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Verità o fede
La fede è basata sull’intima convinzione che ogni cosa sia governata da regole superiori, in fondo è facile, per avere fede basta abbandonarsi ad essa senza ritegno, nessuno dubbio, nessuna domanda tutto è già scritto programmato.
In misura minore anche la fede politica non è scevra da questo presupposto, credere in un’idea che magari non coincide con il proprio essere ma perché qualcuno ha detto se credi devi seguirmi.
In misura meno eclatante c’è anche lo scientismo, che pur non avendo nessuna prova che una teoria funzioni viene avallata senza il benché minimo dubbio.
Le persone dedite al fideismo sono talvolta oggetto di ammirazione, la loro fede è talmente forte che sfidano qualsiasi tempesta. Recentemente ho letto la storia di santa Rita “non la conoscevo molto bene”, nel testo ho letto che lei pregò che i figli morissero, piuttosto che commettessero un omicidio. Tralascio tutta la storia, magari Doxa se vorrà ci potrà aiutare. La fede porta a fare cose che in realtà appaiono assurde, anche cercare di convincere qualcuno della propria inclinazione è un atto di fede. Cosa rende le persone così sicure, diversi anni fa con un gruppo affrontammo il problema dei mistici, quale forza fa di un essere umano un mistico, e qual è il confine tra superstizione e fede.
Molti indossano la fede come una corazza, altri come un mantello che condividono con chiunque.
Molte credenze popolari si basano sulla fede, tutte le feste religiose della nostra nazione sono il frutto della fede, Natale, Pasqua, sono il frutto della secolarizzazione.
Secondo molti ogni dogma è un atto di fede, una verità immutabile. Anche se per Spinoza, il dogma non è una verità immutabile e innegabile, come nei dogmi religiosi, ma piuttosto un'opinione o una credenza che viene accettata senza una prova rigorosa.
Noi comuni mortali ove ogni certezza porta ad un altro dubbio siamo in balia delle correnti sacrificali del sapere che ci costringono a rincorrere la verità che mai troviamo disponile, come una sposa ritrosa che ci respinge sdegnata.
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La Fede è un dono, la Verità una persona: entrambe vanno custodite, coltivate, innaffiate quotidianamente. Santa Rita fece così.
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Nella storia della filosofia occidentale il concetto di “verità” è collegato alla conoscenza e al rapporto tra il soggetto conoscente e l’oggetto della conoscenza.
I primi filosofi ad occuparsi dei processi della conoscenza (la “gnoseologia”: ramo della filosofia che studia la natura, l’origine, i limiti e la validità della conoscenza umana) furono Eraclito e Parmenide. Essi alla conoscenza contrappongono l’opinione (doxa). Considerano il logos l’unico modo per meditare sulla realtà in sé.
La gnoseologia riflette su cosa possiamo conoscere, come la conosciamo e quanto possiamo essere sicuri della nostra conoscenza.
Platone sosteneva che la verità è una proprietà oggettiva delle cose, mentre Aristotele la concepiva come un processo continuo che inizia con la conoscenza sensibile e giunge alla conoscenza razionale.
I procedimenti del pensiero sono quello induttivo e quello deduttivo.
Ma con la filosofia mi fermo qui per non annoiarvi e per esaudire il desiderio di conoscere da parte di fra’ Cono.
La verità ? Cos’è ? Lo chiede anche Ponzio Pilato durante il suo interrogatorio a Gesù di Nazaret: “Quid est veritas ?” (Gv 18, 38).
Verità, deriva dal latino “vērĭtas": indica ciò che è vero, conforme o coerente con la realtà oggettiva.
Vērĭtas, in greco “aletheia” (= non nascosta, svelamento) evoca la conoscenza assoluta; si contrappone alla doxa (= opinione).
Il filosofo e teologo Aurelius Augustinus Hipponensis (più semplicemente, Sant’Agostino) nel suo saggio titolato “De Vera religione” (= Sulla vera religione”), scritto nel 390 circa, riflette sul concetto di “vera religione”, identificandola, ovviamente, nel cristianesimo, ed argomenta sul rapporto tra fides e logos.
