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Il corvo
I.
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco, sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata; mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero, come di qualcuno che leggermente picchiasse - pichiasse alla porta della mia camera.
�� qualche visitatore - mormorai - che batte alla porta della mia camera.�
Questo soltanto, e nulla pi�.
II.
Ah! distintamente ricordo; era nel fosco Dicembre, e ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento.
Febbrilmente desideravo il mattino: invano avevo tentato di trarre dai miei libri un sollievo al dolore - al dolore per la mia perduta Eleonora, e che nessuno chiamer� in terra - mai pi�.
III.
E il serico triste fruscio di ciascuna cortina purpurea, facendomi trasalire - mi riempiva di tenori fantastici, mai provati prima, sicch�, in quell'istante, per calmare i battiti del mio cuore, io andava ripetendo: �� qualche visitatore, che chiede supplicando d'entrare, alla porta della mia stanza. Qualche tardivo visitatore, che supplica d'entrare alla porta della mia stanza; � questo soltanto, e nulla pi��.
IV.
Subitamente la mia anima divenne forte; e non esitando pi� a lungo:
�Signore - dissi - o Signora, veramente io imploro il vostro perdono; ma il fatto � che io sonnecchiavo: e voi picchiaste s� leggermente, e voi s� lievemente bussaste - bussaste alla porta della mia camera, che io ero poco sicuro d'avervi udito�. E a questo punto, aprii intieramente la porta.
Vi era solo la tenebra, e nulla pi�.
V.
Scrutando in quella profonda oscurit�, rimasi a lungo, stupito impaurito sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare; ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurit� non diede nessun segno di vita;
e l'unica parola detta col� fu la sussurrata parola �Eleonora!�
Soltanto questo, e nulla pi�.
VI.
Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme; ben presto udii di nuovo battere, un poco pi� forte di prima.
�Certamente - dissi - certamente � qualche cosa al graticcio della mia finestra.�
Io debbo vedere, perci�, cosa sia, e esplorare questo mistero.
� certo il vento, e nulla pi�.
VII.
Quindi io spalancai l'imposta; e con molta civetteria, agitando le ali, si avanz� un maestoso corvo dei santi giorni d'altri tempi; egli non fece la menoma riverenza; non esit�, n� ristette un istante ma con aria di Lord o di Lady, si appollai� sulla porta della mia camera, s'appollai�, e s'install� - e nulla pi�.
VIII.
Allora, quest'uccello d'ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere, con la grave e severa dignit� del suo aspetto:
�Sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso - io dissi - tu non sei certo un vile, orrido, torvo e antico corvo errante lontanto dalle spiagge della Notte dimmi qual � il tuo nome signorile sulle spiagge avernali della Notte!�
Disse il corvo: �Mai pi��. (1)
(1) In inglese � �no more� che ha molto del gracchiare del corvo.
IX.
Mi meravigliai molto udendo parlare s� chiaramente questo sgraziato uccello, sebbene la sua risposta fosse poco sensata - fosse poco a proposito; poich� non possiamo fare a meno d'ammettere, che nessuna vivente creatura umana, mai, finora, fu beata dalla visione d'un uccello sulla porta della sua camera, con un nome siffatto: �Mai pi��.
X.
Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, proffer� solamente quest'unica parola, come se la sua anima in quest'unica parola avesse effusa.
Niente di nuovo egli pronunzi� - nessuna penna egli agit� - finch� in tono appena pi� forte di un murmure, io dissi: �Altri amici mi hanno gi� abbandonato, domani anch'esso mi lascer�, come le mie speranze, che mi hanno gi� abbandonato�.
Allora, l'uccello disse: �Mai pi��.
XI.
Trasalendo, perch� il silenzio veniva rotto da una risposta s� giusta:
�Senza dubbio - io dissi - ci� ch'egli pronunzia � tutto il suo sapere e la sua ricchezza, presi da qualche infelice padrone, che la spietata sciagura persegu� sempre pi� rapida, finch� le sue canzoni ebbero un solo ritornello, finch� i canti funebri della sua Speranza ebbero il malinconico ritornello:
�Mai, - mai pi��.
XII.
Ma il corvo inducendo ancora tutta la mia triste anima al sorriso, subito volsi una sedia con ricchi cuscini di fronte all'uccello, al busto e alla porta; quindi, affondandomi nel velluto, mi misi a concatenare fantasia a fantasia, pensando che cosa questo sinistro uccello d'altri tempi, che cosa questo torvo sgraziato orrido scarno e sinistro uccello d'altri tempi
intendea significare gracchiando: �Mai pi��.
XIII.
