Apocalittici e disintegrati
A vedere quella immensa distesa di fiori di cipolle mi ritorna in mente... una frittata improvvisata a mezzanotte con gli amici? una soupe à l’oignon gustata in rue Moffetard una sera d'ottobre?
No, mi ritorna in mente - bello più che mai - un passo dell'Apocalisse di Sedrach.
Quando Dio, anticipando di duemila anni Raffaella Carrà e il suo vaso di fagioli, si mette a fare un difficilissimo e apocalittico quiz al povero Sedrach.
"Dio dice a Sedrach: Ti chiederò una cosa, Sedrach: se mi rispondi, allora potrò aiutarti degnamente, anche se hai tentato il tuo creatore.
Sedrach dice: Parla.
Il Signore Dio dice: Da quando ho fatto tutte le cose, quanti uomini sono nati e quanti sono morti, e quanti moriranno e quanti capelli hanno? Dimmi, Sedrach, da quando il cielo e la terra furono creati, quanti alberi sono cresciuti nel mondo, quanti sono caduti, quanti cadranno, quanti risorgeranno e quante foglie hanno? Dimmi, Sedrach, da quando ho creato il mare , quante onde si sono sollevate, quante sono cadute, quante risorgeranno e quanti venti soffiano lungo la riva del mare? Dimmi, Sedrach, dalla creazione del mondo degli eoni, quando l'aria piovve, quante gocce caddero sul mondo e quante ne cadranno?
E Sedrach disse: Tu solo conosci tutte queste cose, o Signore; tu solo comprendi tutte queste cose."
(Apocalisse di Sedrach, VII)
Sedrach si è arreso, il quiz divino era davvero difficile; ma nelle foto cipollesche che ho inserito precedentemente ci sono invece tutti gli elementi per rispondere a un quiz che starebbe bene anche in quell'Apocalisse:
Sapendo che un fiore di cipolla contiene in media 75 semi, quanti semi di cipolla ci sono in quel campo?
Su un'ontologia olistica di un campo di cipolle in fiore sotto la grandine.
Il campo di cipolle era in piena fioritura e in piena contemplazione. Ogni fiore, un pensiero. Ogni bulbo, un io trascendentale. Ogni radice, una tesi sul rapporto tra terra e tempo. Tutto andava secondo l’armonia del ciclo agricolo-mistico, quando il cielo, evidentemente in preda a una crisi isterico-esistenziale, decise di grandinare.
La grandine scese senza alcun preavviso epistemologico. Non bussò. Non chiese permesso. Fu un ingresso brutale nel flusso semantico del campo. I fiori, colpiti in pieno pathos, iniziarono a recitare aforismi in sanscrito immaginario. Alcuni provarono a giustificare il fenomeno con una teoria delle stringhe aromatiche, ma vennero zittiti da un chicco di ghiaccio grosso come un uovo di gallina isterica.
L’ontologia del campo vacillò. Una cipolla, colpita in piena corona floreale, gridò: “Io non sono solo un ortaggio! Io sono un essere relazionale! Un processo! Una sinergia di mucillagini e memoria collettiva!”
Nessuno rispose, ma il lombrico di passaggio prese appunti.
In quell’istante, tutto si fece chiaro. L’essere-nel-mondo-di-cipolla non è mai stato stabile. È fluido, volatile, e leggermente pungente.
Il dolore della grandine era parte del tutto: entropico, caotico, pedagogico, meteorologico, e vagamente punitivo per una colpa che il campo stesso non ricordava. Una vecchia storia di cipolle vietate e mangiate su istigazione di un criceto diabolico.
Alla fine, il silenzio. Le cipolle, semidistrutte, ma filosoficamente evolute, accettarono l’accaduto come manifestazione di un tutto che non prevede sconti orticoli. Greta non intervenne.
Così si concluse la giornata: con bulbi feriti, fiori stropicciati e una nuova consapevolezza vegetale.
I future delle cipolle salirono alle stelle, e quelli dei porri agli inferi.
A wall street, 8 suicidi per speculazioni sulle cipolline allo scoperto in criptomonete.
C'est la vie.