Nel predetto testo scrisse: “Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas. Et si tuam naturam mutabilem inveneris, trascende et teipsum. Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur” (= Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'uomo interiore abita la verità. E se scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso. Tendi là dove si accende la stessa luce della ragione (De vera rel. 39, 72). Egli esorta i manichei e i pagani a farsi cristiani e dice che la vera religione consiste nell’unirsi interiormente all’unico vero Dio.
Ora che ho scritto queste parole mi attendo l’abbraccio di fra’ Cono.
Ninag ha scritto:
Citazione:
Le persone dedite al fideismo sono talvolta oggetto di ammirazione, la loro fede è talmente forte che sfidano qualsiasi tempesta. Recentemente ho letto la storia di santa Rita “non la conoscevo molto bene”, nel testo ho letto che lei pregò che i figli morissero, piuttosto che commettessero un omicidio. Tralascio tutta la storia, magari Doxa se vorrà ci potrà aiutare.
Lo scorso mese con i sodali del gruppo di “arte e cultura” sono stato a Norcia e a Cascia per vedere gli esiti del post terremoto.
Norcia, luogo dove nacque san Benedetto mi è piaciuta. Ad alcuni chilometri di distanza c'è Cascia, urbanisticamente aggrappata su un’alta collina. Ho visitato il santuario, che è in cima, dedicato a santa Rita. Non ha niente di particolare. Una romena (o una sudamericana, non mi ricordo), laica, accoglie i visitatori in un cortile per raccontare la leggendaria storia della santa. Non ho perso tempo ad ascoltarla. Le suore di clausura sono relegate nell’adiacente monastero, circondato da venditori di cianfrusaglie “religiose, adatte per la religiosità popolare, che detesto.
Citazione:
Molti indossano la fede come una corazza, altri come un mantello che condividono con chiunque.
Come fece San Martino di Tours e, fra noi, come fa continuamente don Cono nel centro d’ascolto da lui frequentato per consolare gli afflitti.
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Se non esiste la verità, perché parlarne? Se esiste la verità a che serve discuterne ?
Verità religiosa o scientifica ? Logico-matematica o storica ? Ogni disciplina ha la sua verità. Ma che tipo di verità ? Assoluta o relativa ?
Ma esiste la verità assoluta oppure universale ?
La verità assoluta è irraggiungibile per l'essere umano, non è ottenibile tramite la ragione. Allora perché credere nella religione cristiana ?
Per il cristianesimo è Dio la verità assoluta. Recitare il “Credo” e dire "Credo in Dio padre ... creatore del cielo e della terra" significa affermare che si crede in lui in modo assoluto, senza dubbi. Il "credo" è considerato come gli assiomi di Euclide: verità autoevidente per il suo contenuto, da cui far derivare ogni ragionamento.
Per poter dire in modo assoluto che non esiste Dio o che non esiste una verità assoluta è necessaria la conoscenza assoluta dell’universo. Ma gli esseri umani hanno la mente limitata con conseguente conoscenza limitata, perciò affermare che non esiste la verità assoluta è una contraddizione, perché chi lo dice crede in una sua verità assoluta.
In modo razionale e logico si può dire: “Con la conoscenza limitata che ho, non credo che esista Dio o qualcosa che sia assolutamente vero”.
Le verità assolute sono vere in tutte le epoche e per tutte le culture. Due esempi:
per i musulmani l'affermazione “Allah akbar” = “Allah è più grande” esprime una verità assoluta; è più grande di ogni descrizione, di ogni immaginazione, di ogni esperienza mistica.
"Uccidere è sbagliato" e "Amare è giusto" sono due affermazioni di assolutismo morale vere per tutti. Ci sono verità morali assolute, valide in ogni tempo e in ogni luogo, che a nessuna coscienza è lecito mai trasgredire.
La verità relativa (relativismo) afferma che non esiste la verità assoluta. Se eventualmente esiste è vera soltanto per determinati punti di vista, perciò mette criticamente in discussione la possibilità di giungere ad una loro definizione assoluta e definitiva.
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Grazie Doxa, un contributo davvero interessante.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
per i musulmani l'affermazione “Allah è grande” esprime una verità assoluta;
Permettimi una correzione:
Allah Akbar, anche se ogni traduzione é sempre deficiente, si traduce più correttamente con: "Allah é più grande".
Sottinteso é, più grande di ogni descrizione, di ogni immaginazione, di ogni esperienza mistica.
