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Paesaggi
Paesaggio: questo sostantivo deriva dal latino “pagus” (= villaggio), da cui “paese”.
La parola “paesaggio” la troviamo per la prima volta attestata in una lettera scritta l’11 ottobre 1522 dal noto pittore Tiziano Vecellio e indirizzata a Filippo II di Spagna (1527 – 1598), figlio dell’imperatore Carlo V. Il neologismo entrò poi nell’uso della lingua italiana.
Nel nostro tempo consideriamo il paesaggio la fisionomia di una parte di territorio, determinata dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
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Un breve tratto della “Costa dei trabocchi”, fotografato dall’abbazia di San Giovanni in Venere, un locus amoenus su una collina davanti il Mare Adriatico, in provincia di Chieti.
La visione di un paesaggio è un'esperienza estetica che suscita emozioni soggettive. Emozioni che coinvolsero anche Omero ? E' esistito ?
Nell’Odissea descrive la natura dell’isola Ogigia abitata dalla divinità marina Calipso che amò, riamata, Odisseo (= Ulisse) e lo trattenne con sé per sette anni.
Ogigia, luogo paradisiaco dell’immortalità e della felicità. L'aedo narra che nei pressi della grotta-abitazione di Calipso c’era un lussureggiante bosco, prati, fiori, uccelli, rigogliosi tralci di vite e quattro sorgenti d’acqua.
Ancora Omero, racconta di Ulisse naufrago nell’isola dei Feaci, della sua soccorritrice, la principessa Nausicaa, del re Alcinoo. La reggia circondata da un grande giardino con alberi e tanti frutti in ogni stagione.
Nella letteratura italiana è nota la bravura di Giovanni Boccaccio nel descrivere il paesaggio della zona dove dieci giovani (sette nobili fanciulle e tre ragazzi) che, dopo essersi incontrati nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, decidono di fuggire alla peste nera del 1348, e rifugiarsi fuori città, in una villa tra le colline intorno Firenze (forse Fiesole) e a turno ogni giorno raccontare una novella.
Dice Boccaccio: “Era il detto luogo sopra una piccola montagnetta (forse la collina di Fiesole) da ogni parte lontano alquanto alle nostre strade, di varii albuscelli e piante tutte di verdi fronde ripiene piacevoli a riguardare; in sul colmo della quale era un palagio con bello e gran cortile nel mezzo, e con logge e con sale e con camere, tutte ciascuna verso di sé bellissima e di liete dipinture raguardevole e ornata, con pratelli da torno e con giardini maravigliosi e con pozzi d'acque freschissime e con volte piene di preziosi vini: cose più atte a curiosi bevitori che a sobrie e oneste donne. Il quale tutto spazzato, e nelle camere i letti fatti, e ogni cosa di fiori, quali nella stagione si potevano avere, piena e di giunchi giuncata, la vegnente brigata trovò con suo non poco piacere” (dal proemio).
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Franz Xaver Winterhalter, The Decameron, olio su tela, 1837, Liechtenstein Museum, Vienna
Ancora nell’ambito della letteratura medievale. Ha rilevanza anche il paesaggio descritto da Francesco Petrarca nella più famosa tra le poesie del “Canzoniere”, quella titolata: “Chiare, fresche et dolci acque” (canzone . 126), scritta tra il 1340 e il 1341.
Questa poesia ha la forma di un dialogo rivolto al luogo, la Valchiusa, che ha visto gli incontri del poeta con Laura.
Petrarca descrive vari elementi della natura (acque, erbe, fiori, ecc.) ed evoca con la memoria la donna amata.
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Nell’ambito artistico la diffusione del paesaggio nella pittura moderna cominciò con Giorgione (1478 circa – 1510). Non più sfondi monocromatici ma colline, case, alberi, ecc..
Precursori furono Leonardo da Vinci (con il disegno del 1473 titolato “Paesaggio con fiume”) e gli acquerelli di Albrecht Dürer negli anni ’90 del ‘400.
Dei tre artisti comincio con Giorgione e il suo dipinto titolato “Tempesta”, considerato il primo esempio nella storia dell’arte occidentale moderna.
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Giorgione, Tempesta, tempera e olio, 1503 circa, Gallerie dell’Accademia, Venezia.
Questo dipinto ha suscitato varie ipotesi interpretative. Rappresenta un paesaggio con figure.
Sulla sinistra, in primo piano un uomo in piedi, con abito rinascimentale; con la mano destra regge un’asta di legno, il suo sguardo è diretto verso un albero. Dietro di lui ci sono arbusti, un alto muro ed uno più basso, di circa un metro, con sopra due tronchi di colonne petrose.
A destra, è raffigurata una donna seminuda, con la mantella sulle spalle, seduta su un lenzuolo sul prato, nell’atto di allattare il figlio. Lo sguardo della donna è rivolto verso un immaginario osservatore.
Al centro della scena c’è il fiume, sovrastato da un ponte. Sul fondo si vedono gli edifici di una città, alcune case-torre, un campanile e alberi.
Il plumbeo cielo che minaccia pioggia è attraversato da un fulmine.
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Paesaggi e nature morte sono i quadri che preferisco.
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Leonardo da Vinci
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Leonardo da Vinci, Paesaggio con fiume, disegno, 1473, Gabinetto dei disegni e delle stampe, Galleria degli Uffizi, Firenze.
