geraldine Hughes, Antonio Tarver, James Francis Kelly III, Tony Burton, Talia Shire
Durata: h 1.42
Nazionalit
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http://www.liquid29.com/Movies/Missi...%20Burning.jpg
Mississippi Burning
Regia: Alan Parker
Anno: 1988
Genere: Drammatico
Durata: 128 minuti
Cast: Gene Hackman, Willem Dafoe, Frances McDormand, Micheal Rooker, Brad Dourif, Stephen Tobolowsky, R. Lee Ermey, Pruitt Taylor Vince
Trama: Stati Uniti, Stato del Mississippi, 1964. Basato su una storia vera. I due agenti dell’FBI Rupert Anderson e Alan Ward vengono mandati ad indagare sulla sparizione di tre ragazzi, due bianchi e un nero, dalle parti della cittadina di Jessup. Verranno a scontrarsi con una realtà a sé stante, che ha le proprie regole e non pretende che nessuno interferisca con esse, con la sempre maggiore diffidenza dei neri verso i bianchi, con le segregazioni razziali del Ku Klux Klan, con la polizia del posto che mal tollera gli stranieri, per trovare i colpevoli di quella sparizione. Ma dietro un semplice caso come questo si nasconde una verità mai svelata.
Commento: Un altro film di denuncia firmato Alan Parker, dieci anni dopo il meraviglioso e violento "Fuga di mezzanotte". E’ interessante mettere a confronto le due pellicole perché presentano molti punti comuni.
In entrambi i film è presente allo stesso modo il concetto di microrealtà chiusa in sé stessa, avulsa dal mondo esterno, ma mentre nella vicenda di Billy Hayes il carcere viene concepito come una realtà completamente estranea, in quanto si ambienta in Turchia, lontano dalle preoccupazioni dell’America di Nixon, in questo caso il marcio viene proprio dall'interno di quegli Stati Uniti che si fregiavano (e si fregiano) di essere il paese della libertà e del rispetto dei diritti umani, dell’uguaglianza, dell’assenza di discriminazione: nel Mississippi, un burbero, polveroso stato che mal sopporta intrusioni da parte di stranieri (vedi le facce dei vecchi quando Hackman e Dafoe arrivano), intrappolato nella propria ignoranza e dove "devi mandare indietro l'orologio di 50 anni", un luogo dove il tempo si è fermato sia nei modi di vivere e di fare, sia nei principi, un posto dove l’odio ha affondato le proprie radici da tempo, e quindi difficile da scrostare e combattere, un odio che ha vessato i neri per secoli: i fatti esposti non sono altro che piccole parentesi dell’insieme di soprusi ed ingiustizie che i neri hanno subito nel corso del tempo.
Infatti le due vicende (quella di Hayes come questa) sono diventate famose per aver avuto ripercussioni sul mondo esterno, ma sono in realtà inserite in un'infinità di altre storie simili a quelle dei protagonisti, specialmente quelle a sfondo razziale, come nel caso di Mississippi Burning. Ed in entrambi i casi, Parker calca la mano non sui fatti accaduti in sé, ma su tutto ciò che gira loro intorno e li circonda, vuol far capire che queste storie non sono altro che il prodotto di un ambiente corrotto, ma che corrotto lo è da generazioni, il risultato di un certo ideale perverso che si è impadronito delle menti di tutti, anche e soprattutto delle istituzioni locali che dovrebbero garantire l’ordine,il rispetto reciproco e la giustizia e che comunque soffocherebbero anche quelle poche persone che cercano di opporsi a tali situazioni (esempio lampante, il personaggio interpretato dalla McDormand).
La coppia Hackman-Dafoe è perfettamente delineata e mirabolante, insieme fanno scintille sia perchè sono agli opposti, fisicamente, psicologicamente, nei modi di fare ed intellettualmente sia perchè è il loro desiderio di incastrare i colpevoli che li fa sopportare l'un l'altro. I fatti si concatenano senza momenti di stasi, le situazioni ed i dialoghi non sono mai ridondanti e sono frutto di una bella sceneggiatura ad opera di Chris Gerolmo, ed è anche molto bella a livello visivo la scena iniziale dove si vedono bruciare degli alberi e quella dove viene bruciata una croce - il fuoco dell’odio che annienta e distrugge tutto.
Bravi anche gli altri, Pruitt Taylor Vince, R. Lee Ermey, Stephen Tobolowski, Michael Rooker (terribile nella parte del poliziotto duro) e Brad Dourif.
Voto: 8½
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Dreamgirls
Un film di Bill Condon. Con Jamie Foxx, Beyoncé Knowles, Jennifer Hudson, Keith Robinson, Eddie Murphy. Genere Commedia, colore, 131 minuti. Produzione USA 2006.
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Trama ---- Deena Jones, Effie Melody White e Michelle Morris sono tre cantanti di talento che cercano di aprirsi la strada per il successo grazie alla combinazione delle loro voci e dei loro corpi. Bella e flessuosa la prima, di corporatura più marcata ma con una voce molto piu' calda e potente la seconda, carina e di accompagnamento la terza.Le tre ragazze di colore iniziano il viaggio in sordina, quando una sera nel corso di una esibizione un cantante perde il suo coro.Da lì in poi le porte del successo iniziano ad aprirsi, ma la strada è percorsa da mille insidie che rischiano di incrinare i valori di amicizia e amore...
Commento----ispirato al musical di successo sulle supremes, il gruppo capitanato da Diana Ross che negli anni 60 furoreggiò come grande successo della motown, questa trasposizione cinematografica purtroppo non riesce a convincere del tutto. Infatti le canzoni sono molto belle e sentite, sopratutto quelle interpretate da Jennifer Hudson,
ma il film rimane più una serie di segmenti che una linea retta nella evoluzione della storia.
Ormai il musical sin dai tempi del rivoluzionario "Cantando sotto la pioggia" e proseguendo e sviluppando il concetto con"West side story" e' diventato una sfida nel raccontare una storia procedendo con i brani musicali e i balli corali.
In questa sede la storia non e' certo il massimo( lotte interne nel gruppo, invidie e gelosie fomentate da un impresario senza scrupoli), mettendo una sorta di filo conduttore che segue i tempi con il discorso delle parrucche che cambiano e del look che si trasforma.
Nei venti anni circa che contraddistinguono il percorso del terzetto e del loro entourage, si denota sempre una sorta di chiusura e sipario, senza una vera fruizione e flusso della storia che prosegue omogenea.
Anche perchè le ripetizioni di concetto a volte sono decisamente inutili, pesano sulla visione del film che si instrada con monotonia verso un finale che non ha nessuna grande portata di stupore o ,come e' tipico dei musical, presenta il lavoro( canzoni e scenografia/coreografia) migliore.
Tra l'altro il film non e' particolarmente degno di nota in valore scenografico e coreografico nel suo complesso, vige una semplicita' di scena che sembra cosi' voler indirizzare l'attenzione dello spettatore verso la vicenda e le canzoni semplicemente, ma cosi' facendo si toglie il magico tocco dello stupore del visivo.
Passata la prima mezz'ora ci si interroga quando il film vorrà finalmente donare qualche colpo di scena intenso, quando sara' il momento di virare e la canzone e' il trascinare dell'emozione.
Invece il nulla o quasi in questo senso, fiume monotono e tranquillo che scorre con poco brillante corso.
Sul fronte attori da segnalare l'interpretazione di Eddie Murphy nel ruolo di un cantante cocainomane e fedifrago,ruolo di spessore e complesso che purtroppo la solita voce italiana (era il caso di affidarla ad un altro doppaitore epr questo ruolo) spezza nella drammaticità con la sua inflessione brillante ed esagerata.
Veramente impegnato Murphy, coinvolto e presente, che con la sua recitazione riesce a far percepire allo spettatore la tragedia di un cantante che vorrebbe modificarsi ed evolversi, staccandosi dai cliche', ma un sistema abberrante di Star System lo costringe a rimanere ancorato ai gusti del pubblico e non al sentire dell'artista.