"Allah é grande" oppure "Allah é il più grande" non sono corrette.
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Oggi, se ti azzardi a dire di possedere la Verità, ti staccano la testa. Più o meno metaforicamente. Al massimo Essa viene concepita come somma di più verità. Dove ognuno ha la sua e va bene così.
San Benedetto e Santa Rita hanno abbracciato così radicalmente Verità e Fede, da essere ancora oggi meta di pellegrinaggio, venerazione e riflessione teologica.
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Grazie King per il tuo contributo. Ho corretto il mio post secondo la tua indicazione.
Per favore offrimi un chiarimento. Nel primo rigo hai scritto che “Allah akbar”
Citazione:
si traduce più correttamente con “Allah è più grande”
invece nell’ultimo rigo hai scritto che anche “Allah è il più grande” non è corretto.
Torno al tema….
Fu Parmenide ad individuare la struttura relazionale della verità, codificata nel Medioevo con la classica definizione seguita da quasi tutti i filosofi: “Per verità s’intende la conformità della conoscenza con la realtà”: “adaequatio rei et intelectus" (= corrispondenza tra realtà e intelletto), è la sintesi del concetto di verità, dopo aver definito che cosa è il vero e il falso.
La verità è relativa ad ogni individuo. Infatti Socrate, dice che il fondamento della conoscenza è dentro l’uomo: “conosci te stesso” è il motto e il principio ispiratore della ricerca socratica.
Nella storia della filosofia e della gnoseologia moderne Cartesio rappresenta un punto di svolta: l’evidenza è il criterio di verità quando è intuita dalla mente; nel procedimento deduttivo l’evidenza non è altrettanto certa e ha bisogno di Dio.
Nell’Ottocento Hegel sosteneva che “la verità è soggettiva” e con ciò negava l’ipotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. La conoscenza è conoscenza muta di generazione in generazione, perciò non esistono verità eterne.
Verità e fede. Sono state variamente coniugate o separate tra loro, anche secondo le diverse prospettive teologiche.
La fede intesa come volontà che il mondo abbia un solo significato piuttosto che un altro è una violenza contro la pluralità degli alternativi significati possibili.
La fede pensa sé stessa e riflette sui suoi contenuti, li spiega, li motiva, dice le ragioni che si possono addurre per credere, ma non sono prove né dimostrazioni, sono argomenti che possono essere offerti alla riflessione.
La fede non deriva dalla ragione (infatti l'amico Cono dice che è un dono) e parlare delle ragioni della fede non significa affermare, implicitamente, che la fede abbia ragione. Significa darle la parola e invitarla a spiegarsi, sostenendo le sue ragioni.
La fede segue un suo coerente statuto epistemologico, che partecipa ma non si identifica con quello della razionalità. Lo stesso accade nell’ambito dell’arte e in quello amoroso.
La fede offre un suo progetto interpretativo dell’essere e dell’esistere, perciò, secondo la Chiesa cattolica, dovrebbe essere normale che anche il non credente ascoltasse “le ragioni della fede”. Anche quelle assurde e infantili ?
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Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
Grazie King per il tuo contributo. Ho corretto il mio post secondo la tua indicazione.
Per favore offrimi un chiarimento. Nel primo rigo hai scritto che “Allah akbar” invece nell’ultimo rigo hai scritto che anche “Allah è il più grande” non è corretto.
Infatti si tratta di due affermazioni diverse.
Se dico che Allah è il più grande, significa che accanto ci sono altri “concorrenti”. Una affermazione che per il musulmano configura già gli elementi per il più grande dei peccati: mettere altro/i al pari di Dio (Shirk).
L’atto di fede del musulmano recita infatti: "La ilaha illa Allah".
La = no; non;
ilaha = divinità;
illa = tranne;
Allah = Dio.
Non esiste altra divinità all’infuori di Dio.
Quindi un paragone è escluso. È il monoteismo assoluto.
Diversa è l’affermazione “Allah è più grande” perché qui il riferimento è alla nostra ragione, immaginazione, descrizione. Per inciso, Allah non può avere quindi nemmeno un riferimento antropomorfo. Immagini di Dio con la barba bianca seduto su un trono sono Haram, proibite.
Comunque il filosofo o il teologo vogliano descrivere Dio, Dio è più grande, impossibile da contenere in una affermazione anche complessa e circostanziata.