Cos� sedevo, immerso a congetturare, senza rivolgere una sillaba all'uccello, i cui occhi infuocati ardevano ora nell'intimo del mio petto; io sedeva pronosticando su ci� e su altro ancora, con la testa reclinata adagio sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada guardava fissamente; ma la cui fodera di velluto viola, che la lampada guarda fissamente Ella non premer�, ah! - mai pi�!
XIV.
Allora mi parve che l'aria si facesse pi� densa, profumata da un incensiere invisibile, agiato da Serafini, i cui morbidi passi tintinnavano sul soffice pavimento,
�Disgraziato! - esclamai - il tuo Dio per mezzo di questi angeli ti ha inviato il sollievo - il sollievo e il nepente per le tue memorie di Eleonora! Tracanna, oh! tracanna questo dolce nepente, e dimentica la perduta Eleonora!�
Disse il corvo: �Mai pi��.
XV.
- �Profeta - io dissi - creatura del male! - certamente profeta, sii tu uccello o demonio! -
- �Sia che il tentatore l'abbia mandato, sia che la tempesta t'abbia gettato qui a riva, desolato, ma ancora indomito, su questa deserta terra incantata in questa visitata dall'orrore - dimmi, in verit�, ti scongiuro
- �Vi � - vi � un balsamo in Galaad? dimmi, dimmi - ti scongiuro. -
Disse il corvo: �Mai pi��.
XVI.
- �Profeta! - io dissi - creatura del male! - Certamente profeta, sii tu uccello o demonio!
- �Per questo Cielo che s'incurva su di noi - per questo Dio che tutti e due adoriamo - di' a quest'anima oppressa dal dolore, se, nel lontano Eden, essa abbraccer� una santa fanciulla, che gli angeli chiamano Eleonora, abbraccer� una rara e radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Eleonora�.
Disse il corvo: �Mai pi��.
XVII.
- �Sia questa parola il nostro segno d'addio, uccello o demonio!� - io urlai, balzando in piedi. �Ritorna nella tempesta e sulla riva avernale della notte! Non lasciare nessuna piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha profferita! Lascia inviolata la mia solitudine! Sgombra il busto sopra la mia porta!
Disse il corvo: �Mai pi��.
XVIII.
E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora � posato sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza, e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna; e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento, e la mia, fuori di quest'ombra, che giace ondeggiando sul pavimento non si sollever� mai pi�!
Edgar Allan Poe
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Poesie di Charles Baudelaire
......Ma in mezzo agli sciacalli, le pantere, le cagne, le scimmie, gli scorpioni, gli avvoltoi, i serpenti, fra i mostri che guaiscono, urlano, grugniscono entro il serraglio infame dei nostri vizi,
uno ve n'�, pi� laido, pi� cattivo, pi� immondo. Sebbene non faccia grandi gesti, n� lanci acute strida, ridurrebbe volentieri la terra a una rovina e in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo.
� la Noia! L'occhio gravato da una lagrima involontaria, sogna patiboli fumando la sua pipa. Tu lo conosci, lettore, questo mostro delicato - tu, ipocrita lettore - mio simile e fratello! (Introduzione a I fiori del male)
Corrispondenze
E' un tempio la Natura ove viventi
pilastri a volte confuse parole
mandano fuori; la attraversa l'uomo
tra foreste di simboli dagli occhi
familiari. I profumi e i colori
e i suoni si rispondono come echi
lunghi che di lontano si confondono
in unit� profonda e tenebrosa,
vasta come la notte ed il chiarore.
Esistono profumi freschi come
carni di bimbo, dolci come gli �boi,
e verdi come praterie; e degli altri
corrotti, ricchi e trionfanti, che hanno
l'espansione propria alle infinite
cose, come l'incenso, l'ambra, il muschio,
il benzoino, e cantano dei sensi
e dell'anima i lunghi rapimenti.
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L�ALBATRO
Spesso, per divertirsi, gli uomini d'equipaggio
Catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari,
Che seguono, indolenti compagni di v�aggio,
Il vascello che va sopra gli abissi amari.
E li hanno appena posti sul ponte della nave
Che, inetti e vergognosi, questi re dell'azzurro
Pietosamente calano le grandi ali bianche,
Come dei remi inerti, accanto ai loro fianchi.
Com'� goffo e maldestro, l'alato viaggiatore!
Lui, prima cos� bello, com'� comico e brutto!
Qualcuno, con la pipa, gli solletica il becco,
L'altro, arrancando, mima l'infermo che volava!