In alto, sulla sinistra, c’è scritto: "Dì de Sta Maria della Neve/ Adì 5 daghosto 1473". E’ la più antica opera datata di Leonardo. Sul disegno c’è anche il suo autografo con la mano sinistra, perché era mancino.
Nella moderna arte occidentale è considerato il primo disegno con paesaggio, senza il vincolo con un soggetto sacro o profano.
Sullo sfondo si vedono montagne, vicine colline, su una delle quali, sulla sinistra, c’è un castello; la parte valliva è attraversata da un fiume. Ci sono alberi, arbusti, campi coltivati.
Forse il disegno era lo schizzo preparatorio di un paesaggio in un'opera più complessa, oppure un esercizio del giovane artista, in quel periodo allievo di Andrea del Verrocchio.
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Albrecht Dürer
nel suo diario scrisse: “Ogni parte deve essere eseguita con la massima diligenza possibile nelle cose più piccole come nelle più grandi. Perciò osserva scrupolosamente la natura, attieniti ad essa e non allontanartene arbitrariamente”. Era il suo approccio estetico alla dimensione naturalistica.
Fu il primo ad usare la moderna tecnica pittorica dell’acquerello su carta. In particolare durante i suoi viaggi. Li considerava studi, da confluire in parte nei suoi dipinti.
In epoca rinascimentale oltre a Dürer anche Peter Paul Rubens, Rembrandt e Anthony Van Dick usarono gli acquerelli.
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Albrecht Dürer, Il mulino, acquerello e guazzo su carta, 1489, Staatlichen Museen, Berlino.
Questo acquerello è una delle prime immagini dell'arte europea interamente dedicata al paesaggio, ma si colloca in una dimensione ancora medievale: infatti, le singole costruzioni e i gruppi di alberi non sono disegnati prospetticamente, ma gli uni sopra gli altri. Della prospettiva il giovane Dürer, a quell'epoca, non aveva ancora sentito parlare.
Il paesaggio è a ovest di Norimberga, con il piccolo fiume Pegnitz che scorre attraverso la città.
Il disegnatore era in piedi sull'alta riva nord e guardava verso sud oltre il Pegnitz, dove l'orizzonte è segnato dalle cime delle montagne presso Schwabach.
Gli alberi in primo piano a sinistra appartengono al parco delle Hallerwiesen.
Le case con le travature a traliccio ai due lati del fiume, disegnate con precisione, costituivano il nucleo del "quartiere industriale", poiché ospitavano delle botteghe in cui si lavorava il metallo servendosi del Pegnitz come fonte di energia.
In primo piano, in terra si vedono delle tavole e l'edificio del mulino ad acqua, che utilizza l’energia meccanica prodotta dalla corrente del fiume. Una mola o macina (la bianca ruota petrosa) è poggiata all’esterno dell’edificio.
Sulla destra ci sono le abitazioni; una passerella in legno traversa il canale. In prossimità del ponticello, un contadino a cavallo sembra pescare all’interno nell’acqua che scorre.
Da un sentiero sulla sinistra un uomo cammina con il sacco in spalla e il bordone. Forse è un contadino che porta il grano a macinare.
Oltre il canale, i prati sono recintati da bassi steccati in legno e si alternano ad abitazioni circondate da alberi.
In alto, a sinistra, si vede in lontananza un villaggio, la chiesa con il campanile. Un altro edificio religioso è sulla destra.
Due montagne chiudono l’orizzonte.
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I pittori Giovanni Bellini e Giorgione furono determinanti per la formazione artistica di Tiziano Vecellio negli anni giovanili.
Prima di Tiziano il paesaggio non aveva una propria connotazione, invece con lui diventa più di un semplice sfondo, può avere un ruolo di primo piano.
Dei tre pittori citati nel primo rigo pongo alla vostra visione tre dipinti: la “Crocifissione in un cimitero ebraico”, di Giovanni Bellini, 'La prova” di Giorgione, 'La sacra conversazione' di Tiziano.
Comincio con il pittore veneziano Giovanni Bellini (1430 circa – 1516), considerato l’iniziatore del Rinascimento a Venezia.
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Giovanni Bellini, crocifissione in un cimitero ebraico, olio su tavola - 1501-1503 circa, collezione della Banca Popolare di Vicenza.
Fu realizzato in un periodo di controversie religiose, che indussero all’espulsione da Vicenza della comunità ebraica.
E’ un’opera simbolica con numerosi dettagli.
La crocifissione di Gesù avviene in un cimitero ebraico, non ci sono i due ladroni né persone dolenti, costituisce un unicum iconografico; la croce occupa totalmente il centro della composizione.
Il primo piano, dietro la croce, ci sono teschi, lapidi con iscrizioni in ebraico disposte in un giardino brullo e roccioso.
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dettaglio
Al di là, il declivio con prato, l'alveo di un fiume che alimenta la ruota di un mulino, alcune case, e alberi; dietro la croce si vede un rigoglioso albero di alloro, simbolo di vittoria sulla morte e di resurrezione; un altro albero è il salice, su un ramo c’è una colomba, simbolo di pace.
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dettaglio
Il salice è una pianta molto cara agli ebrei. Ricorda loro l’esilio babilonese: “Sui fiumi di Babilonia, là sedevamo piangendo al ricordo di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre” (Sal 137, 1-2), come segno di tristezza, ma i salici diventano anche segno di ritorno in patria, di vittoria e di rinascita.