Jalaluddin Rumi afferma che il solo pronunciare la parola “Amore” riferita a Dio, è una bestemmia perché lo confina in un concetto.
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È il limite dell'Islam, infatti. Per noi invece, l'Amore di Dio è ciò che move il mondo e l'altre stelle! Altro che concetto.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
... Per noi invece, l'Amore di Dio è ciò che move il mondo e l'altre stelle! Altro che concetto....
https://discutere.it/showthread.php?...99amore-di-Dio
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
È il limite dell'Islam, infatti. Per noi invece, l'Amore di Dio è ciò che move il mondo e l'altre stelle! Altro che concetto.
Ma dai, cono.
Bastava leggere con un livello di attenzione standard.
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Bravissimo te come sempre a fare quella distinzione....
Ho molta stima del Corano e dell'Islam, ma sono strafelice di essere cristiano. C'è tutto un altro respiro, nel Cristianesimo: Dio non è più l'inaccessibile...il totalmente altro. Si fa vicino, prossimo a noi, assume la nostra stessa natura fino a morirne :love:
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
Bravissimo te come sempre a fare quella distinzione....
Ho molta stima del Corano e dell'Islam, ma sono strafelice di essere cristiano. C'è tutto un altro respiro, nel Cristianesimo: Dio non è più l'inaccessibile...il totalmente altro. Si fa vicino, prossimo a noi, assume la nostra stessa natura fino a morirne :love:
Va bene.
In questo caso sono più agostiniano di te, per quanto mi riguarda, nel testimoniare l'infinita profondità del mistero divino e l’inadeguatezza del intelletto umano per formulare un qualsiasi postulato, descrizione, teoria, ipotesi, speculazione.
Buon fine settimana :) :ciaociao:
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King non ti fermare alle apparenze. Fratel Cono fino alla morte di papa Francesco seguiva gli insegnamenti dei Gesuiti. Dopo l'elezione del nuovo pontefice è diventato un seguace degli Agostiniani. Purtroppo i cristiani sono così: "morto un papa se na fa un altro" e si dimentica chi lo ha preceduto. :asd:
Ad Empoli adesso frequenta la chiesa degli Agostiniani e trascura la sua abituale :mad:
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A proposito di "verità", vi faccio leggere un lungo articolo titolato "Le narrazioni dominanti. Conta il racconto non la realtà", scritto da Guido Bosticco e pubblicato oggi sull'inserto "La Lettura" del quotidiano Corriere della Sera.
“There is no alternative” (= non c’è alternativa), disse Margaret Thatcher all’inizio degli anni Ottanta, in riferimento al fatto che il capitalismo neoliberista, con la sua unica legge del mercato, avrebbe dovuto imporsi su qualsiasi altro sistema economico e portare a compimento un definitivo ordine sociale e culturale, destinato a caratterizzare l’Occidente.
E’ divenuto il modello non solo economico, ma addirittura culturale di un’epoca. È l’effetto di quelle che vengono chiamate «narrazioni dominanti» (o narrative dominanti): sono discorsi pubblici persuasivi, capaci di costruire rappresentazioni della società che attribuiscono significato alle informazioni, organizzano il sapere, indirizzano il modo di raccontare e di interpretare i fatti e spesso si traducono in movimenti e azioni collettive.
Sembrerebbero le idee vincenti in certi momenti della storia, ma sono pratiche discorsive altamente retoriche, fondate su stilemi e strutture capaci di generare opinioni, convinzioni, un immaginario collettivo e perfino una cultura. Queste narrative sono dominanti, però non assolute, anzi prevedono sempre una minoranza critica che non vi si adegui, particolarmente florida nei contesti lontani dal potere, come i movimenti giovanili, le associazioni o altre forme di controcultura.
E così, per qualche decennio, l’idea che il neoliberismo fosse la panacea per tutti i mali del mondo ha fatto presa in Occidente e ha portato con sé lo smantellamento dello stato sociale, di vecchi ordini politici e partitici, e ha dato il via a spregiudicati imprenditori che di quei sistemi si erano serviti, ma che poi hanno trovato l’appoggio ideologico del grande pubblico, proprio in virtù di discorsi e narrazioni a sostegno di modelli culturali apparentemente rivoluzionari, alternativi al potere costituito, libertari e individualistici. Tutti potevano farcela: era il sogno americano che si diffondeva nel mondo intero.