A diversità di Effie che difende subito il proprio sentire dell'animo, James 'Thunder' Early ha un tardivo ripensamento
che porta alla fuga ma non alla soluzione.
Brava anche Beyonce, che somiglia terribilmente a Diana Ross,mentre Foxx non deve faticare neppure troppo per rendere al meglio il personaggio del manager arrivista.
In definitiva un film di solisti ,una sorta di cd dove ogni canzone non ha una vera coniugazione con la precedente e la successiva, privo di elementi scenici di spicco, troppo ancorato al lavoro di base che lo ha generato invece di trasformarsi in una nuova forma espressiva.
Troppo semplice per reggere la durata, si rischia facilmente la noia a meno di non amare alla follia il tipo di musica e canzoni.
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BLOOD DIAMOND
Id., Usa, 2006.
Di Edward Zwick;
con Leonardo DiCaprio, Djimon Hounsou, Jennifer Connelly, Michael Sheen
Trama : Danny Archer e Solomon Vandy sono due africani , uno nero e uno bianco , che hanno storie e radici completamente diverse. Uno e' un mercenario, l'altro è un pescatore a cui il violento fronte di liberazione ha sequestrato il figlio per reclutarlo nelle sue file. Con l'aiuto di una affascinante giornalista dovranno per motivi diversi iniziare la ricerca di un grosso diamante. In mezzo infuria la guerra civile e interessi economici del tutto illeciti condizionano il loro pericoloso procedere...
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Commento---- Ecco un film che dividerà parecchio i suoi spettatori, sia che siano critici togati oppure semplici ed occasionali fruitori di cinema. Quale puo' essere la vera fruizione di questo lavoro eseguito da Edward Zwick, ed interpretato in maniera magistrale da un sempre più convincente Leo di Caprio? Costoso dispiego di mezzi partendo da e volendo un tentativo di reale denuncia, oppure bieca operazione commerciale per richiamare spettatori patinando il film di un illusorio tentativo di grande approfondimento ? In mezzo a queste domande la verita' sta nel mezzo;come sarebbe doveroso da parte di ogni regista l'autore dipana nei 140 minuti del film una vicenda che oltre a mostrare le atrocità della guerra civile o le bieche aberrazioni del commercio illegale di diamanti, si fruisce avventurosa e movimentata, che non stanca mai e riesce utilizzando il mezzo filmico spettacolare(ci sono delle scene di esplosioni, spari e battaglie urbane di grandissimo impatto)anche a fornire nei momenti giusti una riflessione, un concetto ben preciso e una denuncia tagliente.Attraverso questo impietoso inseguimento della pietra perduta, veniamo a conoscenza di atroci realtà, la divisione delle famiglie e le persecuzioni di innocenti, la perdita della gioventù e della purezza per colpa di condizionamenti psicologici tremendi. Quasi che in realtà di questo tipo ci si debba rassegnare a non avere veri amici, a seguire il corso degli eventi per pura e totale preservazione con diffienza perchè come ampiamente detto nel film"Q-E-A", questa è l'Africa. Non ci sono veri momenti consolatori, non ci sono placebi che si innestano patetici nella trama. Ognuno è responsabile della propria vita e non potrà far altro che affidarsi alle proprie forze, in un mondo di profughi in fuga la pietà viene accantonata, e anche le fotografie dei reporter cinici e del tutto assenti umanamente sono quasi peggio dei colpi di proiettile che spezzano le vite, quasi che ad ogni scatto ci sia una nuova ferita piuttosto che una riparatoria denuncia al mondo intero.
Il viaggio dei due protagonisti e' quasi una sorte di Dantesco percorso, in cui l'inferno sembra coincidere con la morte dell'anima, la delusione per i bambini che soffrono e quelli che uccidono, a cui anche guardare negli occhi risulta difficile in quanto i persecutori hanno tolto ogni aprvenza di pietà.
Solomon e' il tramite per una umana redenzione, Archer il paritetico contrario attaccato ai suoi valori personali.
Solo con un continuo contatto i due aspetti sapranno germogliare qualche seme, solo con il confronto riusciranno a darsi un pezzo dell'altro per cercare nuove strade e prospettive.
Il grande incredibile pregio di questo film e' proprio questo, riuscire nella difficile opera di non annoiare e nel contempo denunciare, aiutato da una interpretazione incredibile di un attore ormai del tutto maturo come Leonardo di Caprio, che interpreta benissimo questo personaggio cosi' sfaccettato di Archer.La Connelly si innesta benissimo con la sua splendida presenza senza minimamente intaccare il clima di dolore che permea il film,Djimon Hounsou e' il possente padre che non si rassegna e non viene a compromessi."Se questa e' L'Africa, io sono un uomo e lo saro' sempre con dignità"sembra dirci il suo personaggio.
Un gran bel film veramente, che soddisferà ma sopratutto riempirà ogni tipo di palato, impreziosito da paesaggi stupendi fotografati benissimo(la natura sopravvive lo stesso,voi uomini seguite il suo esempio), con frasi strepitose("speriamo che non scoprano il petrolio,questo sarebbe un bel problema"), una regia attenta che non molla mai il controllo per perdersi in inutili e pretestuosi preziosismi in quanto cozzerebbe contro la dura realtà del girato.
E' uno spettacolo di film, non un film spettacolo...q-e-c, questo è cinema.
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Vero Come La Finzione (Stranger Than Fiction)
Cast : Will Ferrell, Maggie Gyllenhaal, Dustin Hoffman, Queen Latifah, Emma Thompson, Tom Hulce, Tony Hale, Denise Hughes, Linda Hunt
Regia : Marc Forster
Sceneggiatura : Zach Helm
Durata : 01:53:00
Data di uscita : Venerdì 2 Febbraio 2007
Generi : Commedia, Drammatico, Fantasy, Sentimentale
Distribuito daSONY PICTURES RELEASING ITALIA (2007)
Trama : Harold e' un uomo metodico , preciso , che conta addirittura i colpi di spazzolino che esegue alla mattina per lavarsi i denti. La sua vita e' scandita da un orologio che ne regola le abitudini e i tempi. Un giorno mentre esegue le solite ritmiche abitudini una strana voce arrivata da chissà dove gli comunica che a seguito di un particolare episodio al sua vita sarà in pericolo. E sembra che questa voce sia molto di più di una semplice schizofrenia da metodologica abitudine...
Osservazioni : Decisamente fiacco e con poco mordente questo film di Mark Foster ,non bruttissimo ma inutilmente molto lento, che si basa su un idea iniziale carina e curiosa, ma poi dopo man mano che prosegue non riesce a sostenere con il dovuto ritmo l'iniziale assunto, coltivando in maniera poco appassionante il buon germoglio iniziale. La vicenda di Harold il metodico ( interpretato da Mel Ferrer) risente tremendamente dell'influenza televisiva del serial “Desperate Housewives”, citato con la voce fuori campo(che tra l'altro in Italia hanno pensato subito di affidare alla stessa doppiatrice che fa la voce di Mary Alice, cioè la defunta che dal cielo commenta le vicende delle casalinghe disperate)e con un finale totalmente uguale a ogni finale di puntata del telefilm. Dietro questa evoluzione dello spirito che cambia una vita grigia e monotona, abbiamo veramente ben poco di emozionante e di appassionante. Quasi a ergersi a nuova bottega di “ Chocolat “, la svolta della vita di Harold e' data da una panettiera che fa dolci sublimi( la tremendamente affascinante Maggie Gyllenhall, qui con gigantesco tatuaggio floreale e tutta sorrisi e bontà), il destino della sua vita fin lì grigia e cupa, è veicolato da una scrittrice piena di ansie, ticchi e nicotinomane( bravissima Emma Thompson a interpretarla), l'assistenza alle sue speranze affidata a uno scrittore cinico e impassibile che segue la vicenda per il suo fascino letterario più che per i risvolti umani. Tutti personaggi fortemente caratterizzati, interpretati con maestria, ma che i piatti colpi di scena e le risibili evoluzioni della storia non riescono ad innalzare dal livello “vedo sullo schermo” mi entrano le emozioni. Si assiste placidamente sapendo che il finale sarà così, si prosegue con artifizi narrativi lenti e patetici, incentrando il tutto sulla prova di attori.
