Vangelo: figure e simboli.
La prima cosa da fare per chiarire le idee è stabilire varie distinzioni. Non ogni linguaggio figurato è simbolico. Occorre perciò distinguere tra figure, simboli e personaggi rappresentativi.
Chiamiamo figura un termine che, dentro un ambiente culturale più o meno vasto, acquista un significato particolare distinto da quello che gli è abituale. Il senso figurato è facilmente rapportabile a quello abituale ed è più universale quando la figura si basa su difetti organici ( cecità, sordità); altre volte è arbitrario, ed il suo ambito molto più ridotto ( mantello, casa, deserto); infine si dà anche il caso che gli evangelisti creino una figura con l’intento di esprimere certe categorie ( villaggio, Betania,barca).
Cecità e sordità
Difetti fisici come la cecità e la sordità si prestano a sensi figurati in tutte l culture. Anche nella nostra si dice ancora. “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, o 2era accecato dalla passione, espressioni in cui i termini non hanno il loro significato fisico.
Non è cosa strana, quindi, che i termini “cieco”, “cecità”, “sordo”, “sordità”, compaiono nei vangeli con sensi figurati. Anzi, la trasposizione di senso non è originale degli evangelisti, ma una continuazione dell’uso comune della letteratura profetica. Per rendersene conto basta vedere alcuni passi:
- Is 6,9: “ Rendi insensibile il cuore ( la mente) di questo popolo, duro il suo orecchio, ciechi i suoi occhi: che i suoi occhi non vedano, che i suoi orecchi non odano, che il suo cuore ( la sua mente) non comprenda, che non si converta e guarisca”.
- Is 42,18 (rivolto al popolo): “Sordi, ascoltate ed udite; ciechi, guardate e vedete”.
- Ger 5, 20-23: “Ascoltalo, popolo sciocco e senza giudizio, che ha occhi e non vede, ha orecchi e non sente…questo popolo è duro e ribelle di cuore (mente) e se ne va lontano”.
- Ez 12,2: “ Figlio di Adamo, tu vivi nella casa ribelle. Hanno occhi per vedere, e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, sono infatti una casa ribelle”.
Come si vede, cecità e sordità possono significare non solo incapacità di comprendere, ma anche resistenza o rifiuto di comprendere, equivalente di ribellione.
Del resto, gli evangelisti stessi indicano il senso figurato della cecità e della sordità che compaiono nei vangeli.
Per esempio la prima volta che Marco vi accenna (Mc 4,12: “perché per quanto guardino, non vedano; per quanto odano, non intendano”), cecità e sordità si riferiscono alla folla, indicando che le è impossibile comprendere il messaggio di Gesù a meno che, prima non cambi atteggiamento. Tutti i passi che in seguito parlano di sordità o cecità dipendono da questo, e in essi la rispettiva incapacità è sempre una figura che segnala la difficoltà a percepire una realtà o la resistenza a comprenderla. Così si esprime Gesù nell’invettiva che rivolge ai discepoli, stabilendo un parallelo tra cecità-sordità e accecamento della mente (Mc 8,17s: “Avete la mente accecata? Pur avendo occhi non vedete ed avendo orecchi non udite?”).
Lo stesso può dirsi per gli altri tre evangelisti, Così come in Mt 11,5 si promette come opera del Messia che i ciechi recupereranno la vista, alludendo a Is 35,5s e 42,18, dove si usa in senso figurato. Secondo Isaia, nella missione del Servitore di Jahvè rientrava “aprire gli occhiai ciechi”, per il fatto di essere egli “la luce delle nazioni” (Is 42,6s); in tale contesto, “iciechi” sono dunque i pagani, che non conoscono il vero Dio. In Mt 15,14 Gesù chiama i farisei ”ciechi e guide di ciechi”, con evidente senso figurato.
La stessa cosa si può dire della sordità, che può essere accompagnata dal mutismo, come in Mt 9,32s; 12,22; Lc 11,14.
In Giovanni non compare la sordità; egli anzi ne sopprime la menzione nel testo già citato di Is 6,9 ( Gv 12,40: “(Dio) ha reso loro ciechi gli occhi e insensibile la mente, perché i loro occhi non vedano né la loro mente intenda né si convertano né io li guarisca”). Ciò è dovuto al fatto che Giovanni, a partire dal Prologo, utilizza “la luce” come simbolo della vita contenuta nel progetto divino ( 1,4: “ La vita era la luce dell’uomo”) e formula la decisione fondamentale dell’uomo come scelta tra “luce“ e “ tenebra” (3,19-21).
Oltre che nel testo di 12,40 appena citato, la cecità si presenta in Giovanni in due altre occasioni: ne sono colpiti la folla che giace presso la piscina (5,3) e il cieco dalla nascita (9,1ss).
Il significato della cecità in Giovanni è l’incapacità di percepire lo splendore della gloria/amore di Dio manifestata in Gesù. E’ provocata dalla “tenebra” che impedisce di vedere, cioè dall’ideologia del sistema giudaico, che propone una falsa immagine di Dio, nella quale non si può riconoscere il suon amore.
Continua.