Dopo il 2008, invece, con il fallimento della banca Lehman Brothers ricaduto sulle spalle dei risparmiatori, sembrava necessario un sistema più mitigato di capitalismo, perfino negli Stati Uniti, che portasse con sé un accento di solidarismo verso i più vulnerabili. Ma poi siamo di nuovo tornati — ed è ancora più evidente in questi mesi — a una volontà di ulteriore deregolamentazione da parte di forze imprenditoriali enormi, le big tech, che stanno costruendo una grande narrativa, quasi messianica, in cui la tecnologia plasmerà e salverà il mondo e costruirà un nuovo ordine sociale. Un ordine che qualche anno fa si sarebbe definito più giusto e democratico, ma quell’illusione, diffusasi al sorgere del web e poi dei social network, s’è ormai offuscata fino quasi a scomparire. Ma, si dice, il progresso non si può fermare e la buona tecnologia è la nostra speranza.
L’inevitabilità dell’avvenimento come unico scenario è di per sé una narrazione dominante (qualcuno dice che è la più grande fake news), che si impone sempre, pur cambiando soggetto periodicamente: era l’iperliberismo, poi è stata l’esportazione della democrazia e oggi, per esempio, è la necessità di riarmarsi. Non è in questione se siano vere o false queste «inevitabilità», ma l’impatto che hanno sui nostri pensieri e sulle nostre decisioni (e quindi sulle nostre azioni). Allora la politica populista, assai sensibile al sentimento della popolazione e a sua volta capace di influenzarlo, agisce regolarmente per affrontare emergenze, impellenze, pericoli, minacce, nemici e quando non ci sono, li inventa.
Per definire e condividere che cosa sia una minaccia, è necessario costruire e imporre una narrativa dominante: la minaccia era il comunismo, poi l’islam, poi la Cina, poi la Russia, oppure le armi atomiche (quelle russe, quelle nordcoreane, quelle iraniane...), la recessione, l’immigrazione, l’Intelligenza artificiale...
La violenza narrativa con cui queste ventate ci colpiscono, di volta in volta ci porta a compiere scelte in perenne stato di emergenza. Occorre addestrarsi a intravvedere le narrative dominanti nelle maglie della quotidianità, perché sono flussi invisibili, in quanto troppo grandi, che avvolgono le nostre esistenze, determinandole. È come la storiella, ripresa da David Foster Wallace, dei due giovani pesci che nuotano allegramente inseguendosi negli abissi e incrociano un vecchio pesce, il quale li saluta e chiede: «Ragazzi, com’è l’acqua?» e loro si guardano stupiti, prima di rispondere: «L’acqua? Che cos’è l’acqua?».
Allo stesso modo siamo in mezzo a queste narrazioni e non le cogliamo, nuotando fra informazione e disinformazione con la stessa consapevolezza. È una situazione simile all’ipnosi, in cui non abbiamo il completo controllo di ciò che accade fuori perché siamo concentrati su ciò che accade dentro di noi, in questo caso siamo concentrati sulle nostre paure, sulle insicurezze tipiche dei momenti di emergenza e non ci accorgiamo di essere in mezzo all’acqua, non distinguiamo il vero dal falso, qualunque cosa significhi.
Del resto, che cosa è vero e che cosa è falso nella nostra epoca? Difficile dirlo e difficile mettersi d’accordo. Prendiamo la cybersecurity, altra emergenza planetaria: oggi non c’è un solo nemico, ma una pluralità di soggetti che tramano per destabilizzarla, ma è complottismo o un reale pericolo? La fiction Zero Day èla più recente che ha messo in scena questa paura, in un’America contemporanea e realistica, contribuendo a rafforzare la narrativa della minaccia inattesa: siamo sempre più dipendenti dalla tecnologia, perciò siamo a rischio che qualcuno ne faccia un uso distorto o, peggio, che ce ne privi per pochi secondi, causando una catastrofe. E quel qualcuno non sono i nostri classici nemici, ma sono altri e possono essere tanti, inediti e perciò introvabili.
Questa è dunque solo la seconda parte del film iniziato con la tecnologia che avrebbe garantito un futuro migliore a tutti (sottolineiamo a tutti), poiché era la via per il bene universale: noi abbiamo vissuto il primo e il secondo tempo, credendoli entrambi necessari e quindi veri. Ora ci accorgiamo che la tecnologia chiamata Intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente i flussi e le strutture della disinformazione, per cui nulla può essere preso per certo, nemmeno quello che vediamo con i nostri occhi, e su questo nuovo modello si basano molte strategie geopolitiche. Del resto, le «verità alternative» del primo Trump sono oggi un’opzione normale di cui tenere conto e il racconto dei fatti ha da tempo scompigliato, quando non cancellato, i fatti stessi. Conta il racconto, non la realtà: è il racconto che muove gli animi, le decisioni, le convinzioni e il racconto oggi è appunto molto vulnerabile e malleabile.
«Lo strumento basilare per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se siete in grado di controllare il significato delle parole, sarete in grado di controllare le persone che devono utilizzarle. George Orwell l’ha evidenziato nel suo romanzo 1984. Un altro modo di controllare le menti delle persone però è quello di controllare le loro percezioni. Se riuscite a fargli vedere il mondo nel modo in cui lo vedete voi, allora la penseranno come voi». Parola di Philip K. Dick, 1978. Le percezioni sono esattamente il campo delle narrazioni dominanti, che — attraverso un’operazione di framing, cioè di scelta dell’inquadratura degli argomenti — inducono una certa interpretazione e ne scoraggiano un’altra. Non è questione di razionalità, ma di percezione.
Il filosofo Byung-Chul Han ha ragione quando parla di fine delle narrazioni nel suo ultimo libro, almeno nell’intendere che lo storytelling ha soppiantato i grandi racconti entro i quali sono cresciute tutte le civiltà, dai testi sacri ai miti, dalle favole alle leggende popolari. Lo storytelling, al di là di funambolismi etimologici in sua difesa, è oggi soltanto uno strumento di marketing, una tecnica che serve per vendere qualsiasi prodotto: un modello di scarpe, un modello politico, una visione del mondo, un oggetto tecnologico, un prodotto bancario, un’azienda, pardon un brand...
Ecco, il trionfo stesso dello storytelling è frutto di una narrativa dominante, cioè dell’idea che il racconto sia più potente delle cose, della realtà dei fatti. E forse è vero, anche solo perché la nostra via di accesso alla maggior parte dei fatti del mondo avviene attraverso il racconto. Un impianto narrativo efficace sposta il centro di potere e le narrazioni dominanti esercitano tale potere in maniera massiccia; perciò la possibilità di un cambiamento narrativo, fenomeno a cui si assiste periodicamente, si basa sul che la realtà sia socialmente costruita attraverso le narrazioni.
Torniamo allora al problema: quanto è affidabile oggi il racconto dei fatti? È importante chiederselo perché il peggior nemico o il miglior amico delle narrazioni dominanti è il giornalismo: se lavora bene le smaschera, se si accoda alla tendenza generale, le rafforza e anzi dà loro autorevolezza. Il giornalismo, come alcune grandi istituzioni, spesso bistrattate (e questa è un’altra narrazione), può attivare un cambiamento narrativo in grado di influenzare le masse.
A volte queste contro-narrative nascono dal basso, da movimenti antagonisti, tipicamente antisistema o esclusi dal sistema (i cosiddetti contro-pubblici), ma a volte possono essere perseguite da enti e istituzioni. Un esempio è l’evoluzione del concetto di «minoranza», che nei decenni è stato messo a fuoco, ampliato e perfezionato nei documenti dell’Onu, dell’Unione Europea e dei loro organi connessi, con lo scopo di permettere agli Stati di rapportarsi con le minoranze in modo adeguato ai tempi. Nei diversi documenti prodotti negli anni, le minoranze sono passate dalla sola idea di gruppi con caratteristiche oggettive specifiche (lingua, etnia, religione) a gruppi che manifestano volontà di autodeterminazione e chiedono il riconoscimento di diritti o tutele sulla base di caratteristiche soggettive specifiche, percepite. Proprio su questi aspetti si accendono gli scontri politici e civili, sulla definizione di chi possa essere parte di una minoranza e che cosa essa sia. E qui intervengono le narrative dominanti, creando idee stabili, spesso stereotipate, a volte scientemente distorsive; di contro, l’allargamento del concetto di minoranza e il suo riconoscimento istituzionale possono creare una narrativa nuova e vigorosa.
Il linguaggio a cui il pubblico è esposto contribuisce a modificare l’idea stessa di minoranza (o qualunque altra idea) e contribuisce alla costruzione identitaria di gruppi distinti, allo sviluppo di consapevolezze nuove, alla coesione interna dei gruppi e alla divaricazione fra gruppi diversi. Il linguaggio usato e il modo di raccontare i fatti influenzano seriamente il nostro modo di pensare e, di conseguenza, un cambiamento di narrativa può cambiare anche le cose. Ma quando si ha a che fare con le narrative dominanti, e i relativi tentativi di modificarle, bisogna sempre chiedersi quali siano gli elementi su cui vogliamo costruire il nostro nuovo punto di vista, poiché pensiamo spesso di vincolarlo alla realtà dei fatti — e sappiamo quanto sia fallace questa posizione — mentre probabilmente siamo più propensi a vincolarlo con coerenza ai valori del gruppo a cui apparteniamo, se non ad adeguarlo alle informazioni di cui disponiamo, incappando nel più classico confirmation bias, il pregiudizio di conferma.
Così siamo sempre in balia di queste narrazioni oscillanti, nelle quali però ci sentiamo a nostro agio, perché confermano i nostri pregiudizi: Biden un giorno è l’unica speranza per l’America democratica e il giorno dopo è un incapace sull’orlo della demenza; la Cina passa da rivale politico e commerciale dell’Occidente a modello di leadership, esempio di stabilità ed equilibrio; gli immigrati sono una volta una risorsa e una volta un pericolo, ma, nel lungo termine, immigrazione, delinquenza e sicurezza rimangono strettamente connesse nelle narrazioni, anche quando i dati numerici le smentiscono.
Dopo la crisi delle grandi ideologie sono sorte le grandi narrazioni, che le tecnologie della comunicazione hanno reso sempre più potenti e facili da distribuire; alcune durano poco, altre persistono, con un lascito culturale e psicologico profondo. Il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos nel 2010 ha coniato il termine «epistemicidio», per indicare la distruzione del patrimonio culturale delle popolazioni in favore di un pensiero unico, che dà forma a una serie di strutture epistemiche dominanti e a una serie di narrative dominanti a diversi livelli di profondità. Gli esempi? L’idea di progresso come traiettoria della storia, a cui tutte le popolazioni dovrebbero aspirare; la naturalizzazione delle differenze, per occultare le gerarchie; lo screditamento delle conoscenze alternative a favore della conoscenza scientifica; l’egemonia del globale che soverchia la cultura locale; la monocultura capitalistica che si impone sugli altri modelli produttivi.
Possiamo essere d’accordo o dissentire con questa visione, ma è sicuro che non possa esistere una giustizia sociale globale senza una giustizia cognitiva globale: giustizia e conoscenza. È questa la sfida del momento".
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Citazione:
Originariamente Scritto da
King Kong
Va bene.
In questo caso sono più agostiniano di te, per quanto mi riguarda, nel testimoniare l'infinita profondità del mistero divino e l’inadeguatezza del intelletto umano per formulare un qualsiasi postulato, descrizione, teoria, ipotesi, speculazione.
Buon fine settimana :) :ciaociao:
....e buon inizio di settimana a te, caro!
Cosa pensi del Papa agostiniano? Ti piace?
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Citazione:
Originariamente Scritto da
doxa
King non ti fermare alle apparenze. Fratel Cono fino alla morte di papa Francesco seguiva gli insegnamenti dei Gesuiti. Dopo l'elezione del nuovo pontefice è diventato un seguace degli Agostiniani. Purtroppo i cristiani sono così: "morto un papa se na fa un altro" e si dimentica chi lo ha preceduto. :asd:
Ad Empoli adesso frequenta la chiesa degli Agostiniani e trascura la sua abituale :mad:
Gesuiti, agostiniani, francescani, domenicani, clarisse, orsoline....qual è il punto in comune?
G E S U' CRISTO!
Questo solo, conta.
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Nella Bibbia la parola “verità” risuona molte volte.