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Nel sentiero tangente il cimitero si vede un viandante che cammina verso la composita la città: le mura difensive merlate, le torri, le case; alcuni edifici sono identificabili: il duomo e la torre di piazza di Vicenza, il campanile di Santa Fosca a Venezia, la chiesa veronese di San Zeno: fu vescovo della città, è noto per aver combattuto l’eresia ariana ed è famoso per aver fermato le inondazioni causate dal fiume Adige; sul fondo si vede il campanile e la cupola della cattedrale di Ancona, dedicata a San Cirillo.
E’ un assemblaggio di vari monumenti localizzati in luoghi diversi.
La sintetica visione include la natura: ci sono prati, alberi, le colline, l’azzurro cielo con le nuvole in arrivo.
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Giorgione.
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Giorgione, Mosè alla prova del fuoco, olio su tavola, 1505 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze
Questo dipinto fu realizzato dall'artista in età giovanile, ma ci sono discordanze sull’attribuzione dell’intera opera.
Furono da lui realizzati il paesaggio e le figure sulla sinistra, mentre le figure a destra sono di altra mano. Le differenze stilistiche rilevate sono da ascrivere a un suo collaboratore o forse ai restauri.
L’episodio raffigurato non è nell’Antico Testamento ma desunto dalle medievali bibbie rimate di Geofroy de Paris e di Herman de Valenciennes che trattano della vita di Mosè.
La vicenda. Nell’Antico Testamento la figlia del faraone d’Egitto non è citata per nome. Il Midrash la chiama Bithia per la compassione con la quale salvò Mosè dal fiume Nilo. Viene descritta come una donna pia e affettuosa.
Bithia mentre era vicina al padre con in braccio il neonato, questo con la mano fa cadere la corona dalla testa del faraone. Turbato e timoroso che in futuro quel bambino potrebbe usurpare la ricchezza e il potere, fa porre davanti al pargolo due contenitori: uno con i carboni ardenti, l’altro con le monete d'oro. L’infante deve scegliere cosa prendere. La sua manina prende un carbone e lo mette in bocca ma si si brucia la lingua. La scelta tranquillizza il faraone della sua innocenza.
La scena: Il faraone d'Egitto è seduto sull’alto trono, formato dal basamento rettangolare, sopra il quale c’è la marmorea base decorata con fregio. Un tappetto rosso è disteso su gran parte della struttura. Intorno al faraone ci sono varie figure, anche con abiti esotici.
Davanti a lui, in basso, c’è sua figlia con il neonato Mosé che si protende verso uno dei due contenitori portati da due paggi.
Sullo sfondo il paesaggio: a sinistra alti alberi, a destra un corso d’acqua, una torre con cinta muraria, alcune case, poi colline e la catena montuosa che chiude l’orizzonte.
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Tiziano Vecellio
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Tiziano, Sacra conversazione Balbi (dal nome del precedente possessore: il marchese Balbi di Piovera, Genova), olio su tela, 1513 circa, Fondazione Magnani-Rocca, Traversetolo (prov. di Parma).
Questo dipinto è una delle opere più significative di Tiziano in età giovanile. Raffigura la Madonna con il Bambino, santa Caterina di Alessandria, San Domenico, un donatore.
La Vergine in trono, col Bambino in grembo, si volta verso il donatore, in ginocchio, con le mani giunte in preghiera, introdotto da san Domenico, con la tonaca bianca e la cappa nera.
Gesù bambino ha un panno bianco sulle spalle ed ha il capo rivolto verso santa Caterina d’Alessandria.
La “michelangiolesca” Madonna indossa la sontuosa veste rossa e il mantello blu.
Nell’iconografia il rosso simboleggia il potere, l’autorità, il sangue di Cristo sulla croce, invece il blu rappresenta la trascendenza (Maria portatrice della divinità, Gesù, nella sua umanità), è il colore del cielo.
La bionda e riccioluta santa Caterina d’Alessandria (d’Egitto) è seduta su un architrave, volta di profilo verso il donatore; sopra lo scollato camice bianco indossa una veste color lilla e il mantello verde scuro che dalla spalla sinistra le scende fino a terra.
Il fondale è diviso in due parti. Quello sulla sinistra è una parete nera, mette in risalto le donne con il Bambino;
sulla destra, alle spalle di San Domenico, c’è un declivio con alberi, arbusti e case rustiche;
all’altezza della fronte del donatore si vedono prati, un tratto del letto di un fiume;
in lontananza alberi e una chiesa con il campanile, le montagne, il cielo leggermente velato dalle bianche nuvole.
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Estetica del paesaggio
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Capri vista da Punta Campanella
Nei post precedenti vi ho proposto la visione di dipinti con paesaggio, adesso voglio argomentare sull'estetica del paesaggio.
Cos'è l'estetica.
Gli antichi Greci non conoscevano il sostantivo estetica. Usavano la parola "àisthesis", che significa sensazione, da cui l'aggettivo "aisthetikòs" = che può essere percepito dai sensi, come la bellezza.
Platone, influenzato dal razionalismo pitagorico, espresse le sue riflessioni sul bello collegandolo all’ordine matematico: proporzione delle parti, simmetria e armonia delle proporzioni.
Secoli dopo dalla dottrina del bello nasce e si afferma l'estetica come disciplina autonoma riguardante il bello, naturale o artistico.
Il termine "estetica" che oggi usiamo nacque come neologismo ideato dal filosofo tedesco Gotlieb Alexander Baumgarten (1714 – 1762) per il suo elaborato titolato: "Meditationes philosophicae de nonnullis ad poema pertinentibus" (= Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia), pubblicato nel 1735.