Il regista vuole incentrare la vicenda su un altro punto, i piedi nudi degli scrittori, piedi che non hanno calzini o calzature negli interni debitamente inquiadrati, sia per la Thompson che per Hoffmann, quasi a voler significare che il loro camminare e procedere è istintivo, naturale e non condizionato da nulla. Significati, pregi, influenze( come non citare Pirandello con una vicenda simile? Tra l'altro la Gyllenhall ha il cognome di uno dei suoi personaggi, “Il fu Mattia Pascal”),e tra i pregi mettiamo le scritte sui titoli di inizio, davvero fantasiose, purtroppo tutte cose affossate da una narrativa filmica fiacca e da una regia del tutto anonima, confermando che la buona idea di base aveva il fiato corto. Come quasi sempre accade, le prove di attori da soli non bastano ad elevare il film. Questo ne è una prova.
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La Cena Per Farli Conoscere
CastFrancesca Neri, Fabio Ferrari, Osvaldo Ruggeri, Gaia Zoppi, Gaston Troiano, Gianfranco Barra, Manuela Morabito, Renato Cortesi, Diego Abatantuono
RegiaPupi Avati
SceneggiaturaPupi Avati
Data di uscitaVenerdì 2 Febbraio 2007
GenereCommedia
Distribuito daMEDUSA (2007)
Trama : ----- Tre figlie avute da tre mogli diverse, una operazione di chirugia non riuscita perfettamente, una carriera televisiva ora e cinematografica prima, in declino e tante tante cose fatte in via distruttiva più che costruttiva. Decisamente Sandro Lanza non ha molti motivi per essere allegro, e l'ennesima stupidaggine rischia di avere effetti devastanti sulla sua vita e il rapporto con le figlie...
Osservazioni : Pupi Avati e' incredibile, l'eclettico regista che sa passare benissimo dagli horror padani ai film sentimentali ( “ La casa dalle finestre che ridono” e “ Ma quando arrivano le ragazze?”,solo per citarne due), dopo le partite a carte natalizie di avidi truffatori, ci regala un altro film ambientato nella dolce e soffusa atmosfera del natale. Si tratta comunque solo di ambientazione temporale e non c'è nessuna connotazione legata alle feste, non fosse per il discorso del riunirsi e della neve che a un certo punto cade.
Incredibile Avati, con la storia di questo attore in declino ci racconta una parabola di sofferenza e di ansie, di frustazioni e di incomunicabilità con la vita, in maniera quanto mai delicata, mai pedante o invasiva, del tutto priva di totale messaggio univoco, lasciando allo spettatore ogni possibilità di eseguire un metro di parametro dettato dal gusto personale e non dalle scelte del regista.
Il protagonista(un misurato e sconsolato Abatantuono che deve ad Avati la sua crescita e svolta artistica), e' uno squallido,che farebbe qualunque cosa pur di tornare sulla cresta dell'onda, preoccupato solo delle proprie necessità e che si cura poco di recuperare il credito di orgoglio verso le sue tre figlie(che tra l'altro hanno bisogno di lui più di quanto credano per restare unite, le madri non si vedono mai nonostante un passaggio verbale riconosca che Sandro le abbia amate e ci tenga a loro). Man mano che il film prosegue i sentimenti escono tutti, Avati scava e porta in superficie con una capacità veramente superba rancori e paure, speranze e marciume nascosto.
Come il protagonista avrebbe interpretato il reality “Fogne”così cerca di uscirne dalla finzione alla realtà, allo stesso modo per cui si interroga come mai nessun regista di qualche valore lo abbia mai interpellato, lo stesso Sandro si interroga sul quale sia il suo genere realmente, quale la sua funzione e se indovinare i nomi di qualunque donna sia una dote oppure una maturazione delle sua capacità.
Questa bilanciatura di emozioni e' stupenda, sorretta da una trama che delicatamente ma progressivamente aumenta di tono, con le tre figlie che si mettono in gioco e cercano di aiutare il padre a trovare un equilibrio, sapendo che quando lo troverà lui anche loro saranno più stabili.
E il fulcro della vicenda che da il titolo al film è l'ingresso di Francesca Neri, che con la sua interpretazione inchioda e affigge i concetti base del film: il quadro che sottintende la facciata falsa dell'uomo,oltretutto figurando il dark side of the ma(oo)n, il gelo che si propaga da esso e il calore che ne viene dopo quando viene tolto e gli animi sono pronti al confronto, al giusto colloquiare senza più maschere.
Veloce presenza quella della Neri, ma graffiante, intensa che lascia un gradevole profumo agrodolce. Nel film si comincia e si finisce con omaggi assolutamente dichiarati e amorevoli al grande artigiano Sergio Corbucci e al maestro Pietro Germi, ispiratori di Avati che qui omaggia loro con grande sensibilità.
Un bel film veramente, dove il trio bellezza-dolcezza Incontrada-Sastre-Placido, recita senza picchi di capacità ma con grande partecipazione cercando di dare fascino insieme a sentimento.
Avati ha vinto un altra scommessa, con un film semplice e complesso, facile da descrivere come la neve che cade, composito come le motivazioni del perchè lo faccia.
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BLACK BOOK
Presentato in concorso al Festival di Venezia 2006 e al Toronto International Film Festival 2006
Regia di: Paul Verhoeven
Attori: Carice van Houten (Rachel Steinn /Ellis de Vries), Sebastian Koch, Thom Hoffman, Halina Reijn, Waldemar Kobus e Derek de Lint
Sceneggiatura: Paul Verhoeven e Gerard Soeteman
Fotografia: Karl Walter Lintenlaub
Scenografia: Wilbert van Dorp
Montaggio: Job ter Burg e James Herbert
Musica: Anne Dudley
Produttori esecutivi: Andreas Grosch, Andrea Schmid, Marcus Schoefer, Henning Molfenter, Carl Woebcken, Jamie Carmichael, Graham Begg e Sarah Giles
Produttori: San Fu Maltha, Jens Meurer, Teun Hilte, Jos van der Linden, Frans van Gestel e Jeroen Beker
Titolo originale: Zwartboek
Titolo internazionale: Black Book
Origine: Olanda, Belgio, Germania e Gran Bretagna 2006
Distributore: Dnc
Link: DNC Entertainment Fu Works B.V. - Production and Distribution of Motion Pictures ~~~
Durata: 135’
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Produzione: Fu Works (Olanda) e coprodotto da Egoli Tossel Film (Germania), Clockwork Pictures (Gran Bretagna), Motel Films (Olanda), Hector (Olanda), VIP Mediafonds, Motel Films, Studio Babelsberg, Motion Picture Investment Group, VIP Medienfonds 4 e AVRO
Il libro nero del comunismo (Le Livre noir du communisme: Crimes, terreur, répression, 1998, a cura dello storico del comunismo Stéphane Courtois) è una controversa raccolta di saggi sugli stati comunisti e su quelli che gli autori ritengono crimini e abusi compiuti dai regimi di tali stati. I saggi sono scritti da diversi accademici e ricercatori del CNRS francese. Soprattutto in Francia, ma anche in Italia, il libro non ha mancato di essere impugnato nella contesa fra le forze politiche; in genere, le destre hanno salutato la sua pubblicazione come operazione di verità, mentre le sinistre hanno criticato il progetto editoriale e culturale dell'opera, vista come un attacco all'eurocomunismo o alla sinistra in generale pretestuosamente associate all'azione dei regimi totalitari di matrice comunista. Nella maggior parte dei casi, l'enfasi del libro è più sulla completezza dei dati che sulla loro analisi nel contesto; fra le sezioni a cui viene accreditato un maggior valore di ricerca storica si deve citare quella sull'Unione Sovietica, scritta da Nicolas Werth.