Il Poeta assomiglia al principe dei nembi
Che abita la tempesta e ride dell'arciere;
Ma esule sulla terra, al centro degli scherni,
Per le ali di gigante non riesce a camminare.
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L'invito al viaggio
Sorella mia, mio bene,
che dolce noi due insieme,
pensa, vivere l�!
Amare a saziet�,
amare e morire
nel paese che tanto ti somiglia!
I soli infradiciati
di quei cieli imbronciati
hanno per il mio cuore
il misterioso incanto
dei tuoi occhi insidiosi
che brillano nel pianto.
L� non c'� nulla che non sia belt�,
ordine e lusso, calma e volutt�.
Mobili luccicanti
che gli anni han levigato
orneranno la stanza;
i pi� rari tra i fiori
che ai sentori dell'ambra
mischiano i loro odori,
i soffitti sontuosi,
le profonde specchiere, l�orientale
splendore, tutto l�
con segreta dolcezza
al cuore parler�
la sua lingua natale.
L� non c'� nulla che non sia belt�,
ordine e lusso, calma e volutt�.
Vedi su quei canali
dormire bastimenti
d'animo vagabondo,
qui a soddisfare i minimi
tuoi desideri accorsi
dai confini del mondo.
- Nel giacinto e nell'oro
avvolgono i calanti
soli canali e campi
e l'intera citt�
il mondo trova pace
in una calda luce.
L� non c'� nulla che non sia belt�
ordine e lusso, calma e volutt�.
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Il rinnegamento di san Pietro
Che se ne fa Dio di quel fiotto d�anatemi
che sale ogni giorno verso i suoi diletti Serafini?
Come un tiranno satollo di carne e di vini,
s�addormenta al dolce brusio delle nostre orrende bestemmie.
I singhiozzi dei martiri e dei supplizziati
sono certamente una sinfonia inebriante,
se, malgrado il sangue che costa la loro volutt�,
i cieli non ne sono ancora sazi.
- Ah! Ges�, ricordati dell�Orto degli Ulivi!
Nella tua ingenuit� pregavi in ginocchio
colui che nel suo cielo rideva al rumore dei chiodi
che ignobili carnefici piantavano nella tue carni vive.
E quando vedesti sputare sulla tua divinit�
la feccia del corpo di guardia e delle cucine,
e sentisti penetrare le spine
nel tuo cranio in cui viveva l�immensa Umanit�;
quando il tremendo peso del tuo corpo stremato
stirava le tue braccia distese, e il tuo sangue
e il tuo sudore colavano dalla tua fronte impallidita,
e fosti posto davanti a tutti come un bersaglio,
ripensavi a quei giorni cos� radiosi e belli
in cui venisti per compiere l�eterna promessa,
in cui percorrevi, in groppa ad un asinello paziente,
strade cosparse di fiori e di ramoscelli,
in cui, col cuore gonfio di speranza e di coraggio,
fustigavi con forza quei vili mercanti,
quando, infine, fosti maestro? Il rimorso
non penetr� nel tuo fianco pi� in fondo della lancia?
- Quanto a me, uscir� certo volentieri
da un mondo in cui l�azione non � sorella del sogno;
possa io usare la spada e di spada perire!
San Pietro ha rinnegato Ges�� Ha fatto bene!
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Il ribelle
Un Angelo furibondo piomba dal cielo come un�aquila,
afferra a pugno pieno i capelli del miscredente
e gli dice, scuotendolo: �Tu devi conoscere la regola!
(io sono il tuo buon Angelo, capisci?) lo esigo!
Sappi che si deve amare, senza tante smorfie,
il povero, il cattivo, lo storpio, l�ebete:
cos� tu potrai fare a Ges�, quand�egli passa,
un tappeto trionfale con la tua carit�.
Cos� � l�Amore. Prima che il tuo cuore diventi indifferente,
riaccendi la tua estasi alla gloria di Dio:
� questa la vera, duratura Volutt�!�.
E l�Angelo, castigando nella misura che ama,
tortura con le sue mani di gigante il maledetto.
Ma il dannato risponde sempre: �No, non voglio!�
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Spleen
Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
Riversa un giorno nero pi� triste dell notti;
Quando la terra cambia in un'umida cella,
Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
Sbattendo la sua timida ala contro i muri
E picchiando la testa sul fradicio soffitto;
Quando la pioggia stende le sue immense strisce
Imitando le sbarre di una vasta prigione,
E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli;
Delle campane a un tratto esplodono con furia
Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
Che si mettano a gemere in maniera ostinata.
- E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
Vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica ed atroce,
Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera..