Si dedicò anche all'elaborazione di un trattato filosofico (rimasto incompiuto) che titolò "Aesthetica". Il primo volume lo pubblicò nel 1750, il secondo nel 1758.
E dal 1750 l’estetica è un ramo della filosofia.
Baumgarten definì l’estetica come “scienza della conoscenza sensibile”. Studia il bello nelle sue varie forme.
In seguito il filosofo tedesco Immanul Kant (1724 – 1804) nella “Critica del giudizio”, pubblicata nel 1790, descrisse la sua teoria del bello. Le sue indagini non si fermarono sulle questioni oggettive legate ai canoni della bellezza, ma sulle modalità di formulazione del “giudizio estetico.
Kant si pose la domanda sul perché e cosa succede quando si dice che qualcosa è bello e quali sono le caratteristiche del giudizio.
Se guardo un fiore, oppure un dipinto, lo considero bello, in tal modo esprimo un mio giudizio estetico, e non contesto se il mio vicino afferma il contrario.
Ma se dico: questo tulipano è rosso, esprimo una qualità del fiore, una sua rappresentazione, non un giudizio estetico.
La bellezza e il piacere estetico fanno parte delle facoltà conoscitive dell’individuo, creano l’esperienza estetica del bello e il giudizio estetico.
L’estetica come filosofia dell’arte: la definizione venne data da un altro filosofo tedesco, Friedrich Hegel (1770 – 1831) nei suoi corsi universitari nel 1818. Per Hegel l'Estetica è filosofia dell'arte poiché il bello artistico è più elevato del bello naturale. Secondo questo filosofo è l’esperienza estetica che ci fa emettere un giudizio (estetico) su ciò che consideriamo bello.
Ugo Foscolo scrisse: “La bellezza è una specie di armonia visibile che penetra soavemente nei cuori umani”.
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Gli studiosi attribuiscono a Francesco Petrarca (1304-1374) la prima descrizione di un paesaggio, dedotta da una sua lettera: "Ascesa al Monte Ventoso", indirizzata a Dionigi di Borgo San Sepolcro, teologo e frate agostiniano che gli aveva donato una copia delle "Confessioni" di Sant'Agostino.
Durante la lettura di questo libro meditò sulla seguente frase: "Et eunt homines admirari alta montium et ingentes fluctus maris et latissimos lapsus flumininum et oceani ambitum et giros siderum, et reliquunt se ipsos" (= E vanno gli uomini ad ammirare gli alti monti e le alte onde del mare, i lunghi corsi dei fiumi, la grandezza dell'oceano e i movimenti degli astri, ma dimenticano sé stessi" ).
Il suddetto brano invita alla riflessione e a dare poca importanza alle cose terrene, fa capire al poeta l'importanza del cambiamento interiore e dell'impegno necessario per vincere "terrenis impulsibus appetitus", i "desideri suscitati dalle passioni terrene".
L'allegorica lettera narra la scalata del Mont Ventoux, in Provenza, compiuta dal poeta e dal fratello Gherardo tra il 24 e il 26 aprile 1336.
E' un monologo interiore, suscitato dalla scelta del fratello di diventare monaco. Petrarca s'interroga sul significato simbolico e metaforico della sua esperienza di salire sulla cima della montagna e sul paesaggio che ha visto durante l'ascesa, come forma esteticamente rilevante.
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Veduta del Monte Ventoso
La contemplazione di un paesaggio, l'ascolto di una sinfonia, la bellezza di fiore, l'ammirazione suscitata da un dipinto, sono esperienze che determinano in noi il godimento, perché piace. Ma non tutto ciò che piace può essere definito bello.
Il sociologo e filosofo tedesco George Simmel (1858 – 1918). Nel 1913 pubblicò un libro titolato "Filosofia del paesaggio": è una raccolta di suoi saggi pubblicati tra il 1911 e il 1913 dedicati al paesaggio.
Le sue riflessioni sono un tentativo di definire il paesaggio, la sua dimensione estetica, il rapporto tra l'attività creatrice dell'uomo e quella della natura, che nel paesaggio assume forma visibile e cristallizzata, e sul rapporto tra il paesaggio reale e quello artistico nei dipinti.
Per Simmel nel paesaggio non sono i singoli elementi (l'albero, una montagna, il mare, la costa ecc.) a creare il paesaggio, ma la sua visione complessiva, che viene percepita ed elaborata mentalmente dall'osservatore.
Infatti il paesaggio è una costruzione mentale, una organizzazione di elementi. Ognuno di noi compie questa operazione spontaneamente tramite la percezione del paesaggio, ma è solo nella pratica artistica che tale operazione raggiunge l'optimum.
Il pittore paesaggista in modo consapevole evidenzia nella composizione i tratti più salienti della veduta, ne sintetizza le qualità, compone paesaggi anche immaginari, come esito della costruzione mentale estetica e non di una pittura dal vero.
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Certi paesaggi (contemplati dal vivo, in natura o nelle sale di un museo) allargano la nostra Anima. Proprio come hai detto te....
"La contemplazione di un paesaggio, l'ascolto di una sinfonia, la bellezza di un fiore, l'ammirazione suscitata da un dipinto, sono esperienze che determinano in noi il godimento"
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Buon pomeriggio Cono, oggi ti faccio vedere delle belle foto...
Cos’è il paesaggio?