Trama:----israele, 1956 , siamo in un villaggio che viene visitato da dei turisti.L'incontro fortuito tra due donne riporta alla mente della odierna maestra Rachel Steinn i tempi del settembre 1944 quando per sopravvivere dovette fare la cantante al servizio del terzo reich. Lei ebrea in Olanda sembra perdere ogni speranza, ma l'incontro con un gruppo di coraggiosi della resistenza e un ufficiale tedesco appassionato di filatelia potranno portarla alla salvezza vista l'imminente probabile disfatta della Germania nazista. Però un tesoro conteso potrebbe rovinare ogni cosa...
Commento---- Paul Verhoeven dopo i successi più o meno grandi avuti in America ( come dimenticare Robocop e Basic Istinct) dirige questo film nella sua patria e con attori e capitali tedesco-olandesi.
Un film che il trasgressivo e fantasioso regista sentiva moltissimo di dover girare, per dedicarlo al suo paese percorrendo una storia di nobilitazione autoriale che avevano percorso altri registi ( primo fra tutti ricordiamo Steven Spielberg ) descrivendo una pagina di storia tragica e conosciuta come quella della deportazione e sterminio delgi ebrei.
Veramente molto bello l'inizio con i suoi paesaggi aperti e la chiara fine della illusoria sicurezza, persa più per caso che per reale avvenimento conseguente a rastrellamento e ispezioni. I sorrisi diventano subito delle espressioni perse di paura, mentre ci si incammina verso i sotterfugi per diventare una novella mata-hari(tra l'altro citata nel film dalla splendida coprotagonista con i capelli rossi).
L'ambientazione e' resa perfettamente, i nazisti sono a tutto tondo incarnati dalla possente e crudele figura del cattivo Tenente Franken, e la vicenda scorre benissimo raccontando tutto con dovizia di logica e ritmo di successione che appassiona senza stancare.Condendo il tutto con generose, sensuali, scene di nudo della splendida protagonista, mai gratuite e molto raffinate.
D'altronde sia con "Showgirl" ma sopratutto con "Basic istinct" il regista aveva dimostrato di avere grandi numeri in questo senso.
Tutto procede benissimo fino a un certo punto, poi improvvisamente, come se un retaggio atavico lo pervadesse, il regista calmo e riflessivo che ha dominato al situazione fino a tre/quarti del film si lascia prendere la mano, la spy-story bellica si trasforma in una sorta di caccia al tesoro e al colpevole, con delle scelte narrative e delle situazioni decisamente discutibili e senza mordente, quasi fuori tono rispetto al rigore del resto del film.
I personaggi perdono la loro connotazione di base per stravolgersi senza stupire, e la sua mano registica si lascia andare a cose d'effetto ma non d'affetto come e' stato per tutto il film fino a lì( c'è una shit-scene veramente da incubo).E oltretutto alla fine molte cose non sono decodificabili e anzi sembrano del tutto non spiegabili.
Un grande spettacolo comunque, ricostruito anche negli ambienti in mnaiera impeccabile, che nonostante le sue peculiari pecche del comparto finale lascia senza fiato per lungo tempo.Appassionando, emozionando e commuovendo per una vicenda che non ha mai lasciato spazio alla consolazione o al respiro, ricordando il recente "Gioco di donna" con la Theron, ma in primis il capolavoro con la Garbo.
Maggiore calma registica e attenzione fino al traguardo senza perdersi in contorsionismi inutili di thriller avrebbero donato un lavoro notevole da parte di un cineasta che di stile ne ha da vendere, preoccupato probabilmente proprio per questo di dare alla chiusura una maggiore autorevolezza propria liberandosi del grande classico che lo ha ispirato.
Un occasione mancata ? Assolutamente no, diciamo una occasione non finalizzata. Vedetelo senza problemi, lo spettacolo è ottimo comunque, ma come si suol dire, quando vedi un dolce speri che sia buono fino all'ultima fetta.
Riguardo ai continui riferimenti al comunismo fatti nel film, chissà se verhoeven voleva ricordare anche un altro ben più famoso libro nero rispetto a quello del film...
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Una notte al museo
Titolo originale: Night at the museum
Regia: Shawn Levy
Sceneggiatura: Ben Garant ,Thomas Lennon
Fotografia: Guillermo Navarro
Musiche: Alan Silvestri
Montaggio: Don Zimmerman
Anno: 2006
Nazione: Stati Uniti d'America
Distribuzione: Twentieth Century Fox
Durata: 108'
Data uscita in Italia: 02 febbraio 2007
Genere: commedia
Interpreti :
Rebecca Carla Gugino
Larry Daley Ben Stiller
Gus Mickey Rooney
Colombo Pierfrancesco Favino
Cecil Dick Van Dyke
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Trama : Larry Daley è disperato, si ritrova senza lavoro e rischia di perdere la stima del figlio in affido alla madre.Ma fortunatamente un giorno l'ufficio di collocamento gli trova un lavoro che sembra si stato rifiutato da molti, il guardiano notturno a un museo di scienze naturali. Dopotutto non sembra un lavoro tanto difficile da gestire, se non che di notte le cose non sono poi così ferme come sembrano...
Ossrvazioni : parlare di questo film in una certa maniera cercando di analizzare le varie proposizioni filmiche e i risultati sullo schermo sembra banale e quanto mai povero di logica. Film di grande successo totalmente dediti all'intrattenimento sembrano dei gusci chiusi a una recensione critica, un distinguo del tutto risibile se formulato rispetto a un prodotto che non vuol far altro che far sorridere per tutta la durata del film con totale espettoramento della sospensione dell'incredulità, digerendo ogni illogico, neppure i paletti dati da una convenzione situazionale, senza nulla domandarsi. Per la tipologia di trama che Shawn Levy organizza sullo schermo, dovremmo digerire la solita questione del padre che ha un problema morale verso il figlio (gli americani con questi sottoplot stanno veramente esagerando), la bontà d'animo del protagonista, la ripetizione di convenzioni ormai abusate(la dolce maestrina, la pocahontas chiave del suo cuore, i nemici-amici) e preoccuparci solo di ridere stupendoci di effetti speciali mirabolanti. Effetti veramente belli, con il t-rex che si muove fluido e le altre creature ben organizzate nei movimenti strutturali. Ma in fondo ridere di cosa? La risata liberatoria esce per dovere di consacrare il prezzo del biglietto, le situazioni sono paradossali( e questo ci sta)ma a parte i brevi pezzi con la scimmietta, non suscitano particolare ilarità.E cosa gravissima, i tempi comici sono diluiti tantissimo da tanta inutile pesante riflessione sui problemi di Larry, per il tentativo di unire il divertente con il consolatorio.
Film a macchie di trama più che di macchiette come doveva essere, riunisce per l'ennesima volta la rodata coppia Ben Stiller-Owen Wilson,dando una parte a Robin Williams("only cash",dove recita da prontuario dello sprone e del coraggio che gli riesce tanto bene quando fa l'attore minore)e una all'irriconoscibile Favino.
Debitore di "Jumanji", questa sarabanda di colorate apparizioni e' del tutto priva di una vera logica di situazioni, con delle scelte di trama che chiedono molta benevolenza allo spettatore, che ride a denti stretti e sopratutto troppo raramente perchè certi cliche' sono troppo abusati o poco fantasiosi.
Con i risvegli, più che il divertimento sale il torpore per un campione di incassi troppo ben congegnato nella presentazione e miraggio di fruizione che per un vero appagamento anche di basse aspettative.
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Bobby (2006) di Emilio Estevez con Harry Belafonte, Joy Bryant, Nick Cannon, Emilio Estevez, Laurence Fishburne, Brian Geraghty, Heather Graham, Anthony Hopkins, Helen Hunt, Joshua Jackson, Ashton Kutcher,
Lindsay Lohan, William H. Macy, Svetlana Metkina, Demi Moore, Freddy Rodríguez, Martin Sheen, Christian Slater, Sharon Stone, Jacob Vargas, Mary Elizabeth Winstead, Elijah Wood, Gene Borkan e David Krumholtz.
L'evento storico in cui culmina il film - il mortale attentato a Robert Kennedy avvenuto nel 1968 - irrompe nella vita dei numerosi personaggi di questo film davvero corale, e loro si trovano scaraventati per qualche ora nella storia.