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Desiderio del nulla
Anima uggiosa, un tempo amante della lotta,
la Speranza, che dava di sprone ad accenderti,
non vuol pi� cavalcarti! Senza pudore coricati,
vecchio cavallo che in ogni ostacolo intoppa.
Rassegnati, cuore mio, dormi dei bruti il sonno.
Fiaccato spirito, vinto! Per te, vecchio predone,
l'amor non ha pi� gusto, non pi� ne ha la disputa;
piaceri, basta testare un cuore tetro nel broncio!
Addio dunque, sospiro di flauti e canto di ottoni!
L'adorabile Primavera ha perso il profumo!
E intanto il Tempo m'inghiotte minuto per minuto,
come immensa la neve corpo rigido per il gelo;
e dall'alto contemplo questo rotondo globo
e non vi cerco pi� la protezione d'un rifugio.
Valanga, vuoi trascinarmi con te nella caduta?
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Vocali
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
io dir� un giorno i vostri ascosi nascimenti:
A, nero vello al corpo delle mosche lucenti
che ronzano al di sopra dei crudeli fetori,
golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
lance di ghiaccio, bianchi re, brividi di umbelle;
I, porpore, rigurgito di sangue, labbra belle
Che ridono di collera, di ebbrezze penitenti;
U, cicli, vibrazioni sacre dei mari verdi,
quiete di bestie ai campi, e quiete di ampie rughe
che l'alchimia imprime alle fronti studiose.
O, la suprema Tromba piena di stridi strani,
silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi:
- O, l'Omega, ed il raggio violetto dei Suoi Occhi!
Arthur Rimbaud
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Soldati
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.
Giuseppe Ungaretti
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Uomo del mio tempo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t�ho visto � dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T�ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all�altro fratello:
�Andiamo ai campi�. E quell�eco fredda, tenace,
� giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
Salvatore Quasimodo
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Mattina
M'illumino
d'immenso.
G. Ungaretti
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Ed � subito sera
Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed � subito sera.
Salvatore Quasimodo
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Il tramonto della Luna
Quale in notte solinga,
Sovra campagne inargentate ed acque,
L� 've zefiro aleggia,
E mille vaghi aspetti
E ingannevoli obbietti
Fingon l'ombre lontane
Infra l'onde tranquille
E rami e siepi e collinette e ville;
Giunta al confin del cielo,
Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno
Nell'infinito seno
Scende la luna; e si scolora il mondo;
Spariscon l'ombre, ed una
Oscurit� la valle e il monte imbruna;
Orba la notte resta,
E cantando, con mesta melodia,
L'estremo albor della fuggente luce,
Che dianzi gli fu duce,
Saluta il carrettier dalla sua via;
Tal si dilegua, e tale
Lascia l'et� mortale
La giovinezza. In fuga
Van l'ombre e le sembianze
Dei dilettosi inganni; e vengon meno
Le lontane speranze,
Ove s'appoggia la mortal natura.
Abbandonata, oscura
Resta la vita. In lei porgendo il guardo,
Cerca il confuso viatore invano
Del cammin lungo che avanzar si sente
Meta o ragione; e vede
Che a se l'umana sede,
Esso a lei veramente � fatto estrano.
Troppo felice e lieta
Nostra misera sorte
Parve lass�, se il giovanile stato,
Dove ogni ben di mille pene � frutto,
Durasse tutto della vita il corso.
Troppo mite decreto
Quel che sentenzia ogni animale a morte,
S'anco mezza la via
Lor non si desse in pria
Della terribil morte assai pi� dura.
D'intelletti immortali
Degno trovato, estremo
Di tutti i mali, ritrov�r gli eterni
La vecchiezza, ove fosse
Incolume il desio, la speme estinta,
Secche le fonti del piacer, le pene
Maggiori sempre, e non pi� dato il bene.
Voi, collinette e piagge,
Caduto lo splendor che all'occidente
Inargentava della notte il velo,
Orfane ancor gran tempo
Non resterete; che dall'altra parte
Tosto vedrete il cielo
Imbiancar novamente, e sorger l'alba:
Alla qual poscia seguitando il sole,
E folgorando intorno
Con sue fiamme possenti,
Di lucidi torrenti
Inonder� con voi gli eterei campi.
Ma la vita mortal, poi che la bella
Giovinezza spar�, non si colora
D'altra luce giammai, n� d'altra aurora.
Vedova � insino al fine; ed alla notte
Che l'altre etadi oscura,
Segno poser gli Dei la sepoltura.
Giacomo Leopardi
-
Mr mortimer:D
Da un esperto:asd, per un mancato cambio dissi ad uno, ti auguro un brutto natale e un pessimo capodanno.
Si schianto' contro il casello:asd: