Originariamente Scritto da
conogelato
Hanno seminato ci� che Ges� stesso descrive stupendamente nella Parabola della zizzania....
Che cosa avr� voluto significare Ges� con questa parabola? A quale situazione desiderava alludere? Non � difficile rispondere se si pensa al tipo di attesa messianica allora largamente diffusa. La letteratura giudaica intertestamentaria parlava di un imminente giudizio divino, che avrebbe nettamente separato gli empi dai giusti (cfr.il Salmo 5, vv.5-7), dato che "il popolo sar� tutto di giusti" (Deut. 60,21). Si aspettava di conseguenza un "giudice" escatologico che subito facesse piazza pulita dei malvagi e instaurasse la comunit� dei puri. Al tempo di Ges� erano soprattutto farisei (termine che significa "separati"), esseni e circoli apocalittici che non tolleravano la convivenza con chi non era puro e incontaminato.
Ora � evidente che il messaggio di questa parabola va in tutt'altra direzione: non si deve avere l'impazienza, lo zelo sia pure buono di togliere subito di mezzo tutti gli operatori di iniquit�; e questo fondamentalmente per due ragioni: prima di tutto � solo Dio che vede fino in fondo nei cuori degli uomini e sa chi sono i giusti e gli empi; in secondo luogo la distinzione tra buoni e cattivi passa pi� nel cuore di ciascuno di noi che nel consorzio degli uomini. L'esperienza del peccato, purtroppo connaturata ad ogni essere umano, ci insegna che � innanzitutto dal nostro cuore che dobbiamo estirpare il loglio/zizzania. E non solo a parole, ma soprattutto con il suo comportamento Ges� ha ribadito tale verit�, tanto da attirarsi l'accusa di connivenza con i malvagi da parte di scribi e farisei.
Dunque l'insegnamento principale della parabola � proprio quello della pazienza, della tolleranza, della fiducia senza mezzi termini in Colui che, solo, scruta i cuori.
Passando all'attualizzazione, � evidente che il racconto della zizzania mostra come, in tutti i tempi, la compresenza di bene e male nella storia degli uomini fa sorgere l'inquietante interrogativo: "Perch� Dio permette tutto ci�?" Vengono in mente le famose parole di Epicuro: "Se Dio vuole togliere il male e non pu�, � debole; se pu� e non vuole, � ostile nei nostri confronti; se vuole e pu�, perch� non lo elimina?"
Una prima risposta ci viene dalla stessa parabola, successivamente spiegata ai discepoli da Ges� (vv.36-43): "Il Figlio dell'uomo mander� i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquit� e li getteranno nella fornace ardente dove sar� pianto e stridore di denti." (vv.41-42).
Cio�: � solo alla fine del mondo che verr� attuata quella giustizia divina che la nostra impazienza vorrebbe vedere in atto immediatamente.
Ma la risposta pi� importante ed esaustiva ci viene dalla vita stessa di Ges�, che incarna la pazienza di Dio e la vive in s�; ed � particolarmente nell'ora della passione che tale pazienza si rivela mirabilmente: "Padre, perdonali, perch� non sanno quello che fanno" (Luca, 23, 34). Piuttosto che fare immediatamente piazza pulita di tutti gli operatori di iniquit�, Ges� ha preferito subire Lui il male fino alla morte di croce. Attraverso il Figlio Ges�, Dio stesso � passato attraverso il male, il dolore e la morte, assumendoli, vivendoli, unendoli a s�. Ed � proprio in questo modo, dall'interno, che li ha sconfitti.
La resurrezione di Ges� � la risposta eclatante, da parte di Dio, all'interrogativo di cui sopra circa la presenza del male. In Lui esso � radicalmente sconfitto, anche se gli � concesso, ancora, di imperversare sulla terra per il tempo della storia umana.