È l’insieme degli elementi che caratterizzano un luogo.
Il paesaggio varia nel tempo come conseguenza dei fenomeni naturali e dell'intervento dell'uomo.
Il paesaggio è composto da elementi naturali (laghi, fiumi, montagne, ecc.) e da elementi antropici (città, abitazioni, strade, ecc.). Infatti è possibile distinguere due distinte tipologie di paesaggio: paesaggio naturale e paesaggio antropico.
Il paesaggio naturale è quello plasmato dalla natura, dove l’uomo non ha costruito, non è stato modificato dall’azione dell’antropos (= uomo), come il deserto, la foresta tropicale, ecc..
La sua forma e le caratteristiche sono il prodotto dell'interazione dei suoi componenti climatici, geologici ed ecologici.
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Columbia River Gorge (Pacific Northwest, Stati Uniti). La gola del fiume Columbia è uno spettacolare canyon fluviale
Il paesaggio antropico (o antropizzato = umanizzato) è quello modificato dall’uomo: case, ponti, gallerie, fabbriche, paesaggi rurali, industriali, urbani (città).
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paesaggio antropizzato della costiera amalfitana
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Milano, zona Portanuova, sulla destra la torre Unicredit. Questo grattacielo nel centro direzionale è alto 231 metri alla guglia. E’ il più alto in Italia.
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Quello naturale è un paesaggio, quello antropico è una fotografia.....
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Ciao Cono, sii buono, lascia che Vega possa argomentare anche con me. Non circuirla con blandizie per farla dialogare solo con te sulla natura dell’ostia.
Cono ho un quesito da sottoporre al tuo “vaglio”.
Penso che ognuno di noi abbia un hobby, oppure sia esperto o conosce un ramo del sapere, allora perché non comincia dei topic con vari post su un tema gradito ?
Io scrivo su varie materie, vedo che vengo letto, ma gli interlocutori sono rari, da che dipende ?
In attesa della tua risposta, riprendo il mio metaforico cammino in questo topic per dirti che non bisogna confondere il paesaggio con l’ambiente: questo sostantivo deriva dal latino “ambiens”, participio presente del verbo ambire (= andare attorno, circondare).
L’ambiente naturale è tutto ciò che ci sta intorno, che ci circonda, come l’ambiente subacqueo circonda un pesce. E’ un sistema complesso, formato da fattori fisici, elementi chimici e biologici, che permettono l’interazione tra gli esseri viventi.
Invece è paesaggio anche un locus amoenus: frase usata in letteratura con riferimento ad un luogo ameno, piacevole, fra piante, alberi, vicinanza di una fonte o di un ruscello, il cinguettio degli uccelli.
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Thomas Cowperthwait Eakins, Arcadia, olio su tela, 1883, Metropolitan Museum di New York.
Nel bucolico (= pastorale) paesaggio il giovane in piedi suona il doppio flauto; il bambino sdraiato suona il flauto di Pan; la ragazza dai lunghi capelli raccolti sulla nuca è distesa di spalle, poggiata sul fianco destro sopra un lenzuolo sul prato e ascolta la musica.
Arcadia è il toponimo di un territorio montuoso della Grecia, nel Peloponneso. Era ed è frequentata dai pastori per la transumanza degli ovini.
Nella trasfigurazione letteraria e nella poesia l’Arcadia è considerata un luogo idilliaco: questo aggettivo fa riferimento al vivere con serenità nella natura agreste e generosa.
Secondo la mitologia greca, l’Arcadia era possedimento di Pan, divinità non dell’Olimpo, dall’aspetto di satiro, protettore della pastorizia ed altro. Era compagno di Dioniso e di ninfe, amava la danza e la musica, era un “viveur”: gli piaceva la vita mondana, i divertimenti e le avventure amorose con le ninfe: divinità immortali di vari tipi, collegate alla natura, per esempio, Oreadi (= ninfe di montagna); Nereidi (= ninfe di mare); Naiadi (= ninfe delle fonti) Driadi (= ninfe degli alberi). Compagne della bella dea Artemide (dai Romani denominata Diana), quando Pan suonava il flauto le ninfe danzavano e cantavano in modo melodioso. Spesso partecipavano ai cortei di Dioniso, ma anche di Hermes, di Pan e della cacciatrice Artemide.
La mitologia greca narra che le ninfe erano bellissime, eternamente giovani, corteggiate da uomini mortali e da eroi.
Tornando all’Arcadia, debbo dirti che è soggetto artistico sin dall’antichità, sia nelle arti visuali, sia in letteratura.
Le immagini di bellissime ninfe che giocano e corrono in una rigogliosa foresta sono state frequenti fonti di ispirazione per pittori e scultori.
https://p1.liveauctioneers.com/2677/...4618&width=512
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Doxa: "Io scrivo su varie materie, vedo che vengo letto, ma gli interlocutori sono rari, da che dipende?"
Beh, ci sono varie sezioni, nel forum. È ovvio che ciascuno intervenga e si esprima secondo la sua cultura, i suoi studi, i suoi interessi o hobbies. Non fartene un cruccio. Continua.
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Paesaggio o panorama?
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Lago Carezza, in Val d’Ega: è un lago alpino in provincia di Bolzano
In un precedente post ho scritto che il paesaggio è formato dall’insieme degli elementi che caratterizzano un luogo. Sono elementi sia naturali (mare, laghi, fiumi, montagne, ecc.) sia antropici (abitazioni, strade, ferrovie, ecc.).
Invece il panorama è …., un nome di origine greca, composto da “pan” (= tutto ) + “hòrama” (= visione); allude alla veduta di un luogo, che può offrire un’emozione e un’esperienza estetica.
Da quanto detto è evidente che paesaggio e panorama non sono sinonimi, eppure spesso li usiamo come tali, forse perché nel panorama è insito il paesaggio ?
Esistono panorami brutti o belli, ma non paesaggi brutti o belli, perché ogni paesaggio rappresenta un’identità culturale e territoriale.
Tutti vediamo le cose nella stessa maniera, ma le percepiamo in modo personale, spesso diverso gli uni dagli altri.
https://th.bing.com/th/id/R.800a5404...pid=ImgRaw&r=0
Vasto, faro di Punta Penna e la chiesa di Santa Maria della Penna (o di Pennaluce) su un promontorio davanti il Mare Adriatico
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Doxa con le immagini che proponi nelle loro perfezioni artistiche e la dotta descrizione nei particolari attinenti al contesto che ogni artista ha espresso per introdurci nella comprensione e sollecitarci ad approfondire ed esaminare ciò che vuole esprimere l'artista nel profilo e abilità della sua pittura.
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Grazie Durante per la tua riflessione.
Tu ce l’hai un luogo dell’anima ?
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Brisighella, torre dell'orologio
Un bel panorama suscita emozioni, influenza il nostro stato d’animo.
Il panorama che amo è anche il mio metaforico paesaggio o luogo dell’anima, in cui ci sono punti di riferimento significativi della mia vita.
La poetessa milanese Alda Merini (1931 – 2009) nella sua poesia titolata: “Tra le tue braccia”, così lo descrive:
“C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte,
dove rimani senza fiato,
per quanta emozione provi;
dove il tempo si ferma e non hai più l’età;
quel posto è tra le tue braccia
in cui non invecchia il cuore,
mentre la mente non smette mai di sognare…
Da lì fuggir non potrò
poiché la fantasia d’incanto risente il nostro calore e no…
non permetterò mai ch’io possa rinunciare...
a chi d’amor mi sa far volare”.
(Alda Merini)
“Quel posto è tra le tue braccia” dice la Merini. E’ vero, abbracciarsi è un atto di affetto, di amore, ci permette la connessione tattile con chi si vuole bene.
Le braccia della persona amata è il luogo che ci permette di dimenticare il resto del mondo, anche se per pochi secondi.
Il luogo dell’anima non si sceglie, si riconosce, fa stare bene, dona la sua bellezza, suscita piacevoli ricordi.
La descrizione di un paesaggio è un metodo di scrittura che permette di esporre le proprie emozioni e sentimenti, la dimensione dell'immaginario.
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Doxa questa immagine stranamente è quella che ho pensato immediatamente quando mi hai chiesto se avevo un luogo dell'anima, il mio pensiero è si è focalizzato sulla val D'Orcia, ogni qual volta che sono transitato da questo luogo provavo una sensazione come avere due menti, una atta alla guida dell'auto l'altra nel rimirare il paesaggio e fantasticare.
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Buon pomeriggio Durante. :grin:
Nel precedente post ho scritto: “Il panorama che amo è anche il mio metaforico paesaggio o luogo dell’anima, in cui ci sono punti di riferimento significativi della mia vita”. Ebbene uno dei miei punti significativi è la domus avita del mio ramo paterno. L’ho descritta nel passato, non mi ricordo in quale sezione, perciò la ripropongo.
La costa frentana (ormai conosciuta come la "costa dei trabocchi"), i paesi sulle colline vicine la riviera: percorsi di memoria ed illusioni sentimentali in un gioco di riflessi.
A volte per ricordare bastano le prime note di una canzone che non si ascoltava da tempo per tornare con la memoria a quel tempo…, quando festeggiavo il mio compleanno nella casa avita, che ogni volta sembra accogliermi con un abbraccio affettuoso, consolatore.
La secolare dimora è su una collina prospiciente il Mare Adriatico, domina il golfo e scruta le cime della Maiella.
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Il bel portale della domus immette nell'androne, che ha sul fondo un ornato cancello in ferro, dietro il quale c'è il giardino con una fontana ed alcune statue.
Nella casa ci sono varie stanze adibite a diverse funzioni e dislocate su due piani, collegati da un elecoidale scalone in marmo rosso e legno.
Alcune camere mostrano i segni del tempo che passa ed ognuna ha il pavimento diverso per tonalità e con i disegni tipici delle ceramiche prodotte a Vietri sul Mare, gradite da mio nonno.
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Nello studio-biblioteca lo scorrere del tempo sembra lieve, come il velo di polvere che si posa sugli specchi, sui mobili, sui libri che hanno conosciuto varie generazioni della mia famiglia.
Nel salotto i segni del tempo sono sui bordi lisi delle vecchie poltrone in pelle, collocate davanti al decorato caminetto marmoreo.
Gli sbiaditi cuscini sul divano furono ricamati da una mia zia. Nei giorni d’estate si sedeva vicino la finestra che si apre sul golfo per rinfrescarsi con la brezza marina pomeridiana e per carpire la luce solare mentre con ago e filo seguiva il disegno sul tessuto incastrato nel telaio.
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Da quella finestra nelle sere d'estate guardavo le lampare che solcavano le onde, contemplavo le notti stellate e la baia inargentata dalla luce lunare.
Nel silenzio della notte mi piaceva ascoltare i rintocchi delle due piccole campane che, con diverse tonalità, dal campanile del duomo (concattedrale) indicano l'orario nell’antico centro storico. Con il battaglio una campana comunica l’ora, l’altra, col suono più lieve, la mezz’ora e il quarto d’ora.
Spesso, pensando a Eleonora, rimanevo sveglio fino all'aurora per ammirare sia il sorgere del sole, che sembra alzarsi dall'Adriatico, sia le Isole Tremiti.
Poi il giorno. Dalla finestra della mia stanza osservavo la gente sulla spiaggia, guardavo le barche da pesca con le vele colorate ed il volo dei gabbiani.
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Reminiscenze..., pensieri che volano nel luogo dei ricordi…
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Prosa, poesia, storia e geografia.....
In queste pagine ci fai gustare tutto insieme, tutto in una volta!!!
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Buon pomeriggio doxa, ho letto con particolare attenzione il tuo dettagliato racconto che riguarda il luogo dove sei cresciuto e dove ha le origini della tua famiglia. Sei stato così circostanziato che mi hanno fatto affiorare delle sensazioni e percezioni di anni fa quando fui invitato in una antica villa dove il gradevole odore di antico emanato dalla mobilia e dai libri della biblioteca, dagli arazzi e altri particolari di arredi. Guardando la foto del golfo nella sua profondità si prova una sensazione di vuoto nello stomaco come se si sorvolasse. Appartieni a una regione he ha dato i natali a illustri personaggi della letteratura, della pittura e scultura senza scomodare personaggi della poetica dell'antica Roma. Ho visto la foto della chiesa di Vasto dove molti anni fa mi recai, come a Casalbordino e altri paesi dell'entroterra della provincia di Chieti. Fai riferimento alle proprie radici, particolare di notevole importanza perché fa parte della nostra esistenza, anche se non ci rendiamo conto ma da esse ne derivano dei punti di riferimento che a livello psichico è importante per la nostra formazione che è un continuo plasmarsi.
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Però Doxa non ci hai mai detto se sai dipingere, se riesci a trasferire su tela le emozioni che così mirabilmente ci descrivi.
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Lieto giorno Durante. Nel “luogo dell’anima” ci andavo soltanto d’estate dalla fine dell’anno scolastico alla sua riapertura.
Sono nato e cresciuto a Roma, e vivo un questa città, perché il ramo materno è da lungo tempo nella capitale, importato dalla regione Marche nella sede dello Stato pontificio. :)
Dai 18 anni in poi ho trascorso le stagioni estive in altri luoghi.
Comunque per motivi parentali vado sovente in quella domus sull’Adriatico, fino a due anni fa abitata da una mia zia, “sacra custode delle memorie familiari”, morta centenaria. Adesso è abitata da un mio cugino con la sua famiglia.
Buongiorno anche a te Cono. Non sono capace di dipingere. Lo “spirito artistico” ce l’ha mia figlia. L’ha ereditato da mia moglie.
Descrivere emozioni e sentimenti non è facile. Si può avere “confidenza” con le parole usandole quotidianamente, ed io le utilizzo fin da ragazzo. Cominciai scrivendo lettere d’amore alle mie “fidanzatine”. In quel tempo non c’erano computer né i cosiddetti “telefonini”… Ah destino ingrato, quante occasioni mi hai fatto perdere. :mmh?: Sarebbe stato meglio nascere nell’anno 2000.
Dopo le digressioni è necessario che torni ad argomentare sul paesaggio, appena posso. :)
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Eh no, lo spirito artistico ce l'hai anche te, altrimenti non ci delizieresti a questo modo coi tuoi post.
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Sono dell'opinione come si è espresso l'amico conogelato, oltre lo spirito artistico evidenzi una profonda passione per la letteratura e opere artistiche e le spiegazioni che dai mettono in evidenza dei tratti sulle pitture e sulle sculture che a volte l'artista che le ha create le cripta, forse per non incorrere nelle severe censure dell'epoca con le dovute ricadute, oppure in modo più celato vuol fare comprendere a chi riesce a carpire ciò che è insito nell'intimo della natura dell'artista nella sua massima espressione.
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Una domanda, Doxa: in pittura, a proposito dei paesaggi, cos'è la tecnica dello sfumato? È vero che il precursore ne fu Leonardo?
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Genius loci e paesaggio
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genius loci = nume tutelare di un luogo, di una città, di un paesaggio.
Genius è il nome proprio della divinità, oggetto di culto nella religione romana.
Locus in latino veniva utilizzato per indicare un luogo riconoscibile nello spazio per la sua peculiare forma, le sue caratteristiche che lo delimitano e lo identificano.
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“Nullus locus sine genio est” (= Nessun luogo è senza un Genio) sostiene alla fine del IV sec. d. C. il retore e grammatico Servio Mario Onorato (in latino Servius Marius Honoratus) nei “Commenti all’Eneide” di Virgilio.
Oggi, nel linguaggio dei paesaggisti, architetti ed artisti il “genius loci” è un concetto che riassume il carattere tipico di un luogo, la sua essenza, l’architettura e le tradizioni.
L’architetto norvegese Christian Norberg-Schulz (1926 – 2000) fu docente di teoria dell’architettura all’università di Oslo e scrisse numerosi saggi, fra i quali “Genius loci. Paesaggio ambiente architettura”. In questo libro riflette sull’architettura, il suo modo di inserirsi in un territorio e le modalità con le quali questa può trasformarlo in un luogo con una precisa identità, sempre riconoscibile.