In quel giorno così sconvolgente per il mondo ciascuno ha vissuto qualcosa di particolare nella propria vita e le loro esistenze sembrano proiettate verso un futuro più o meno desiderabile.
Nonostante l'importanza dell'evento storico questo sembra, tuttavia, per buona parte del film fare solo da sfondo a tutto il resto: alle bugie, alle speranze, alla grettezza ed alla nobiltà dei vari personaggi, il travaso tra vicende individuali e vicende storiche diventa però ad un certo punto un'osmosi quasi perfetta e questo senso di partecipazione è reso molto bene dal continuo inserimento di filmati d'epoca, con frammenti di discorsi del candidato alle primarie R. Kennedy.
Il cast è a dir poco eccezionale: come merita un film che vuol narrare un evento cruciale della storia degli Stati Uniti, un particolare plauso a Martin Sheen che ci regala alcune delle più belle e commoventi parole d'amore per la sua compagna (la sempre bravissima Hellen Hunt) in una scena davvero magistrale.
Certo, la retorica celebrativa in un film del genere è sempre dietro l'angolo, però il regista la contiene entro limiti ragionevoli con un perfetto bilanciamento tra le vite pubbliche, i discorsi pubblici dei personaggi storici e le vite molto più ordinarie dei vari personaggi rappresentati.
E' un film che consiglio a chi è interessato a conoscere un po' di storia recente ed a chi ama le ricostruzioni storiche quasi perfette.
Buona visione.
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Hannibal Lecter - Le origini del male (2007)
Genere: Drammatico Thriller
Durata: 117 min.
Data uscita nei cinema: 09/02/2007
TUTTO IL CAST DI... Hannibal Lecter - Le origini del male
Gaspard Ulliel interpreta Hannibal Lecter
LiGong interpreta Lady MurasakyHelena
Lia Tachovka interpreta Mischa Lecter
Rhys Ifans interpreta Vladis Grutas
Kevin McKidd interpreta Petras Kolnas
Richard Brake interpreta Enrikas Dortlich
REGIA
Peter Webber
Titolo originale
Hannibal Rising
Anno di produzione 2006
Nazione United States
Distributore Filmauro
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Trama: le origini di tutto , le motivazioni della crudeltà di Hannibal the Cannibal , del suo istinto omicida e del suo gusto antropofago.
Siamo nel 1944 , Hannibal e la sorellina Misha sono due bimbi che giocano tranquilli, quando un assalto dei tedeschi uccide i loro genitori e li lascia alla merce' di un gruppo di crudeli irregolari. La terribile tragedia che ne scaturisce provoca in Hannibal un trauma irreversibile.Otto anni dopo ed essersi traferito in Francia il suo carattere si libera completamente di ogni barlume di umanità , e sopratutto la possibilità di prendersi la sua vendetta...
Commento : Con Hannibal le origini del male siamo così arrivati ad avere il prequel(questo) del prequel ( Red Dragon ) che a sua volta era un remake ( lo splendido " manhunter-frammenti di un omicidio) de "il silenzio degli innocenti" e del successivo "Hannibal" .Adesso onestamente si spera che la parabola dello sfruttamento commerciale si sia conclusa qui, dato che sembra veramente non si possa cavare altro dalla saga.Vista poi la poca propensione di Hopkins a fare un altro seguito che sarebbe quantomai pericoloso qualitativamente, potrebbero narrarci qualche cosa dei genitori di hannibal o del suo trisavolo che potremmo scoprire parente di Dracula...speriamo di no. Vivamente. Oltre alle logiche commerciali di richiamo, questo film in fondo e' solo un onesto prodotto che si uniforma ad altri film thriller, che se non fosse per il fascino del personaggio cadrebbe nel dimenticatoio al più presto.
Film di questo tipo sono già stati visti sia come ambientazione che come tema del serial killer ( ricordiamo "Evilenko" e " Cittadino x ", il primo rivisitazione dell'altro ) , mentre il discorso del cannibalismo è molto edulcorato e siamo lontani dai coraggiosi esempi di "Antrophofagus "o di altro cinema che fa del pasto umano sulla sua stessa specie il discorso di base. Dovendo proporsi a un pubblico di massa, ovviamente certe cose non potevano essere esasperate o mostrate con chiarezza, pecca riscontrabile non in una logica di gusto morboso del vedere quanto proprio in una situazione di ricerca del significato, dove dopo l'ottimo inizio prologo ci si perde in una ciclica ripetizione del farci capire
quanto l'uomo sia cambiato, la giovinezza perduta e ogni sentimento di bontà cancellato(emblematica la frase finale "Io ti amo"..." in che modo puoi amae qualcosa ?"), cosa che risulta fastidiosa insieme alla ricerca decisamente blanda come intensità e indagine di dove sono i suoi carnefici di un tempo.
In bilico sempre tra esasperazione e limitazione, questo film alla fine non riesce ad accontentare i patiti del cinema gore o splatter, e coloro che cercano la storia thriller o di fine psicologia alla fin fine hanno un prodotto tutt'altro che affascinante o indimenticabile.
Diviso in due tronconi (1944, il germoglio, 1952, la liberazione del nuovo essere), la parte migliore è sicuramente la prima,molto più corta, di grande fascino fotografico con i suoi colori scuri, intensa per la drammaticità e che in poco spazio temporale raggruppa tutti gli avvenimenti base del film. La seconda, partendo da quell'allenamento marziale un po' ridicolo, si dipana sempre più stanca senza nessun vero volo di fascino, depressa da una impossibilità di premere sull'accelleratore per i motivi sopra detti e con delle situazioni che il protagonista (luciferino nella espressione)inchioda con una recitazione volonterosa ma monoespressiva. La presenza dell'affascinante Li gong porge un fascino orientale da geisha che stride parecchio con l'ambientazione del film, quasi fuori posto e solo necessaria per porgere la katana comoda per la trama, mentre degli artifizi narrativi che vengono subito sgamati chiudono lo stupore velocemente.
In definitiva un buon film di intrattenimento, da vedere come thriller con spruzzate sanguinolente, che però non aggiunge nulla alla saga del Dottor Lecter, dimostrando che ormai il personaggio per funzionare deve essere interpretato da Hopkins ed essere un motore di cammino e non di rivisitazione/spiegazione.
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L'Amore Non Va In Vacanza (The Holiday)
Cast : Cameron Diaz, Kate Winslet, Jude Law, Jack Black, Eli Wallach, Rufus Sewell, Edward Burns, Sarah Parish, Nicholas Downs
Regia : Nancy Meyers
Sceneggiatura : Nancy Meyers
Fotografia: Dean Cundey
Musiche: Hans Zimmer
Montaggio: Joe Hutshing
Data di uscita : Venerdì 9 Febbraio 2007
Generi : Commedia, Romantico
Distribuito daUIP
Durata : 138 minuti
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Trama: due ragazze in carriera ,Iris e Amanda,americana e inglese,rimangono senza fidanzati per le feste natalizie . In crisi di depressione decidono di scambiarsi le case e attraversare l'oceano ,per due settimane, in modo da fuggire dai propri ambienti. Lo scambio di case porta importanti novità nella vita di entrambi con l'inserimento in nuove compagnie e la conoscenza di...
Commento: Nancy Meyers(regista di "Tutto può succedere"e"What women want") attraverso questo lavoro cerca di rendere in immagini la difficoltà di rimanere senza un vero amore e di poter adattarsi alle esigenze di vita dell'altra persona per raggiungere un giusto equilibrio. La voglia di fuggire dopo una delusione d'amore è tremenda, come se il fatto di raggiungere nuovi posti possa cancellare il dolore che stanzia in quello vecchio. Partendo da questo assunto Amanda (Cameron Diaz), abbandona incredibili ricchezze per cercare la solitudine in un cottagge inglese (Rosehill), mentre Iris(Kate Winslet) fugge solo per rompere una specie di maledizione d'amore verso colui che dopo averla umiliata non sembra aver pietà di lei e non esce dalal sua mente.
Questo gioco di ricerca della pace è compiuto a colpi di fioretto con sorrisi a profusione da parte delle due affascinanti protagoniste, il tono del film è sempre pacatissimo, non si eccede mai in urla e grida, e anche la fase iniziale dove si assiste a delusioni e allontanamenti avviene in una sorta di bambagia registica.