Nell’Antico Testamento il sostantivo ebraico ‘emet (= degno di fiducia) è spesso tradotto con “verità”, e numerose espressioni si riferiscono a Dio come "Dio di verità", "Dio vero.
Anche nel Nuovo Testamento Dio è la verità (1 Gv 5, 20) e Gesù si definisce la Verità (Gv 14, 6).
Nel Nuovo Testamento la nozione di verità (alètheia, in lingua greca), presenta varie sfumature. Paolo di Tarso in alcune sue lettere la usa anche per significare la “sincerità”.
Il “giudizio di Dio” è basato sulla verità, la giustizia (Lettera ai Romani 2, 2). La formula “verità di Dio” allude alla fedeltà di Dio alle sue promesse.
La nozione di verità specificamente cristiana è collegata alla “verità rivelata”.
Nella teologia di rivelazione dell’evangelista Giovanni la nozione di verità è importante.
L’alètheia giovannea è collegata alla realtà divina che si svela. La verità rivelata. Cristo è la verità, perché è Verbo fatto carne, ci rivela il Padre (1,18)
Ancòra dal suo Vangelo: “E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità” (Giovanni 1:14). “ Gesù gli disse: ‘Io son la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me’” (Giovanni 14, 6). “Le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Giovanni 6, 63).
“Mi sono rallegrato molto quando sono venuti alcuni fratelli che hanno reso testimonianza della verità che è in te, del modo in cui tu cammini nella verità. Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità” (Gv 3, 3 – 4).
Gesù spiega che Egli è "la via, la verità e la vita "; è la via che conduce al Padre, perché lui, l'uomo Gesù, in quanto verità, ci comunica in sé stesso la rivelazione del Padre.
Ecco due delle cinque promesse dello Spirito Santo fatte da Gesù agli apostoli durante l’ultima cena.
Ancora dal Vangelo di Giovanni: “Quando verrà il Paràclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (15, 26 – 27).
Inoltre, “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future” (Gv 16, 13).
Il teologo e filosofo Anselmo d’Aosta (1033 circa – 1109), che fu anche arcivescovo cattolico di Canterbury, è noto per i suoi argomenti riguardanti l’esistenza di Dio e dedicò un trattato, il “De Veritate” alla determinazione del concetto di verità. Egli dimostra l'esistenza della verità e ne chiarisce la natura. Secondo Anselmo l'essenza della verità consiste in una rectitudo o conformità di qualunque cosa che è con ciò che deve essere, secondo il pensiero divino.
Anche il frate domenicano, filosofo e teologo Tommaso d’Aquino (1225 circa – 1274) affrontò il problema della verità in diverse opere, dal giovanile “Commento alle Sentenze” alle “Quaestiones disputatae de Veritate” (scritte a Parigi tra il 1256 e il 1259) e nella “Summa Theologiae”, scritta tra il 1265 e il 1274, rimasta incompiuta perché morì all’età di circa 48 anni nell’abbazia di Fossanova (prov. di Latina).
Della verità Tommaso d’Aquino menziona varie definizioni proposte da altri autori. Lui distingue tra verità logica e verità ontologica, stabilisce che si può parlare correttamente di verità eterne solo con riferimento alla verità ontologica.
Secondo l’aquinate la percezione e la enunciazione della verità da parte dell'intelletto umano è sempre necessariamente mutevole, perfettibile e fallibile, e questo accade soprattutto per quelle verità fondamentali che più contano, le verità relative a Dio e all'anima.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
....e buon inizio di settimana a te, caro!
Cosa pensi del Papa agostiniano? Ti piace?
Aspettiamo la prima enciclica :mmh?:
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Quello sicuramente, io chiedevo un giudizio così, a pelle.
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Mi piace molto papa Prevost; secondo me la prima enciclica tratterà proprio della verità. Veritas una est o qualcosa del genere
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Citazione:
Originariamente Scritto da
conogelato
Quello sicuramente, io chiedevo un giudizio così, a pelle.
Mi sembra una persona con i piedi saldi per terra.
Le difficoltà che vedo consistono nel riportare la chiesa nel solco di una dottrina salda e chiara senza perdere di vista il contatto con le difficili tematiche sociali.
Una sintesi sobria ed essenziale fra Ratzinger e Bergoglio.
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