Come conciliare la bellezza e la protezione di un paesaggio?
Argomentare sul paesaggio significa confrontarsi con la storia e la geografia, l’economia e la cultura, il modo di vivere delle persone in una località.
I paesaggi riflettono estetica ed etica, l’operosità umana, l’attiva interazione tra ambiente e società.
L’invadenza selvaggia dell’urbanizzazione e della cementificazione hanno trasformato o stanno, trasformando il paesaggio della nostra penisola, alterando, irrimediabilmente, non solo il suo aspetto, ma anche il rapporto fra individuo e natura instaurato in millenni.
Dalla concezione del paesaggio in senso soggettivo (vedutistica e pittorica) al paesaggio oggettivo, inteso come identità ambientale trasformata dall’attività umana. Identità bisognosa di essere salvaguardata da stravolgimenti.
segue
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Buon giorno doxa, hai toccato dei nervi scoperti nello specifico sull' urbanistica che non ha avuto particolare rispetto alla paesaggistica, e qui si evince per motivi strettamente speculativi, il retaggio al dio denaro (Ho scritto in minuscolo volutamente questo sostantivo per differenziarlo al Dio per rispetto di chi ha fede). Con tutta la volontà che possiamo interiorizzare un minimo di alterazione avviene nell'eseguire abitazioni più conformi alla natura, però da eseguire costruzioni urbanistiche selvagge non esiste comparazione con altre più coerenti ai paesaggi. Poi non è detto che in base alla migliore architettura eseguibile attinente alla antropizzazione di determinati luoghi naturali, non sia possibile apportare alcune variabili minimamente e indispensabilmente dissimili. Non per niente gli antichi abitanti della nostra penisola coniarono la famosa frase: quod natura relinquit imperfectum ars perficit. Forse scrissero così per giustificare l'alterazione.
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Buon pomeriggio Durante.
Hai scritto: "“quod natura relinquit imperfectum, ars perficit” = “ciò che la natura ha lasciato imperfetto, lo compie l’arte” è vero.
Lo psicoanalista e filosofo svizzero Carl Gustav Jung (1875 – 1961) nel suo libro titolato: “Ricordi, sogni, riflessioni”, scrisse: "L'uomo è indispensabile al compimento della creazione, è addirittura il secondo creatore del mondo. La coscienza umana ha creato l'esistenza obiettiva e il significato, e così l'uomo ha trovato il suo posto indispensabile nel grande processo dell'essere. Questo è il significato cosmico della coscienza!"
Purtroppo lo scempio edilizio, il sovraffollamento, le favelas (baraccopoli alle periferie del Sud America e in Oriente), ecc., hanno fatto avanzare il degrado.
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E che dire delle costruzioni selvagge che hanno devastato le coste italiane dagli anni ’60 dello scorso secolo ?
L’edilizia si mangia 8 km di coste italiane all’anno.
Su più della metà (precisamente il 51%) delle coste italiane sono stati costruiti palazzi, alberghi e ville. La percentuale è destinata a crescere.
Solo il 19% della costa (1.235 chilometri) è sottoposta a vincoli di tutela. Inoltre un terzo delle spiagge è interessato da fenomeni erosivi in espansione.
L’habitat e l’ambiente marino sono costantemente in pericolo: il 25% degli scarichi cittadini ancora non sono stati depurati (in alcune località la percentuale sale 40%).
Le ragioni della fragilità delle aree costiere italiane sono causate da problemi idrogeologici e sono la conseguenza dell’urbanizzazioni, legali e abusiva, in posti spesso a rischio dissesto.
Alcuni fenomeni meteorologici si stanno ripetendo con intensità e frequenza nuove e anomale. Si tratta delle avvisaglie dei cambiamenti climatici che rendono le coste italiane più fragili e mettono in pericolo le persone. Il recente caso della Romagna insegna.
Più di un terzo delle nostre spiagge è in erosione e in futuro sembra prospettarsi un cambiamento, in vista dell’innalzamento del livello del mare e dell’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi. Da poco si utilizza la tecnica del ripascimento dei litorali che sembra aver avuto un’efficacia maggiore rispetto agli interventi precedenti.
Natura sive Deus
Il fattore naturale e quello umano sono in correlazione. I vincoli paesaggistici dovrebbero servire per il decente compromesso con le esigenze sociali., invece…
Nelle grandi metropoli il paesaggio naturale spesso non si vede, l'elemento antropico prevale prepotentemente: questo paesaggio urbano può essere detestato o gradito, a chi piace la cosiddetta “vita frenetica”, la presenza delle aziende multinazionali, delle sedi finanziarie e commerciali, il fascino del lusso, delle boutique griffate, dei ristoranti gourmet e degli alberghi a cinque stelle, mentre le periferie sono spesso desolate e tristi, le case in “casermoni”, i quartieri emarginati come dormitori sovraffollati.
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Durante, per consolarci possiamo pensare che senza l'intervento umano la natura sa essere un'artista straordinaria, come nel caso del Gran Canyon, la lunga “gola” (di circa 446 km, profonda fino a 1857 metri, con larghezza variabile dai 500 metri fino a 29 km) creata dal fiume Colorado nel Nord Arizona. Ci sono picchi rocciosi plasmati dagli eventi atmosferici, dal fiume e dal tempo.
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