Come cavalieri di una volta appaiono Law e Jack Black, splendidi nella loro armatura di semplicità e simpatia, spuntati fuori con un destino segnato sulle armature. Tanto troppo buonismo, che rende il film privo di veri picchi di esaltazione dell'accadimento, dove tutto procede pacato nella ricerca di un mondo pieno di buona volontà.
Questo incedere lento e in fondo monotono(una storia può essere simpatica quanto si vuole ma se non si cercano vere alterazioni di trama tutto rischia di assopirsi), provoca nello spettatore una sorta di assuefazione al sorriso, alla tenerezza tanto che la cosa risulta artefatta e poco percepibile nel nostro animo limitandosi agli occhi.
Oltretutto vengono innestati nella trama accadimenti davvero poco logici e del tutto privi di sorpresa, rovinando oltre che l'attenzione anche la credibilità.
In mezzo a questo abbiamo comunque cose molto valide, su tutte la stupenda prova di Eli Wallach (l'indimenticabile "Tuco"de "Il Buono, il Brutto, e il Cattivo")che alla veneranda eta' di 91 anni si prodiga in una parte stupenda, intensa e davevro sentita di uno scrittore di Hollywood che non riconosce più il sistema e ritiene i suoi premi solo una tardiva panacea.I riferimenti agli oscar alla carriera nella notte delle stelle non sono a casaccio, Morricone viene stracitato e la totale dimenticanza verso le stelle del passato è palpabile, oltretutto ad omaggio di un cinema particolare e di classe ci sono manifesti di Tatì nelle stanze, alla videoteca abbiamo un cameo di Dustin Hoffmann e citazione del "Laureato", vediamo spezzoni di vecchi film e copertine di "Colazione da Tiffany" e tanti altri vecchi film e commedie capolavoro, omaggio della regista alla sua scuola da cui ha tratto gusto e indirizzo cinematografico. Tra l'altro la regsita cita se stessa con una frase pronunciata dalla Winslet "Tutto può succedere",e si chiude il valzer delle citazioni con le musiche canticchiate o suonate da Jack Black.
Tra l'altro il falso trailer con James Franco e la Lindsay Loohan è divertentisismo, come le voci fuori campo dei trailer della vita di Amanda.
Ci sono quindi delle macchie di piacere in un lavoro che si dipana con delle lentezze e ripetizioni inaccettabili, che soddisferà appieno il gusto di chi deve commuoversi o cercano film sentimentali,ma bisogna davvero che la propensione per questo tipo di cose sia molto alta, dato che non bastano quattro attori di bella presenza e certificate buone capacità per riempire una trama con un plot tanto semplice.
Alla fine il vostro gusto personale accompagnerà l'accadimento del finale. Se non vi ritroverete a fare quello che succede il film avrà fallito con voi il bersaglio.
Titolo italiano inaccettabile come al solito.
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Miss Potter
Titolo originale: Miss Potter
Regia: Chris Noonan
Sceneggiatura: Richard Maltby Jr.
Fotografia: Andrew Dunn ,Chris Seager
Musiche: Nigel Westlake
Montaggio: Robin Sales
Anno: 2006
Nazione: Gran Bretagna / Stati Uniti d'America
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 92'
Data uscita in Italia: 02 febbraio 2007
Genere: biografico
Norman Warne Ewan McGregor
Miss Potter Renée Zellweger
Millie Warne Emily Watson
Helen Potter Barbara Flynn
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Trama : la biografia di Beatrix Potter , una delle scrittrici di libri per bambini piu' famosa del mondo. Le sue tenere ore passate a disegnare animaletti, topini e coniglietti in prevalenza, il rapporto con il suo status di donna ricca, con genitori che tendono a fare di tutto per farle sposare un uomo altrettanto facoltoso se non di più.
La voglia di campagna e di libertà, il tutto con dei flash back sulla sua fanciullezza.
Osservazioni : questo film aveva una sua prerogativa ben precisa, paragonandolo con i dovuti minimi termini a un indimenticabile classico del passato che aveva un interprete maschile sicuro e senza nessun dubbio(Clark Gable), qui l'interprete femminile doveva e non poteva essere altro che la pacioccosa Renee Zellwegger. Rassicurante, sempre pronta al sorriso, tenerissima nei suoi atteggiamenti, perfettamente a suo agio con cappellini e vestiti di inizio del secolo scorso (la vera beatrix visse dal 1866 al 1943),tanto quanto con meno sgargianti scialli agresti, ma anche donna decisa e pronta a battersi per i suoi diritti senza curarsi dei suoi genitori che non volevano che sposasse un uomo che aveva le sue rendite dal lavoro e vivesse con esso.
La Zellwegger domina la scena praticamente per ogni fotogramma del film (che tra l'altro dura pochissimo nonostante la sua generalità di biografia), comanda la situazione con piglio e ci dona un ritratto aggraziato,tremendamente affascinante di una ricca ereditiera che disegnava animaletti che trovava nelle sue tenute in campagna.
C'è spazio per vario genere di cose in questo riuscito film: una ricostruzione degli interni eseguita con una cura quasi maniacale, bellissimi costumi di scena, fotografia ottima e paesaggi strepitosi. Il calarsi nella realtà del tempo è riuscitissimo, sembra di trovarsi in una sorta di favola dove tutto si muove con una grazia inusuale, restiamo affascinati da baffoni e basette fuorimisura, e questa storia tenerissima si dota anche di animazioni degli animali che lungi dal dare l'effetto" Roger Rabbit" sono perfettamente in sintonia con l'incanto ingenuo della protagonista.
Il film tra l'altro non dà solo emozioni semplici e soffuse di bambagia, ha delle sue variazioni di tono e in certi momenti anche i colori fotografici seguono l'umore di Beatrix , quasi a sottolineare che come le storie che si scrivono siano influenzate dall'umore del loro creatore, anche il film si regola con essa nelle sue ombre e luci di scena.
Tra l'altro abbiamo una Emily Watson strepitosa nel dare il ritratto di una donna sicura solo nel mostrarsi, Ewan mc Gregor un perfetto Dandy baffuto, signore di altri tempi per modi e comportamenti( ne sono passate di cose da "Trainspoitting").
Un film essenziale per tuffarsi in un mondo che non esiste più, illusorio di sentimento e con tematiche troppo dolci e carine per prendere piede nelle coscienze di oggi portate a cose molto più terrene, un film che fa sognare e che finalmente non è solo costrutto di tecnici ma genesi di pensiero e sensazione/sentimento umana più che infantile, un piccolo bellissimo delicato affresco dai colori sgargianti di una donna/sognatrice dai grandi valori.
Quando entri sembra che prenda vita la poesia e non l'illusione, il mondo chiuso in una scatola che credi abbia una chiave nascosta chissà dove, e che bellissima sorpresa sapere che l'hai aperta solo pagando il prezzo del biglietto.
Peccato che di film così semplici e così appaganti ne fanno veramente pochi, dotati di un arte sopraffina nel ricostruire situazioni di un passato e recitati con un garbo che sembrava tipico solo di cineasti teatrali che quasi vedono di cattivo occhio il fatto che certi romanzi od opere passino in pellicola.
Quarto d'ora finale a dir poco incantevole con una immersione nella natura totale.
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Arthur e il popolo dei Minimei
(Arthur et les Minimoys)
Un film di Luc Besson. Con Freddie Highmore, Mia Farrow, Penny Balfour, Doug Rand, Adam LeFevre. Genere Animazione, colore, 102 minuti. Produzione Francia 2006.
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Trama : Il piccolo Arthur vive in campagna con la nonna, siamo nel 1960. Senza la presenza dei genitori che sono lontani e poco affezionati al figlio, egli cresce con l'amore della tenerissima nonna in una casa in mezzo alla campagna, ricordando con nostalgia il nonno e leggendo con fervore i suoi racconti disegnati su un libro di appunti. Dato che la casa in cui vive rischia di subire pignoramento da parte di un avido affarista, Arthur si trova nella necessità di dar credito a una voce leggendaria che narra della presenza di un popolo di piccoli elfi nel suo giardino che custodisce un tesoro immenso.
Il viaggio nella terra da favola ma piena di pericoli dei piccoli gnomi ed elfi sta per cominciare...
Commento : come da abitudine Luc Besson e' un regista eclettico che ama le sfide, e neppure stavolta si esime dall'intrapprendere una. E la vince con pieno merito, regalandoci un film pieno di fantasia e di brio tratto da un libro che in Francia ha venduto moltissimo.
Girato con due stili (persone in carne e ossa per inizio e finale, cg in tre dimensioni per il centro del film con piccole ridottissime intersezioni tra di loro senza creare assolutamente un effetto tipo "Roger Rabbit"), questa storia di un ragazzo sognatore che si ritrova proiettato in un mondo da favola gira benissimo, non ha un solo secondo di stanchezza e l'avventura fluisce con interesse misto a simpatia senza che ci sia una sorta di situazionalismo da spalla, ovverosia che uno dei protagonisti o co-protagonisti subisca disavventure continue senza troppo senso per renderlo divertente.
La parte con interpreti umani si regge tutta sulla simpatia e bravura di una radiosa Mia Farrow, la nonna che tutti vorremmo avere, dolce, delicata ma determinata a dare al nipote un senso ai suoi sogni. Il bambino, interpretato da Freddie Highmore (ricordiamolo per "La fabbrica di cioccolato" e per il recente "Un'ottima annata"), è uno dei bambini da cinema più spontanei degli ultimi tempi, sognatore ma non zuccheroso, incantato come giusto per la sua età ma che pensa con sentimenti profondi di tenerezza e attaccamento alle sue radici.
La parte animata è semplicemente strepitosa, con i movimenti dei personaggi fluidi e precisi, fondali perfettamente integrati con animali e piccole creature fantasy tratteggiati benissimo.
Stupiscono i dettagli delle pellicce e dei capelli che sembrano talmente veri da poterli toccare, incantano i colori e i giochi di luce perfetti, l'acqua sembra talmente vera che ogni momento ti immagini una piccola cascata nella sala dalla schermo. Un lavoro egregio di movimenti catturati, che si sposa alla perfezione con il carattere e l'atteggiamento scelto per i personaggi. In questo stupisce sopratutto la Principessa ( sulle fattezze di Milla Iovovich) con quel carattere tutto pepe ma generosa e coraggiosa, tratteggiata con fierezza e abbigliamento da vera guerriera.
I dialoghi non sono mai fiacchi, le battute correlate alla situazione e la simpatia di certe trovate unica (bellissima quella dello "stupido" sull'insegna), e finalmente un doppiaggio valido non penalizza il tutto.
Le situazioni ricordano molti altri film(Guerre stellari, La spada nella Roccia) ma Besson le esegue con tanta autoriale simpatia che non risultano plagi ma trovate validissime.
Interessante il paragone opposto che si potrebbe fare tra "Leon" e questo, dove la principessa e' maggiore di età di Arthur rispetto alla coppia Portman-Reno( e tra l'altro poi la Portman avrebbe poi fatto la principessa in "Star wars",dove nel secondo capitolo c'è un omaggio al "Quinto elemento"), facendo della concatenazione di omaggi una celebrazione di chi ha ispirato ma anche a se stesso.
Abbiamo anche una situazione di rispetto interetnica con la presenza dei guerrrieri e la situazione e il girato richiamano un grande rispetto della natura.
Per la parte sonora abbiamo un incredibile omaggio a "Pulp Fiction"con ben tre brani ripresi, due nella parte animata e uno in quella umana, alla "Febbre del sabato sera" e continuando con "Star Wars" sembra di essere in una sorta di "Cantina Band", il tutto orchestrato da due dee-jay che per fortuna nonostante il pericolo della tentazione rap evitano i "yoh fratello" e "I stai tranzollo"per un dichiarato omaggio a Bob Marley.
E ovviamente non abbiamo nessuna canzone riempitivo inutile che spezza ritmo e narrazione.
In definitiva un film riuscitissimo, colorato e molto movimentato, che divertirà emozionando adulti e piccini
i quali sicuramente appena arrivati a casa controlleranno bene il prato prima di rischiare di schiacciare qualcuno di questi simpatici amici che ci hanno regalato anche nei titoli di coda un divertimento intelligente e garbato.
Voci di Madonna e David Bowie nel doppiaggio americano.
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Complicità e sospetti (2006)
Genere: Drammatico Thriller
Durata: 120 min.
Data uscita nei cinema: 09/02/2007
CAST
Will Jude Law
Sandy Martin Freeman
Liv Robin Wright Penn
Amira Juliette Binoche
Titolo originale: Breaking and Entering
Regia: Anthony Minghella
Sceneggiatura: Anthony Minghella
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Trama: un architetto subisce dei furti al suo magazzino laboratorio a Londra da parte di una banda di slavi che usa dei quindicenni agilissimi per arrampicarsi sui tetti. Deciso a non subire altre rapine si apposta davanti al magazzino per cogliere in flagrante i ladri. Seguendo uno degli agili ragazzi che ha scoperto, farà un incontro che gli darà nuove prospettive insperate per ridare vigore a una filosofia di convivenza di coppia che sembrava ormai consunta, con la propria convivente e la figliastra che sembrano chiuse in un muro ermetico verso di lui.
Commento : un bel film veramente questo lavoro del raffinato Anthony Minghella( premio oscar per il "Paziente inglese"), suo terzo film con protagonista o co-protagonista Jude Law("Ritorno a Cold Mountain"e"Il talento di Mr Ripley"), tutto giocato sul filo delle emozioni umane del rapporto di coppia uomo-donna, con una punta minima di azione,con piccoli inseguimenti e acrobazie , e soffuso di erotismo in alcune sfaccettature di trama.
Bellissima la costruzione filmica del rapporto tra il protagonista e la convivente divorziata e che ha una figlia non da lui con delle difficoltà psichiche a dormire, mostrando che mentre ogni cosa sembra degradare verso la completa e totale distruzione di quel poco che rimane, parallelamente si formano insperati e contraddittori germogli per una nuova crescita proprio dove sembrava che ci fosse campo arido.
Il percorso del piccolo ladro si interseca con quello dell'affermato architetto, che con grande pregio Minghella tratteggia senza una facciata pulita e normale, e mentre uno ruba all'altro contemporaneamente tutti e due si donano per vie traverse qualcosa. Film di assoluta corrosione delle sicurezze, di ricerca dei sentimenti e che vuole aggrapparsi a dei valori che si sa che esistono ma non si trovano mai, si avvale della recitazione strepitosa di Juliette Binoche, qui nei panni inconsueti di una madre coraggio bosniaco mussulmana. Espressioni intense, movimenti delicati e misurati, scoppi di rabbia e sguardi sognanti, un autentico carnet di recitazione a ventaglio totale.
Jude Law abbandona i panni del grande amatore bello e conquistatore per interpretare un tipo diverso di uomo che cerca la conquista non della bellezza ma di altri valori per completare la propria anima. Insicuro, maldestro nelle scelte, che fa del fascino che conserva un'ancora per arrivare senza mai però vedere il risultato di qualcosa.
Sarà la semplicità e l'amore per il figlio della donna bosniaca a portarlo verso la ragione e non il suo incedere.
Il film possiede una grande dote, di non voler mai esagerare nei toni per toccare lo spettatore, il ritmo è per lo più molto pacato e riflessivo, anche nei momenti di maggior vivacità il regista non perde il controllo e conduce il tutto verso un discorso di conoscenza delle emozioni per quanto accade e non di mera spettacolarizzazione.
Robin Wright Penn è la madre piena di ansie e di ticchi, preoccupata per la figlia, per nulla affascinante e depressa sia nelle fattezze che nei movimenti, che oppostamente a una mostrata voglia di lavorare chiude a tappo il rapporto con il convivente. Anche lei ottima recitazione, nelle sue ansie e nel suo vivere fatto di aria che manca, polmoni che non respirano come le città con sempre più cemento che soffocano i prati.
Il tema portante del film sono le troppe parole, parole dette dallo psichiatra inutlimente visto che scopriamo noi stessi meglio da soli che con l'aiuto di altri, parole di circostanza dette alla prostituta che beccheggiano senza senso, parole che circonludono i rapporti e impediscono il fulcro come per la Binoche e Law, parole dette alla figlia che non arrivano a nulla se non vogliono essere sentite in partenza, parole da non dire che rivelerebbero cose pericolose. Fiumi di parole diceva una vecchia canzone, fiumi che allontanano, allungano le cose inutilmente e impediscono che le azioni prendano il sopravvento per mostrare il sentimento.
Un gran bel film di sentimenti non edulcorati o zuccherosi, disincantato( tranne leggermente nel finale )girato con classe in una atmosfera semiteatrale, che scava con un coltello nelle coscienze portando alla luce insoddisfazione e difficoltà di riuscire a parlare senza scatenare caos e incomprensioni, che mostra il patrimonio personale di oggetti solo come una personale proprietà che si può tranquillamente perdere perchè i veri valori di ricchezza sono altri.
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Cape Fear – Il promontorio della paura
Regia: Martin Scorsese
Anno: 1991
Genere: Thriller
Durata: 122 minuti
Cast: Nick Nolte, Jessica Lange, Juliette Lewis, Robert De Niro, Joe Don Baker, Gregory Peck, Robert Mitchum, Martin Balsam
Trama: Max Cady è un galeotto che esce di galera dopo aver scontato 14 anni. Sam Bowden è l’avvocato che al suo processo non è riuscito a difenderlo ed ad evitargli la condanna. Ma Cady lo accusa di averlo fatto mandare in prigione volontariamente, ed ora, finalmente libero, può iniziare la sua vendetta.
Commento: In linea generale è un remake assolutamente all'altezza dell'originale del 1962 (tratto dal libro di John D. McDonald), anzi per certi versi è migliore poiché aggiunge nuove sfumature psicologiche ai personaggi. DeNiro è grandioso, è sostanzialmente impossibile stabilire se sia più o meno bravo di Mitchum in questo ruolo, anche se i due ruoli sono per molti aspetti diversi l'uno dall'altro: di certo c'è che il personaggio interpretato da De Niro assume un connotato più diabolico, sovrumano, molto più violento e sadico di quello a suo tempo interpretato da Mitchum, con tratti che a volte trascendono la realtà (pelle che resiste a liquidi incandescenti, la scena in cui dopo essere stato picchiato di brutto riesce a rialzarsi e prendere a sprangate i suoi tre sicari allontanandoli, o ancora la scena dello stupro, affrontata in maniera sgradevole, ma che Thompson ha saputo rendere in maniera elegante) volti a sottolineare quanto la prigione lo abbia temprato, di fisico e di mente; il Cady di DeNiro è tutto eccessi ed ha forte presenza scenica, mentre quello di Mitchum è meno appariscente e si presenta come una persona dopotutto normale. Proprio per la diversa caratterizzazione del personaggio di Cady, non più un uomo ma quasi il diavolo fatto persona, questo remake a volte eccede nello splatter ed in sequenze e particolari che rasentano l’horror o che semplicemente sono esagerati e non necessari, sebbene anche l’originale fosse un film audace per l’epoca. Inoltre il Sam Bowden di J. Lee Thompson è decisamente un "eroe" e con la sua forza di volontà riesce a sconfiggere colui che lo perseguita, mentre di quello di Scorsese è imbelle, quasi impotente di fronte alla netta superiorità del suo avversario, più forte, più acculturato e più intelligente (nell'originale non c'era alcuna traccia, mi pare, di questa predilezione di Cady verso la Bibbia e le letture in generale) che viene paragonato quasi a Dio (come da lui stesso detto), e che mi è parso quasi immortale (la faccia che fa quando annega e la ripresa del piede ammanettato fanno presupporre che non sia finita lì), e sebbene sia mosso dalla stessa volontà di proteggere la propria famiglia i suoi sensi di colpa ed i rapporti difficili con la figlia e la moglie diminuiscono notevolmente la sua forza.
Questo remake appunto pone maggiormente l'occhio sulla famiglia di Bowden, calcando sui rapporti intricati fra i tre membri (la moglie che pensa che il marito la tradisca, l'ingenua figlia che si sente imprigionata dai genitori) e sulla situazione di relativa stabilità che ha assunto, dopo un passato difficile, stabilità che viene continuamente minata da Cady per far crollare i legami affettivi, già messi a dura prova, e la fiducia reciproca che li tengono insieme: soprattutto la figlia è facilmente "accattivabile" per così dire e Cady riesce a guadagnarsi se non la sua fiducia una certa forma di attrazione; mentre nell'originale la famiglia resta sempre unita e non vengono narrati astii interni.
La trasposizione, invece di mantenere l'ambientazione anni sessanta, è avvenuta anche a livello temporale e sono stati cambiati (?) la maggior parte dei nomi dei personaggi (il detective privato di Telly Savalas Charles Sievers è diventato Claude Kerserk, Peggy e Nancy si sono trasformati in Leigh e Danielle). Se non altro ho trovato la recitazione di Nolte decisamente migliore di quella di Peck (praticamente monoespressivo). Divertenti camei degli stessi Peck, Mitchum e Balsam, che comparivano come protagonisti nell'originale (il primo che interpreta, pensate un po', l'avvocato difensore di Cady...)
Voto: 8
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zazza ...uaoooooo...complimenti !
recensisco la cazzatona del secolo...
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The Covenant
(Usa, 2006)
Regia di Renny Harlin
con Chance Creawford, Toby Hemingway, Steven Strait, Laura Ramsey, Sebastian Stan, Taylor Kitsch
97', Sony Pictures, horror
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Trama : :lol:
“The covenant”, letteralmente il raduno, il patto del passato, ma al cinema lo stereotipo di come la moda influisce sul cinema horror o quantomeno fantastico. Prendi dei giovani belli e palestrati, li metti in una cornice da campus studentesco, pioggia a profusione che giustifica gli impermeabili che fanno molto “trendy”, una spruzzata di ragazze poco vestite, musica metal assordante nei momenti topici, ti dimentichi della storia e oscuri la fotografia, e il minestrone dell'insulso è fatto.
Renny Harlin nel suo passato non ha mai fatto lavori di grande valore, partendo da il quarto episodio di “Nightmare” oppure usando la moglie Geena Davis nel film piratesco “Corsari” o dirigendo Stallone in “Cliffhanger”, ma almeno ha sempre cercato di offrire azione e divertimento partendo da una scelta di situazione di base credibile e con trame almeno avventurose che con l'ausilio di effetti a tutta grancassa rendevano l'esperienza un piacevole passatempo.
Qui siamo decisamente sul vacuo totale, dove gli effetti sono limitati a delle trasfigurazioni spettrali del tutto prive di fascino senza mai sconfinare nello splatter, una lotta che ricorda quelle di “<i>Matrix</i>”e una colossale citazione(onestamente detta nel film)da “<i>Harry Potter e la camera dei segreti</i>”.
Liquidando le spiegazioni delle ragioni e origini della casta di questi stregoni “new age” all'inizio, Harlin cammina monotono verso il finale(purtroppo aperto a un seguito)costringendo lo spettatore a sorbirsi cose del tutto prive di fascino, invece che ascendere come l'azione citata nel film si discende in una sorta di torpore. Non basta creare l'atmosfera mettendo delle condizioni oscure di scena per rendere un film valido, bisogna che esso si muova con interesse verso una accelerazione degli eventi credibile e completa.
Ritenendo che il passato ha ormai saccheggiato abbastanza a livello di splatter giovanili, bisogna sperare che adesso non nasca la moda di creare degli Harry Potter più oscuri, dove il passaggio della maggiore età e l'evoluzione dei poteri coincide con i diciotto anni più che da vera esperienza, ma soprattutto siano personaggi così relegati a una logica narrativa piatta e che mostra più i muscoli e le fattezze che interiore capacità e carisma.
Evitare con cura.